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E’ un inseguirsi tra le righe

questo continuare a cercarsi

 dove l’altro smette.

Una connessione spontanea

Senza alcuna richiesta

 

 

 

Sensibilità tenerezza ardore

sono collegate al cuore

Talvolta arrecano lacrime e dolore.

Ma si è vivi nella sofferenza

e morti nell’indifferenza.

Sunny_Poems

 

 
Creato da: fabiana.giallosole il 18/02/2012
COPDUS - Coordinamento Provinciale Docenti Utilizzati di Sassari

Messaggi del 04/03/2014

 

SVALUTAZIONE CONTRATTUALE

Post n°2680 pubblicato il 04 Marzo 2014 da fabiana.giallosole
 

Da “La Tecnica della Scuola”
 
Svalutazione contrattuale e inflazione dei carichi di lavoro dei prof


 di Lucio Ficara

 

E' questa la "miscela" che sta determinando una progressiva caduta del prestigio sociale e culturale dei docenti. Se il Governo vuole ridare dignità alla scuola e agli insegnanti deve dare avvio al più presto ad una nuova stagione contrattuale.

 

Si parla tanto di restituire dignità sociale al ruolo dell’insegnante, ma non si analizzano abbastanza le cause che hanno determinato il deprezzamento sociale della funzione docente e della loro libertà d’insegnamento.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un linciaggio mediatico e politico volto a destabilizzare la dignità sociale del ruolo degli insegnanti.
Abbiamo sentito dire, anche da alte cariche dello Stato, che gli insegnati della scuola pubblica sono degli inculcatori, dei fannulloni, ed è stato detto anche che per quanto lavorano prendono anche un cospicuo stipendio.
Gli insegnanti sono stati indicati, facendo di tutta l’erba un fascio, come eccessivamente corporativi, la categoria maggiormente sindacalizzata, e sono stati definiti ingenerosamente come dei privilegiati che lavorano solamente per 18 ore settimanali con lunghi periodi di vacanza, riferendosi a quelle estive, di Natale e Pasqua. Su queste basi è stata fatta, contro la categoria degli insegnanti, un’operazione, tutt’ora ancora in atto, di forte svalutazione contrattuale e di una consistente inflazione dei carichi di lavoro.
In buona sostanza si è messa in moto una macchina la cui dinamica è programmata su una sorta di algoritmo capace di destrutturare il contratto collettivo nazionale della scuola e contemporaneamente di aumentare per via legislativa i carichi di lavoro degli insegnanti a parità di salario.
Cosa potrebbero fare il Governo Renzi e la ministra Giannini per invertire questo diabolico percorso che ha fortemente messo in crisi il ruolo dell’insegnante?
Bisognerebbe programmare un anti-algoritmo volto a costruire un nuovo contratto collettivo nazionale della scuola in cui venga riconosciuto tutto il reale lavoro che va, per la sua complessità e peculiarità, ben oltre alle semplici ore di lezione frontale. Sarebbe opportuno comprendere che il lavoro dell’insegnante non si esaurisce al lavoro fatto in presenza degli studenti, ma è molto più complesso in quanto c’è tutta un’attività preparatoria delle lezioni, c’è tutta la parte degli aggiornamenti e formazione, c’è la fase della preparazione delle verifiche e delle relative correzioni, ci sono tutte le attività burocratiche e collegiali, c’è l’attività dei rapporti scuola-famiglia.
Pensare e dire che gli insegnanti lavorano solamente per sole 18 ore settimanali è non soltanto falso, ma anche tendenzioso e disonesto. Gli insegnanti hanno un lavoro molto complesso e totalmente sottopagato, ecco perché stanno perdendo il loro prestigio sociale e sono fortemente demotivati e stressati.
Da qualche anno con la progressiva riduzione dei fondi destinati al miglioramento dell’offerta formativa non esiste più di fatto nemmeno la contrattazione d’Istituto e molte attività aggiuntive che i docenti continuano a garantire vengono svolte senza la possibilità di retribuzione. Ecco perché parliamo di svalutazione contrattuale e di inflazione dei carichi di lavoro degli insegnanti.
Un’altra sofferenza che pervade lo status giuridico del docente è quella di trovarsi assoggettati ai propri dirigenti scolastici, che come fossero una sorta di “deus ex machina” che decidono di assegnare i docenti alle classi, li rimproverano se si comportano male e se lo ritengono gli applicano anche sanzioni disciplinari così come prevede il decreto 150/2009.
Anche questo determina agli occhi di studenti e famiglie una decisa perdita di credibilità sociale del docente, che può essere bacchettato, senza andare troppo per il sottile, dal dirigente scolastico di turno.
Se Renzi, come dice, vuole ridare dignità sociale al ruolo dell’insegnante, deve sapere che ha tanto lavoro da fare, incominciando principalmente dal rivalutare l’importanza della contrattazione e del contratto di lavoro.

 
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RENZI

Post n°2679 pubblicato il 04 Marzo 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: Renzi

Da “Il Fatto Quotidiano”

Renzi: “Scuola al centro”. Ma un decreto dell’era Tremonti dimezza le risorse

 

Il neopremier annuncia un piano straordinario, ma intanto arriva l'onda lunga dei tagli passati. La storia: le elementari di Songavazzo (Bergamo) si sono ritrovate da un momento all'altro con il budget ridotto da 45 a 23mila euro. E ora i corsi d'inglese li proseguono docenti non retribuiti

di

Matteo Renzi ha intenzione di mettere la scuola al centro del programma di ripresa del Paese. È stato uno dei passaggi chiave del suo discorso di fiducia alle Camere, in cui ha annunciato anche un piano per l’edilizia scolastica. Intanto, però, in alcune scuole italiane gli ennesimi tagli ai fondi d’istituto mettono a repentaglio gli stessi corsi didattici. Succede, ad esempio, a Songavazzo, un piccolo paese di montagna in provincia di Bergamo. Un Comune che conta meno di mille abitanti, e che negli ultimi anni ha dovuto fare i salti mortali per incrementare il numero di studenti della propria scuola dell’infanzia, per evitare la soppressione. Missione compiuta grazie agli sforzi del preside e dell’assessore all’istruzione locale, che hanno arricchito l’offerta formativa con alcuni corsi di eccellenza e portato il numero di iscritti da 37 nel 2009 a 51 nel 2013, record di sempre nella storia dell’istituto.

Negli ultimi giorni, però, sulla scuola elementare di Songavazzo si è abbattuta la scure dei tagli ai fondi d’istituto: dal Ministero è arrivata la notizia del dimezzamento delle risorse per l’anno scolastico 2013/2014. E il preside si è visto costretto a comunicare agli studenti l’interruzione forzata dei corsi d’inglese, causa l’impossibilità di continuare a pagare i docenti. A raccontare la vicenda al fattoquotidiano.it è Stefano Salvoldelli, assessore all’istruzione del Comune: “L’estate scorsa il dirigente scolastico, il professor Belingheri, aveva chiesto al Miur un’indicazione orientativa del budget di cui avrebbe potuto disporre. Non avendo ricevuto risposta aveva fatto una stima molto prudente e si era regolato di conseguenza. Ma era davvero impossibile pensare ad una riduzione così netta: siamo passati da 45mila a 23mila euro, praticamente la metà. E così ci siamo trovati di fronte all’obbligo di interrompere i corsi a metà anno. Una cosa mai successa prima”.

I tagli che colpiscono l’istituto di Songavazzo (come tutte le altre scuole italiane) non sono in realtà una decisione dell’ultimo governo Letta, ma solo un’applicazione del decreto legge Tremonti del 2010: il risultato è una riduzione complessiva di 44 milioni di euro dei fondi per il Miglioramento dell’offerta formativa nel 2013/2014. Con quest’ulteriore decurtazione, però, il budget a disposizione dei dirigenti scolastici in alcuni casi si riduce al di sotto della soglia di sussistenza. “Cinque anni fa – spiega l’assessore –avevamo 85mila euro, ora siamo scesi a 20mila. Al di là della nostra situazione specifica, sono numeri che dimostrano quanto conti poco l’istruzione in Italia”.

La reazione nel paesino bergamasco è stata prima di sdegno, poi di ribellione: i corsi di avviamento all’inglese per bambini fra i 5-6 anni (come anche quello di musicoterapia per alunni disabili) non moriranno. Merito di alcuni docenti, che hanno dato la propria disponibilità a proseguire l’insegnamento anche senza retribuzione, e di un gruppo di volontari che coprirà il resto delle ore. Almeno fino a giugno, dunque, l’offerta formativa è garantita. “Resta però l’umiliazione di essere rimasti senza soldi a metà anno”, conclude Savoldelli. “Abbiamo trovato una soluzione ma è solo temporanea: l’istruzione non può essere affidata al volontariato. La scuola pubblica non è la Croce rossa. E non sappiamo cosa succederà l’anno prossimo”. Anche a queste domande dovrà dare una risposta il governo Renzi, se davvero vuole rilanciare la scuola italiana.

 

 
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PREMIER

Post n°2678 pubblicato il 04 Marzo 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: PREMIER

Da “L’Unità”

Il premier scrive a tutti i sindaci
«Diteci una scuola da riparare»

«Fin dalla prossima settimana arriveranno i primi provvedimenti economici del nuovo Governo». Lo annuncia Matteo Renzi, in una lettera in cui invita gli 8mila sindaci, che definisce “colleghi”, a segnalare al governo un edificio scolastico da sistemare.

Nella lettera il presidente del Consiglio osserva che «stiamo affrontando il momento più duro della crisi economica. Il più difficile dal punto di vista occupazionale». Ma dalla crisi «non usciremo semplicemente con una ricetta economica. No, dalla crisi si esce con una scommessa sul valore più grande che un Paese può incentivare: educazione, educazione, educazione».

Come annunciato nel discorso programmatico alle Camere, il premier muove il primo passo del piano per l'edilizia scolastica: nella lettera invita i primi cittadini a segnalare entro il 15 marzo un edificio scolastico del proprio Comune da ammodernare. Con l'impegno a snellire le procedure burocratiche e a intervenire sul patto di stabilità interno per sbloccare le risorse.

«Caro collega - è l'esordio della lettera - ora la vostra e nostra priorità è l'edilizia scolastica. Non vi propongo un patto istituzionale, ma più semplicemente un metodo di lavoro. Vogliamo che il 2014 segni l'investimento più significativo mai fatto da un Governo centrale sull'edilizia scolastica. Stiamo lavorando per affrontare le assurde ricadute del patto di stabilità interno. Vi chiedo di scegliere all'interno del vostro Comune un edificio scolastico. Di inviarci entro il 15 marzo una nota molto sintetica sullo stato dell'arte. Non vi chiediamo progetti esecutivi o dettagliati: ci occorre - per il momento - l'indicazione della scuola, il valore dell'intervento, le modalità di finanziamento che avete previsto, la tempistica di realizzazione. Semplice e operativo come sanno essere i Sindaci».

Per quanto riguarda il governo, «cercheremo nei successivi quindici giorni di individuare le strade per semplificare le procedure di gara, che come sapete sono spesso causa di lunghe attese burocratiche, e per liberare fondi dal computo del patto di stabilità interna. Ma è fondamentale che nel giro di poche ore arrivino da voi (all'email sindaci@governo.it che abbiamo appositamente aperto) una sintetica nota sull'individuazione di un edificio scolastico - uno - che riteniate la priorità del Vostro comune».

 

 
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RENZI

Post n°2677 pubblicato il 04 Marzo 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: Renzi

Da “Italia Oggi”

 

RENZI CHIEDE AI SINDACI INFO CHE IL MIUR HA GIÀ



di Emanuela Micucci


L'edilizia scolastica passa attraverso lo scambio epistolare tra il presidente del consiglio Matteo Renzi e gli 8 mila tra sindaci e presidenti delle province, a cui il premier ha scritto per conoscere le condizioni dell'edilizia scolastica. Ma le informazioni che si cercano a mezzo lettera, il Miur già le possiede, anche se a volte incomplete.

L'anagrafe dell'edilizia scolastica, nata nel 1996, proprio censire il patrimonio scolastico e il suo stato di conservazione utilizza i dati forniti da comuni e province a cui ora Renzi chiede le stesse informazioni. Non solo. Il mese scorso l'ex ministro dell'istruzione Maria Chiara Carrozza ha dato il via alla riforma dell'anagrafe creando il Sistema nazionale delle anagrafi dell'edilizia scolastica (Snaes), costruito sulla base delle anagrafi regionali, quelle che 11 regioni già si erano date.

Un'esigenza nata perché l'anagrafe nazionale non decollava, tanto che l'assenza di dati ufficiali e completi determinava balletti di cifre anche sul numero degli edifici scolastici: per l'Istat 49.990, mentre la commissione cultura della Camera ne conta 42mila. O discrepanze tra i 10mila edifici che andrebbero abbattuti e le circa 7.000 richieste di messa in sicurezza immediata per situazioni di pericolo accertato individuate, nel 2012, dalla commissione tecnica Miur-Mit-Anci-Unce a seguito di 43mila sopralluoghi.

 
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SCUOLA

Post n°2676 pubblicato il 04 Marzo 2014 da fabiana.giallosole
 
Tag: Scuola

 

Da “L’Huffington Post”

 

LA SCUOLA PUBBLICA E LA SCUOLA PRIVATA AL TEMPO DI RENZI



di Alfoso Gianni  (Direttore della Fondazione Cercare Ancora)

Qualcuno è rimasto favorevolmente colpito dal fatto che il nuovo Presidente del Consiglio Matteo Renzi abbia cominciato il suo discorso alle camere, con cui ha chiesto la fiducia, dalla questione della scuola.

Scelta inusuale, va riconosciuto e naturalmente è d'uopo dire, come si farebbe con tutti, che andrà giudicato sulla base dei fatti. Stando però alle parole, le recenti dichiarazioni della neoministra Stefania Giannini sono peggio che inquietanti. Essa invita il governo a finanziare le scuole private parificate. In sé non è una novità. Come si sa il divieto costituzionale è stato ripetutamente violato dai vari governi che hanno preceduto quello attuale. Ma - ha ragione Nadia Urbinati a rilevarlo - ciò che appare nuova è la motivazione con cui la ministra intende accompagnare la sua scelta.

La ministra fa riferimento alla condizione di bisogno nella quale si troverebbero le scuole private. In effetti negli ultimi anni queste ultime hanno perso studenti - si può calcolare almeno uno su cinque - e quindi "necessiterebbero" di aiuto per i diminuiti introiti. In effetti per il 2013/2014 sono stati stanziati 223 milioni di euro che si aggiungono ai già previsti 260. In tutto fanno 483 milioni di euro con cui il "pubblico" sovvenziona la scuola privata che perde i colpi.

Se si guardano le cose per il loro verso giusto dovrebbe avvenire casomai il contrario. Infatti qui il concetto di "bisogno" appare applicato in modo completamente rovesciato. Se sono le scuole pubbliche, che già versano in condizioni miserande, a dovere accogliere più studenti, dovrebbero essere queste ultime a necessitare con la massima urgenza ed esclusività di nuovi finanziamenti pubblici.

Non cambia il quadro se applicassimo il principio del "merito", di cui si sente tanto parlare come criterio di valutazione delle strutture scolastiche, spesso del tutto a sproposito. In questo caso se le scuole private perdono studenti non sarà solo per sopravvenute difficoltà economiche delle famiglie, ma probabilmente perché la scuola pubblica, malgrado tutto, si rivela ancora oggi l'opzione migliore proprio sul versante della qualità educativa. La stessa libera scelta in questo campo risulta così garantita dalla struttura pubblica piuttosto che da quella privata. Sappiamo non essere questo il parere della Compagnia delle Opere che più che santi in paradiso ha ministri nel governo, ma ce ne faremo una ragione.

Se dunque tanto dal punto di vista del bisogno, quanto da quello del merito tanta generosità verso le scuole private non appare essere giustificata, quali possono essere i motivi che spingono la ministra Giannini a simili propositi? L'unico che può venire in mente, senza essere nemmeno troppo maliziosi, è il tentativo di porre definitivamente la scuola pubblica e la scuola privata parificata su un piano di assoluta eguaglianza, abbattendo d'un colpo solo la differenza tra pubblico e privato. In questo modo si potrebbe cercare di aggirare la Costituzione, la quale, come si sa, è chiarissima sul punto, peraltro ripreso in pronunciamenti popolari vincenti come quello di Bologna: "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato".

Un disegno, mi auguro, da non sottovalutare perché potrebbe essere anche accompagnato con ragionamenti ragionieristici, tipici delle politiche di austerity, in base ai quali uno studente in una struttura privata, benché sostenuta da generosi aiuti pubblici, costerebbe meno alle casse dello Stato di uno che si trova nella scuola pubblica. Un disegno da fare fallire, a meno che non si voglia fare a meno di uno dei pilastri fondamentali che ha retto il welfare state europeo e contemporaneamente di principi di laicità e di pluralismo in campo educativo.

 

 
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 CHI SIAMO

Il Coordinamento provinciale dei Docenti Utilizzati di Sassari (COPDUS), si è costituito ufficialmente nel mese di settembre 2011, in seguito alla necessità di fronteggiare il nefasto articolo 19 della Legge 111 del 15 luglio 2011 col quale si dispone la messa in mobilità intercompartimentale dei docenti inidonei o il declassamento a personale ATA con conseguente riduzione stipendiale.

Esserci costituiti in gruppo è stato per tutti noi fondamentale in quanto ci ha dato da subito la forza e la determinazione, entrambe importanti, per intraprendere tutte quelle azioni di lotta civile allo scopo di trovare soluzioni al problema che ci ha visti coinvolti, assieme ad altri quasi 4000, a livello nazionale.

Ritrovarci con cadenza settimanale ci fa sentire, non solo più uniti e aggiornati sull'evolversi della nostra situazione, ma soprattutto più sicuri e positivi nell'affrontarla.

Per questo motivo, e non solo, abbiamo col tempo sentito il bisogno di creare questo BLOG ossia uno spazio per informarci ed informare anche coloro che trovandosi nella nostra situazione pur non facenti parte del coordinamento di Sassari, avranno piacere di visitarci e saranno i benvenuti.

Al tempo stesso vogliamo che questo sia uno spazio oltre che di informazione anche di incoraggiamento al "ce la faremo" e al "non smettere" e quindi non vuole avere e non avrà aspetti e contenuti sterili o "istituzionalizzati".


e-mail: copdus@gmail.com oppure fabianagiallosole@libero.it

 

Felice settimana


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