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Rime di Celio Magno (137)

Post n°1048 pubblicato il 14 Gennaio 2015 da valerio.sampieri
 

Rime di Celio Magno

137

Deus

Del bel Giordano in su la sacra riva
solo sedeami, ed al pensoso volto
stanco i' facea de la mia palma letto;
quand'ecco tra splendor che d'alto usciva
un dolce suon: ver cui lo sguardo volto,
e pien di gioia e meraviglia il petto,
scorsi dal cielo in rilucente aspetto
bianca nube apparir d'angioli cinta,
ch'in giù calando al fin sopra me scese
e in aria si sospese.
Restò tutta a que' rai confusa e vinta
l'alma;e, certa che nume ivi s'asconda,
le divote ginocchia a terra inchina.
rotta la nube allor tosto s'aperse
e nel suo cavo sen tre dee scoperse,
tutte in vista sì vaga e pellegrina,
e tanto nel mio cor dolce e gioconda
ch'uman pensier non è ch'a lei risponda;
ma la prima che sparse in me sua luce,
parea de l'altre due reina e duce.
Questa in gonna d'un vel candido e puro
coronato di stelle il crine avea,
co' lumi bassi e tutta in sé romita;
l'altra in verde e bel manto un cor sicuro
mostrando, le man giunte al ciel tenea
con gli occhi e col pensiero in lui rapita;
d'ostro ardente la terza era vestita,
e frutti e fiori ond'avea colmo il seno
spargea con larga e con mai stanca mano.
La prima in sovrumano
parlar disciolse a la sua lingua il freno,
e: — O cieca — a me disse, — o stolta mente
di voi mortali, o miserabil seme,
mentre lunge da Dio ve n' gite errando
ed a' vostri desir pace sperando
ove tra guerra ognor si piange e geme.
Quel sommo eterno amor tanto fervente
in tua salute, or grazia a te consente
che 'l vero ben da noi ti si dimostri:
tu nel cor serba attento i detti nostri.
Apre nascendo l'uom pria quasi al pianto
ch'a l'aria gli occhi: e ben quinci predice
gravi tormenti a' suoi futuri giorni;
né qua giù vive altro animal che tanto
sia di cibo e vestir privo e infelice,
né ch'in corpo più fral di lui soggiorni.
l'accoglie poi tra mille insidie e scorni
il mondo iniquo; e 'n labirinto eterno
di travagli e d'error l'intrica e gira:
ch'ognor brama e sospira
oltra il suo stato, e sente un verme interno
che le midolle ognor consuma e rode.
Chi d'or la sete o di diletti appaga?
Chi mai d'ambizion termine trova?
e se pur dolce in tanto amaro prova,
di soave veleno unge la piaga
e di mortal sirena al canto gode:
ché quel ben torna a maggior danno e frode.
ancor ch'ei ben non sia ma sogno ed ombra,
che non sì tosto appar, che fugge e sgombra.
Ma che dirò de la tremenda e fera
falce onde morte ognor pronta minaccia,
sì ch'aver sol dal cielo un cenno attende?
Ahi quante volte allor ch'altri più spera
la sua man lungi e che più lenta giaccia,
giunge improvisa e 'l crudo ferro stende!
Voi, le cui voglie sazie a pena rende
il mondo tutto, e quasi eterni foste
monti ognor sopra monti in aria ergete,
voi, voi tosto sarete
vil polve ed ossa in scura tomba poste.
E tu ancor che m'ascolti, e 'l fragil vetro
del viver tuo saldo diamante credi,
egro giacendo e di rimedio casso
ti vedrai giunto al duro ultimo passo;
e gli amici più cari e i dolci eredi
con ogni tuo desir lassando adietro,
fredda esangue n'andrai soma in ferètro.
Oltra che spesso avien ch'uom moia come
fera, senza sepolcro e senza nome.
Misera umana vita ove per altra
miglior, nata non fosse; e un sospir solo
de l'aura estrema in lei spegnesse il tutto.
Suo peggio fora aver mente sì scaltra:
ché 'l conoscer il mal raddoppia il duolo,
e buon seme daria troppo reo frutto.
Ma questo divin lume in voi ridutto
giamai non more; in voi l'anima regna,
che del corporeo vel si veste e spoglia.
La qual, s'ogni sua voglia
sprona a virtù, del ciel si rende degna;
e quanto prova al mondo aspro ed acerbo
spregiando fa parer dolce e soave.
Ma com'uom possa a tanta speme alzarsi,
m'ascolta, o figlio; e benché siano scarsi
tutti umani argomenti, ove a dar s'have
luce de l'alto incomprensibil Verbo,
quando umiltà non pieghi il cor superbo,
tu però che di sete ardi a' miei raggi,
vo' che 'l fonte del ver nei rivi assaggi.
Mira del corpo universal del mondo
il vago aspetto e l'animate membra,
e qual han dentro occulto spirto infuso;
mira de l'ampia terra il sen fecondo
quante cose produce e quanto sembra
ricco del bello intorno a lui diffuso;
e teco dì: “Questo mirabil chiuso
vigor ch'in tante e sì diverse forme
tutto crea, tutto avviva e tutto pasce,
onde move? Onde nasce?
Qual fu 'l maestro a tanta opra conforme?
Qual man di questo fior le foglie pinse,
e gli aperse l'odor, la grazia e 'l riso?
Chi l'urna e l'onde a questo fiume presta
e 'l volo e 'l canto in quel bel cigno desta?
Chi dai lidi più bassi ha 'l mar diviso
e per quattro stagion l'anno distinse?
Chi 'l ciel di stelle e chi di raggi cinse
la luna e 'l sole, e con perpetuo errore
sì constante lor diè moto e splendore?”
Non son, non sono il mar, la terra e 'l cielo
altro che di Dio specchi e voci e lingue,
che Sua gloria cantando innalzan sempre;
e ne sia certo ognun che squarci il velo
che degli occhi de l'alma il lume estingue,
e che l'orecchie a suon mortal non stempre.
Ma l'uom più ch'altri in chiare e vive tempre
dee risonar l'alta bontà superna,
se de' suoi propri onor grato s'accorge;
e in sé rivolto scorge
quanto ha splendor de la bellezza eterna.
Ei di questo mondan teatro immenso
nobil re siede in più sublime parte,
anzi del mondo è pur teatro ei stesso,
e del gran re del ciel che mira in esso
la sua sembianza e tante grazie sparte,
tutto ver lui d'amor benigno accenso.
Ahi mal sano intelletto, ahi cieco senso!
com'esser può che sì continua e fosca
notte v'ingombri e 'l sol non si conosca?
Che benché fuor di queste nebbie aperto
scorgerlo invan procuri occhio mortale,
tanto splende però, che giorno apporta.
Questo in ogni camin più oscuro ed erto
è fido lume, e giunge ai piedi l'ale,
e d'ineffabil gioia i cor conforta;
questo ebber già per solo duce e scorta
mille lingue divine e sacri spirti
che 'l fero in voci e 'n carte altrui sì chiaro,
e che 'l mondo spregiaro
tra boschi e grotte in panni rozzi ed irti.
E voi ch'in tanta copia, alme beate,
palma portaste di martirio atroce,
o di che ferma in Dio fede splendeste,
mentr'or sott'empia spada il collo preste
porgete e di tiranno aspro e feroce
col mar del vostro sangue i piè bagnate,
or di gemiti invece inni cantate
fra l'aspre rote e fra le fiamme ardenti,
stancando crudeltà ne' suoi tormenti.
Noi fummo allor vostra fortezza e vostre
dolci compagne in quei supplici tanti:
ché frale e vano ogni altro schermo fora.
Così son giunte ognor le voglie nostre
d'un foco accese in desir giusti e santi:
né l'una senza l'altra unqua dimora.
Dio c'inviò per fide scorte ognora
de l'uom, sì caro a lui diletto figlio:
onde seco per noi si ricongiunga
e in sua patria giunga.
Ma quella i' son ch'al ver gli allumo il ciglio,
e d'aperto mirarlo il rendo degno,
ove cieco salir per sé non basta
e ove giunto ogni altro ben disprezza.
Tu meco dunque a contemplar t'avezza
ed a lodar con mente pura e casta
l'alto Signor di quel celeste regno
dietro a me per la via ch'ora t'insegno;
ma mentre le mie voci orando segui,
fa che 'l mio cor più che la lingua adegui.
O di somma bontate ardente sole,
a par di cui quest'altro è notte oscura!
Vera vita del mondo e vero lume!
Tu, ch'al semplice suon di tue parole
il producesti e n'hai paterna cura;
tu, c'hai il poter quanto il voler presume:
o fonte senza fonte, o immenso fiume
che stando fermo corri e dando abondi
e senza derivar da te derivi!
Tu, ch'eterno in te vivi,
e quanto più ti mostri e più t'ascondi;
tu, che quand'alma ha di tua luce vaghi
i suoi desir, le scorgi al cielo il volo,
rinovata fenice a' raggi tuoi!
Se nulla è fuor di te, che solo puoi
esser premio a te stesso, e se tu solo
dai 'l ben, l'obligo avvivi e 'l merto paghi,
s'ogni opra adempi, ogni desire appaghi,
dal ciel benigno nel mio cor discendi,
e gloria a te con la mia lingua rendi. —
Mentre così cantava e del suo foco
divin m'ardea la bella duce mia,
l'altre ancor la seguian col canto loro
e degli angioli insieme il sacro coro:
del cui concento intorno il ciel gioìa,
sembrando un novo paradiso il loco.
Conobbi allor che 'l saper nostro è un gioco,
e che quel che di Dio si tien per fede
certo è via più di quel che l'occhio vede.

Commenti al Post:
Phoenix_from_Mars
Phoenix_from_Mars il 14/01/15 alle 00:53 via WEB
Resto incantata...sono tutta una serie di versi che non conosco, e con piacere me li gusto :) grazie Vale :)
 
 
valerio.sampieri
valerio.sampieri il 14/01/15 alle 22:05 via WEB
Ciao Phoe :-) Scusa se rispondo ai commenti una volta ogni morte de papa :-) Se ti piacciono le poesie, nei box in alto sulla sinistra ci sono i link agli indici alle opere complete che ho postate. Naturalmente non ci sono le fiabbe de Er Fiabbatore!!!! Un bacione :-)
 
Vince198
Vince198 il 14/01/15 alle 14:46 via WEB
"Conobbi allor che 'l saper nostro è un gioco,
e che quel che di Dio si tien per fede
certo è via più di quel che l'occhio vede."
Semplicemente un'apoteosi ^_____^
 
 
valerio.sampieri
valerio.sampieri il 14/01/15 alle 22:08 via WEB
Ciao Vince :-) Sai che in tema di poesia sono una frana. Non conoscevo Celio Magno fino a non molti anni or sono, ma devo dire che non mi dispiace quanto gli altri poeti in generale. :-) Questa canzone mi piace abbastanza :-)))
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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