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Storia nostra 81-85

Post n°2200 pubblicato il 02 Novembre 2015 da valerio.sampieri
 

Storia nostra
Cesare Pascarella

LXXXI

E finite difinitivamente,
Perché si funzionassero l’istesso
Come ner tempo antico ancora adesso
Ner momento de l’epoca presente,

Quanno che er galantomo piú innocente,
Dio ne scampi, ce fosse stato messo
Drento, chi je poteva corre’ appresso?
Chi je poteva mai faje piú gnente?

Quanno ce stavi drento, caro mio,
Dovevi fa’ la fin der Trovatore
E méttete a cantà’: Leonora, addio!

Perché chiuso lí drento a quele torre,
Si j’arzaveno er ponte levatore
A chi santo potevi annà’ a ricorre'?

LXXXII

Ar Papa? Stavi fresco! Pure quello
Costretto a fa’ da papa, in tutte l’ore
Der giorno e de la notte, in quell’orrore
De lite, fra l’incudine e er martello,

Doveva sempre sta’ cor batticore
De dovesse riméttese er cappello,
Pe’ poté’ scappà’ via ner Corridore
De Borgo, pe’ rinchiudese a Castello.

E lí? Provava. Prima cor bemolle:
Co’ le prediche e le benedizioni;
Dopo co’ le scomuniche e le bolle;

Ma poi pe’ nun rimané’ prigioniero
Eternamente in man de li Baroni,
Che faceva? Chiamava lo straniero.

LXXXIII

E quello, appena subito chiamato,
Lo riportava subito a San Pietro
Co’ le chiave, le ventole e lo scetro;
E er papa, quanno ch’era ritornato

Ner possesso der suo pontificato,
Dopo un po’ je diceva «vade retro»;
Ma ner véde’ che a fallo tornà’ addietro
Era inutile a stacce a spregà’ er fiato,

Credenno d'aggiustà’ le cose sue,
Chiamava un antro pe’ caccià’ via quello
E allora invece d’uno ereno due.

Appresso a quelli due veniva er terzo.
E allora? Allora cominciava er bello,
E se trovamio in mezzo a un bello scherzo.

LXXXIV

A quelo scherzo de carneficine,
E d’ogni sorta de scelleratezze;
Ne li palazzi ch’ereno rovine,
Drent’a le chiese ch’ereno fortezze:

E er papa, intanto, fra le columbrine,
L’alabarde e li nuvoli de frezze,
Quanno vedeva che a trovà’ ’na fine
Nun giovaveno carci né carezze,

Dopo avelle provate tutte quante
Senza poté’ convinceli e fermalli,
Lassava qui la sua sedia vagante;

E ’na vorta che lui te s’era messo
Drent’a ’na carrozzetta a du’ cavalli,
Diceva: Si me vôi, còrreme appresso.

LXXXV

Dove annava? Dovunque. Ogni nazione
J’era bona; e si c’ereno regnanti
Disposti a ben trattallo co’ li guanti,
Scegneva e combinava la pensione.

E lí co’ l’indurgenze e le corone,
L’abitini e l’effigge de li santi
Li contentava tutti e annava avanti,
E fin che stava lí stava benone.

Ma poi ricominciava la commedia,
Perché quanno che quello ritornava
Pe’ rimettese a sede’ a la sua sedia,

Tante le vorte je toccava a véde’
Che su la propia sedia ce trovava
Un antro che ce s’era messo a sede’.

Cesare Pascarella
Storia nostra

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