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Il freddo dentro

Post n°450 pubblicato il 15 Novembre 2017 da Hanahr

Guardo il cursore che lampeggia, sulla pagina bianca, e mi chiedo cosa dovrei scrivere in questo momento.
E' uno di quei momenti no.
Per la verità ormai è un anno, che è un anno no.
Demotivata, indurita, congelata nella mia apatia, trovo molto difficile anche solo scrivere ciò che penso, perché scriverlo vorrebbe dire che è diventato vero, e non solo un mostro che sta laggiù, nel profondo delle mie inquietudini.
Il mondo va avanti lo stesso, che io ci sia oppure no. Sono un puntino tra un miliardo di puntini, tutti uguali, tutti sovrapponibili.
Nell'ultimo anno ho sentito una regressione enorme dei progressi che avevo fatto per gestire l'ansia, la rabbia e la depressione. Questo anno, anno e mezzo, ha distrutto quasi tutto ciò che credevo di aver raggiunto: le sicurezze su me stessa, sulla mia vita, sulle mie qualità.
Ora sono una tabula rasa, anzi, in un certo senso sono tornata ancora più indietro, ai numeri negativi oltro lo zero.
Ma ciò che mi ha devastato e di cui in un certo senso ho preso consapevolezza solo l'altro giorno, è stato rendermi conto che dietro l'apparenza, non c'è nulla. Io non sono nulla, solo un mucchio di parole e discorsi vuoti che continuo a tenere in piedi perché senza forse crollerei come un castello di carte.
Sono un bluff, ma questo l'ho detto molte volte, e non mi capacito del fatto che le persone intorno a me non se ne rendano conto.
Il re è nudo, viva il re.
Ciò che rimane è solo un ammasso di carne che si trascina alla meno peggio in un mondo orribile da cui vorrebbe fuggire e non può farlo.
E ora che so che non c'è niente di vero in me, niente per cui valga la pena sforzarsi, mi sento enormemente stanca, persino alzarsi la mattina è diventata un'impresa impossibile. Persino quei brutti pensieri che mi hanno dato il tormento 15 anni fa stanno tornando a farsi sentire, suggeriscono soluzioni comode, da codardi.
Non so perché sto così, non so perché vivo in un pantano che mi affossa, che mi ha seppellito molte volte e da cui molte volte sono uscita.
La verità è che sono una persona debole, senza qualità, senza volontà. Sono una persona qualunque in un mondo qualunque e vorrei solo rinchiudermi in un guscio e non uscirne più, e smetterla di sentire questo peso enorme che grava sul petto.
Anche solo a rileggermi, mi vedo come una patetica deficiente, una piagnona rompipalle, che non sa apprezzare ciò che ha.
Lunedì ho pianto, ho pianto in maniera quasi tragicomica, ridicola, esagerata, non riuscivo a fermarmi. Ho continuato a compatirmi in maniera imbarazzante finché non sono crollata e non mi sono addormentata. Che spettacolo avvilente, che comportamento infantile.
OH lo so, lo so molto bene, eppure crogiolarsi nella propria infelicità è irresistibile a volte. Guardarsi allo specchio e ammettere, con liberazione infinita: ho fallito, sono un fallimento, non sono nulla.
E ripeterselo, ripeterselo mille volte, fino ad accettarlo, fino a dire è vero, lo sei, sei un fallimento, una persona da nulla. Che gusto, che sollievo è.
E smetterla di dibattersi, di annaspare, chiudere gli occhi e accettare il nulla, scivolare sempre più nell'oblio fino a non sentire nulla.
Non sarebbe magnifico?

 
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Commenti al Post:
paneghessa
paneghessa il 15/11/17 alle 21:05 via WEB
Piangere č giā stare avanti. Io quando sono stata male non avevo piu' reazioni, emozioni, non piangevo nč ridevo da mesi. Tu grazie a Dio sei viva ed anche questo tuo grido č un inno alla vita. Riprenditela!!
(Rispondi)
 
lab79
lab79 il 22/11/17 alle 05:16 via WEB
Lo sarebbe, non č vero? Quel sonno che chiama, e la dolce stanchezza nel lasciarsi andare alla corrente delle proprie lacrime. Un sogno, appunto, al quale ci si vorrebbe abbandonare. Molti, tra di noi, hanno passato almeno un momento del genere. Spesso siamo qui per questo: per dare parole e struttura a questo thanatos mitologico che ci assilla. Nella speranza talvolta di disattivarlo, o nella colpevole consapevolezza che accarezzarlo e lasciarlo crescere č di una tale dolcezza. Ti capisco? Mi piacerebbe dirti di si, che so dove sei e quello che provi. Che magari lo provo anch'io. Ma non so se sia vero, e chissā che l'unico modo per scoprirlo non sia tirare fuori la testa dall'acqua, e provare a respirare di nuovo.
(Rispondi)
 
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