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« Provocazioni verbaliAssolutamente sì »

Ansie genitoriali. Anche se a me i sottopassi bui mettono sempre una certa apprensione

Post n°408 pubblicato il 29 Ottobre 2014 da viburnorosso
 

Alla fine, di comune accordo, avevamo deciso che i ragazzi potevano andare a scuola col bus.
Non era stato facile, perché si erano dovute vincere le resistenze di alcuni genitori. 
Lo so che starete pensando, che voi in  seconda media prendevate addirittura la corriera dal paese vicino.

Se è per questo io tornavo a casa da sola già a sette anni e passavo pure all’asilo a prendere mio fratello che di anni ne aveva quattro, poi a piedi facevano un paio di chilometri, le chiavi di casa nella cartella, che all’epoca gli zaini non si usavano ancora, e un’unica raccomandazione ripetuta sempre uguale tutte le mattine: che per attraversare la consolare usassimo il sottopasso!
Sul sottopasso giravano leggende inquietanti che mia madre sembrava ignorare; si diceva che fosse ritrovo di tossici la notte, e latrina pubblica il giorno: io non ho mai avuto modo di verificare direttamente se fosse vero, ma a giudicare dallo stato in cui versava quel budello sporco e fetente è probabile che non si trattasse di una diceria.  
L’unica cosa era attraversarlo di corsa: buttarsi dentro al buco nero trattenendo il fiato, e percorrerlo tutto nel giro di una sola apnea, se non volevi morire asfissiato oppure di paura.
Dopo un po’ di tempo decisi che erano meglio le strisce pedonali, in fondo bastava che mio fratello lo tenessi bene per mano. Qualche volta prendevamo anche di nascosto il bus per una fermata, senza biglietto ovviamente, perché mia madre non doveva sapere niente. 
Il fatto è che la strada era lunga, e la cartella pesava, così ci si ingegnava a fare meglio e prima.

Ovviamente questo accadeva tanto tempo fa. 
Ma ora quel mondo non esiste più: non che sia sparito, o diventato peggio di come era, è solo che i genitori di oggi sono fin troppo consapevoli dei pericoli che quelli di allora ignoravano, o fingevano di ignorare. 
I genitori di oggi fanno i figli tardi, quando sono troppo vecchi per ricordarsi di come sono stati ragazzi loro, e finiscono per vedere ovunque lunghi sottopassi oscuri. 
Anche laddove non ci sono strade consolari da attraversare.
Ma poi arriva il momento di farci i conti con queste paure. 
Anche per non consegnare nelle mani dei nostri ragazzi un mondo più spaventevole di quello che già è.

Così si era pensato un giorno di farli tornare da scuola col bus. 
Un esperimento insomma. 
Ed era andato benone. Anzi, ai ragazzi era sembrato quasi un giro di giostra, solo con una vettura di linea al posto del trenino sulle rotaie. 
Un discorso a parte magari meriterebbe un certo ostruzionismo praticato dai veterani del mezzo verso i più giovani che volevano timbrare il biglietto - “Aho, mica vorrai pagà?” - ma siamo pur sempre ai margini della periferia emarginata, dove alla legge della Stato si sostituisce quella dei clan. Sicché il Gufetto, una volta tornato a casa, aveva dichiarato con convinzione che sul bus scolastico il biglietto non si paga.

Insomma, dicevo, l’esperimento era andato benone.  
Ma poi dall’esperimento si era subito passati alla necessità.
L’altra mattina infatti nessuno dei genitori era disponbile per il servizio taxi. 

Solo che la mattina effettivamente è tutto più complicato che al ritorno: c’è traffico, e per prendere il bus bisogna uscire almeno mezzora prima di casa. 
Poi, con un tempismo degno di miglior causa, ci si era messa anche l’azienda dei trasporti, che aveva dato il via a partire proprio da quel giorno ad un progetto di razionalizzazione del servizio su strada. Che evitando eufemistici giri di parole equivale a dire che ora bisogna prendere due bus laddove prima ne bastava uno. 
Ma come si dice … di necessità, virtù. 
E poi i ragazzi sono svegli e avevano già in mente un piano. 
Il Gufetto si sarebbe incontrato alle 7,10 all’edicola con l’Istrice, che avendo una sorella adolescente è già pratico di cambi e bus, e Scrocchiazzeppi li avrebbe raggiunti alla fermata successiva.
Inoltre, chiamali scemi, avevano controllato sull’app dell’Atac l’effettivo orario di passaggio del mezzo, in modo da evitare inutili attese.

Peccato che il mondo reale assomigli assai poco a quello virtuale in cui passano gran parte della loro giornata.
Il bus, infatti, fregandosene dell’app “Orario esatto”, si era fatto attendere 17 minuti, e poi, una volta caricati i nostri, aveva bellamente ignorato la fermata successiva, sfilando allegro davanti agli occhi di un incredulo Scrocchiazeppi.

I due per spirito di solidarietà erano scesi alla fermata dopo, in terra di frontiera, mentre la madre del povero, la più apprensiva del gruppo, si produceva in rocambolesche corse per recuperare il figliolo abbandonato e depositarlo a scuola. 
Nel frattempo i due aspettavano ignari non si sa più bene chi e cosa in una non meglio precisata fermata del bus a metà del tragitto tra casa e scuola, a oramai pochi minuti dal suono della campanella.

Io a quel punto mi sono arresa, ho chiuso la messaggeria telefonica attraverso la quale seguivo le loro peripezie e mi sono limitata ad incrociare le dita.
Ho saputo poi che hanno lasciato passare un primo bus troppo pieno per caricarli, poi ne hanno preso un secondo, hanno effettuato il cambio previsto dal percorso e sono scesi una fermata prima per evitare la lunga coda di macchine al semaforo della Nomentana, arrivando giusto in tempo per le 8,05, che poi era l'orario di entrata. 

Di ritorno da scuola ho chiesto al Gufetto come come fosse andata.
“Fichissimo mamma, è stato un vero casino, quasi quasi ci perdevamo. Mi rimandi col bus domani? Mi sono veramente divertito un botto!”

Ecco, la prossima volta devo sforzarmi di ricordare che in fondo i sottopassi bui si attraversano nel tempo di un’apnea. 
E alla fine c’è sempre la luce.

 
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Commenti al Post:
PRONTALFREDO
PRONTALFREDO il 29/10/14 alle 22:40 via WEB
Che nostalgia!
Ho ancora vivido il ricordo del 147.
Quell'autobus mi portava fino a Monte Mario e poi lì dovevo prendere un filobus, il 47 rosso barrato, per arrivare a piazzale degli Eroi dove frequentavo la prima media.
Quindici lire il 147 e 25 lire il 47...
Mi piacerebbe raccontare qualche aneddoto, ma in questo momento mi sto dormendo sotto.
(Rispondi)
 
viburnorosso
viburnorosso il 29/10/14 alle 23:13 via WEB
Io invece prendevo il 201 che da via Cassia portava alla Giustiniana, dove andavo a scuola. C'era solo quello e certe volte toccava aspettarlo ore. Anche in quel senso non è cambiato quasi nulla.
Il biglietto mi pare costasse 200 lire, e c'erano ancora i bigliettai a bordo, con il posto a sedere vicino alla porta di fondo. Poi li levarono. Erano i primi anni '80.
(Rispondi)
 
 
PRONTALFREDO
PRONTALFREDO il 30/10/14 alle 12:52 via WEB
Il 147 viaggiava sempre pieno zeppo e quando potevo mi andavo ad infilare proprio in fondo alla piattaforma, ben nascosto e in mezzo alla calca, per evitare di pagare il biglietto e tenere per me le 15 lire che sarei riuscito a risparmiare.
Ma quel fetente di fattorino sembrava messo lì apposta per farmi dispetto e dall'alto sul suo trespolo osservava tutto il movimento dei furbetti come me.
Non appena mi scovava coi suoi occhi indagatori diceva a gran voce:
- A farfallì, ma te quanno lo fai er bijetto? Tiè, eccolo, dài passatejetelo e fateve passà li sordi.
"Farfallì" era il soprannome che mi aveva dato perché a mia madre che mi vestiva, piaceva mettermi la farfalla intorno al colletto della camicia, che la cravatta le sembrava un po' troppo per un ragazzino che andava in prima media.
(Rispondi)
 
 
 
viburnorosso
viburnorosso il 30/10/14 alle 18:01 via WEB
A farfallì è bellissimo. Sintetizza a perfezione la capacità tutta romana di catturare con una parola la sostanza di un situazione.
Ma tu non ti ribellavi a tua madre? Io ci sono cose che al Gufetto non riesco a far indossare manco sotto tortura. Per esempio una graziosa camicia bianca che gli avevo preso ai saldi. Dice che è troppo elegante.
(Rispondi) (Vedi gli altri 2 commenti )
 
 
 
PRONTALFREDO
PRONTALFREDO il 30/10/14 alle 18:20 via WEB
Ribellamme a mi' madre? In prima media?
Ma che stai a di?
A quell'età mi' madre era peggio der maresciallo che me so' ritrovato sotto la naja a vent'anni...
(Rispondi)
 
 
 
viburnorosso
viburnorosso il 30/10/14 alle 19:42 via WEB
Eh, non ce più le madri de na vorta! A me bastava che la mia mi guardasse con l'occhiata fulminante!
(Rispondi)
je_est_un_autre
je_est_un_autre il 30/10/14 alle 08:48 via WEB
Per andare alle elementari io avevo da fare 150 metri a piedi, alle medie sempre 150 metri ma nell'altra direzione. Naturale che andassi da solo, non c'era bisogno di avere un gran coraggio, sono i paesini che sono fatti così. L'impatto col mondo degli autobus e delle corriere arriva tardi.
(Rispondi)
 
viburnorosso
viburnorosso il 30/10/14 alle 12:01 via WEB
Ma il coraggio dei bimbi è inversamente proporzionale a quello dei genitori, e la distanza è una variabile irrilevante.
Comunque anche il mio quartiere è un paese, ci sono 7 bar infatti. E il Gufetto ci si muove dentro da solo già da un po'. Invece prendere un bus dell'ATAC è praticamente una pratica di iniziazione!
(Rispondi)
sciarconazzi
sciarconazzi il 30/10/14 alle 17:56 via WEB
Il post è simpatico, ci mancherebbe e anche i protagonisti.
Però è uno schifo e non va bene.
(Rispondi)
 
viburnorosso
viburnorosso il 30/10/14 alle 18:02 via WEB
Cosa Squalo? Il sottopasso? La razionalizzazione del servizio che si traduce in disservizio? O i bulli di San Basilio che impediscono ai piccoletti di timbrare il biglietto?
(Rispondi)
 
 
sciarconazzi
sciarconazzi il 31/10/14 alle 10:04 via WEB
Mah...chi può dirlo?
(Rispondi)
 
 
 
viburnorosso
viburnorosso il 02/11/14 alle 16:00 via WEB
Tu dovresti dirlo.
(Rispondi)
Utente non iscritto alla Community di Libero
autistaatac il 05/11/14 alle 00:41 via WEB
ehi. tu. che insinui con 'sta storia della razionalizzazione del servizio di strada?
ovvio. danno da sviluppare quelle app che non funzionano a degli squali, invece che a mandrie di nerds che li realizzerebbero con un quinto del baggggget. e non si razionalizzerebbe il servizio strada. e così non avreste da lamentarvi della deviata che non ci sta più.
assolutamente.
ps. e comunque hai un fijo gajardo. per quanto, pare che i gufetti non godano di molta simpatia, piuttosto che sono funzionali alla narrazione che individua sistematicamente dei nemici.
(Rispondi)
 
viburnorosso
viburnorosso il 06/11/14 alle 13:25 via WEB
Per il momento il Gufetto ha un solo nemico: la sua preadolescenza che lo rende talvolta inquietantemente malmostoso.
(Rispondi)
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