Mondo Parallelo

Quando, a volte dai torpidi suoi ozi, una segreta lacrima sfugge e cade sulla terra, quando, uno come me, che la notte s’alza perché gli è balenata in mente una frase e deve scriverla subito, raccatta con mistico fervore, nel cavo della mano, quella pallida lacrima iridescente come scheggia di ambra, per sottrarla al sole, e poi veloce se la nasconde nel cuore. Il sole tra poco s’alzerà e filtreranno i suoi raggi tra le fessure delle gelosie socchiuse e  io piano aprirò il mio palmo e scriverò poche righe sul mio libro di ricordi, e riempirò nuove pagine di scritti già scritti ma mai letti, nuove pagine di un libro ancora da pubblicare; è tanto tempo che è lì sulla scrivania ad aspettare perché ogni giorno cresce di volume e di esperienze di vita, pagine nuove che si affacciano su quelle già scritte, un libro che mai terminerò e che mai avrà fine come i giorni miei passati ad aspettare che una farfalla si posasse sulla mia mano per accarezzarla piano, con le ali socchiuse e la sua spirotromba levata a baciarmi la pelle. Tacita sembra ogni vita, come il volo di quella farfalla dalle ali variegate, come il volo d’un ombra che, trasparente alla luce del sole, dal suo raggio viene ferita e scompare, come un aprirsi senza fine, sete di spazio che ti invade, ma non toglie spazio allo spazio che il cerchio delle cose invece restringe; forma non circoscritta, senza contorni quasi, e solo interna, stranamente tenera e che da sé fino all'orlo s'illumina: tu fantasia del cuore, sei l’occhio chiuso dell’uomo che si addormenta stanco e comincia il suo sogno, e da te subito si lascia trasportare: come palpebra che, piano, lascia leggere sotto il suo occhio che trema, la sua sete di svanire e di essere altro da sé e, sotto il tuo manto, non ci sono altro che palpebre, chiuse: quasi che dormendo, dovessero attutire un'energia visiva interna, assopita dal tempo lontano, quando il bimbo da dentro gridava, e io non lo sentivo. Quando udivo intorno lo scroscio dei sogni volare, quando nel mondo nessuno voleva parlare, per non infrangere il silenzio del bimbo che stava a guardare, quando nel cuore sentivo che volevo volare per raggiungere un battito d’ali, per carpirne i colori. E poi lontano, ritmato, scandire col petto, della terra il respiro e, all’unisono, da sopra il cielo, portato dal vento, sulle ali dorate di quella farfalla, sorridere al sole che, mentre a lui mi avvicino piano, mi scalda il cuore, ma col vento sul viso non sento che brucia, soltanto un lieve, dolcissimo, delicato calore.

Giov@nni