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MenuCerca in questo BlogVigili del fuoco in vallatadal Sabato Sera del 24/2/2007 Fontanelice. Sono ben 18 i volontari, tra cui una ragazza, che hanno deciso di partecipare al corso organizzato dal Comando Provinciale dei vigili del fuoco e dar vita al primo nucleo dei pompieri volontari del paese. Il secondo gruppo di tutto il circondario dopo quello storico di Medicina. Le prime adesioni sono state anche raccolte durante la festa di Pompieropoli, organizzata l’ottobre scorso dall’Associazione nazionale vigili del fuoco insieme al Comune e dedicata ai bambini. Dopo una serie di incontri con la comandante del Comitato Provinciale di Bologna, durante i quali agli aspiranti pompieri è stato illustrato il loro compito futuro ed il corso di addestramento al quale verranno sottoposti, la raccolta delle adesioni definitive ha portato il numero dei ragazzi a 18. Terminati i controlli medici, l’addestramento si svolgerà in due trance, una primaverile ed una autunnale, al termine delle quali ci sarà il decreto di nomina. Una volta pronti, per tenersi in allenamento verranno chiamati periodicamente a Imola da i colleghi “professionisti”. E’ molto probabile, infatti, che i volontari siano pronti prima che in vallata sia a loro disposizione una sede tutta per loro. La sede, infatti, sarà a Fontanelice, ma sul dove collocarla c’è ancora qualche dubbio. “Per realizzarla abbiamo a disposizione 250 mila euro stanziati dalla protezione civile, in parte dalla Regione e dalla Comunità Montana – spiega il sindaco Vanna Verdelli -. Stiamo valutando alcuni spazi nella zona industriale oppure un’area dimessa vicino al centro storico. Quando saremo pronti avremo la sede della protezione civile della vallata e del corpo forestale a Castel del Rio, mentre i vigili del fuoco saranno a Fontanelice per poter intervenire tempestivamente in caso di necessità”. Necessità come quella dell’11 novembre scorso, quando un sottotetto prese fuoco a Fontanelice, a causa di una canna fumaria surriscaldata. Ultimi commentiChi può scrivere sul blog
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Post n°177 pubblicato il 16 Novembre 2013 da fontanelice
http://blog.libero.it/caffeeblog/5403604.html
(origine) ....... la manifestazione che affonda le proprie radici nel 17° secolo, quando l’8 settembre del 1688 la Vergine della Consolazione fu cinta di una corona d’argento per sottolineare la volontà della popolazione di stare insieme e di trovare protezione sotto l’ala della Madonna: quel era già dedicato alla Madonna e alla fiera di merci e bestiame.
Post n°176 pubblicato il 04 Novembre 2013 da fontanelice
Dal 2008 una vespa cinese mette a rischio la coltura di castagne in Italia e in altri Paesi. Ora però un insetto ci aiuta a combatterla: la guerra biologica per salvare la ghianda di Zeus. Nella valle su cui guarda il castello di Carpineti, dove 922 anni fa Matilde di Canossa, su consiglio dell'eremita Giovanni da Marola, decise di continuare la guerra contro l'imperatore tedesco Enrico IV, vincendo contro ogni pronostico, si combatte un'altra battaglia fra i castagneti piantati dalla contessa di ferro: quella in difesa dei frutti di quel bosco, attaccati da un parassita per loro particolarmente dannoso, la vespa cinese (Dryocosmus kuriphilus). La castagna, una volta considerata una salvezza alimentare per il popolo delle campagne, in questi tempi di crisi viene riscoperta in decine di fiere a lei dedicate, dal Piemonte all'Emilia-Romagna, dalla Campania alla Calabria. Ma in molti casi le castagne e i marroni che in queste fiere compaiono arrosto, sotto forma di castagnaccio, frittelle o pane, provengono dall'est Europa, perché la vespa cinese, capace di trasformare le gemme dei castagni in palle (galle) in cui si sviluppano e di cui si nutrono le sue larve, ha fatto diminuire di molto la produzione in Italia e in altri Paesi d'Europa. Galle di Dryocosmus kuriphilus (clicca per ingrandire la foto) nei boschi di Borgo d'Ale (VC), aprile 2013 (© F. Ceragioli)." src="http://www.focus.it/Allegati/2013/10/galle-di-dryocosmus-kuriphilus_1680-512k_1237067.jpg" alt="Galle di Dryocosmus kuriphilus (clicca per ingrandire la foto) nei boschi di Borgo d'Ale (VC), aprile 2013 (© F. Ceragioli)." /> Galle di Dryocosmus kuriphilus (clicca per ingrandire la foto) nei boschi di Borgo d'Ale (VC), aprile 2013 (© F. Ceragioli). A Carpineti, in un grande castagneto, viene però cresciuto l'esercito giusto per combattere la vespa cinese: la guerra è biologica e l'arma è il Torymus sinensis, a sua volta un parassita, ma della vespa. Circa la metà dei 155 "lanci" nella sola Emilia-Romagna sono stati effettuati proprio con questi insetti. A Marola, frazione di Carpineti, per la cinquantesima edizione della festa della castagna si è svolto un convegno per fare il punto sulla guerra biologica in atto e sulla riscoperta e sulla valorizzazione dei castagneti. Guerra biologica: dov'è stato introdotto, il Torymus sinensis (nella foto, una femmina) ha permesso di ripristinare l'equilibrio naturale del castagno. Prima buona notizia: l'uso deiTorymus si è rivelata molto efficace. A un paio di anni dalla loro introduzione in questa zona l'infestazione si è ridotta e si prevede che nel giro di 6-7 anni l'equilibrio sarà del tutto ripristinato. La seconda buona notizia è che non solo in Emilia-Romagna, ma anche in altre regioni sono disponibili fondi pubblici per finanziare progetti di salvaguardia del castagno, la lavorazione dei suoi prodotti, dei derivati e altre produzioni boschive, come more selvatiche, rosa canina, corniolo e sorbo. «L'agricoltura è attualmente l'unico settore nazionale in sviluppo e le cosiddette coltivazioni minori sono in rapida crescita», diceLeana Pignedoli, vicepresidente della Commissione agricoltura del Senato. «Si tratta di cambiare mentalità, riscoprendo le produzioni della campagna, che quanto più sono specifiche del territorio tanto più avranno valore, data l'alta competitività dei prodotti agricoli più comuni sul mercato globale.» © ashepsut, da iFocus." src="http://www.focus.it/Allegati/2013/10/ashepsut_castagna__1237088.jpg" alt="Foto © ashepsut, da iFocus." /> Foto © ashepsut, da iFocus. Altro che cibo dei poveri! Le caratteristiche nutritive delle castagne, alla luce delle analisi più moderne, sono notevoli. Spiega l'agronoma Cristina Bignami, dell'Università di Modena e Reggio Emilia: «Pochi grassi, solo 1,6 % (e si tratta di utili omega 6), poco sodio (contro l'ipertensione); 3,5% di proteine ricche di amminoacidi, molti micronutrienti con antiossidanti e fitoestrogeni, 42% di carboidrati. Cento grammi di castagne valgono 185 kilocalorie, poche in confronto alle 600 Kcal delle nocciole, per esempio». Le castagne sono insomma adatte per le diete, anche per i celiaci, intolleranti al glutine. A dispetto della loro fama di cibo dei poveri sono ricche di valori nutritivi. E hanno una storia sociale tutt'altro che banale. Nel tardo medioevo i castagneti erano gestiti dalle comunità dei villaggi, dove non vigeva la proprietà privata. Iniziarono i Romani a piantare in modo intensivo i castagneti, conosciuti anche da altri popoli.Svetonio (70-130 d.C.) racconta che erano diffusi intorno al Mar Nero e fra gli Etruschi. Virgilio riferisce della bontà delle castagne nel latte e per fare il pane. Dopo l'anno Mille, causa l'incremento demografico, la castagna diventa una soluzione alimentare di uso comune per il popolo delle campagne. Essiccata per farne farina, serviva anche a fronteggiare le frequenti carestie. Soprattutto, era un frutto utilizzato in maniera etica. «I castagneti erano spesso gestiti dalle comunità dei villaggi», spiega l'agrario Danilo Gasparini, dell'Università di Padova. Con buona pace dei Signori e dei cavalieri, i castagneti erano oasi di democrazia, in cui non vigeva la proprietà privata. «Ogni comunità si autoregolava: stabiliva la divisione in appezzamenti da sfruttare secondo i bisogni delle famiglie, numero di figli, donne vedove e altre situazioni di necessità.» Theatrum Sanitatis (clicca per ingrandire l'immagine) di Ububchasym de Baldach (circa anno 1000). Dalla copia anastatica realizzata per la Biblioteca Casanatense, F.M. Ricci, 1970." src="http://www.focus.it/Allegati/2013/10/castagna3_512k_1237104.jpg" alt="Natura, benefici, controindicazioni, effetti collaterali e rimedi... La castagna nel Theatrum Sanitatis (clicca per ingrandire l'immagine) di Ububchasym de Baldach (circa anno 1000). Dalla copia anastatica realizzata per la Biblioteca Casanatense, F.M. Ricci, 1970." /> Natura, benefici, controindicazioni, effetti collaterali e rimedi... La castagna nel Theatrum Sanitatis(clicca per ingrandire l'immagine) di Ububchasym de Baldach (circa anno 1000). Dalla copia anastatica realizzata per la Biblioteca Casanatense, F.M. Ricci, 1970. La contessa Matilde di Canossa, che dominava dai confini del Lazio al lago di Garda, fu una dei potenti che non solo permise questo uso comunitario, ma estese un po' ovunque i castagneti. In autunno, con la raccolta, le castagne venivano consumate subito, bollite, arrostite o affumicate nei metati(case di sasso in cui erano seccate in strati anche di 50 cm esposti al fumo 20 giorni da una parte e poi girati per altri 20 giorni) e poi sbucciate e macinate. Si credeva anche a supposte proprietà afrodisiache della castagna. Oggi a Marola un metato viene periodicamente messo in funzione per le visite guidate e le scolaresche. Un altro, più grande, restaurato con il finanziamento della Comunità Europea, è utilizzato come museo locale della castagna. Con la scoperta dell'America e l'arrivo della patata, la castagna perse il primato di cibo popolare, mentre il legno di castagno veniva sfruttato per il suo contenuto di tannino (da usare come colorante) e sua la robustezza, destinandolo alla costruzione delle ferrovie o come combustibile per le macchine della civiltà industriale. «Molti castagneti vennero abbandonati o messi in vendita per fare legna», racconta Gasparini. «La raccolta delle castagne iniziò a essere mal vista, nell'ideologia del progresso, come attività legata alla vita misera e contadina». Così, da ghiande di Zeus, definizione d'epoca romana, le castagne divennero per molti solo cibo per i maiali. Non servirono a molto le poesie diGiovanni Pascoli o gli appelli "salviamo il castagno" lanciati nel 1920 dal ministro dell'agricoltura Luigi Luzzati. L'urbanizzazione avanzò inesorabile, le campagne furono spopolate. Ma nonostante tutto il nostro Paese risulta ancora oggi il terzo produttore al mondo di castagne. Le feste della castagna sparse per l'Italia stanno creando un circolo virtuoso di recupero dei castagneti e nuove idee commerciali. Per esempio, per fare le tagliatelle, la pasta o la birra di castagna.
Post n°175 pubblicato il 12 Ottobre 2013 da fontanelice
INAUGURATO IN VALLATA IL DISTACCAMENTO DEI VIGILI DEL FUOCO – Con una mattinata intensa e partecipata la comunità di Fontanelice ha accolto i Vigili del Fuoco Volontari del nuovo Distaccamento inaugurato oggi. Al taglio del nastro ha partecipato l’On. Gianpiero Bocci, Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Interno, accompagnato dal Prefetto di Bologna Angelo Tranfaglia. Assieme a loro le più alte cariche del Corpo dei Vigili del Fuoco, come il Prefetto Alberto di Pace, capo dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, Giovanni Nanni, direttore regionale dei Vigili del Fuoco dell’Emilia Romagna e Antonio La Malfa, comandante Provinciale del Vigili del Fuoco di Bologna. A fare gli onori di casa, oltre al Sindaco di Fontanelice Vanna Verzelli, anche Simonetta Saliera, Vice Presidente della Regione Emilia Romagna. “Si è trattato di un momento solenne ed emozionante – racconta il sindaco Verzelli – che corona tutti gli sforzi compiuti in questi anni per dotare la Vallata del Santerno di un proprio Distaccamento dei Vigili del Fuoco Volontari. E’ un progetto che oggi si concretizza grazie all’impegno del Comune di Fontanelice, al contributo dell’Agenzia regionale della Protezione Civile, della Provincia di Bologna e del Fondo Speciale per la Montagna. Accanto a queste risorse, è stato fondamentale l’aiuto giunto dalle aziende del territorio, che hanno fornito impianti e attrezzature, mentre la Fondazione Cassa di Risparmio di Imola ha finanziato gli arredi. Uno sforzo importante che premia il lavoro del gruppo di Vigili del Fuoco Volontari, il cui impegno e la determinazione hanno permesso di coronare questo progetto. Voglio ringraziare in particolare il Capo Distaccamento Mattia Brusa, che per primo ha creduto nell’importanza di questa struttura, riuscendo a infondere a tutto il gruppo di volontari entusiasmo e voglia di partecipare. Da oggi doniamo all’intera Vallata del Santerno l’impegno di queste persone che sono sicura sapranno valorizzare la propria professionalità attraverso un confronto quotidiano con tutta la comunità”. Lunghiero il commento dell’On. Giancarlo Bocci, Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Interno: “in un momento difficile come quello attuale per il Paese e gli Enti Locali, ci sono da registrare pagine belle come quella di oggi, scritte dalla comunità di Fontanelice. Oggi lo stato consegna a questo territorio uomini e donne che metteranno a disposizione esperienza, passione e dedizione nel presidio del territorio”. La struttura, dislocata nell’area dell’ex Colormec, in via Del Lavoro 6, ospita al piano terra una parte di logistica, con uffici, sala operativa e sala mensa, mentre al primo piano sono state ricavate tre camere da letto, per complessivi 7 posti e relativi servizi. Sul fronte operativo, in dotazione al Distaccamento vi sono 2 mezzi, di cui un APS (Autopompa – serbatoio) e un fuoristrada con installato un modulo per domare gli incendi boschivi. Per la custodia dei mezzi è presente un’autorimessa di 290 metri quadri. L’organico conta attualmente su 29 unità di Vigili del Fuoco Volontari (27 uomini e 2 donne), che hanno frequentato il corso di formazione di almeno 120 ore presso il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Bologna. Tale formazione viene poi mantenuta con un addestramento periodico realizzato presso il Distaccamento. Nello stesso complesso trovano posto anche gli uomini e i mezzi del Corpo Forestale, i magazzini comunali e del Nuovo Circondario Imolese e gli spazi della Protezione Civile, che rendono la struttura di Fontanelice un vero e proprio Centro sovracomunale adatto a gestire qualsiasi tipo di emergenza, garantendo la massima sicurezza ai cittadini dell’intera Vallata del Santerno. Il complesso, di circa 1800 mq, è stato acquisito dal Comune di Fontanelice tramite un accordo di programma. I fondi pubblici destinati a tale opera sono complessivamente 355.000 euro, di cui 256.000 messi a disposizione dalla Regione Emilia Romagna ed altri 99.000 dalla Provincia di Bologna, di cui 44.000 derivanti dal Fondo Speciale per la Montagna.
Post n°174 pubblicato il 18 Agosto 2013 da fontanelice
“…ed infine uscimmo a riveder le stelle (2 foto)Camminata a Val Maggiore Domenica 11 Agosto Partenza Ore 19.00 Passo del Pruno Ristoro – Navetta E’ consigliabile indossare scarpe da trekking ed avere una torcia. Ass. Culturale “G. Mengoni”
Post n°173 pubblicato il 07 Giugno 2011 da fontanelice
Tag: acm, associazione culturale mengoni, Concorso fotografico, fiume, Fontanelice, foto, santerno, Vallata del Santerno, Valsanterno Associazione Culturale “G. Mengoni” “Fontanelice, scorci del centro storico” L'Ass. Culturale “G. Mengoni” intende realizzare una cartina topografica di Fontanelice, con particolare riguardo al suo centro storico. Per valorizzare al meglio questa cartina, intendiamo collocare delle fotografie del centro storico riguardanti gli edifici e/o le abitazioni di maggiore rilievo architettonico e/o storico così come gli scorci più suggestivi non contenenti persone riconoscibili per rispetto della legge sulla privacy. Chiediamo ai cittadini di inviarci delle fotografie inerenti al tema. Le migliori saranno scelte dai soci della “G. Mengoni” e poste poi, con relativo nome e cognome, nel retro della cartina a corredo delle spiegazioni. Il materiale fotografico rimarrà di proprietà dell'Ass. “G. Mengoni”. Le fotografie, che non debbono superare ognuna 1,5 mb, dovranno essere inviate alla e-mail: assomengoni@libero.it entro e non oltre il 9 ottobre 2011.
Post n°172 pubblicato il 17 Aprile 2011 da fontanelice
Post n°171 pubblicato il 07 Aprile 2011 da fontanelice
Tag: Fontanelice 7-4-2011 —FONTANELICE— RICORRONO proprio oggi 7 aprile i cento anni della nascita di Giulio Pallota, primo sindaco di Fontanelice dalla fine della seconda guerra mondiale, e per ricordarlo l’associazione nazionale partigiani d’Italia assieme al comune di Fontanelice ha scelto di posizionare una lapide commemorativa sul muro esterno dell’antica casa di Pallotta. «Stiamo guardando come Anpi a diverse iniziative nella zona — spiega Bruno Solaroli, presidente della sezione imolese dell’associazione, e in passato deputato per il gruppo dei Democratici di sinistra per due legislature — e a Fontanelice, per il centenario della nascita di Giulio Pallotta, abbiamo deciso di commemorarlo con una lapide, per i suoi meriti militari come partigiano e come sindaco della ricostruzione dopo la liberazione. Un’occasione — conclude — per rilanciare il tema della resistenza e cercare di coinvolgere tutto il paese». Pallotta, dopo l’armistizio fu impegnato con altri partigiani e si occupò in particolare del vettovagliamento sulla Montanara. L’8 dicembre del 1944 venne nominato sindaco dalle forze alleate. La lapide sarà posta all’esterno della casa del sindaco, nel centro del paese, dove lavorava e viveva come falegname, e sarà scoperta il 2 giugno, per la Festa della Repubblica. Nell’occasione saranno riuniti anche i partigiani e le staffette partigiane di Fontanelice sopravvissute, oltre alle famiglie dei deceduti, per consegnare loro una targa commemorativa.
Post n°170 pubblicato il 30 Marzo 2011 da fontanelice
Tag: associazione culturale mengoni, Fontanelice, galleria Vittorio Emanuele II, giuseppe, Resto del Carlino 30/03/2011 mercoledì — FONTANELICE— dal Resto del Carlino HA RIPRESO da poco la sua attività l’associazione culturale Giuseppe Mengoni di Fontanelice, dopo una pausa durata quasi 3 anni. Nell’ultimo periodo l’ormai ex presidente Carlo Capirossi aveva dovuto lasciare l’incarico a causa di impegni superiori, ma ora l’associazione torna con nuove proposte. «Negli ultimi tempi la Mengoni — racconta Mauro Conti, presidente da poco più di due mesi — organizzava solo la camminata fino alla chiesa di Valmaggiore nella notte di San Lorenzo per calici di stelle. In passato si realizzavano diverse iniziative, come la pubblicazione di una piccola rivista sulla storia e sui personaggi di Fontanelice. Da segnalare anche varie conferenze su sport, ambiente e cultura. E non mancavano le gite, come per esempio quella a Milano per visitare la galleria Vittorio Emanuele II. Stiamo infattipensando di riproporla per l’ultimo weekend di maggio, coniugando alla gita una camminata». TRA le varie iniziative proposte, non macheranno appuntamenti legati alla riscoperta del territorio. «Ci piacerebbe realizzare — prosegue Conti — una cartina topografica di Fontanelice, un elemento prezioso per il nostro paese e ancor di più per i nostri concittadini, per scoprire così luoghi ed edifici dei quali non tutti conoscono la storia. In inverno, poi, riprenderemo i convegni su sport e ambiente, ma per l’estate vorremmo organizzare alcuni concerti rock per i più giovani, e musica classica per un pubblico più maturo. Per questo motivo abbiamo chiesto aiuto all’associazione musicale di Borgo Tossignano». MA LE NOVITÀ non finiscono qui. Altre proposte bollono in pentola, come per esempio l’iniziativa per rendere noto agli stessi abitanti di Fontanelice Giuseppe Mengoni, il più celebre tra le personalità del paese. «Stiamo organizzando — continua Conti — una visita guidata al museo Mengoni e al campanile della piazza». Nato nel 1829, Mengoni fu architetto e ingegnere, noto per la costruzione della galleria di Milano Vittorio Emanuele II. Si delinea così chiaramente lo scopo dell’associazione: riscoprire le radici storiche per tendere verso orizzonti futuri. Come conclude Mauro Conti: «Siamo nove persone con interessi diversi, per questo credo che in futuro potremo avere possibilità di successo». Valerio Salvini
Post n°169 pubblicato il 19 Marzo 2011 da fontanelice
da Brigida Miranda
Post n°168 pubblicato il 17 Marzo 2011 da fontanelice
di Brigida Miranda Mostra tuttoCASALFIUMANESE - Ammonta a circa 900mila ...euro la somma destinata per i lavori di posa della fibra ottica lungo la Valle del Santerno, che si estenderà fino a Castel del Rio (con il primo stralcio) per poi arrivare a Sassoleone in seconda battuta. Di queste risorse, 700mila euro sono di provenienza regionale e 200mila di provenienza ministeriale, stanziamento che si inserisce nell’ambito dell’accordo di programma per la banda larga del 2007, per il quale erano stati messi a disposizione 15 milioni di euro dallo Stato e 5 milioni di euro dalla Regione Emilia-Romagna. A queste risorse andranno ad aggiungersi altri 200mila euro che serviranno per portare ai quattro municipi un collegamento alla rete Lepida ad alta capacità, da utilizzarsi per gli scopi istituzionali. Un intervento importante che rappresenta forse una delle tappe più significative nella riduzione del digital divide nelle zone che ancora non possono utilizzare il servizio di Adsl per poter navigare velocemente in internet. La posa della fibra ottica avrà il compito di ‘preparare il terreno’ a un prossimo investimento di Telecom legato all’adeguamento delle proprie centrali, già esistenti (in questo caso tre di cui una a Casale, una a Fontanelice e una a Castel del Rio) e all’attivazione del servizio di Adsl. “Non siamo in grado di dire con certezza quando Telecom effettuerà questo investimento - afferma Gianluca Mazzini, direttore generale di Lepida spa -. Ma l’interesse dell’azienda c’è. Basti pensare che siamo partiti con questo progetto nell’aprile del 2010 dall’adeguamento di appena 8 centrali: ma nel settembre del 2010 le centrali erano già diventate 71. E Telecom ha portato a termine gran parte di questi adeguamenti, ne manca ancora qualcuno all’appello perché in alcuni Comuni i lavori di posa della fibra ottica sono bloccati per via della neve”. Del resto, se la posa della fibra ottica non rendesse davvero appetibile il territorio della Vallata per Telecom, forse non si procederebbe nemmeno all’investimento di oltre un milione di euro. Entrando nel dettaglio dei lavori, saranno due le tratte in fibra ottica a essere realizzate: i lavori partiranno entro l’estate e si concluderanno a settembre. Il primo tratto di 7,6 chilometri partirà dalle centrale a sud di Imola lungo la Montanara, attraverserà le frazioni di Ponticelli e Fabbrica e arriverà fino alla centrale di Casalfiumanese, per poi proseguire fino a Borgo Tossignano per altri 4,3 chilometri. Il secondo tratto di 7,5 chilometri partirà dalla centrale di Fontanelice per arrivare fino a quella di Castel del Rio. Un terzo e ultimo tratto di altri 6,5 chilometri che raggiungerà la centrale di Sassoleone sarà realizzato in seguito con fondi statali. Una vera e propria ‘dorsale’ che correrà lungo la Montanara che porterà finalmente la banda larga ai cittadini e della quale tutti gli operatori potranno servirsi. Per intenderci, la presenza della fibra ottica migliorerà anche il rendimento dell’attuale servizio Wi-fi (senza fili), unico al momento disponibile per la navigazione veloce in internet nei Comuni di Casalfiumanese e Castel del Rio e nelle frazioni di Imola che non possono accedere all’Adsl. “Per noi questo è non solo un punto di arrivo ma anche di partenza – commenta il sindaco di Casalfiumanese Roberto Poli -. Ora bisognerà fare in modo che Telecom faccia la sua parte e fornisca a cittadini e imprese uno strumento di modernità di cui non si può più fare a meno”. “Il nostro impegno fin da questa estate è stato costante con l’attivazione di un percorso che viene da lontano” - prosegue la consigliera regionale Pd Anna Pariani. L’assessore provinciale alla Viabilità Maria Bernardetta Chiusoli ha assicurato che i cantieri per la posa della fibra ottica non creeranno nessun problema alla circolazione sulla Montanara, mentre l’assessore ai Sistemi informativi Marco Pondrelli ha espresso soddisfazione per un intervento “che permetterà di costruire le premesse per la ripresa economica e per la fornitura di nuovi servizi informatici ai cittadini”.
Post n°167 pubblicato il 16 Marzo 2011 da fontanelice
150° anniversario Unità d’Italia
17 marzo 1861; cosa accadde in quel giorno di 150 anni fa, che questa sera siamo qui a celebrare? Nessuna guerra, nessuna vittoria, nessuna sconfitta, ma, banalmente potremmo dire, la promulgazione della legge 4671, con cui Vittorio Emanuele II, assunse per sé e per i successori di Casa Savoia, il titolo di Re d’Italia, tappa fondamentale di un percorso già intrapreso, che porterà poi all’unità d’Italia, anche se i confini che oggi conosciamo sono molto più recenti e risalgono agli esiti ed alle conseguenze della seconda guerra mondiale. Grandi personaggi dell’Italia risorgimentale sono entrati nello scibile popolare, contribuendo alla causa dell’Italia Unita: Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Massimo D’Azeglio, Camillo Benso Conte di Cavour, il Re Vittorio Emanuele II; ognuno di loro, diede un contributo essenziale, magari partendo da posizioni divergenti se non addirittura contrapposte. L’Italia occidentale, il Piemonte in particolare, rappresentò l’embrione del futuro stato, e da lì proveniva la maggior parte dei protagonisti del risorgimento italiano. Ma anche il nostro territorio, e la Romagna nel suo complesso, che viveva e subiva l’oppressione dello Stato Pontificio, contribuì fattivamente a questo particolare momento storico. Nella ricorrenza, la stampa locale, ha opportunamente evidenziato il coinvolgimento di Imola nei moti del 1831 ed i personaggi locali che vi ebbero un ruolo significativo: Luigi Galeati, Lorenzo Selvatici, il Conte Giovan Battista Dalla Volpe. A Fontanelice, ci pregiamo di essere concittadini di Giuseppe Mengoni, grande architetto risorgimentale, progettista della celeberrima Galleria Vittorio Emanuele di Milano; Mengoni grande architetto dunque, ma anche patriota convinto. E da Giuseppe Mengoni l’Amministrazione Comunale prende giustamente spunto per ricordare e contestualizzare questo particolare evento, celebrando il suo figlio più illustre. Tralasciando l’aspetto ed il contesto locale, molti si chiedono: “Perché celebrare questa ricorrenza?” E’ una domanda che io mi sono posto, e anche un dubbio sulla necessità di celebrare con una giornata festiva l’evento, con tanto di strascichi polemici, fra i partiti della maggioranza di Governo. Per trovare riposta, ho riflettuto, partendo dalle parole di Massimo D’Azeglio: “Pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gli italiani!” E’ vera questa affermazione di Massimo D’Azeglio? E’ vera ancor oggi? Io credo di no, nel senso che per secoli l’Italia è stata divisa in Regni, Ducati, Comuni, ed ha pesantemente scontato questo retaggio storico, con profonde divisioni linguistiche e culturali, che si sono poi riverberate, lo vediamo ancor oggi, anche in termini di sviluppo nelle diverse aree del Paese, con un settentrione decisamente più ricco e sviluppato di un mezzogiorno, che scontava, e sconta, una maggior arretratezza economica. Questo stato di cose generò, soprattutto negli anni ’60, grandi flussi migratori interni, da sud verso nord, in particolare verso Piemonte e Lombardia, creando al contempo anche difficili situazioni sociali, derivanti dal confronto di culture profondamente diverse. Ora viviamo una crisi economica pesantissima, che è una crisi di tutto l’occidente, ma che in Italia soffriamo tangibilmente, e che soprattutto le giovani generazioni soffrono più che altrove, chiediamoci: cosa sarebbe stato del miracolo economico italiano, senza l’apporto di tante persone che si sono trasferite verso le aree più industrializzate del Paese? Alla FIAT, chi avrebbe costruito le auto alle catene di montaggio se i “cafoni” del sud, uso la terminologia di Ignazio Silone, grande letterato antifascista, non fossero arrivati a Torino con le valigie di cartone legate con lo spago? Senza questo contributo essenziale, senza l’inurbamento di tanta popolazione rurale, il miracolo economico del dopo guerra su cui il nostro Paese ancor vive, non ci sarebbe mai stato. Il tempo ha poi portato ad una progressiva omogeneizzazione culturale del nostro Paese ed ha sicuramente rimosso i problemi più acuti, e larga parte del Paese si riconosce ora nel tricolore, nell’inno di Mameli e, soprattutto, nei suoi valori fondanti. Ma il nostro tempo impone nuove sfide: non è più tempo di nord contro sud, ma è il tempo del confronto con nuove culture, in taluni casi anche radicalmente diverse dalla nostra; è il tempo di convivere con tunisini, albanesi, romeni, marocchini, moldavi, pakistani, dominicani, ucraini. Non importa se a noi piaccia o no; così è, e così sarà. La fine del comunismo, il crollo del muro di Berlino nel 1989, ha portato con sé il crollo di ben altri muri. Non ci sono più le barriere del passato; la vera rivoluzione post 1989, non è la libera circolazione delle merci nel mondo, quanto la libera circolazione delle persone; i nuovi “cafoni” non provengono più dal Nisseno, dalle valli del Veneto o dall’Appennino Tosco-Romagnolo, ma dal Maghreb piuttosto che dai Balcani o dai Carpazi. In uno stato, una comunità nazionale, nell’Italia Unita, come possono convivere culture, religioni ed usanze così diverse fra loro? E’ chiaro che in presenza di una congiuntura economica difficile come l’attuale, le cose si complicano, ma la condivisione dei valori fondanti, è determinante, è il cemento che unisce e salda anche gli elementi più eterogenei. Ma quali sono, dove sono, questi valori fondanti? E’ semplice: sono scritti nella Carta Costituzionale della Repubblica Italiana, mirabile esempio di equilibrio, a sintesi delle tesi dei membri dell’Assemblea Costituente della Repubblica Italiana, provenienti dalle forze politiche antifasciste: Democrazia Cristiana, Partito Socialista, Partito Comunista, Partito Repubblicano, Partito d’Azione solo per citare le più note. La Costituzione entrò in vigore il primo gennaio del 1948, ma presenta oggi, 63 anni dopo, aspetti di straordinaria contemporaneità, a testimonianza della lungimiranza dei membri della Costituente. Cito qualche articolo della Costituzione, quelli che ci toccano da vicino nella nostra quotidianità:
Questi due articoli anticipano i tempi di molti decenni, almeno per l’Italia, perché in altri paesi il fenomeno dell’immigrazione ha radici più lontane, tante volte retaggio di un passato coloniale. A questi ragazzi che sono qui questa sera dico: riconoscetevi in questi valori, senza dimenticare le vostre origini, la vostra cultura, la vostra lingua, il vostro dialetto. Siate orgogliosamente cattolici, piuttosto che musulmani o ortodossi, ma mai contro gli altri. Il professare una religione, parlare una lingua o un dialetto, sia un vostro patrimonio personale, un elemento di ricchezza da condividere con altri, mai un elemento di divisione o, ancor peggio, di prevaricazione. L’art. 3 poi, si configura quasi come un manifesto anticipatorio delle tesi di Martin Luther King, da lui espresse nell’epico discorso di Washington, del 28 agosto 1963, in cui, quasi come in un tormentone, ebbe a ripetere un’infinità di volte: “I have a dream”. Ma il sogno non è più tale, è qui, nello spazio temporale che sta fra Rosa Parks, donna di colore che rifiutò di cedere il posto a sedere sull’autobus ad un bianco nel 1955, e per questo fu arrestata, e Barak Obama, primo afroamericano ad essere eletto Presidente degli Stati uniti, nel 2008. Passo all’art. 33, che coinvolge tutta la società, ma i giovani e gli studenti in prima persona:
Questo articolo mi evoca quanto scritto da uno dei grandi Padri Costituenti, Piero Calamandrei. Sono parole che già ho riportato in un precedente Consiglio Comunale; mi sia consentito riproporle in forza della loro straordinaria attualità: "Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in un alloggiamento per manipoli; ma vuole istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito?
Questo non è quel che scrive un editorialista, critico nei confronti dei provvedimenti del Ministro Maria Stella Gelmini, ma è quel che scrisse Piero Calamandrei, e qui sta la straordinarietà, il 20 marzo 1950, sessantun anni fa! Traendo ispirazione dalle inequivocabili parole di Piero Calamandrei, formulo una critica anche nei confronti del mio partito, il Partito Democratico: troppe ambiguità, troppe timidezze da parte nostra, nel sostenere la scuola pubblica, grande strumento di democrazia ed eccellente strumento pedagogico. Basti pensare alle più prestigiose università statunitensi, Harvard, YALE, Stanford, MIT, Columbia, oggi costrette a cercare studenti in Cina, India, Europa per l’incapacità del sistema scolastico interno di formare validi studenti. Pur rimanendo nel contesto della Costituzione, cambio argomento, passando all’art. 41, che poi citerò, in modo che possiate analizzare le parole dopo il mio preambolo. Ebbene questo articolo è stato uno degli ultimi in ordine di tempo a finire sotto attacco, perché definito illiberale, di ostacolo alla libera impresa, uno degli elementi di freno alla crescita economica del Paese. L’art. 41 così recita:
Dove sono gli elementi di illiberalità nell’art. 41? E’ nell’attacco ad esso che vi sono, questo sì, elementi di propaganda, demagogia e populismo. Chiudo il ragionamento soffermandomi sull’elemento cardine della Carta Costituzionale; l’equilibrio e l’indipendenza dei tre poteri: il potere esecutivo, esercitato dal Governo; il potere legislativo, esercitato dal Parlamento; il potere giudiziario, esercitato dalla Magistratura. E’ fuori discussione che il giudizio che ognuno di noi può esprimere sull’operato del Governo o del Parlamento, soggiace alla soggettività, al condizionamento ideologico. Così non può essere per la Magistratura che non dovrebbe e non è, sottolineo, non è, organo politico. E’ distorsivo che chi ha incarichi politici pretenda per sé impunità incondizionata, adducendo a giustificazione che la Magistratura non deve interferire con la politica. L’art. 3 che già abbiamo esaminato suona a condanna di questa tesi, lo ribadisco:
La Magistratura, che pure deve contare fra le sue fila elementi che ne hanno danneggiato l’immagine, l’operato e il profilo morale, è l’organo dell’Italia Repubblicana che nei decenni più ha dato in termini di servizio, al Paese, alla Società e in termini di vite umane. Il primo nome che mi viene in mente non appartiene, fortunatamente, alla vasta pletora di vittime, è quello Francesco Saverio Borrelli, uomo del sud, a capo della Procura di Milano ai tempi di “Mani Pulite”, quell’insieme di indagini che portarono all’implosione di un’intera classe politica ed allo scompaginamento radicale del quadro politico, una ventina di anni orsono. Alla Procura di Milano appartenevano pure altri magistrati, comunemente definiti come “Pool Mani Pulite” nel loro insieme, assurti all’onore delle cronache per la battaglia contro la corruzione: Gherardo Colombo; Gerardo D’Ambrosio; Pier Camillo Davigo, Antonio Di Pietro ed altri ancora. Ma il ricordo più doloroso è quello legato ai magistrati assassinati; me lo ha recentemente rievocato Luca Palamara, Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, concedendo un’intervista davanti ad una lapide riportante i nominativi di alcuni di questi, che hanno sacrificato la propria vita in nome di un ideale, per lealtà verso la Magistratura ed il Paese. In un elenco purtroppo lungo, per una questione anche anagrafica, mi sento personalmente molto legato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, entrambi uomini del sud, morti per mano della mafia, in due distinti attentati, ma con unica matrice, nel 1992.Uomini forse lasciati soli, o che forse erano arrivati, o stavano per arrivare, dove non dovevano, dove non era concesso, in un intreccio fra politica e mafia che ogni tanto si ipotizza, ma che nessuno riesce mai a svelare. Sapevano di rischiare per le loro azioni, per la loro lealtà, per la loro intransigenza, ma non per questo si sono astenuti da quello che il rigore morale imponeva loro. E per questo sono morti, assieme a uomini di scorta e congiunti. La retorica porterebbe a definirli come eroi. Ma eroe è un termine che non amo; mi fa venire alla mente Bertolt Brecht e la sua opera “Vita di Galileo”, quando il maestro, dopo l’inquisizione per le sue tesi eretiche e l’abiura per sfuggire al rogo, viene accolto da un suo allievo deluso, che così lo apostrofa: “Maledetto quel popolo che non ha più eroi!”. A cui Galileo ribatte: “Sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi!” Ecco, in queste poche ed essenziali parole, che il grande Bertolt Brecht mise sulla bocca del grandissimo Galileo Galilei, c’è tutto quello che io auguro alla Magistratura ed all’Italia: di non avere bisogno di eroi. Mi auguro poi, di non dover un giorno elencare nel novero degli eroi, un giovane scrittore contemporaneo, che la sua battaglia contro la criminalità organizzata, la sta combattendo sul piano culturale, pagandone un durissimo prezzo personale, fatto di solitudine e isolamento: Roberto Saviano. Per non cadere nell’ipocrisia, odio i sepolcri imbiancati, dopo questa appassionata difesa della Carta Costituzionale, muovo una critica al mio schieramento politico, il centro-sinistra: le modifiche che esso apportò al titolo V, si sono rivelate un clamoroso errore, un boomerang, non tanto sul piano del merito, quanto del metodo. Non si può e non si deve modificare la Costituzione, che è la base di tutta la nostra legislazione, a maggioranza semplice, con un pugno di voti di vantaggio; devono essere scelte condivise. La Costituzione quindi, e qui chiudo, come uno dei punti più alti della storia dell’Italia repubblicana e come elemento imprescindibile dall’Unità d’Italia.
Viva l’Italia, viva l’Italia Repubblicana, viva la Costituzione, viva l’Unità d’Italia.
Post n°166 pubblicato il 08 Marzo 2011 da fontanelice
Tag: la stampa, Toni Ruttimann Ruttimann viaggia nei luoghi più poveri per costruire opere che nessuno mai realizzerebbe FEDERICO TADDIA 07/03/2011 - PERSONAGGIO La sua vita è racchiusa in due valigie: in una tiene pochi vestiti e qualche oggetto personale, nell’altra quello che gli occorre per il suo lavoro. Altro non gli serve, se non centinaia e centinaia di metri di cavi d’acciaio. Grazie ai quali ogni giorno un milione e trecentomila persone nel mondo possono passare da una sponda all’altra di un fiume, per andare verso ospedali, scuole e campi da coltivare. Occhi curiosi, voce sveglia e serena, idee chiare e contagiose: ecco l’identikit di Toni Ruttimann, nato 44 anni fa a Pontresina, nel Canton Grigioni. E ribattezzato «Toni el Suizo», lo svizzero, dagli abitanti di decine di villaggi dall’Ecuador all’Indonesia, del Costa Rica, del Laos, dell’Argentina e di qualsiasi altro angolo della terra dove è passato per lasciare il suo particolare segno: costruire un ponte. Un eroe invisibile, solitario e silenzioso, senza patria e senza stipendio, che in meno di 25 anni ha fatto nascere più di 500 ponti lunghi fino a 200 metri utilizzando i cavi dismessi dalle funivie elvetiche. «Nel 1987, ai tempi dell’esame di maturità, stavo guardando in televisione le immagini del terremoto in Ecuador, ed ho sentito una spinta irrefrenabile per partire a dare una mano», spiega Ruttimann. «Là ho toccato con mano la sofferenza, e ho preso consapevolezza di quanto i ponti siano generatori di vita, speranza e opportunità. Un ponte può ridare un futuro alle persone: e quindi ho deciso che quella sarebbe diventata la missione della mia vita». Da un ingegnere olandese acquisisce le prime tecniche per la costruzioni di ponti «a tiranti», copiando metodologie utilizzate dagli impianti petroliferi. E proprio da loro va a bussare per chiedere materiale di scarto, come vecchi cavi e tubi in acciaio, e coinvolgendo poi la popolazione locale nel recupero di terra, legno e pietre. Un perfetto gioco di squadra finalizzato ad un sogno: collegare due sponde. Dopo quella prima esperienza, Ruttimann decide di rientrare in Svizzera per iscriversi a Ingegneria, ma il richiamo umanitario è troppo forte: eccolo quindi di nuovo in Centro America. Undici anni tra Ecuador, Colombia, Nicaragua, Honduras, Costa Rica e il Messico: là dove smottamenti, terremoti e inondazioni dividono in due un paese o un villaggio lui si presenta, con le sue due valigie e un bagaglio di saperi e conoscenze, da mettere a disposizione degli abitanti. «Non ho una casa, non ho una famiglia a cui render conto e non mi servono soldi», racconta Ruttimann. «La mia famiglia è il villaggio che mi ospita, i miei parenti diventano i campesinos che mi offrono un letto e dividono il loro pasto con me. Non ho bisogno di altro: i materiali mi vengono donati dagli impianti di risalita svizzeri e da alcune ditte specializzate in condutture per il petrolio, ed io sfrutto questi tubi come strutture portanti. Nella mia vita sono sospeso come i ponti che costruiamo: fin dal primo istante del mio arrivo coinvolgo tutti i membri del villaggio, perché senza il loro lavoro e la loro manodopera nulla sarebbe possibile. Ma una volta terminato il ponte, mediamente dopo cinque, sei settimane, mi rimetto in viaggio alla ricerca di altri fiumi da attraversare». Due anni di malattia a causa della Sindrome di Guillain Barrè, contratta in Cambogia nel 2002, non fermano l’attività di Ruttimann: il sistema nervoso intaccato gli impedisce di muoversi e lavorare, ma grazie al computer continua la sua attività. Decide così di ottimizzare l’esperienza acquisita sul campo per sviluppare un software in grado, dopo l’immissione dei dati, di offrire indicazioni precise sul dimensionamento delle strutture, le lunghezze dei cavi e sulle tipologie di saldature ed agganci. Ristabilitosi nel fisico, l’«uomo del ponte» si rimette in pellegrinaggio. Un incontro casuale con un profugo cambogiano lo spinge a muoversi verso l’Asia. In Cambogia trova situazioni di sofferenza, afflizione e povertà, e ancora una volta la risposta che Toni offre per cambiare la vita, per ristabilire scambi e avvicinare la persona è la stessa: unire quello che un fiume divide. E proprio in questi giorni Ruttimann, dopo aver fatto nascere ben 76 ponti, ha annunciato di voler lasciare la Cambogia, che in questi dieci anni è stata la porta che gli ha permesso di spostarsi anche in Indonesia, Vietnam e Laos. E ora sta concentrando i suoi sforzi in Myanmar, l’ex Birmania, dove i generali al governo hanno concesso il nulla osta ad entrare nel Paese a questo strano svizzero, indipendente da tutto e da tutti, senza fondi e senza nessuna organizzazione alle spalle, e che affida alla resistenza dei cavi la sua personale resistenza a fame, povertà e ingiustizia. «Quando qualcuno mi chiede chi me lo fare, rispondo che non lo so, citando ciò che un khamir di nascosto ha lasciato scritto nel cemento armato di un ponte cambogiano: “Nessuno capisce il mio cuore e i miei sentimenti; questo Ponte è il luogo che amo”. Poche parole, ma che danno senso a tutto». Toni Ruttimann , 44 anni, in un quarto di secolo ha costruito attraversamenti in quasi ogni angolo del mondo utilizzando la tecnica dei "tiranti sospesi"
Post n°165 pubblicato il 23 Gennaio 2011 da fontanelice
dal Resto del Carlino di domenica 23/1/2011
l.g.
Post n°164 pubblicato il 07 Gennaio 2011 da fontanelice
Tag: Fontanelice, lupi 2011-01-07 l'intervista a Domenico Errani tecnico faunistico! «Non è facile scovarli Si va pure a caccia di impronte» «LA PRESENZA del lupo nero sul nostro territorio è indice della qualità delle nostre zone e della fauna che la abita». A spiegare l’importanza del lupo durante la proiezione del documentario è Domenico Errani, tecnico faunistico. «Il lupo è presente nei territori con una certa quantità di selvaggina e sulle nostre colline c’è una varietà di fauna da lasciar a bocca aperta — osserva —. Ormai da tre anni stiamo svolgendo un’indagine conoscitiva sulla sua presenza in queste zone. Si va dalla ricerca delle impronte, che non è attendibile al 100 per cento, alla sengnalazione delle aggressioni. In questo caso i veterinari riescono a capire con un margine dell85/90 per cento se il morso sull’animale è quello di un lupo».
Post n°163 pubblicato il 07 Dicembre 2010 da fontanelice
08 Dicembre 2010 La festa si svolge ai piedi della seicentesca statua della Madonna Assunta, ubicata nell'ex palazzo pubblico in piazza Roma (recentemente riportata agli antichi splendori). I fedeli, in processione dalla Chiesa di S. Pietro e Paolo, arrivano in piazza e accedono il falò votivo con le candele benedette. L'occasione è resa intima dai dolci casalinghi e dal vin brulé. ......... continua ........ foto della cerimonia di commemorazione dei caduti per la liberazione
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il 04/06/2014 alle 22:06
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il 02/06/2014 alle 10:57
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il 30/01/2014 alle 21:44
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il 12/10/2013 alle 22:54
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il 20/08/2013 alle 18:47