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In macchina

Post n°2735 pubblicato il 29 Luglio 2018 da namy0000
 

ACCOGLIENZA PERSIANA. Un gruppo di tour operator olandesi ha girato l’Iran alla ricerca di mete poco note e percorsi alternativi. Scoprendo un paese caloroso, fiero e pieno di sfumature.

È quasi mezzanotte quando, sotto la luce gialla degli archi del ponte Khaju, capolavoro dell’architettura persiana nella provincia di Isfahan, un uomo con i baffi e un completo troppo grande attacca una canzone su una bella ragazza che lo ignora. Un ragazzo con la barba incolta e una catena d’oro intorno al collo si mette a ridere. Bambini, coppie di anziani e gruppi di amici rallentano, si arrampicano sui parapetti, appoggiano la schiena a muri secolari e cominciano a battere le mani a tempo. Tutti conoscono questa canzone romantica.

“Vengo qui per amore”, dice un giovane sergente che passeggia con la fidanzata, “e per trascorrere una serata piacevole”. È contento della presenza degli stranieri: “Più turisti ci sono, meglio è. Fa bene alla nostra economia e alla nostra società”. Ma viene interrotto da un uomo con un vestito marrone che vuole sapere perché parla con noi: “Cosa gli stai dicendo?”.

L’Iran non è una meta turistica come le altre, e questa brusca interruzione ce lo ricorda. Potrebbe non sembrare un luogo attraente, a guardare i telegiornali: uomini furiosi che gridano “Marg bar Amrika!” (Morte all’America), giovani donne che rischiano l’arresto girando per strada senza velo. Viaggiamo con un gruppo di tour operator olandesi che sono venuti a capire se il misterioso Iran, comprese le destinazioni meno note, sia adatto ai loro clienti.

Il paese attira un maggior numero di turisti da quando, tre anni fa, le sanzioni internazionali sono state ammorbidite ed è stato firmato l’accordo sul nucleare (da cui gli Stati Uniti si sono ritirati a maggio). L’anno scorso sei milioni di stranieri hanno visitato la repubblica islamica, con un incremento del 50 per cento rispetto al 2016. Sorvolate anche voi moschee scintillanti, bazar caotici, deserti luminosi, vette innevate e isole assolate nel golfo Persico a bordo di un tappeto persiano. O meglio: salite su un furgoncino con una guida e prenotate qualche volo interno. I pregiudizi sull’Iran spariranno. Dei completi estranei vi accoglieranno nei negozi di kebab o vi metteranno un braccio intorno alle spalle dandovi un caloroso benvenuto, spesso seguito da un’esortazione a non credere a quello che si sente in tv: “Sono tutte bugie!”. Quasi ogni giorno mi ritrovo seduto in un parco su un telo da picnic con una tazza di tè in mano a casa di iraniani che mi hanno invitato a mangiare carne stufata e bere vino fatto da loro.

L’Iran chiede molto ai viaggiatori, che devono munirsi di visti, portarsi contanti da cambiare da un mercante d’oro al bazar e, soprattutto, coprirsi. Che si visiti una moschea, una caffetteria, una spiaggia o una pista da sci a 3.600 metri d’altezza, la pelle rimane un tabù. La polizia tollera che gli uomini indossino bermuda sul golfo Persico, ma chi vorrebbe farlo? Le donne portano un’ampia veste sopra ai vestiti e si coprono il capo con un velo, tutt’al più allentato sulla nuca. Nuotano separate dagli uomini. Il visibile sollievo con cui giovani e anziane, iraniane e straniere si tolgono il velo in aereo suscita tenerezza.

Ma in cambio l’Iran dà molto. Ci si può perdere in una foresta di colonne all’interno di una moschea risalente a milleduecento anni fa, in bagni pubblici decorati con splendide maioliche, in giardini con siepi di rose e pozzi dei desideri, in mercati affollati pieni di bancarelle che vendono gioielli o pistacchi. Si può dormire in vecchie case di commercianti trasformate in hotel e mangiare agnello stufato con pane tradizionale in fresche cantine. L’Iran è una destinazione perfetta per gli appassionati di Instagram: scattatevi una foto con il capo coperto e una parete di maioliche celesti decorate con fiori di loto dorati alle vostre spalle, e in un batter d’occhio riceverete cinquecento like.

Un viaggio in Iran, però, può anche rivelarsi un’esperienza non esaltante. Se non fate attenzione, rischiate di visitare musei polverosi e moschee deserte e di dover dire centinaia di no a persone che vi propongono un giro in cammello. Un’escursione alla ricerca dei delfini intorno all’isola di Qeshm può degenerare in una corsa in motoscafo con incidenti sfiorati e terminare su una spiaggia stretta piena di chioschi che vendono souvenir e panini con gamberi.

Qeshm è un esempio del rapporto contraddittorio dell’Iran con il turismo. Questa grande isola vanta splendidi parchi geologici con gole serpeggianti, labirinti di arenaria friabile e luccicanti grotte di sale, gestiti dall’organizzazione internazionale Geoparks, che coinvolge la popolazione locale nella conservazione della natura, forma guide turistiche e aiuta ad avviare negozietti e piccoli alberghi.

Questo approccio sostenibile e moderno stride con i piani dei costruttori iraniani che, usando fondi cinesi, progettano grandi hotel e centri commerciali dutyfree e sognano un circuito di Formula 1. Presto saranno inaugurate tratte aeree dirette senza obbligo di visto da Bruxelles e Amburgo.

Meglio optare per una sistemazione domestica, come quella proposta dall’e pescatore Esmaeel Amini, 57 anni, che gestisce dodici camere spartane con l’aiuto della famiglia. Da Amini si mangia seduti a gambe incrociate nel cortile, si dorme per terra su un materassino sottilissimo e si asciugano i vestiti su una palma da dattero. Il capitano Amini ci ha caricati sul suo pick-up e ci ha portati al matrimonio della nipote. In casa le donne aspettano in abiti lucenti, fuori gli uomini in vesti bianche cantano una canzone marinaresca muovendo la testa e le braccia al ritmo dei tamburi. I bambini fanno capriole per imitare le onde.

Le deviazioni dal programma sono la parte migliore del viaggio. Nuotate di nascosto con persone dell’altro sesso, perdetevi nella stretta valle di Chahkouh, dormite in tenda nel deserto di Lut con cime innevate alle vostre spalle e miraggi all’orizzonte. Come ci ha detto una guida “Di notte sembra di poter afferrare le stelle e infilarle nello zaino”. Musei privati come quello delle marionette a Kashan e quello della musica a Isfahan valgono una visita.

VISITE SU MISURA. L’esperienza più bella, però, è una cena a casa di una famiglia iraniana. Nei pressi di Kerman, una città ai margini del deserto, beviamo vino dolce mentre il kebab cuoce in giardino. La tv è accesa su un canale straniero, con donne che cantano canzoni pop in farsi, mentre l’emittente pubblica trasmette un programma con tre uomini e un Corano sul tavolo. Il padrone di casa ci dice che nessuno guarda quei programmi. Dopo aver mangiato mi appisolo accanto alla piscina con una pipa ad acqua tra le labbra.

In macchina, i tour operator discutono delle loro possibilità in Iran. “Mi chiedo se Bam sia una meta da consigliare”, dice il manager di un’importante agenzia olandese alludendo alla famosa cittadina in ricostruzione dopo il terremoto del 2003. “Sono sei ore di viaggio per un giro di tre quarti d’ora”. Suggerisce di combinare la visita con un’escursione nel deserto o un incontro con un imam locale. “I nostri clienti amano viaggiare autonomamente, ma in un paese come l’Iran si perde molto se non si ha una brava guida che faccia anche da interprete”, spiega. La responsabile di un’agenzia specializzata in viaggi di lusso concorda: “Offriamo l’Iran come viaggio di gruppo, ma c’è una domanda crescente di tour individuali”. Gli hotel nelle vecchie case sembrano una soluzione perfetta, mentre dormire su un materassino per terra non fa per la sua clientela “L’isola di Qeshm è meno adatta, le persone che si rivolgono a noi preferiscono la cultura alla natura”. Un agente più giovane considera invece Qeshm un’alternativa a Dubai: “Chi non ama la moda e il lusso può trovare un’esperienza culturale autentica”.

Di tanto in tanto l’Iran mostra il suo lato meno amichevole. Capita di vedere torrette di osservazione e batterie antiaeree sullo sfondo di una montagna dove si arricchisce uranio, o d’incontrare un barbiere nel quartiere armeno di Isfahan che racconta di un amico omosessuale impiccato mesi prima. “È disumano”, dice con un sospiro. Gli iraniani che esprimono il loro parere sulla politica o servono alcolici fatti in casa chiedono spaventati di rimanere anonimi quando scoprono che sono un giornalista.

Nella corte interna dell’ex casa di un commerciante poco fuori Kashan, una ragazza con i capelli rossi siede all’ombra a bere una tazza di tè. Fa parte della piattaforma See you in Iran e parla senza remore, in un inglese perfetto. “Contrastiamo l’iranofobia, la paura del nostro paese seminata dai mezzi d’informazione occidentali. All’estero, quando dico di essere iraniana, mi sento fare le domande più assurde”. Pubblicando contributi online e organizzando incontri nell’omonimo ostello di Teheran, i giovani di See you in Iran sperano di migliorare l’immagine del loro paese. “La soluzione deve venire dalle persone, non dal governo”.

Sotto il ponte ad arcate di Isfahan la politica è lontana. “Se muoio per amore, svegliami con un bacio”, canta un gruppo di uomini con voce malinconica. Il manager dell’agenzia di viaggi riceve tre baci per il semplice fatto di essere straniero. “Sei bellissima!”, sussurra un ragazzo all’agente più giovane. Nessuno chiede soldi, non si vedono valigie piene di cd come in altre parti del mondo. “La nostra vita è dura, ma stasera ci divertiamo”, dice un uomo dall’aspetto curato che batte le mani. In un momento simile, nonostante le immagini cariche d’odio che si vedono in tv, un visitatore non può che pensare: amo l’Iran” (Internazionale n. 1265 del 20 luglio 2018).

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