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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Post n°460 pubblicato il 12 Marzo 2014 da enodas

 


Mi ritrovo sulla spiaggia, là nel sud del Marocco, dove uomini lontani si muovono come ombre piccoline avvolte nella nebbia creata dall'acqua di mare sospesa nell'aria. Mi trovo a camminare su una spiaggia deserta di fronte ad un oceano altrettanto deserto, ed il deserto, quello vero, alle spalle. E' l'immagine che più mi avvicina a questa musica, stasera, a questa voce, calda e leggermente roca, ai suoni, contaminati da colori moderni ma ancora legati alle tradizioni. E' l'Africa che più posso immaginare, quella che ho visto, almeno. Un fascio di luce azzurrognolo che si disperde nella sala verso il palco, ad illuminare una voce. Lontana, come le onde del mare, come le coste del Mali, da cui questa cantante proviene. Alterna ritmi danzanti a melodie struggenti, francese, spagnolo ed una lingua sconosciuta. Seguo i movimenti convulsi del corpo, quasi ancestrali. Sento il ritmo battere nelle vene. Eppure continuo a vedere quella spiaggia, gli archi di roccia, la sabbia candida, la foschia tutto attorno. Come questa voce che scende ed ha nel timbro, una punta sempre nascosta di un non so che che non so descrivere, se sia malinconia, silenzio, nostalgia, o canto profondo nella notte.

 

 

La guardo ed ho questo pensiero strano. Se solo si potesse isolare una cosa, far sì che altro non esistesse, far sì che... non lo so neanche io cosa intendo. Forse vorrei soltanto isolare questo momento, immaginare che sia una cosa diversa. Vorrei isolare i capelli neri, lisci, e gli occhi scuri. Come un'immagine che racchiude una persona buona. In realtà sono tutte le mie paure che pesano come macigni. Tutto quello che mi fa dire che no, non andrebbe bene. Credo sia la voce che intona questa musica a portarmi lontano, su questi pensieri. Ho sempre temuto la mia timidezza, la temo e la soffro, perché da sempre mi limita oltre ogni ragionevole misura. Questo penso, adesso. Eppure, credo non sia più nemmeno questa la pietra più pesante che mi porto dietro. La paura più grande é il disprezzo. Sì proprio così. E' una parola che mi buca lo stomaco anche solo a pensarla. Che ti fa sentire solo anche quando non lo sei. Ed ora mi fa togliere, togliere, togliere. Senza senso, ovviamente.

 

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