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Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 18/10/2017

La mente è come

Post n°2380 pubblicato il 18 Ottobre 2017 da namy0000
 

“La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre” (Albert Einstein).

 

“Già i nostri antichi padri nella fede parlavano della mente umana come di una macina da mulino che, mossa dall’acqua, non può essere fermata. Chi è incaricato del mulino, però, ha la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania” (papa Francesco, 24 genn. 2017).

 

“Negli ultimi decenni, la terapia cognitivo-comportamentale ha avuto la meglio sulla psicoanalisi tradizionale. Il dottor David Pollens è uno psicoanalista che riceve i suoi pazienti in un modesto studio al piano terra nell’Upper East Side, un quartiere di Manhattan, a New York... Pollens si considera una persona che scava nelle catacombe dell’inconscio per far emergere le pulsioni sessuali che si annidano sotto la nostra coscienza, l’odio che proviamo per chi dichiariamo di amare e le altre sgradevoli verità che noi stessi non conosciamo e spesso non vogliamo conoscere... In fondo, tutti ci rendiamo conto che la nostra vita interiore è complessa... L’unica verità è che ancora non abbiamo capito bene come funziona la mente... ‹‹Ogni vita è unica e, come analisti, il nostro ruolo consiste nel trovare la storia unica del paziente. Tante cose saltano fuori solo quando le persone hanno un lapsus, ci confidano una fantasia o usano una determinata parola››. Il compito dell’analista è essere ricettivo e attento a tutte queste cose, per poi ‹‹aiutare le persone a dare un senso alla vita››. Molti esperimenti hanno indicato che il cervello elabora le informazioni molto più velocemente di quanto la coscienza possa percepire, perciò innumerevoli operazioni mentali avvengono ‹‹dietro le quinte››, senza che la mente cosciente se ne renda conto. Per questo motivo, ‹‹quando ne prendiamo coscienza, un’esperienza è già stata elaborata molte volte, ha attivato ricordi e ha dato il via a complessi schemi di comportamento››... Il nostro inconscio è gigantesco e controlla quasi tutto e che inevitabilmente vediamo la vita attraverso lenti forgiate dal passato, che possiamo solo sperare di modificare parzialmente, con il tempo e con grande sforzo... Nel suo studio, David Pollens mi ha confessato che, nonostante la sua passione per la psicoanalisi, condivide abbastanza questo verdetto. ‹‹C’era un meraviglioso analista britannico, Michael Balint, che si occupava della formazione dei medici, e faceva a tutti una domanda: “Quale pensa che sia la medicina più efficace tra quelle che usa?” Tutti cercavano di trovare una risposta, e alla fine lui diceva: “Il rapporto con l’altro”››, mi ha raccontato... ‹‹Quello che succede nella psicoterapia››, ha detto Pollens, ‹‹è che molti vengono a chiederci aiuto e, subito dopo, cercano di impedirci di aiutarli››. Il suo sorriso sottolineava l’assurdità della situazione, e forse di tutta l’impresa terapeutica. ‹‹Come fai ad aiutare una persona quando ti dice, in un modo o nell’altro, “Non aiutarmi”? La psicoanalisi è tutta qui››”. (Oliver Burkeman, The Guardian, Regno Unito, da La rivincita di Freud, Internazionale n. 1138 del 4 febbr. 2016). 

 
 
 

Un gruppo di ragazzi ubriachi

Post n°2379 pubblicato il 18 Ottobre 2017 da namy0000
 

 | Giornalettismo,

Un gruppo di ragazzi ubriachi ha provato a molestare una ragazza di 25 anni, per strada. Erano tutti italiani e lei, spaventata, è stata salvata da Hossein, un venditore di rose che si trovava lì di passaggio.  È successo sabato sera, in centro a Firenze. La giovane toscana ha deciso di raccontare sui social la sua vicenda.

 

«Camminavo da sola per strada saranno state le 23.30, camminavo, mi piace camminare, poi amo Firenze – scrive – mi si avvicina un gruppo di 25 ragazzi ubriachi (italiani), scherzano, mi chiedono un selfie, ridono… io volevo andare via ma vabbè si sta allo scherzo. Ad un certo punto, non saprei nemmeno spiegare come mi accerchiano e iniziano a dire frasi come “daaai vieni con noi, ti facciamo divertire, 25 contro 1 si fa una bella serata…». La situazione volge subito al peggio:

Rifiutando in malo modo la gentile offerta di questi esseri decidono di accerchiarmi ancora di più tenermi per un braccio e iniziare a insultarmi “dai stupida tr*** ti diverti, tanto si vede che sei una putt***, – e uno – dai lasciala si vede che è malata, tanto sei solo una ciucciac***i”, io cerco di divincolarmi e andare via ma chiaramente non ci riesco quindi decidono di tirarmi addosso bicchieri e cannucce e uno di loro, o forse un paio mi sputano, o tentano di farlo, tutto questo mentre altri riprendevano con il telefonino

 

L’unica persona che interviene è Hossein, un venditore di rose ambulante. L’uomo riesce a mandare via i ragazzi. «Mi dà un fazzoletto per asciugarmi le lacrime – ha spiegato la ragazza – mi porta in un posto dove mi offre da mangiare e da bere, mi fa portare degli asciugamani per pulirmi e mi regala una rosa. Se non ci fosse stato io stasera non potrei raccontare questa storia, non sapendo come ringraziarlo gli ho donato una mia fototessera in modo che si ricordasse sempre il volto della ragazza che ha salvato quella sera».

 
 
 

Nessuno è scarto

Post n°2378 pubblicato il 18 Ottobre 2017 da namy0000
 

Claudio Calvaruso, Avvenire, martedì 17 ottobre 2017

Nessuno è «scarto». Oggi la Giornata mondiale del rifiuto della miseria

Il 17 ottobre del 1987 all’appello di Padre Joseph Wresinski, fondatore del Movimento Atd-Quarto Mondo, centomila persone risposero riunendosi sul sagrato “delle libertà e dei diritti dell’uomo”.

Il 17 ottobre del 1987 all’appello di Padre Joseph Wresinski, fondatore del Movimento Atd-Quarto Mondo, centomila persone risposero riunendosi sul sagrato “delle libertà e dei diritti dell’uomo” del Trocadero a Parigi per rendere onore alle vittime della fame, della violenza e dell’ignoranza e per annunciare il loro rifiuto della miseria. In tale occasione venne scoperta una lapide, dove nel 1948 era stata firmata la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Da allora sono passati 30 anni ed ogni anno il 17 ottobre i poveri e coloro che combattono miseria ed esclusione sociale si riuniscono in diverse parti del mondo perché la dignità e la libertà di tutti siano rispettate: così è nata la Giornata mondiale del rifiuto della miseria. Una replica della lapide è stata posta sul Sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma il 15 ottobre del 2000.

Ma quale è il profondo significato della lapide? Nel 1982 passando in un luogo dove era stato demolito un quartiere dei poveri, Padre Joseph ebbe a dire: «Quante lacrime sono state versate su questo suolo, quante sofferenze hanno sopportato centinaia di famiglie su questi luoghi! Quante grida hanno lacerato il cielo! Nessuna stele, nessun monumento è stato innalzato, nessuna targa commemorativa è stata posta... solo la carne degli uomini ne porta la cicatrice. Eppure, in questi luoghi l’umanità ha sofferto come in nessuna altra parte. Abbiamo visto bambini mendicare, ricoperti di vergogna. Abbiamo visto grandi umiliazioni... Chi le saprà? Chi ne sarà testimone?».

 

E quando cinque anni più tardi, nel 1987, Padre Joseph fece scoprire a Simone Weil la lapide in onore delle vittime della miseria, disse: «Con questa lapide l’umanità deve potersi ricordare i grandi testimoni della storia; gli umili, i piccoli, le inezie di tutti coloro che, giorno dopo giorno, provano a vivere i valori che forse loro non hanno appreso, ma che le loro vite, i loro cuori e le loro intelligenze hanno fatto loro scoprire». La lapide posta sul sagrato del Trocadero, così come le sue repliche nel mondo, rappresenta dunque un monito per tutti i cittadini, che devono prendere coscienza delle sofferenze dei più poveri e combatterle; e al tempo stesso è una traccia, la memoria del “passaggio” sofferto nella storia di una parte fondamentale dell’umanità, i più poveri, che Padre Joseph non esita ad indicare come i “veri” testimoni di Dio. La fede di Padre Joseph nelle risorse e nei valori dei più poveri si univa quindi alla difesa della loro dignità poiché essi vengono considerati inutili e “invisibili”…..

 
 
 

Cacciatori di eurofurfanti

Post n°2377 pubblicato il 18 Ottobre 2017 da namy0000
 

2017, Avvenire 17 ott – LUSSEMBURGO. Il cacciatore di eurofurfanti una speranza per il Continente. Questo cacciatore di eurofurfanti non c'è ancora in carne e ossa, neppure in scrivanie e computer. Ma ci sarà, se la vecchia Unione Europea saprà resistere per i prossimi due-tre anni alle spinte disgregatrici. Sarà infatti verso la fine del 2020 che comincerà ad operare concretamente l'EPPO, immancabile acronimo inglese dell'"European Public Prosecutor's Office", che in italiano si può rendere come Superprocura europea antifrode. Intanto il dado politico e giuridico è tratto, perché il Parlamento di Strasburgo l'ha lanciato definitivamente il 5 ottobre, approvando con 456 sì, 115 no e 60 astensioni la risoluzione che l'istituisce.
La novità è rilevante, verrebbe da dire clamorosa per il segnale in controtendenza che lancia: un magistrato penale, con il potere di inquisire direttamente, anche di arrestare, i sospettati di crimini nell'uso dei fondi comunitari, colpendo frodi, corruzione e imbrogli transfrontalieri sull'Iva. Poteri esercitabili in tutti gli Stati aderenti all'iniziativa di "cooperazione rafforzata". Tra questi: l'Italia, all'inizio tentennante perché sperava di più, assieme a Germania, Francia, Spagna e Belgio. Mentre sono ancora "fuori" l'Olanda, la Polonia, l'Ungheria e l'Irlanda. Ma secondo le regole di Nizza, potranno sempre unirsi al gruppo.
Finora tutto questo non era giuridicamente possibile e il pur efficace lavoro investigativo dell'Olaf (l'Ufficio della Commissione di Bruxelles diretto da Giovanni Kessler) doveva sempre fare i conti con le singole competenze territoriali. Accanto al Procuratore Capo "centrale" incaricato del coordinamento, nell'EPPO agiranno inquirenti delegati, uno per ciascun Paese, che manteranno il ruolo di magistrati nazionali, ma nella loro veste comunitaria saranno svincolati dalle singole gerarchie
giudiziarie statuali. Sarà insomma una squadra di "eurotoghe" in piena regola, strettamente collegate tra loro e in grado di affrontare la sfida di reati che non conoscono frontiere.
La posta in gioco è economicamente cospicua (le frondi ai danni dei fondi Ue negli ultimi anni sono state calcolate in non meno di mezzo miliardo di euro), ma è giusto sottolineare soprattutto la portata simbolica di un primo esempio di giustizia esercitata "in nome del popolo europeo".

 
 
 

All'hotel Plaza

Post n°2376 pubblicato il 18 Ottobre 2017 da namy0000
 

All’hotel Plaza di New York il servizio alberghiero della vecchia maniera gode di ottima salute: gli stuzzichini per la merenda sono serviti in gabbiette di ottone, un fattorino in smoking afferra sfrecciando i bagagli e li porta in lussuose suite con stucchi dorati e gli chef sfoggiano cappelli da cuoco che s’innalzano sopra le loro teste.

Ma come si concilia il servizio signorile di una volta con la soddisfazione istantanea di ogni desiderio nell’epoca di Amazon, in cui la gente vuole tutto e subito?

Per scoprirlo, ho accettato un’offerta del prestigioso hotel Plaza di New York e sono entrato a far parte dello staff dei maggiordomi dell’albergo, una corte di dieci uomini e una donna che fanno su e giù giorno e notte per i venti piani del palazzo, assicurandosi che gli ospiti delle 282 camere si sentano trattati da re. Per due torride giornate di luglio ho corso come una trottola insieme a una squadra che, proprio come New York, non dorme mai. Ho imparato i segreti del mestiere da Emma, la coordinatrice del gruppo, e ho servito gli ospiti al fianco di alcuni dei suoi collaboratori più esperti. (…)

Durante la mia breve esperienza ho consegnato a biancheria a principesse del Medio Oriente e ho servito aragoste pescate direttamente dal pozzo dei desideri, ma la cosa più divertente è stata ascoltare i racconti dei colleghi sulle curiosità del mestiere, dagli ospiti che chiedono il Viagra alle signore che piangono perché hanno rovesciato un piatto di mirtilli. Lavorare al servizio della gente ricca e famosa significa calarsi negli abissi di un universo alternativo che spesso abbraccia l’assurdo senza battere ciglio. Ecco i dodici segreti da tenere a mente la prossima volta che soggiornerete in un albergo a cinque stelle.

I vip più esigenti. Chiedono di riempire i secchielli del ghiaccio, ritirare la biancheria o lucidare le scarpe, fare e disfare i bagagli, un’attività che può portare via intere giornate. Un numero sorprendente di ospiti stranieri prenota due suite adiacenti: una per dormire e una per il bagaglio.

Al Plaza ogni ospite deve sentirsi un vip, ma c’è comunque una gerarchia tra i clienti. Al vertice della piramide ci sono i sovrani, le regine e i capi di stato, o V1, come li chiamano i maggiordomi. Poi ci sono gli ospiti che spendono di più, quelli che soggiornano per periodi lunghi, i clienti che prenotano più camere insieme e i personaggi famosi. Si chiamano Dv o distinguished visitors (ospiti illustri). In fondo alla piramide dei vip c’è il cosiddetto gruppo Sa (special assistance), composto dai clienti segnalati come rompiscatole, difficili o esigenti e che richiedono un’assistenza speciale.

L’ora del bagno. Un’altra richiesta che spesso viene fatta ai maggiordomi è quella di preparare il bagno con una particolare miscela di sale, olio e rose, specialmente durante i mesi freddi. Non sempre, però, i doveri del maggiordomo finiscono una volta che la vasca si è riempita. Bal, che al Plaza è lo specialista nella preparazione del bagno, dice che i 95 per cento delle volte gli viene chiesto di restare a disposizione mentre gli ospiti fanno le loro abluzioni. Quasi tutti, dice, chiedono di aggiungere acqua calda o olio profumato, e sono contentissimi di avere il maggiordomo lì accanto mentre si rilassano completamente nudi. Spesso gli viene chiesto di immergere il braccio nella vasca piena per togliere il tappo una volta finito il bagno. Ci sono richieste più strane: uno dei miei colleghi, quando lavorava a Londra, si è sentito chiedere un piatto di ostriche fresche servito nella vasca da bagno. Il mio collega ha riempito diligentemente la vasca con il ghiaccio e ci ha adagiato le ostriche, salvo scoprire che sì l’ospite le voleva nella vasca, ma con lui dentro. Alla fine il cliente era comunque soddisfatto: aveva preso anche la camera adiacente in modo da avere sempre il maggiordomo vicino.

Clienti prevedibili… Gli addetti alle relazioni con i clienti acquisiscono informazioni su ogni ospite attraverso i social network, ai maggiordomi, invece, basta l’esperienza per inquadrare subito le persone. Gli ospiti asiatici devono sempre trovare un bollitore elettrico in camera perché hanno l’abitudine di prepararsi i noodle in albergo. Quando ci sono ospiti statunitensi, dai trenta ai quarant’anni, bisogna tenere d’occhio il minibar, perché sono i clienti “festaioli” per eccellenza, e spesso saccheggiano i liquori. Ai vip mediorientali va servita la Arabic amenity”, un vassoio di datteri, frutta secca e noci: di solito la preferiscono a cioccolatini, torte o altri dessert. E agli uomini d’affari occidentali, appena fatto il check-in, bisogna chiedere se hanno camicie o abiti da lavare. Gran parte del bucato in lavanderia è loro.

…e imprevedibili. Anche se i comportamenti degli ospiti si ripetono con regolarità impressionante, alcuni di loro sono in grado di stupire anche i maggiordomi più esperti. Durante i miei turni, vedevo accumularsi regolarmente gusci di aragoste nelle fontane del cortile interno dell’albergo: il personale li ripescava e dopo poche ore ricomparivano.

Alla fine ho scoperto che c’era un principe mediorientale che a ogni pasto si faceva portare delle aragoste in camera e gettava dalla finestra i gusci vuoti, facendoli atterrare nella fontana sottostante (Emma gli ha educatamente chiesto di smettere, ma ha svelato il mistero solo dopo che è partito).

Un’altra volta, una signora ha chiamato Emma piangendo in modo isterico “come se le fosse morto il marito e avesse appena ritrovato il corpo”. Dopo averla calmata, Emma ha capito il motivo di tanta disperazione nella sua camera erano finiti i fazzoletti di carta e sua figlia aveva dovuto soffiarsi il naso con la carta igienica.

Sesso, droga e… prego? Come in tutti gli alberghi, può capitare che i clienti chiedano droga e prostitute, ma non è una cosa frequente. Bal lavora al Plaza da 10 anni e solo due o tre volte gli hanno chiesto droga; ovviamente si è sempre assicurato di non oltrepassare i limiti della legge. Per i preservativi è diverso: Mouhsine, uno dei maggiordomi, ne porta sempre con sé una scatola, soprattutto di sera. (..)

Un maggiordomo ha raccontato che una volta gli hanno chiesto di sostituire tutti i mobili di una camera perché all’ospite non piaceva l’azzurro. Un altro ancora ha fatto arrivare dall’Africa una tarantola viva da servire a pranzo. Naturalmente, i maggiordomi eseguono sempre gli ordini senza fare una piega.

Attenzione alle federe. Al Plaza le federe scomparse sono un problema. Ma non perché i turisti hanno le mani lunghe (se rubano non rubano certo le federe): le federe che scompaiono sono quelle portate dai clienti. Almeno una volta alla settimana, una di queste viene scambiata per quella dell’albergo e mandata in lavanderia. Quando vengono perse, l’albergo le ricompra, costi quel che costi.

Natale: non proprio una festa. Al Plaza, la stagione delle feste, che dura da ottobre a dicembre, è una giostra ininterrotta di funzioni, banchetti ed eventi. Ogni sera, almeno 4 o 5 ospiti chiedono assistenza per fare il nodo al cravattino o per chiudere le zip degli abiti da cocktail. Negli ultimi anni, le richieste di decorazioni natalizie in camera sono diventate talmente comuni che l’albergo offre un pacchetto natalizio standard che comprende un albero nuovo con tutti gli addobbi: viene preparato dai maggiordomi prima del check-in per 500 dollari (420 euro).

Il cliente non ha sempre ragione. I reclami seguono un copione consolidato. Tutti i giorni qualcuno si lamenta perché il servizio di lavanderia è troppo lento. L’albergo scrive chiaramente sui moduli quali sono i tempi standard e quelli rapidi, ma per qualche cliente non è mai abbastanza. Anche il conto del minibar è regolarmente fonte di discussioni. L’intero contenuto del minibar del Plaza costa 600 dollari, e almeno una volta alla settimana qualcuno lo svuota. È praticamente certo che il cliente non vorrà pagare.

Ecco perché i maggiordomi documentano tutto con delle macchine fotografiche tascabili: bottiglie di liquori sparse per la camera, macchie sulla biancheria, danni ai mobili. Ogni pratica viene archiviata al computer con le foto allegate, perciò quando su TripAdvisor compare una recensione di fuoco, i maggiordomi sono in grado di produrre le prove per smentire qualsiasi falsità o calunnia.

Ospiti cacciati. L’albergo si attiene a una rigida politica antidiscriminazione: non sono ammessi ospiti che maltrattano i dipendenti per motivi etnici, di sesso, età o credo religioso. Ancora oggi capita che i clienti pretendano di non essere serviti da personale di particolari etnie o chiedano ai dipendenti dell’albergo se hanno il permesso di stare negli Stati Uniti. (…)

Gli avanzi dell’aperitivo. Nascosta tra i corridoi e i cunicoli segreti della zona chiusa al pubblico del Plaza c’è una caffetteria riservata allo staff. È aperta a pranzo, a cena e a notte fonda per i pasti caldi (incredibilmente buoni), ma ha panini e bevande a qualsiasi ora del giorno.

 

Gli intenditori, però, sanno che il momento migliore per visitare la caffetteria è alle cinque e mezza di pomeriggio, quando gli avanzi della merenda del Palm court, il ristorante dell’albergo, sono messi a disposizione dello staff (è servito solo il cibo che non è tato messo nel piatto)…  (da Sono qui per servirla, Brandon Presser, Bloomberg, Stati Uniti, Internazionale n 1224 del 29 sett. 2017). 

 
 
 

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