Creato da viburnorosso il 02/06/2011
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Messaggi di Febbraio 2018
Durante gli anni dell'università facevo la borsista nella biblioteca di lingue, così mi mantenevo agli studi e intanto imparavo cose bibliotecarie, che nella vita hai visto mai.
La biblioteca allora era ancora nella sede di Castro Pretorio, nel seminterrato: vi si accedeva dall'interno, attraverso un complicato labirinto di scale e corridoi. I dipendenti potevano passare anche dalla piccola rampa in fondo al cortile nascosta dietro alle siepi di gerani. A me piaceva di più quest'ingresso, perché stava bene con la versione che preferivo della leggenda, quella che il seminterrato, quando lo stabile era ancora una clinica, ospitasse la nursery.
L'altra versione, invece, narrava che nel seminterrato ci fosse stato l'obitorio.
Non ci credevo ovviamente, però dava un certo brivido pensarci, soprattutto quando eri sola nella temibile sala dei compact, quella con gli armadi metallici alti fino al soffitto che per spostarli azionavi un pulsante e tra gli scaffali si apriva un varco, ma giusto il tempo di afferrare il libro prima che ti si richiudessero addosso.
"Quando non trovi un libro, chiedi sempre ad Antonio" mi dicevano.
Antonio era un'istituzione già allora.
Se ne stava in disparte, spesso impegnato in accese discussioni con qualcuno dei suoi amici, ma se ti avvicinavi subito si interrompeva, ti prendeva di mano il modulo di richiesta prestito/consultazione, leggeva il codice Dewey, memorizzava ad alta voce quella insensata sequenza di numeri e lettere e spariva deciso nel labirinto di corridoi. Poco dopo ritornava con l'esatta edizione del libro che stavi cercando.
Non so come facesse, anche perché non era in grado di leggere quasi nessuna delle lingue in cui quei titoli erano scritti, né forse aveva mai guardato un libro oltre la copertina: credo si lasciasse guidare da un suo misterioso algoritmo di classificazione, che gli permetteva di individuare in qualunque momento l'esatta posizione di un testo in mezzo a centinaia di migliaia di suoi simili, compresi volumi non catalogati, antiche collezioni fuori inventario e numeri orfani di riviste.
Anche quando la biblioteca ha traslocato, e ci siamo tutti trasferiti all'Alfa Romeo di via Ostiense, lui è riuscito in pochissimo tempo a ridare una collocazione mentale a tutti quei libri: dal polveroso scantinato con i gerani sul cortile, alla nuova sede a due piani di acciaio e cemento, lui sapeva esattamente dove si trovava quello di cui avevi bisogno. Senza possibilità di errore.
L'ho incontrato prima dell'estate fa nel grande parcheggio davanti alla vasca rettangolare che tutti affettuosamente chiamiamo piscina.
"Vibu, come stai? Lo sai che a giugno vado in pensione?" mi ha detto avvicinandosi. Abbiamo scambiato due parole, giusto il tempo di congratularmi e poi è tornato subito dai suoi amici. Mentre mi allontanavo sentivo che discutevano, uno di loro ha alzato la voce, ma lui lo ha zittito con una risata. Chissà cosa si dicevano.
Oggi ho saputo che Antonio se ne è sono andato. Gli mancava troppo la biblioteca, qualcuno ha commentato.
Io non so esattamente dove sia ora, ma mi piace immaginare che nella nuova sede dove l'hanno trasferito, ci siano montagne di volumi che attendono di essere ricollocati su infiniti scaffali, secondo precisi e meticolosi criteri, noti solo a lui.
E ai suoi misteriosi amici.
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Nella classifica "Flagelli della massaia imperfetta per gli approssimativi sforzi compiuti nell'apprendimento della nobile arte casalinga"
Lavello ingorgato con saponata di piatti della cena precedente che all'ora della colazione del giorno successivo vomita i suoi liquami sul sottostante cassettone in cui la massaia tiene riposto il servizio buono
scavalca
Portellone del freezer rimasto aperto tutta la notte quella sera che alle 9 la massaia ha pensato di risolvere la cena scongelando bastoncini di pesce al microonde
e si aggiudica la prima posizione.
PS: E comunque mi è andata bene, nel gorgo della disperazione, mentre con la ventosa tentavo di far rigurgitare allo scarico il suo immondo bolo, ed erano solo le 7 del mattino di una giornata per me durata già troppo, ho pensato "quasi quasi faccio andare la lavastoviglie".
Poi non so per quale motivo, non mi è sembrata una buona idea.
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Secondo me sull'aereo, chi siede davanti - dico davanti in generale, non importa davanti a chi - non dovrebbe reclinare il sedile per riposare meglio, perché poi chi siede dietro a quello seduto davanti è costretto a reclinare il suo, costringendo così chi sta ancora dietro a fare lo stesso fino all'ultimo, quello seduto prima del wc - che però sull'aereo si chiama lavatory, e si accende la lucetta verde per indicare quando è libero, e se tu vedi che è libero e fai per alzarti facendo spostare quello lato corridoio, la luce istantaneamente torna rossa.
Dicevo se tutti a domino reclinano i loro sedili per riposarsi, poi quello seduto prima del lavatory, che fa? Ci penso sempre, anche quando sono io che vorrei reclinare il sedile, o quando a farlo è un tizio qualunque che non siede davanti a me.
Ora, la faccenda del sedile reclinato mi fa venire in mente quell'aforisma di M.L King sulla libertà mia che finisce dove incomincia la vostra: è una frase che suona molto bene, ma imprigiona in un ragionamento circolare, visto che ciascuna delle due libertà è vera solo se è vera anche l'altra.
A meno che uno dei due non sia quello che siede accanto al cesso.
Pardon, al lavatory.
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Inviato da: cassetta2
il 10/09/2023 alle 12:56
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