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Post n°2681 pubblicato il 23 Giugno 2018 da namy0000
Il camice azzurro sopra l’abito formale e l’ormai immancabile coroncina d’alloro. Poche volte una foto di laurea ha sintetizzato così una vita intera: Angela DM, 49 anni all’anagrafe, venti in fabbrica, finiti con la mobilità volontaria per crisi aziendale. Gli studi, iniziati a 35 anni, per sete di conoscenza: ‹‹Aspettavo il primo figlio ed ero a casa perché il mio lavoro non era compatibile con la gravidanza. Ho deciso di cogliere la pausa forzata per riprendere gli studi interrotti prima del diploma. Alla laurea non pensavo, ma poi è stato naturale proseguire. Alla filosofia mi ha portata la curiosità: nello studio cercavo strumenti per leggere la realtà attorno a me››. Nel frattempo, i figli erano diventati due e il lavoro era ripreso, eppure Angela non parla mai di fatica: ‹‹Mi dedicavo ai bambini, oggi di nove e sei anni, fino all’ora della nanna perché non sarebbe stato giusto togliere tempo a loro, poi dalle 21 all’una di notte stavo sui libri: può sembrare strano, ma per me era un piacere, un mondo che si apriva. Tuttora ho dei libri un rispetto “sacro”, detesto rovinarli››. All’Università Ca’ Foscari a Venezia è andata poco, perché conciliare tutto, per di più abitando a Pordenone, non si poteva: ‹‹Mi sarebbe piaciuto viverla di più, mi è mancato un po’ il confronto diretto con gli insegnanti. Ho potuto frequentare solo mentre aspettavo la seconda bimba. È stato un bel periodo: mi sono sentita in dovere di incoraggiare i miei compagni di corso ragazzi a non farsi travolgere dall’ansia, a non perdere il piacere dello studio, sapendo bene che a vent’anni devi rendere conto a chi ti mantiene, ed è giusto darsi da fare, ma la passione deve restare››. Del resto è la molla che, a ogni età, esorta alla filosofia: ‹‹Anche i ragazzi sanno che certe cose si studiano per amore, perché non aprono grandi sbocchi: negli anni ho visto tanti giovani approdare alla catena di montaggio dopo gli studi umanistici››. Tra i colleghi di fabbrica pochi hanno chiesto ad Angela: “Ma chi te lo fa fare?”: ‹‹C’era stima. E comunque tenevo così tanto allo studio che non mi sarei lasciata smontare dai pochi che non capivano: lo facevo per me, volevo arrivare in fondo››. Tanto che alla fine l’emozione l’ha quasi tradita sul traguardo: ‹‹Ho sempre studiato senza ansia, ma il giorno della seduta di laurea mi ha preso l’angoscia che credo catturi chi scala gli ultimi metri di una montagna. Mi mancava il respiro: durante la discussione parlavo e mi scendevano le lacrime. Credo che fosse la presa di coscienza di chi capisce di non essersi arreso alla strada segnata››. E adesso? ‹‹Se potessi sognare direi che mi piacerebbe insegnare quello che ho appreso tenendo insieme le mie due vite, realisticamente mi basterebbe un lavoro stabile›› (FC n 24 del 17 giugno 2018). |
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