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PROSERPINA O PERSEFONE

Post n°4 pubblicato il 28 Dicembre 2011 da mely.mf
 

IL MITO DI PROSERPINA

La dea Cérere doveva partire perchè senza di lei i raccolti non saebbero maturati.

- Cara mamma - le disse Proserpina - mi permetti, durante la tua assenza , di andare lungo la spiaggia a giocare?

- Vai pure, ma stai attenta a non allontanarti troppo. - le disse la madre.

La ragazzina promise e, partita la madre, fu presto alla spiaggia e iniziò a chiamare le ninfe. Queste non tardarono a mostrare il loro viso e i loro capelli verdi al di sopra del'acqua, in fondo alla quale si trovavano le loro case. Avevano portato molte conchiglie e, sedutesi sulla sabbia,si diedero a farne collane da appendere al collo di Proserpina.

Per mostrare la loro gratitudine, ella si abbassò a raccogliere fiori, con i quali avrebbe fatto a ciascuna una ghirlanda.

Proserpina andò in un luogo dove, pochi giorni prima, aveva visto moltissimi fiori. Ma li trovò tutti appassiti e così andò più lontano. Ne trovò di molto belli e ne riempì il grembiulino. Volle però raccoglierne ancora e, procedendo, vide un cespuglio di fiori mai visti.

Afferrò il  cespo e tirò con tanta forza che riuscì a sradicarlo. Guardando la profonda buca che le radici avevano laciato al suolo, vide che essa andava allargandosi sempre più e non se ne vedeva il fondo. Ne usciva un rumore come uno scalpitìo, che si faceva sempre più forte, sempre più vicino, e poco dopo ne vide uscire quattro cavalli neri, che mandando fumo dalle narici, trascinavano uno splendido carro d'oro.

Sul carro c'era un uomo riccamente vestito, con sul capo una corona abbagliante di pietre preziose. Quell'uomo aveva una espressione di grande tristezza.

Vedendo la ragazza sorrise e le fece cenno di avvicinarsi a lui:

- Vieni con come - disse.

Proserpina tremava tutta e iniziò a gridare:

- Mamma! Mamma!

Ma la mamma era lontana e lo straniero, saltato a terra, prese Proserpina tra le braccia, risalì sul carro, scosse le redini, e i cavalli rientrarono al galoppo nella profondità della terra.

La povera ragazzina piangeva e lo straniero faceva di tutto per calmarla.

-Lasciami andare a casa! - gridava Proserpina.

- Io sono Plutone. La mia casa è più bella di quella di tua madre: è tutta d'oro e di pietre preziose.

- Non me ne importa nulla. Io voglio tornare a casa mia.

- L'unica cosa che manca al mio palazzo è una ragazzina che corra su e giù per le scale e rallegri le stanze col suo sorriso.

- Io non sorriderò più finché tu non mi riporti da mia madre.

Quando Cerere, tornata a casa, non trovò sua figlia, iniziò a cercarla dappertutto. Corse alla riva del mare. Le ninfe erano lì ad aspettare la loro amica e non seppero dare notizia alcuna.

Corse per tutto il vicinato, ma nessuno sapeva dire nulla. Alcuni aveva udito il rumore di un carro, ma forse era stato il rombo del tuomo. Altri avevano udito un urlo, ma non ci avavano badato.

Faceva ormai buio e la povera madre, sempre più inquieta, andò per tutta la notte a cercare Proserpina, ma nessuno l'aveva vista.

Così arrivò il mattino e interrogava gli alberi, le foreste e le fonti, ma nessuno sapeva dirle nulla.

Pensò infine di interrogare Febo (Apollo), il dio del Sole, che dall'alto vede tutto.

Infatti egli aveva visto Plutone rapirla e portarla con sé nei regni bui.

Cerere domandò a Febo se poteva aiutarla, accompagnarla e condurla da Plutone, ma lui non volle. Non poteva lasciare la sua corsa nel cielo.

Il tempo passava e il dolore di Cerere si faceva sempre più cupo. Al colmo della disperazione, risolse che non uno stelo di grano, non un filo d'erba, né alcun vegetale utile a uomoni o bestie doveva crescere, finché non fosse tornata sua figlia.

Fu una tremenda calamità per tutti.

I contadini aravano e seminavano come sempre e i solchi neri, pieni di succhi, rimanevano sterili e nudi come un deserto di sabbia.

Anche nei giardini non si vedevano che steli disseccati e il bestiame scheletrito si trascinava a stento a alla fine cadeva per la fame.

Le invocazioni a Cerere rimanevano senza ascolto.

-No - ripeteva la dea - sulla terra non si avrà più vegetazione, se prima non fiorirà il sentiero per cui passerà mia figlia, quando tornerà da me.

Fu allora che un messaggero fu inviato a Plutone, nella speranza di indurlo a restituire Proserpina.

Plutone, risolse di lasciarla andare e di restare solo.

Quando Proserpina fu emersa alla superficie, man mano che camminava, la terra al suo passaggio rinverdiva come per incanto e le violette spuntavano ai margini delle vie.

Cerere, tornata nella sua casa vuota, sedeva scolsolata sulla soglia. Quando, sollevtai glio cchi, vide la striscia di verde atteraverso i campi, si alzò estatica. Proserpina, correndo, le si gettò fra le braccia.

Campi e prati tornarono allora a rinverdirsi, alberi e giadini a rifiorire, uccelli a cantare e tutti a gioire.

Ogni anno Proserpina vuole tornare alcuni mesi nei regni bui, a confortare la tristezza di Plutone rimasto solo laggiù.

Ogni anni per alcuni mesi la terra rimane senza gioia, senza vita.

Questa è la leggenda della Primavera e dell'Inverno.

28 DICEMBRE 2011 ORE 15,23

LINK: http://www.youtube.com/v/RQDDDaTx_Zc&rel=0&hl=it_IT&feature=player_embedded&version=3">

 
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