Mondo Parallelo

Ciao, oscurità! Nella fioca luce dei lampioni in strada la mia ombra mi cammina di fianco, copia i miei passi, non sono io. Sorride con le pieghe del mio viso, piange le mie lacrime coi miei occhi, non sono io!  Di fronte ad uno specchio rotto, troppe ombre, per ogni frammento, e mi vengono incontro tutte uguali ma non sono mie. Ed accanto ad ogni anello di luce, troppa è l’oscurità che fitta mi avviluppa di nebbia gli occhi. Sì, quando il sole cade inghiottito dalla terra e la luna si nasconde tra i rovi, compari tu, vecchia amica, e io come sempre, sono qui per parlarti di me, come sempre, perché una visione arrivando dolcemente, ha lasciato i suoi semi mentre dormivo e l’immagine che si è fissata nella mia mente, rimane ancorata dentro il suono del silenzio come nei sogni senza riposo, quando cammino a passi lenti da solo, in strade strette acciottolate, avvolto nell’alone di luce di un lampione che mi rende amico della sua gialla luce spettrale. Sento il mio viso freddo ed umido adesso che  i miei occhi sono abbagliati dal fiotto di luce lanciato dai fari delle auto in strada che fuggono veloci, spezzando la notte e scalfendo il suono di questo silenzio, che riempie ogni cosa. E nella luce fredda di ogni lama, incontro tante persone, che parlano senza però dire nulla, persone che ascoltano senza capire, senza chiedersi perché; certo, nessuno osa disturbare le note di questo tacere, io nemmeno. Perché appena cerco di emettere un suono, le mie parole cadono come gocce di pioggia e mentre si infrangono al suolo, ne sento uscire l’eco dai pozzi del silenzio. E tu, notte, intanto copri di nero le cose che adesso non riconosco più, notte di stelle lontane, come macchie di bianco su un quadro dipinto da un folle e mai finito. Sento il suono di questo silenzio che è fatto di battiti  e di sospiri lontani, di musiche dolci un po’ tristi, e il vento da sotto le porte chiuse, di verde dipinte, è come volesse intonare un magico suono di flauti e di arpe birmane!  E tra i mille suoni portati dal vento, la voce di un bimbo che piange e una donna che urlando lo cerca; e quella voce,  la sento come un sussurro che flebile dice: “Ritorna, ritorna perché ho paura!  Ho paura del vento, del suono del tempo che passa, in questo silenzio che riempie ogni cosa!”. E lui, il vento, con voce tagliente, solo  risponde e parla per lei, nascosto nelle ombre allungate, frugando nei profondi sentieri del cuore, cercando, magari senza trovarlo, un tenue pensiero caduto nel pozzo del tempo, in questa notte di stelle, nell’immobile attimo fatto di buio, nella polvere che imbianca le strade portata dal vento, in questo silenzio… che riempie ogni cosa.

Giov@nni