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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Post n°724 pubblicato il 14 Ottobre 2017 da enodas

 

 

"...Ma se il Qan mostrasse clemenza, io lo servirei così: attraverserei acque melmose, spaccherei le pietre. All'ordine 'avanti' spezzerei anche le pietre. All'ordine 'ritirata' stritolerei qualunque roccia..."

 

 

Parte Seconda - Il deserto del Gobi

 

Perché questo non è soltanto un nome che evoca leggenda… scendere lungo la strada e vedere il paesaggio cambiare, lento ed inesorabile, verso un inferno di roccia prima, di arida pietraia poi, sempre più a sud, verso le grandi montagne di sabbia… che luogo è davvero questo, che deserto può essere nelle mie variazioni… forse è semplicemente il Gobi, con la sua anomea di luogo che non perdona, l’antro più inospitale del pianeta, diviso da un confine invisibile, una linea che si fonde ai tanti miraggi, in un orizzonte sempre uguale, piatto e crudele, dal quale sembra non possa esserci scampo.

 

 

Ho osservato il cielo come forse mai avrei potuto fare. Rabbrividendo al freddo penetrante che la notte scende sul nulla. Notte di deserto come mai prima d'ora. Forse è successo solo un’altra volta, tanti anni, sulle spiagge di un'isola greca. Forse, la meraviglia allora ha trasognato i miei ricordi, e la limpidezza di queste notti é qualcosa di nuovo, mai sperimentato prima. Mi proteggo dal freddo spalle alla porta, dove il fuoco della stufa arde incandescente, fino ad estinguersi, in un punto imprecisato della notte gelida. Vorrei osservare per ore, fermare il tempo, come immobili sembrano le stelle, cucite su un tappeto mai ammirato prima, e lasciar spalancare l'animo in una proiezione celeste, una linea infinita di pensieri, appunti ed emozioni, consapevole che raramente, credo, avrò un'occasione simile. Il mio deserto si proietta su questa volta senza fine. Forse soltanto questa potrà superare in vastità il paesaggio in cui sono immerso.

 

 

Difficilmente potrei descrivere la desolazione di una strada che passa attraverso quello che dovrebbe essere un villaggio come una stazione di posta. E' una desolazione nel luogo stesso in quanto é. Una strada impolverata, qualche oggetto scardinato,, una porta scrostata per un edificio che si antepone ad una ger. Ogni crocevia é un silenzio che sa di abbandono, sferzato dal vento, oppresso dal nulla, interrotto soltanto dal passaggio di un bambino o dalla scia di polvere sollevata in lontananza da una motocicletta cavalcata in coppia da personaggi che, man mano si avvicinano, quasi paiono in costume. E' una scena nuova che diventerà familiare, attraverso molti particolari in comune, ma che adesso si presenta come nuova. Perché Gobi é soltanto un nome, una regione, ma tutto questo non sembra conoscere limiti.

 

 

"...Al momento del parto egli nacque tenendo in mano un grumo di sangue rappreso che assomigliava a un aliosso. E si disse: "E' nato mentre veniva catturato Temujin-Uge dei Tartari", e fu così che gli si pose nome Temujin..."

Rossa come il fuoco, antica come le uova di dinosauro che ha preservato alla sua base scolpita dal vento. E' roccia, é un'isola sospesa nel vuoto, una voragine colma di polvere ed una linea d'orizzonte spazzata da folate che mi fanno piegare in avanti pur di restare in equilibrio. Sibili sinistri. Ed una sensazione di potenza straordinaria, tra le mani, nelle braccia, salgono in unico grido fino alla gola, dove rimarrà sordo, catturato da quel vento stesso, immediatamente, e disperso tra pinnacoli di roccia e nubi di sabbia, lungo la piana ai miei piedi.

 

 

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