Creato da giuliosforza il 28/11/2008
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Autunni. Corso Manthoné. Tiboni . Mediamuseum
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Un’amica di fb, Francesca Lombardi, ha pubblicato il seguente pensiero di Kierkegaard sull’autunno. Mi è piaciuto e ne ho preso lo spunto per dedicare a Francesca parte di un mio articolo uscito sulla terza pagina, che allora ancora esisteva, de “Il Giornale d’Italia” del 4 0tt0bre 1974, poi ripreso in Studi Variazioni Divagazioni nell’86. E’ il mio sentimento dell’autunno, e mi piace riproporlo anche qui per gli amici del mio blog le cui visitazioni ormai s’approssimano alle sessantamila! E pensare che i miei libri saranno stati letti, complessivamente, da non più di cinquecento persone. Miracoli dell’Intelletto Unico…cibernetico.
Dice il K. Citato da Francesca:
“In autunno tutto ci ricorda il crepuscolo, e tuttavia, mi sembra la stagione più bella: volesse il cielo allora, quando io vivrò il mio crepuscolo, che ci debba essere qualcuno che allora mi ami come io ho amato l’autunno.
(Søren Kierkegaard)
Scrissi io:
“Autunni
L’altipiano è un lago di nebbia fitta e pesa che non sale ai miei ‘irti colli’. La finestra della mia bicocca somiglia all’oblò dell’arca di Noè. Una piccola finestra rotonda che a stento contiene la mia testa e le mie spalle. Mi è caro guardare dalla mia finestra la tristezza contenta della prima pioggia autunnale, abbondante e pia. Mi è caro guardare l’autunno e la tristezza degli autunni: gli autunni delle cose, gli autunni degli uomini, gli autunni del cielo, della terra, del mare. Gli autunni della mia anima.
Caratteristica degli autunni è una pacata tristezza, che è figlia del tempo, anzi gli è costituzionale: una nudità stanca, che è dentro le cose da quando le cose sono, ma che si rivela solo in certi momenti come gli autunni.
Guardo gli autunni della tristezza. Poiché la tristezza, essenza del tempo, delle cose e dell’uomo fatti di tempo, ha le sue stagioni.
A primavera essa si addolcisce in sostanza vergine e delicata di fiori, che portano in sé la malinconica coscienza della propria fragilità, di cui si compiacciono come un decadente dell’etisia.
In estate essa rumorosamente si camuffa dietro sfacciate espressioni di vita. Si ubriaca di profumi, di calori e di colori per non vedere, e non sentire, le sue rughe , come cretti profondi.
D’inverno gela in dolore autentico e perde coscienza di sé, come si perde coscienza d’un arto congelato. E impazzisce di spasimo ove non riesca completamente a ghiacciare, ove non riesca la sua coscienza ad intorpidire.
Ma d’autunno la tristezza è se stessa. Per questo amo l’autunno che guardo dalla mia finestra.
L’autunno è la verità di tutte le cose. E’ il volto verace di ogni vita. E’ la santità trasparente degli esseri che non hanno linguaggi fittizi, che non usano bugiarde convenzioni e non esigono che sian guardati con la compassione di chi sa il gioco e deve sforzarsi, per delicatezza, di non svelarlo.
In autunno le cose non si guardano con compassione; o si guardano con quella compassione che è partecipazione. O addirittura le cose non si guardano. Si è, semplicemente, le cose. In autunno le cose, e noi con esse, buttan la maschera. L’autunno è un’orgia di sincerità universale”.
(da Giulio Sforza, Studi Variazioni Divagazioni, Roma 1986)
*
Rituale pellegrinaggio alla Sua casa.
Chi cerca D'Annunzio vada a Gardone. Chi cerca Gabriele (anzi "Gabbriele", anzi "Gabri") vada a Pescara in Corso Manthoné e si lasci guidare, dalla sua Ombra uscita dalle pagine del "Notturno", stanza per stanza, a respirane l'aura sacrale da cui tutto ancora è avvolto. Gardone e Pescara non si escludono a vicenda, sono complementari, ma il primo rischia di prevaricare sulla seconda. Non si può far qualcosa, Guerri, perché ciò non sia?
IN HAC QUASI FULMINE PERCULSA DOMO
IN LUCEM EDITUS EST
POETA ILLE EGREGIUS
QUI JURE NONCUPARI VOLUIT
GABRIEL NUNTIUS
CUM OMNIBUS LATINI NOMINIS GENTIBUS
VIRIUM REDINTEGRATIONEM
STRENUE VIVENDI STUDIUM
MIRIS DICTIS FACTISQUE NUNTIAVERIT
QUAE ILLIUS FORTISSIMI VATIS
CENTESIMUM DIEM NATALEM AGENTES
LATINARUM GENTIUM LEGATI
PIE COMMEMORANDA STATUERUNT
A. D. MCMLXIII
*
Edoardo Tiboni è, a Pescara, un grande personaggio, ed è bene lo si sappia. Ormai ultranovantenne, ha fondato e dirige un centro culturale tra i più attivi d’Italia, che oggi ha degna sede nei locali dell’ex tribunale in Piazza Alessandrini. A lui si debbono iniziative quali la creazione del Teatro-monumento a G. D’Annunzio, del Centro Nazionale Studi Dannunziani, dei Lunedì d’annunziani, dell’Istituto Nazionale di Studi Crociani, della Società del Teatro e della Musica, del Premio Internazionale di Letteratura, Teatro, Cinema e Televisione “Ennio Flaiano”, dell’Istituto multimediale internazionale Scrittura e Immagine, della Rivista “Oggi e Domani” che annovera, tra i collaboratori, le più autorevoli firme del giornalismo e della cultura italiana e straniera. Troppa carne al fuoco? Così vorrebbero gli invidiosi. Io ritengo si tratti di uno dei più formidabile esempi di curiosità e operosità intellettuale cui nella mia lunga vita mi sia stato concesso di assistere. Arduo compito per i suoi successori.
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Chàirete Dàimones!
Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)
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