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Post n°659 pubblicato il 26 Dicembre 2016 da enodas

 

 

 

"Alcuni giornalisti si stanno chiedendo da quindici giorni perchè gli artisti che hanno esposto in Rue la Pelet si siano dati il nome di Impressionisti. E' molto semplice. Essi hanno posto la parola Impressionisti sulla porta d'ingresso della loro esposizione per non essere confusi con altri gruppi, e perchè tale parola
 li rappresenta in modo chiaro ed evidente agli occhi degli altri. Il nome anzi li rassicura, perchè gli Impressionisti sono abbastanza conosciuti e così nessuno sarà ingannato circa la direzione delle opere esposte.. Tutti questi artisti, vi rassicuro, sono sinceri; se ciò che realizzano non è buono, non
è colpa loro, perchè non possono fare nient'altro e in nessun altro modo. Impressionisti sono e le loro opere sono il risultato delle sensazioni di cui hanno esperienza. Mi è difficile capire che gli artisti possano mettere in dubbio, anche per un istante, la sincerità delle loro opere e dei loro atelier."


"Nel campo del colore, hanno fatto una autentica scoperta la cui fonte non si può trovare altrove. Scoperta che consiste propriamente nell'aver riconosciuto che la luce forte scolora i toni, che il sole riflesso dagli oggetti tende, a forza di chiarore, a riportarli a quell'unità luminosa che fonde i sette raggi prismatici in un solo splendido incolore, la luce."

 

 

Un ritratto, un oggetto, uno scorcio. Storie, racconti, percorsi. Con questa idea, coe una bussola, si attraversano gli anni dell'Impressionismo, dalla sua comparsa fino alla trasforazione verso un'eredità nuova ed un'identità differente. Come ogni pagina letta d un libro, anche il percorso del mondo dell'arte non sarebbe allora piu' stato lo stesso. Organizzata ed ordinata secondo lo stile consueto dell'organizzatore, nei suoi pregi e nei suoi difetti, questa mostra sembra voler tracciare filoni come racconti, ai quali legare una nuova moderna concezione di sentimento, di percezione, di rappresentazione dell'anima.
A tratti, avrei voluto scrivere qualcosa di me, lungo questi corridoi, magari immaginando che fossero rami di un labirinto senza destinazione. In questa conversazione che assume sfumature filosofiche, corde segrete sfiorate appena, delicatezza di un'arte che nella sua poesia, nella poesia di un'epoca, ha sfiorato l'infinito. Spazio, tempo. E' una storia che conosco, appresa passo dopo passo, attraverso immagini e luoghi, visitati, vissuti, osservati. Fusione di ricordi, come un'amalgama di colore e luce. Scrivo questo leggendo le note che hanno guidato questo percorso espositivo. Ed osservando le immagini che lentamente svaniscono nella loro definizone e diventano altro, qualcosa di piu' potente che si imprime negl occhi e si deposita sull'anima.
Ed allora, tra un appunto e l'altro, questa é la sua storia.

 

 

"Mio caro amico, esco dalla vostra esposizione strabiliato, meravigliato! Posso dunque dirvi di aver visto una pittura di acqua viva, mobile come il viso di una giovane donna, acqua dove i misteri si sono rivelati, acqua che l'ombra abita ed il sole svela, dell'acqua dove tutte le ore del giorno s'inscrivono, come gli anni sulla fronte dell'uomo."

 

Come punto di partenza dell'anima, lo sguardo, il ritratto: il modernismo della nuova pittura abbandona i toni celebrativi e si focalizza sull'introspezione. L'esempio dell'Autoritratto di Raffaello, in una copia di Ingres d'inizio secolo ("é all'anima che gli antichi volevano parlare...") pone l'accento su un modo nuovo di pensare il ritratto. Gli occhi, prima di ogni altra cosa si riempiono di una luce nuova e raccontano... raccontano, pensieri, delusioni, speranze, malinconia. Tutto accennato, perché sia il nostro, di sguardo, a poterlo percepire, come un alito che soffi oltre la nostra immaginazione. Siano quelli di un ragazzo con un frustino in mano, una bambina vestita con costumi esotici, una amante selvaggia, o un pagliaccio al centro del circo: il loro sguardo, nel silenzio, ci parla.

Dalla figura al paesaggio, nuovo, attuale, riempito di quelle stesse persone che lo popolavano ogni giorno nel proprio vivere quotidiano. Entra nelle tele degli Impressionisti quel giardino personale che riassume in sé il concetto di spazio. Qualcosa che si apre sul mondo, all'aria aperta, appunto, lungo i binari di una ferrovia, per esempio, che improvvisamente spalanca nuovi orizzonti ed apre ad un'esplosione di luce e colore. Tutto, segretamente, destinato ad evolvere in qualcosa di sempre piu' intimo e personale, quel giardino, appunto che diventerà spazio dell'anima.

Come un intermezzo, oggetti, immagini senza vita sospese nella tela, nerrano una storia dell'Impressionismo meno conosciuta, ed obbiettivamente meno esplorata. Ma anche in questo esercizio, terreno comune della pittura, sperimentazioni di luce e colore suggeriscono un'interpretazione elevata della percezione dello spazio, suggerendone, nuovamente, un'idea "sospesa, silenziosa, quasi sentimentale"

 

 

"La pittura di paesaggio non rappresenta ciò che vediamo o, meglio, che notiamo osservando una determinata regione, bensì - ed il paradosso è inevitabile - essa rende visibile l'invisibile, però come un che di lontano. I grandi paesaggi hanno tutti un carattere visionario. La visione è un divenire visibile dell'invisibile.
Il paesaggio è invisibile: perchè noi tanto più lo conquistiamo, quanto più ci perdiamo in esso. (...) Non abbiamo memoria per il paesaggio, e nemmeno per noi quando siamo nel paesaggio. Sogniamo in pieno giorno e ad occhi aperti. Siamo rapiti al mondo oggettivo, ma anche a noi stessi. E' il sentire. La coscienza vigile di sè è invece orientata in senso opposto: è il percepire."

 

Oltre gli sguardi silenziosi che mi hanno preceduto, infine, la seconda parte della mostra racconta per capitoli il filone piu' esplorato ed affascinante. Natura, paesaggio, ed infine un'arte, quella dell'Impressionismo che va oltre se stessa. Partendo da un'onda: quella colma di forza, natura pura traslata in immagine da Courbet.
Affascinato conoscitore, e collezionista, delle stampe giapponesi, e della bellezza lonana in esse contenuta, ogni artista si protende verso questo mondo fluttuante, da cui ognuno racconterà la propria storia. Rami spogli in un abbaglio di colore, manti di neve catturati tremando nel freddo, volumi gemetrici colmi di colore: la natura viene intesa in maniera nuova, come dimensione privilegiata nel quale dipingere la propria anima.

 

 

"Quelli che dissertano sulla mia pittura concludono che sono giunto all'ultimo grado di astrazione e di immaginazione legato al reale. Sarei più lieto se volessero riconoscervi il dono, l'abbandono totale di me stesso."

 

E' un viaggio che volge al termine: ognuno secondo la propria inclinazione ha saputo portare se stesso ad un estremo. Temporalmente, ed artisticamente, le ultime firme, lungo direzioni differenti, saranno quelle di Cezanne e Monet. Quel "Plen Air" é stato sostituito, o meglio si é evoluto, in rielaborazione ed investigazione intima. Nascono le serie, soggetti osservati e dipinti come fossero parti di un'incredibile Aria con Variazioni. Lo spazio si sposta, appunto, entro quel giardino personale che diventa sempre più impalpabile, eterno, in un punto dove spazio e tempo sembrano trovare una dimensione comune sulla tela. Non più luogo, ma labirinto di colore, di forme, di materia, in cui lasciare l'anima alla deriva. Un'immersione totale, in cui rifulge, abbagliante, l'espressione del sentimento.

 

"Non ho altro desiderio che fondermi più intimamente nella natura..."

 

 

"...una mostra storica che potesse racchiudere i motivi più distintivi della ricerca mia personale e di Linea d’ombra quale strumento organizzativo. Una vasta esposizione dedicata alle Storie dell’Impressionismo, raccontata in 140 opere (soprattutto dipinti, ma talvolta anche fotografie e incisioni a colori su legno) e sei capitoli, con un forte intento di natura didattica. Per dire in ogni caso non solo quel mezzo secolo che va dalla metà dell’Ottocento fino ai primissimi anni del Novecento, ma anche quanto la pittura in Francia aveva prodotto, con l’avvento di Ingres a inizio Ottocento, nell’ambito di un Classicismo che sfocerà, certamente con minore tensione creativa, nelle prove, per lo più accademiche, degli artisti del Salon. Ma anche, con Delacroix, entro i termini di un così definito Romanticismo che interesserà molti tra i pittori delle nuove generazioni, fino a Van Gogh.

Quindi mettendo in evidenza quanto preceda l’Impressionismo - e lo prepari anche come senso di reazione rispetto a una nuova idea della pittura - e quanto da quell’esperienza rivoluzionaria, e dalla sua crisi negli anni Ottanta, nasca e si sviluppi poi, fino a diventare pietra fondante del nuovo secolo ai suoi albori.
...le diverse sezioni della mostra – d’impostazione tematica sui grandi argomenti del ritratto, della figura, della natura morta e del paesaggio - non sono mondi a se stanti e indipendenti, e invece la pittura accademica viene inserita quale contrappunto nelle sezioni stesse, così da far comprendere uno degli assunti fondamentali del progetto: cioè che il linguaggio nuovo dei giovani Impressionisti, e prima di loro dei pittori della scuola naturalistica di Barbizon, vivesse nel tempo stesso del Salon. Un’esperienza storica che si esprime in parallelo, e simultaneamente, nelle strade di Parigi e nelle campagne di Francia, lungo i suoi fiumi e le sue coste. Quel Salon al quale del resto, pur rifiutandone lo spirito di rievocazione e di conservazione, gli Impressionisti ambivano a partecipare, essendo comunque il solo luogo che poteva garantire visibilità e fama.

..."

(dall'Introduzione alla Mostra)

 

 

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