Post n°2289 pubblicato il
29 Luglio 2017 da
namy0000
“La cultura greca vedeva la corporeità come una prigione o tomba dell’anima, la Bibbia invece si fissa sull’uomo intero nel suo intreccio di spiritualità e materialità, e la parola “corpo” diventa sinonimo di persona. Il corpo è il grande simbolo dell’uomo, del suo manifestarsi, del suo comunicare con gli altri e con il mondo. In questa prospettiva, la sessualità non è una mera questione biologica, è espressione di una comunicazione anche interiore. L’intera esistenza del credente, che si esprime attraverso il corpo, è il grande tempio in cui lo Spirito santo celebra una perfetta liturgia. L’apostolo, infatti, esorta anche i Romani ‹‹a offrire i loro corpi come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio›› (12,1). Attraverso l’impudicizia, la fornicazione, l’egoismo sessuale, il piacere frenetico e disumano, l’uomo dissacra la santità della sua esistenza, sostituisce al Dio vivente un idolo. Triste è, invece, la sessualità cieca, fine a sé stessa, come scrive in una sua lirica a poetessa Edith Bruck: ‹‹Ogni inizio è già la fine. Tutto si consuma in un gesto, in un amplesso, in una cena, in un incontro. Non c’è tempo per niente: ogni volta ci salutiamo come se fosse l’ultima e senza promesse››” (card . Gianfranco Ravasi, FC n. 13-2015).
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