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il maestro dei discepoli di Sais

Post n°215 pubblicato il 03 Novembre 2009 da giuliosforza

Post 208

 

 

“Spesso ci ha raccontato di come, da bambino, l’impulso ad esercitare i sensi, a tenerli occupati e ad appagarli non gli desse pace. Guardava le stelle e nella sabbia riproduceva i loro tratti, le loro posizioni. Guardava senza sosta nell’oceano azzurro del cielo e non si stancava di osservarne la trasparenza, i movimenti, le formazioni nuvolose, la luminosità. Raccoglieva ogni tipo di pietre, fiori e insetti e li disponeva in sequenze secondo le combinazioni più varie. Prestava attenzione agli uomini e agli animali, sedeva sulla riva del mare, cercava conchiglie.

Ascoltava meticolosamente il proprio cuore ed i propri pensieri. Non sapeva dove lo spingesse il suo desiderio ardente. Diventato adulto prese a vagabondare, a vedere altri paesi, altri mari, nuovi cieli, stelle ignote, piante, animali e uomini sconosciuti; si inoltrava nelle grotte e vedeva che la terra era costituita da banchi di roccia e da strati multicolori; creava singolari figure con la creta. Ritrovava dappertutto cose sconosciute, mescolate o appaiate in modo bizzarro, che poi dentro di lui spontaneamente si ordinavano.

Ben presto fece attenzione alle connessioni tra le cose, a ciò che le univa, alle loro coincidenze. Presto non vide più nulla di isolato.

Le percezioni dei sensi si affollavano in grandi immagini multicolori: udiva vedeva toccava e pensava contemporaneamente. Gli dava piacere collegare cose disparate. A quel punto le stelle diventavano per lui uomini, gli uomini stelle, le pietre animali, le  nuvole piante; giocava con le forze e con i fenomeni, sapeva come e dove far apparire questo o quello e ne pizzicava le corde alla ricerca di nuove sonorità”.

 

Giocare con le forze e con i fenomeni di una Realtà avvertita e vissuta come Una ed indivisibile attorno al ritto della coscienza in un gioco di immanentistica identificazione col Tutto in ogni sua parte: quale meraviglioso Gioco! Sinestesicamente vedere udire toccare e pensare, quale spirituale, quanto più sensuoso e  sensuale, esercizio di immedesimazione col Mondo e con la Mente che l’anima, che ne agitat molem et magno se corpore miscet! (Eneide. VI). In una traduzione frettolosa di Alberto Reale per la collana Bompiani Testi a Fronte di cui direttore è il noto filosofo cattolico Giovanni Reale (padre di Alberto?), alla quale mi sono permesso di apportare qualche minima menda, è questa una delle prime pagine de Die Lehrlinge zu Sais ove Novalis fa raccontare al Maestro gli anni della sua autoformazione . Come si vede si è ancora in pieno clima di Umanesimo totale nel quale il processo formativo è pensato finalizzato al sapere come unità della cultura, come reductio ad unum di tutte le conoscenze in ogni campo dello scibile umano; processo impensabile al di fuori di una profonda esperienza di interiorità. Ancora l’ideale dell’uomo-parte, del Teilmensch, non è apparso all’orizzonte della cultura pedagogica a far danno. Rilette nell’arida  babele culturale e formativa della nostra epoca nella quale  pei nostri figli né tempo né spazio  si danno per l’esercizio interiore, per una formazione in consonanza col Tutto a partire dall’universo del cuore, appaiono queste pagine davvero fuori della realtà , uscite da un mondo che sarebbe folle utopia sperare almeno in parte recuperabile. Anni luce ormai da esso sembrano separarci. Eppure forse non esistono alternative per chi ha a cuore i destini dell’Uomo: o il recupero dell’Uomo totale in una nuova prospettiva di Übermenschheit o la fine dell’Uomo.

Chàirete Dàimones!

 

 

 

 
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