Creato da robertocass il 22/03/2011
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Messaggi di Agosto 2017

 

Gli Esopianeti gemelli della Terra

Post n°126 pubblicato il 27 Agosto 2017 da robertocass
 
Foto di robertocass

 

 

 

 

Nel 2009 è stato lanciato dalla Nasa il satellite Kepler che osserva e misura la luminosità delle stelle.

Grazie a questo strumento si è avuta la conferma dell'esistenza degli esopianeti, pianeti fuori del sistema solare che orbitano attorno ad una stella, gemelli quindi del nostro sistema solare.

Fino ad oggi ne sono stati confermati 3.449 ma pochi sono quelli che orbitano nella fascia abitabile, ad una distanza cioè simile a quella della Terra dal Sole, distanza che consente una temperatura da 0 a 100°, la possibilità di avere acqua allo stato liquido, un atmosfera, le condizioni perfette affinchè si sviluppi la vita.

A febbraio di quest'anno è stato scoperto un sistema planetario che orbita attorno alla stella Trappis-1 a 39 anni luce da noi.

E' stata una scoperta sensazionale perchè i 7 pianeti hanno dimensioni molto simili a quelle della Terra ed almeno tre di questi orbitano nella fascia abitabile.

Trappist-1, nella costellazione dell'Acquario, è una stella nana ultrafredda, con una massa pari all'8% del nostro Sole.

In termini stellari quindi è molto piccola, solo un po' più grande di Giove.

Gli astronomi ritengono che queste stelle nane possano ospitare molti pianeti di dimensioni terrestre in orbite molto strette, rendendoli quindi promettenti obiettivi per la ricerca della vita fuori il sistema solare, ma Trappist-1 è il primo di questi sistemi a essere stato scoperto.

Oggi sono stati scoperti altri cinque nuovi esopianeti potenzialmente simili alla Terra e dunque colonizzabili.

Fra essi, un paio potrebbero anche ospitare acqua allo stato liquido sulla propria superficie, dato che orbitano nella già citata fascia abitabile.

La notizia giunge ad alcuni mesi di distanza dallo storico annuncio della NASA sui sette pianeti dell'ormai celebre Sistema Trappist-1.

L'entusiasmo per Trappist-1 non è scemato nemmeno dopo la divulgazione delle previsioni pessimistiche sui potenti brillamenti della stella che potrebbero aver spazzato via le fondamentali atmosfere dei pianeti, esattamente come è avvenuto su Marte.

Il dettaglio più interessante relativo ai nuovi pianeti risiede nella loro vicinanza alla Terra.

Il primo orbita infatti attorno alla stella Gliese 832 a una distanza di 16 anni luce.

Gli altri quattro si troverano invece attorno alla stella Tau Ceti, a soli 12 anni luce da noi.

La stella ha una magnitudine tale che è possibile vederla anche a occhio nudo.

Le ricerche proseguono in tutto il mondo e al momento sono stati scoperti altri 4.696 pianeti ancora in fase di studio, di questi già sappiamo che 1264 sono giganti ghiacciati, 1043 gassosi come Giove e 781 superterre con una massa 10 volte quella della nostra Terra.

Gli esopianeti di tipo terrestre già confermati sono 348.

Nonostante l'entusiasmo dei ricercatori e la vicinanza astronomica degli esopianeti, stiamo comunque parlando di distanze irraggiungibili per le nostre tecnologie.

Basti pensare che per raggiungere Proxima Centauri, la stella più vicina a noi a 4 anni luce, oltre 41.000 miliardi di chilometri, con i nostri attuali mezzi un astronave con equipaggio ci metterebbe oltre 100.000 anni.

Ma stiamo parlando di uno spazio infinito con miliardi di stelle e pianeti, e poi le nostre ricerche sono state indirizzate finora verso una forma di vita simile alla nostra.

Nessuno può escludere che invece si siano sviluppate forme di vita con altre caratteristiche e quindi con altri bisogni.

Quello che è certo che non siamo soli nell'universo.

 

 
 
 

Voyager, da quarant'anni in viaggio verso le stelle

Post n°125 pubblicato il 21 Agosto 2017 da robertocass
 
Foto di robertocass

 

 

 

 

Il 20 agosto 1977 veniva lanciata la Voyager 2, quindici giorni dopo la gemella Voyager 1.

Iniziava un'avventura unica, l'eterno sogno di raggiungere le stelle.

Il piano da cui erano nate venne a lungo contestato, troppo ambizioso e complicato ma soprattutto troppo costoso per essere sostenuto, dati i rischi che presentava.

Il sogno fù però più forte e diede il coraggio agli scienziati della Nasa d'intraprendere la spedizione interplanetaria più affascinante e ricca di scienza che l'uomo abbia mai sostenuto e che forse mai sosterrà.

Le due Voyager nascevano come la prosecuzione dell’esplorazione condotta da un’altra celebre coppia interplanetaria, le due sonde Pioneer-10 e 11 che per prime oltrepassarono la temuta fascia degli asteroidi dopo Marte e per prime si avvicinarono a Giove e Saturno.

Voyager 1 approfondì le osservazioni di Giove e Saturno e in particolare Titano, la grande luna di Saturno le cui condizioni assomigliano a quelle della Terra alle sue origini.

Voyager 2, invece, proseguì ben oltre proiettandosi verso Urano e Nettuno sorvolandoli entrambi da vicino.

Su Nettuno arrivò nell’agosto 1989, dodici anni dopo il lancio.

L'avvicinamento si era ottenuto sfruttando l’effetto gravitazionale generato dal pianeta che crea una sorta di effetto fionda che rilancia la sonda verso l'obiettivo successivo.

L’effetto, battezzato Gravity Assist, era stato teorizzato per la prima volta negli anni cinquanta dall’italiano Gaetano Arturo Crocco dell’Università di Roma.

Durante il passaggio ravvicinato le camere della sonda ci mostrarono il volto sconosciuto dei due pianeti più esterni con la grande sorpresa di Nettuno che appariva azzurro come la Terra.

Nel frattempo Voyager 1 era già uscito dal sistema solare aumentando progressivamente la sua velocità e oggi è l’oggetto più veloce costruito dall’uomo raggiungendo i 60 mila chilometri orari.

Anche Voyager 2 usciva dal sistema solare proiettato verso Sud rispetto al piano dell’eclittica dove ruotano tutti i pianeti mentre il gemello era uscito verso Nord.

Voyager 1 ora si trova a quasi 21 miliardi di chilometri dalla Terra e fra 40 mila anni passerà a 1,6 anni luce dalla stella AC+793888 della costellazione Camelopardalis mentre Voyager 2 è a poco più di 17 miliardi di chilometri e sempre fra 40 mila anni transiterà a 1,7 anni luce da Sirio, la stella più brillante del firmamento.

Entrambi sono ancora funzionanti e fanno sentire la loro voce anche se solo cinque strumenti di bordo raccontano le caratteristiche dello spazio attraversato.

E continueremo a sentirli almeno sino al 2020 (ma gli ottimisti dicono 2025), cioè fino a quando i generatori atomici di bordo forniranno l’energia elettrica necessaria.

Entrambi hanno riscritto con le loro scoperte buona parte dei libri dedicati al sistema solare e allo spazio interstellare.

A bordo hanno un disco dorato nel quale sono incise immagini dell’ambiente terrestre, una moltitudine di suoni naturali, come quelli prodotti dalle onde, dal vento, dai tuoni, da animali, come il canto degli uccelli e quello delle balene, i saluti degli abitanti della Terra nelle 55 lingue parlate sul nostro pianeta e musica dalla classica al jazz.

L’idea di una capsula temporale era stata concepita dall’astronomo Carl Sagan per raccontare ad eventuali esseri intelligenti di altri pianeti della galassia il nostro piccolo ma magnifico mondo e i suoi abitanti che avevano concepito lo straordinario robot cosmico.

Le probabilità che venga trovato da qualcuno sono estremamente remote in rapporto alla vastità dello spazio interstellare.

Un suo possibile ritrovamento ad opera di una forma di vita aliena potrà avvenire soltanto in un futuro molto lontano.

Come Sagan scrisse:

"La navicella potrà essere trovata e la registrazone visualizzata solo se esistono civiltà avanzate che viaggiano nello spazio interstellare.

Ma il lancio di questa bottiglia nell'oceano cosmico è un messaggio di grande speranza circa la vita su questo pianeta".

 

E il viaggio continua.

 

 
 
 

Donne in carriera

Post n°124 pubblicato il 17 Agosto 2017 da robertocass
 
Foto di robertocass

 

 

 

 

James Damore, un giovane ingegnere di Google ha scritto che le donne non sono adatte alla tecnologia, e per questo non fanno carriera in Silicon Valley.

È stato ovviamente licenziato.

Ora è indubbio che a parte qualche azienda (una di queste è Poste Italiane dove le donne sono la maggioranza), la percentuale di donne impiegate è di gran lunga inferiore, non ragggiunge il 20%.

Ma se le donne fanno meno carriera non è perché sono più ansiose e reggono meno lo stress o perché sono più interessate alle persone e meno alle cose, come afferma il tecnico licenziato, o per chissà quale altro motivo.

Le donne fanno meno carriera perché le regole delle carriere le abbiamo decise noi maschi.

Alcune donne, è vero, sono riuscite comunque ad arrivare ai vertici della professione, ma ci sono riuscite a patto di sacrifici tra l’eroismo e il masochismo, sacrifici che di norma a noi uomini non vengono richiesti.

Hanno dovuto negli anni proteggersi dietro una corazza di cinismo e spesso rinunciare ad una famiglia, ai figli, ad una vita di coppia.

Hanno dovuto sopportare maldicenze del tipo: ha fatto carriera, chissa a quanti l'ha data!

Le ragazze hanno più successo negli studi ed arrivano prima alla laurea.

Questo primato continua nei primi anni di lavoro ma poco dopo i trent’anni, di solito in occasione del primo figlio, arriva il sorpasso maschile.

Sembra una corsa ciclistica in cui, di colpo, una squadra corre in salita e l’altra corre in discesa.

Indovinate chi vince.

E soprattutto: indovinate chi ha disegnato il tracciato.

Siamo noi maschi a dover cambiare, le femmine l’hanno già fatto

 
 
 

La verità sui cambiamenti del clima

Post n°123 pubblicato il 12 Agosto 2017 da robertocass
 
Foto di robertocass

 

 

 

 

Il clima sta cambiando, ormai è praticamente un dato di fatto.

Si sta ancora tentando di capire in che modo i cambiamenti dovuti al clima possono essere stati influenzati dall’uomo e in che modo possono essere fermati.

Si sta discutendo animatamente di quello che viene chiamato surriscaldamento globale.

Si parla di scie chimiche, di guerra ambientale mai dichiarata e mai ammessa e poi tante teorie su cui però non esiste una certezza assoluta.

Sono molti i fattori su cui però ormai si è sicuri, certamente primo è l'incremento della popolazione e il miglioramento degli stili di vita con il conseguente aumento del consumo dei combustibili fossili, come il petrolio, il carbone e il gas.

E poi l'inquinamento, i consumi sfrenati dei paesi ricchi, la mancanza totale di una politica ambientale che non può essere che concordata a livello planetario.

In un mondo che diventa sempre più piccolo soffriamo dell'inquinamento della Cina e veniamo fortemente penalizzati da una folle deforestazione che distrugge ogni anno ben 17 milioni di ettari di foresta tropicale.

Le ricadute e le scelte sbagliate di una nazione pesano ormai sul futuro del mondo intero.

Negli ultimi 130 anni la temperatura media della superficie terrestre è aumentata di 0,6° C, aumento particolarmente marcato negli ultimi 20 anni.

Se la Terra non avesse un’atmosfera in grado di assorbire una parte del calore solare, sarebbe un pianeta di ghiaccio, praticamente inabitabile, con una temperatura media della sua superficie pari a –18°.

La Terra riceve energia radiante dal Sole sotto forma di raggi luminosi e ne restituisce altrettanta allo spazio sotto forma di raggi infrarossi.

Alcuni gas però contenuti nell’atmosfera lasciano passare la luce solare ma trattengono parte del calore riemesso dalla superficie terrestre, attraverso un meccanismo noto come “effetto serra”.

Questi gas-serra sono principalmente l’anidride carbonica (CO2), il protossido di azoto (N2O), il metano (CH4) ed il vapore acqueo.

Da 2 miliardi di anni la concentrazione di questi gas nell’atmosfera è rimasta praticamente costante, e ciò ha consentito il mantenimento della temperatura media attorno ai 15°.

Ora però con quello che stiamo vivendo si prevede che la temperatura della superficie terrestre possa crescere, se non verranno posti dei correttivi, da 1,4 a 5,8° da oggi al 2100.

Un aumento che sarebbe devastante.

La crisi del clima non è più una minaccia del futuro, ma una realtà di oggi, le anomalie meteorologiche sono ormai evidenti ed arrivano a sviluppare fenomeni atmosferici di violenza incontenibile.

Il pianeta si sta surriscaldando e stiamo vivendo il più grande disgelo dalla fine delle glaciazioni.

Nell’ultimo secolo i ghiacciai del monte Kenya hanno perso il 92% del loro volume e quelli del Kilimanjaro il 73%.

In Italia, i ghiacciai alpini hanno perso circa il 50% del loro volume.

Stanno scomparendo persino i ghiacci dell’Antartide.

Fino a poco tempo si riteneva che ci sarebbero voluti migliaia di anni di massiccio riscaldamento globale per sciogliere lo strato di ghiaccio dell’antartico orientale, che è spesso 3 Km, grande quanto gli Stati Uniti, e vecchio di 10 milioni di anni.

Recenti studi ritengono che continuando il processo di riscaldamento in corso potrebbero invece sciogliersi in pochi centinaia di anni provocando l’innalzamento del livello dei mari di 60 metri.

Ma questo avverrà anche più rapidamente e il livello dei mari, già cresciuto di 10-25 centimetri nell’ultimo secolo, salirà da 9 a 88 cm entro il 2100, causando la sommersione di vaste aree costiere, parti di città ed interi arcipelaghi.

Il cambiamento climatico inoltre minaccia di provocare una nuova ondata di panico legato all'ambiente e all'ecologia.

Stiamo assistendo oggi alla ricerca di terre coltivabili da parte di paesi densamente popolati come la Cina o poco coltivabili come quelli arabi e il timore di devastazioni dovute al riscaldamento della Terra potrebbero provocare ulteriori problemi.

Oggi la ricerca di terre al di fuori dei propri confini riguarda i Paesi del Golfo, ricchi di petrolio, ma poveri di derrate agricole, il Giappone, la Corea del Sud e soprattutto la Cina, che non è in grado di produrre in proprio le materie prime necessarie per garantire il benessere a cui la popolazione aspira.

Il continente verso cui si dirigono questi interessi è l’Africa, dove si trovano le maggiori distese di terre incolte e dove la debolezza delle strutture statali e dei governi locali facilita il fenomeno del “land grabbing”: l’accaparramento delle terre considerate “inutilizzate” e quindi vendute a terzi, aziende o governi di altri Paesi, spesso senza il consenso delle comunità locali, che le usano per le proprie necessità alimentari.

Un fenomeno che dal 2008, dopo lo scoppio della crisi finanziaria, è cresciuto del 1000% mandando in rovina migliaia di contadini privati della terra, del lavoro e del futuro.

La Cina ha già preso in affitto un decimo del suolo arabile ucraino, ed è interessata alle aree coltivabili del Sudan, in concorrenza con altri Stati.

Oltre alla caccia alle terre fertili nei Paesi del sud del mondo gli effetti deleteri dei gas serra sull’ambiente aggravano le tensioni già in essere.

La siccità in Africa, le alluvioni sul sud est asiatico, le guerre in Medio Oriente e la povertà diffusa spingono da tempo alla fuga migliaia di persone, dirette verso le nazioni più ricche.

Un fenomeno inarrestabile che ha colto l’Europa impreparata, incapace di trovare un accordo per ridistribuire i migranti, divisa tra chi ha mostrato una parziale disponibilità ad accogliere e chi ha chiuso le frontiere e costruito nuovi muri.

Quello che purtroppo non si vuole spiegare che questi cambiamenti sono ormai una realtà irreversibile.

Le emissioni di anidride carbonica si accumulano negli strati alti dell'atmosfera e vi restano per secoli, mentre vengono gradualmente assorbite da piante e oceani.

Questo significa che le modeste riduzioni delle emissioni che riusciremo ad ottenere, fermo restando gli accordi internazionali, potranno solo rallentare l'aumento della concentrazione atmosferica, ma non potranno impedirla.

Quindi anche se le emissioni fossero ridotte di un eroico 20% dal loro attuale livello nei prossimi 50 anni, ritarderemmo il previsto raddoppio della concentrazione di appena dieci anni, dal 2065 al 2075.

Gli impegni presi dagli Stati puntano a ridurre entro il 2030 le emissioni totali di gas serra in media solo del 3% sotto la crescita media dell’8% attuale.

Inoltre la domanda di energia correlata all’aumento dei redditi e degli standard di vita, salirà di circa 50% per la metà del secolo, trainata dal progresso economico nei Paesi in via di sviluppo e dall’incremento della popolazione a quasi 9,7 miliardi di persone dal 7,3 miliardi attuali.

Dovremo abituarci a questo clima che sta cambiano e porre subito dei correttivi almeno per fermare o rallentare un processo che sembra inarrestabile.

L’Italia si sta scaldando a una velocità doppia rispetto a quella di tutto il Pianeta.

Secondo gli esperti il nostro paese verrà a trovarsi diviso in due fasce climatiche ben marcate con un centro sud dovre una forte riduzione delle precipitazioni ed un problema di siccità che sarà la causa della desertificazione di vaste aree pianeggianti, con una concentrazione di pochi violenti fenomeni in pochi giorni.

Al nord, invece, si avrà un aumento delle precipitazioni, anch’esse concentrate stagionalmente, che causerà alluvioni e dissesti sempre più frequenti con trombe d'aria e bombe d'acqua.

Ma queste previsioni sono già una realtà: lo dimostrano gli avvenimenti di questi giorni con siccità al centro sud e alluvioni al nord.

Perciò oltre a politiche volte alla riduzione delle emissioni di gas serra per limitare i danni futuri, l’Italia ha urgenza di mettere in atto strategie di adattamento rispetto alla conseguenze dei cambiamenti del clima che sono già in corso.

Abbiamo bisogno di una mobilitazione a tutti i livelli, dai comuni alle regioni al governo nazionale, abbiamo bisogno di mettere in campo azioni in risposta alla sfida dei cambiamenti climatici.

Si dovranno porre dei freni all'eccesso dei consumi, imporre dei cambiamenti agli stili di vita, obbligare ad un recupero totale di rifiuti, limitare il consumo eccessivo di acqua, e tanto tanto ancora.

Certo sarà fondamentale che si capisca che non parliamo di scelte che si possono fare o no, ma di obblighi dai quali non si può più prescindere.

I danni fatti dall'uomo al nostro pianeta sono gravi ma ancora non irreversibili, ed abbiamo già le soluzioni.

Basta iniziare ad applicarle.

 
 
 

Bambola d'Ossigeno

Post n°122 pubblicato il 08 Agosto 2017 da robertocass
 
Foto di robertocass

 

 

 

 

Immaginate di essere una donna occidentale e di leggere in un boccheggiante bar di mezza estate che il fisioterapista giapponese Masayuki Ozaki di anni 45 vive con la moglie, la figlia e Mayu, una bambola di un metro e settanta conosciuta in un negozio specializzato, con cui condivide il letto e i pensieri più intimi.

Immaginate di apprendere dalla viva voce di Ozaki che egli è innamorato perso della sua Mayu, capace di ascoltarlo senza mai dargli addosso e di amarlo senza mai accampare un mal di testa, a differenza della moglie con cui ormai evita qualsiasi rapporto verbale e non.

Immaginate infine di scoprire che è tutto assoluamente vero, che Ozaki sarà anche un caso clinico ma non è un caso isolato, essendo solo uno dei duemila giapponesi che ogni anno aggiungono una protesi di plastica ai loro matrimoni sciancati.

E adesso provate a mettervi nei panni di lei.

Non della bambola ma della moglie.

La moglie che vede suo marito piazzarle la rivale in casa, senza neanche l’ipocrisia di sistemarla in un appartamentino, come si faceva con le amanti di ieri, o di cambiare il numero del telefonino, come si fa con quelle di oggi.

Non essendo voi intralciate dal kimono culturale della consorella nipponica, potreste prendere in considerazione tre ipotesi:

– Fare a pezzi la bambola.

– Fare a pezzi il marito.

– Risparmiarli entrambi, contenti loro, e precipitarvi al negozio a comperare un bambolo.

Anche se purtroppo uno in grado di non parlare ossessivamente di calcio mercato e del suo lavoro, di togliersi i calzini prima di andare a letto, o almeno di mettersene puliti, di non criticare sempre e comunque la moglie per qualsiasi futile motivo, o altro su cui conviene non continuare…...

….insomma pare proprio che questo neppure in Giappone lo abbiano ancora inventato.

 

 

Dal Corriere della Sera

 
 
 
 
 

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