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Fuffa. Democrazia e oclocrazia. Gimnosofista. Giuliano Ferrara. Romano Mussolini e Togliatti

Post n°925 pubblicato il 19 Ottobre 2016 da giuliosforza

Post 854

 

Prima che me lo dicano altri me lo dico da solo, con una parola di moda: molta roba del mio blog è fuffa. Ma siccome odio questo termine inestetico dirò futilità, bric-à-brac, paccottiglia, aria fritta.  Il post odierno ne sarà pieno. Ma mi debbo riposare.      

*

Nelle discussioni politiche, e più nell’educazione politica, non si amano le idee semplici e chiare, se non cartesianamente chiare e distinte. Nessuno dice, per esempio, che la democrazia, lodata dagli imperialisti americani e dai suoi teorici, vedi Dewey, come la forma meno peggio se non la migliore, delle forme di governo, è in realtà, nella perspicace concezione aristotelica, la pessima, perché  politìa decaduta e corrotta, ove un demos, popolo, decaduto a oclos, folla, esercita il potere. Più precisamente dice Aristotele:  come la tirannide è la corruzione della monarchia, l’oligarchia della aristocrazia, così la democrazia della politìa. Democrazia è  oclocrazia, potere della folla, non di popolo.

Per l’anarchia (quella vera e utopistica, cui assurge  una coscienza divenuta chiara a sé stessa) che dovrebbe essere il fine naturale del processo politico e concludere alla fine dello Stato,   nello Stagirita non v’è posto. Strano. Eppure dovrebbe essere la conclusione logica del suo discorso.

*

Mi sento un poco un gimnosofista, versione greca dell’asceta e del mistico orientale. Solo che la gymnòtes non mi si addice. Il mio corpo e la mia anima nudati sconcerebbero il mondo.

*

Da parecchio mi chiedevo che fine avesse fatto Giuliano Ferrara. Ed ecco un giorno, immerso nella lettura del Kater Murr hoffmanniano, arrivarmi dalla tv la sua inconfondibile voce. Alzato lo sguardo me lo vedo, tranne che nella voce, parecchio cambiato, soprattutto nella stazza, a ragionar di musica e di Festival dei Due mondi spoletino. Bah, mi dico, si sarà convertito una seconda volta, e questa volta all’arte.

Era il fratello Giorgio,  che potrebbe esserne il gemello… prevaricato.

 

*

Altre scoperte interessanti.

Trovo che nel mio vecchio quartiere Monte Sacro-Talenti, ora inglobante Porta di Roma, oltre a D’Arrigo, Flaiano, Nazzari, risiedettero altre due personalità non indifferenti: Romano Mussolini, il figlio artista, grandissimo jazzista, del Duce (Villa Torlonia fu il laboratorio segreto dove i giovani Mussolini esercitarono in segreto, col consenso paterno, il loro artistico dissenso dalla posizione ufficiale del partito nei confronti del cinema e della musica americana, dedicandosi al culto delle nuove Muse,), ai cui funerali nella chiesa stipatissima degli Angeli Custodi assistetti con sincera e commossa partecipazione; e Palmiro Togliatti, che abitava in una villetta della zona storica  meneniana, vicino alla sorgente dell’Acqua Sacra. Questa della residenza togliattiana m’era nuova. E la trovai curiosa, perché in realtà Palmiro lo stalinista e il rivoluzionario, nella storia italiana post bellica una funzione da Manenio Agrippa, bisogna riconoscerglielo, la esercitò: se non riuscì a far fare pace tra borghesia e proletariato, una  pacifica convivenza riuscì a garantirla (ma avrei anche una interpretazione più birichina: riuscì a far rientrare la plebe, pardon il proletariato, a Roma fra le braccia della borghesia. In barba alla dittatura del proletariato).

*

 

Mai come ieri sera il Vittoriano degli italiani, il papiniano ‘orinatoio di lusso’, visto dal Corso ad altezza d’autobus, m’era apparso l’orrendo sgorbio che è, uno dei tanti compiuti dalla barbarie allobroga (non me ne vogliano i miei amici piemontesi) allorché  piombò su Roma. Mille inferni a chi lo programmò, lo progettò, l’inaugurò, nell’ordine Depretis, Sacconi e il d’annunziano ‘boia di Dronero’ Giovanni Giolitti. Venendo dal Corso il Vittoriano (Patriae unitati, civium libertati!)  appare come un muro d’un bianco funereo che sottrae allo sguardo tutta la  Roma ‘classica’, il Campidoglio e i Fori, con annessa Aracoeli, almeno nel nome rispettante il Tempio di Giove sui cui ruderi è costruita; senza dire della distruzione, che la sua costruzione richiese, dell’intero quartiere che comprendeva, nella parte bassa attorno al foro traianeo, a Macel de’ Corvi, la casa ove, in una oscura stanza, preceduta da un angusto ingresso che per solo ornamento aveva uno scheletro sul quale un affisso cartiglio recitava ‘la faccia mia ha forma di spavento’, alloggiò Michelangelo negli anni della sua permanenza romana.

Mi piacerebbe vedere raso al suolo il Vittoriano, fatte salve le ceneri del Milite ignoto, naturalemte.

 

*

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Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano) 

 

 

 

 
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