Messaggi del 07/08/2005

Giuseppe Malatesta Garuffi

Post n°17 pubblicato il 07 Agosto 2005 da monari


Sigismondo Pandolfo Malatesti trovò un dotto difensore nel sacerdote riminese Giuseppe Malatesta Garuffi (1655-1727) che per la sua intensa attività di studio si meritò una discreta fama. Una sua biografia fu scritta nel 1725 da Giovanni Antonio Montanari per il «Genio de’ letterati» (Forlì 1726). Un’altra era intenzionato a comporla Giovanni Bianchi per la serie delle vite degli eruditi italiani curata a Firenze da Giovanni Lami che gliene aveva chieste alcune di riminesi illustri. Bianchi il 30 gennaio 1745 invia a Lami l’elencò dei personaggi prescelti: «Marco Battaglini, che scrisse la Storia de’ Concilj, gli Annali Ecclesiastici, e altre cose», Garuffi e Silvio Grandi «che stamparono ciascuno moltissime cose; e due Gentiluomini miei Amici il Sig. Andrea Battaglini, e il Sig. Giovanbattista Gervasoni, i quali hanno stampato veramente poche cose, ma erano molto dotti». Alla fine Bianchi stende soltanto quelle di Marco ed Andrea Battaglini. In quest’ultima egli può ritrovare una certa sintonia con alcuni suoi comportamenti, come l’insofferenza verso gli studi imposti dai Gesuiti, l’esperienza da autodidatta, e l’interesse nei confronti della Filosofia.
Garuffi fu direttore della Biblioteca Gambalunga dal 1678 al 1694. Ideò nel 1705 un ampio programma editoriale e culturale sotto il titolo di «Bibbioteca Manuale degli Eruditi». Il titolo della «Bibbioteca Manuale» è quasi sempre riprodotto erroneamente come «Biblioteca». Allora le parole «bibbioteca» e «bibbiotecario» erano usate normalmente.

Il giudizio
di Muratori
Garuffi ancor oggi è citato per la sua storia delle accademie italiane, «L’Italia Accademica», il cui primo ed unico volume a stampa apparve nel 1688, mentre il resto dell’opera è conservato manoscritto in Gambalunga. Il barocchismo del lavoro di Garuffi è confermato da pareri odierni. Quel testo non piacque a Ludovico Antonio Muratori. Il suo giudizio negativo non è di poco conto per misurare la distanza che separa un intellettuale «di provincia» dal grande studioso, con il quale il nostro fu in corrispondenza. L’epistolario di Garuffi con Muratori, ha scritto Angelo Turchini, è improntato ad «uno scambio di sterili notizie» aldilà delle quali il riminese non poteva andare con la sua cultura che spaziava entro limitati orizzonti. (Nel 1739, Bianchi scrive a Muratori. lamentando che la di lui «nobilissima raccolta de’ Scrittori delle cose italiche» mancava nella «libreria pubblica» di Rimini, dandoci così la conferma di una totale indifferenza locale verso le opere del bibliotecario di Modena.)
Giovanni Antonio Battarra (1714-89) annotò che Garuffi era «uomo noto per molte opere sue stampate parte sufficienti, parte mediocri, e parte ridicole». Piero Meldini ha scritto che il Garuffi letterato ed erudito «camminò sul filo del rasoio tra genialità e stravaganza». Da un’opera di Garuffi («L’antidoto de’ malinconici», 1687) Meldini ha preso spunto per il suo romanzo «L’antidoto della malinconia» (1996). La figura di Garuffi è stata riproposta di recente da Claire Vovelle Guidi in un saggio francese (2002) sulla sua opera «Il Maritaggio della Virginità o sia lo sposalizio di Maria Vergine con S. Giuseppe» (1691).

Il Barocco
e il buon gusto
Abituato a scrivere poesie che Carlo Tonini avrebbe definito «lo stillato e la quintessenza di tutte le stravaganze del Seicento», Garuffi si dedicò anche a trattare di argomenti letterari, con la dichiarata cautela di non ricorrere allo «stile illuminato» che egli identificava in quelle «gonfiezze di elocuzione, che oggi chiamasi del buon gusto». Nel suo giudizio Garuffi si contrappone alle teorie che si leggono in un famoso testo del 1654, «Il cannocchiale aristotelico» di Emanuele Tesauro.
A Garuffi sfugge però che la condanna delle «gonfiezze» barocche era stata pronunciata in quegli anni tra fine Seicento ed inizio Settecento anche in nome del «buon gusto» contro cui lui invece si lanciava in uno scritto del 1705. Tre anni dopo sarebbero uscite le «Riflessioni sopra il buon gusto» di Muratori che segnano un punto fermo nel dibattito letterario sull’argomento, apertosi nel 1674 con la celebre «Art poétique» di Nicolas Boileau.
Del 1693 è il «Buon gusto nei componimenti rettrici» del gesuita bolognese Camillo Ettori, mentre nel 1698 appare «L’istoria della volgar poesia» di Giovanni Mario Crescimbeni il quale in Arcadia guida un’operazione non aliena «da forti tratti autoritari» (R. Merolla) che, in stretta consonanza con il clima politico, trionfano su quelli indirizzati al rinnovamento ed alla laicizzazione del pensiero. Gian Vincenzo Gravina se ne va allora sbattendo la porta, e assieme a Pietro Metastasio e a Paolo Rolli crea l’Accademia dei Quiriti. Le «Riflessioni» di Muratori, oltre ad invitare i letterati ad accostare all’erudizione la filosofia perché non esiste cultura senza spirito critico, contrappongono «pulitezza e chiarezza di stile» alla prosa barocca.
Quando scrive delle «gonfiezze di elocuzione, che oggi chiamasi del buon gusto», intendendole come frutto delle nuove concezioni, Garuffi dimostra una scarsa conoscenza delle novità prodottesi da Galileo in poi sul piano della pratica stilistica e delle concezioni estetiche. Non pare accorgersi che il dibattito sul puro fatto formale, diventa anche un discorso sui contenuti e le finalità della letteratura. L’attendibilità di Garuffi come studioso era stata messa in dubbio già da Bianchi che così ne scrisse a Muratori: «[…] il Garuffi, come con una mediocre attenzione per ognuno si conosce e anche i giornalisti di Lissia [Lipsia] modestamente il notarono, non solamente era poco esatto, ma ha riferite molte cose, copiate da altri, che non ci sono più, e Dio sa se ci sono mai state». La figura di Garuffi, per Turchini, sembra quasi assumere il valore paradigmatico di quell’ambiente provinciale riminese che era «posto, e per interessi e per problemi, ai margini dell’ideale Repubblica letteraria italiana del Settecento».

Ritardi
e condanne
Il ritardo culturale del bibliotecario gambalunghiano viene confermato da un episodio del 1726. Garuffi chiede a Muratori «qualche notizia di libri suoi e d’ultimi». Non avendo ricevuto risposta, Garuffi pubblica il «Genio de’ letterati» di quell’anno senza neppure una recensione di un’opera del Muratori. Quel ritardo culturale (che per certi aspetti sarà superato proprio grazie all’attività di studiosi come Bianchi e Battarra), trova giustificazione e conferma nella censura con cui ci si oppone alla diffusione delle nuove idee. Monsignor Davìa, benemerito alla città per tanti motivi, passa alla storia come colui che avversò nel 1722, quale vescovo di Rimini, la diffusione del «Saggio sull’intelligenza umana» di Locke, con molto anticipo sulla condanna romana del 1734, giudicando quel filosofo «cento volte più pericoloso del Machiavelli».
Garuffi s’interessò anche d’Astrologia, come dimostra un breve testo, il «De modo figurarum astrologicarum describendi» (SC-MS. 462, cc. 99-110, in Gambalunga). Sono istruzioni tecniche su come compilare un oroscopo. Tra gli autori citati c’è Regiomontano, ovvero Iohannes Müller, il principale astronomo del Quattrocento, le cui «Tabulae directionum» (Firenze 1524) Garuffi utilizzò (con rinvii anonimi nel proprio testo), usando l’esemplare tuttora conservato in Gambalunga (segn. BP. 664).

Tra Terra
e Cielo
Sempre in Gambalunga si conservano altri mss. di Garuffi che però non sono opera sua, bensì copie di testi del gesuita Egidio Francesco De Gottignies di Bruxelles il quale fu suo maestro a Roma nel Collegio Romano. Nella «Cosmographia» (SC-MS. 473) troviamo una descrizione dei nove corpi dell’Universo: Terra, Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, Stelle fisse. Gli sviluppi successivi della Scienza hanno dimostrato che quei corpi erano soltanto otto, eliminando le Stelle fisse che tali non erano proprio. A fianco dell’elenco dei nove corpi c’è un foglietto inserito fra le carte del manoscritto, con tre disegni relativi al sistema tolemaico, tyconico e copernicano sul tipo di una celebre tavola di Athanasius Kircher («Iter extaticum», 1671) che però contiene sei sistemi (tolemaico, platonico, egiziaco, tyconico, semi-tyconico, copernicano).
Nel «De modo figurarum» troviamo elencati otto «segni»: i sette pianeti di cui egli parla in sèguito (Sole, Luna, Saturno, Mercurio, Giove, Marte, Venere) più il «Nodo Lunare Nord». Come mi è stato spiegato da un’esperta, i «Nodi Lunari corrispondono al punto di intersezione delle orbite Terra/Luna nel loro percorso attorno al Sole, oppure più semplicemente corrispondono ai punti di allineamento Sole/Terra/Luna come si verifica nelle eclissi». Garuffi poteva avere una fonte autorevole d’ispirazione (e di conferma) a questi studi nel Tempio malatestiano, i cui bassorilievi dei Pianeti dimostrano, secondo Franco Bacchelli, la convinzione del committente «che è nei cieli che bisogna ricercare la causa, se non di tutti, almeno dei più rilevanti accadimenti terrestri»: questo principio era «pacificamente accettato» nelle corti di Venezia, Ferrara e Rimini, prima che alla fine del XV secolo Giovanni Pico della Mirandola procedesse «ad una radicale negazione dell’esistenza degli influssi astrali». Attraverso l’Aristotele «neoplatonico» degli arabi, Medioevo ad Umanesimo considerano compatibili la fede negli astri e quella in Dio, ha scritto di recente M. Fumagalli Beonio Brocchieri in «Federico II. Ragione e fortuna». Alla corte riminese, ha osservato ancora F. Bacchelli, Basinio Basini nei libri VIII e IX dell’Astronomicon suggerisce una «visione religiosa dei cieli», forse alla base d’un confronto fra Sigismondo e Valturio sul progetto iconografico della Cappella dei Pianeti.

Lo scherzo
di G. Montanari
Secondo Antonella Imolesi, se la Chiesa aveva condannato magia ed astrologia, nel corso del 1500 «molti rappresentanti della alte gerarchie ecclesiastiche si appassionarono all’astrologia» («Cultura e scienza in Romagna nel ’500», Forlì 2003, pp. 13-15). Tra le interpretazioni cristiane del fenomeno, rientra la «Somma de 4 mondi» (1581) del frate osservante riminese Pacifico Stivivi, che dedica l’opera a Francesco de’ Medici granduca di Toscana. Stivivi nel 1602 è alla corte di Praga, «luogo a cui accorrevano alchimisti da ogni parte d’Europa» per ottenere la protezione di uno specialista del settore, l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo. Stivivi, secondo l’Imolesi, fa confluire in questo trattato «le Sacre Scritture, la cabala, l’alchìmia, la fisica aristotelica, il profetismo allora in voga». Stivivi, morto nel 1611, fu guardiano del convento di San Bernardino.
L’Astrologia sopravvive ufficialmente a Bologna sino al finire del Settecento, quando il docente di Astronomia dell’Università ha ancora l’obbligo di compilare il Taccuino per uso dei medici felsinei: l’ultima testimonianza al proposito risale al 1799, quando l’incarico è affidato al «cittadino dottore» Luigi Palcani Caccianemici (1748-1802).
Sempre a Bologna il matematico Geminiano Montanari in cattedra a quell’università dal 1664, prima di andarsene a Padova (1678), aveva voluto ridicolizzare l’Astrologia ed i suoi cultori con una burla. Inventò un almanacco, il «Frugnolo degli Influssi del Gran Cacciatore di Lagoscuro», che risultò più azzeccato di quello dell’astrologo «ufficiale» della città.
[Questo articolo appare nel mio volume «Giuseppe Antonio Barbari da Savignano (1647-1707). Un itinerario scientifico tra Rimini, Bologna, Parigi e Londra» in corso di stampa.]

Antonio Montanari

<il Rimino,
Riministoria,
a cura di
Antonio Montanari Nozzoli,
tel. 0541.740173>


 
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Parentele [Tama 925 Ponte 7.8.2005]

Post n°16 pubblicato il 07 Agosto 2005 da monari

Secondo il governo siamo un Paese lacerato dalla contrapposizione politica. Sotto sotto, invece viviamo l'eterno pateracchio italico. Claudio Petruccioli (diessino, ideologo di Occhetto, avversario di D'Alema, amico di Veltroni, ex filosocialista, salvatore nel 2003 di Rete 4 dal satellite per 18 mesi), diventa presidente della Rai di cui è stato il capo dei controllori parlamentari, dopo una visita a casa del premier, ed il placet del rivale in affari, il presidente di Mediaset Confalonieri. Petruccioli non ha troppa simpatia per Prodi (è allergico ai suoi «silenzi» sulla Rai). Un po' come Berlusconi e Fini che accusano Prodi d'incitare i terroristi a colpirci, per aver detto che in Iraq abbiamo «truppe d'occupazione».
Il diessino Roberto Barbieri segnala: chi ha tenuto le azioni BNL ed ora le ha cedute all'Unipol (cooperative 'rosse') ha goduto della detrazione delle plusvalenze straordinarie grazie ad una legge del Centrodestra avversata dalla Sinistra. Gli antichi rivali De Benedetti e Berlusconi sono diventati soci, investendo 50 milioni a testa per risanare aziende in difficoltà. Per l'economista Paolo Sylos Labini è un accordo senza morale, soltanto per profitto o vantaggi politici.
Ha scritto l'ambasciatore Sergio Romano: l'unico tessuto connettivo della nostra società è la «cuginanza». Al momento degli affari siamo stretti in una delle varie famiglie presenti sul territorio: politiche, massoniche o criminali. Mi sento tanto orfano. Anzi, se qualcuno volesse adottarmi per farmi favori anche da poco, resto a disposizione (docilmente data l'età). Si dimostra sempre valido il vecchio Manzoni: «Son come gente perduta sulla terra; non hanno né anche un padrone: gente di nessuno». Quand'ero ragazzino ci facevano leggere un romanzo intitolato «Senza famiglia». Oggi è un'etichetta di disonore politico e disavanzo economico.
Le «cuginanze» giungono sempre al portafoglio. Abbiamo in Italia i servizi telefonici più cari del mondo. Le medicine costano meno dappertutto tranne che da noi. Così la benzina e la gestione dei conti correnti. Francesco Giavazzi sul «Corriere della Sera» ha spiegato che se in Italia arrivassero le banche straniere potremmo risparmiare 20 o 30 euro al mese a famiglia. In pochi anni, ha aggiunto, i fondi d'investimento (quasi tutti di proprietà della banche) hanno bruciato rispetto ad un investimento in Bot circa cento miliardi di risparmio, «nonostante costi che sono fra i più alti al mondo». [925]


 
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Riministoria Antonio Montanari

Post n°15 pubblicato il 07 Agosto 2005 da monari


Riprendiamo l'aggiornamento del blog.

 
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Heri dicebamus / La Voce

Post n°14 pubblicato il 07 Agosto 2005 da monari

Articolo pubblicato dalla Voce, Rimini, 19 giugno 2005

False accuse per oscurare il sito
Il professor Montanari: "Dava fastidio a qualche grosso personaggio"

RIMINI - II professor Antonio Montanari non era mai stato così offeso. Stimato studioso riminese, appassionato di storia locale, dal 1999 gestiva il sito Riministoria grazie a uno spazio messo a disposizione dalla Wind. Ma dopo sei anni di felice collaborazione, l'azien da telefonica gli ha improvvisamente oscurato il sito. L'8 marzo scorso, collegandosi, sul computer del professor è comparsa questa scritta: "II Sito Personale a cui stai cercando di accedere è stato rimosso dallo spazio web di Libero perché viola i termini e le condizioni d'uso della Community".

Inizialmente il professor ha pensato a un guasto, a un intoppo e ha cercato di mettersi in collegamento con la Wind. Non riuscendoci via email ha perciò deciso di chiamare per telefono e ha così scoperto qualcosa di sconcertante: la Wind aveva oscurato il suo spazio perché diffamava un noto personaggio riminese e proprio per questa ragione la procura di Rimini e quella di Roma avevano aperto due fascicoli d'inchiesta nei suoi confronti.

Il professore è sobbalzato sulla sedia. Ma di quali inchieste stavano parlando?
"Ho chiesto subito di avere tutti i particolari perché c'erano molte cose che non mi tornavano - racconta oggi il professor Montanari -. Dalla Wind mi hanno detto di aver dovuto agire sul mio spazio per una lettera arrivata da parte di un'avvocatessa di uno studio legale milanese che riferiva appunto come, a mio carico, fossero state aperte delle indagini". I due fascicoli d'inchiesta sarebbero stati registrati con i numeri 466 alla procura di Rimini e 6762 a quella di Roma.
"Ho subito fatto controllare dal mio legale, l’avvocato Alessandro Catrani - racconta il professore - a quei numeri non corrispondono assolutamente inchieste nei miei confronti e soprattutto in nessuna delle due procure risulto indagato".
Dunque? "Evidentemente il personaggio famoso che avrei diffamato si è mosso in  maniera alquanto discutibile. Per questo il 3 giugno scorso ho inviato una denuncia all'or dine degli avvocati di Milano nei confronti della legale che ha inviato quella lettera che diffondeva notizie false nei miei confronti. E il 10 giugno ho inviato un'ulteriore querela nei confronti della Wind e contro ignoti perché si valutino eventuali reati".

Il sito, a tutt'oggi, risulta oscurato. Il noto personaggio è un professionista riminese.

Voce di Rimini, 19 giugno 2005

 

 
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Heri dicebamus /Ariminol commento

Post n°13 pubblicato il 07 Agosto 2005 da monari

Questo il commento di Ariminol che ha accompagnato la mia lettera:

Ariminol
n.56, 16.06.2005
Quindicinale di opinioni e commenti
Direttore Claudio Monti

Montanari “illegal”
Hanno oscurato il sito internet del giornalista riminese che dal suo «digilander/monari» ha scritto belle pagine di storia, cultura e costume. E noi volentieri ospitiamo l’incensurato “carbonaro”.
*****
Vorrei esprimere tutta la mia solidarietà a un giornalista brillante e storico attento come Montanari, dal quale aspettiamo ancora tante belle e interessanti pagine.
(inserito il 17/06/2005 da Gianmaria)

http://www.ariminol.it/commenti.php?codice=348&numric=56

 

 
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Heri dicebamus

Post n°12 pubblicato il 07 Agosto 2005 da monari



Dunque il sito http://digilander.libero.it/monari è stato vittima di un attentato 'mafioso'.


Pubblico alcuni documenti.

Lettera inviata ad Ariminol (Quindicinale di opinioni e commenti. Direttore Claudio Monti) e pubblicata nel numero 56 del 16.06.2005


Caro direttore,
le chiedo ospitalità per raccontare un episodio personale che credo possa esser pure considerato un’immagine simbolica del mondo giornalistico riminese che bazzico esattamente da 45 anni quale «cronista inutile e a tempo perso» come mi sono sempre considerato, essendo stato educato a non montarmi mai la testa.
«Qualcuno» di recente ha tentato di farmi perdere oltre che la pazienza anche la reputazione.
Il «carbonaro» Montanari di cui lei l’anno passato simpaticamente parlò su queste colonne, è stato coinvolto in una strana vicenda in apparenza surreale, ma rispondente in sostanza ad un preciso anche se poco scientifico atto di killeraggio.
I fatti. (Ometto le identità delle persone coinvolte, onde non procurare eventuali danni alla testata che pubblica il presente scritto, ed ai suoi responsabili.)
All’inizio di marzo 2005 la società Internet Digiland su cui gestivo dal 1999 il sito culturale senza scopo di lucro «digilander/monari», lo ha chiuso definendolo «illegal» e precisando che esso era stato rimosso «per violazione esplicita dei termini e condizioni d’uso dello spazio WEB». La definizione rimanda ad una pagina in cui è elencata la serie di tutti i possibili reati che permettono il provvedimento, dai meno gravi ai più infamanti.
Dopo due settimane di inutili contatti via WEB con la società Digiland, ricorrendo al vecchio telefono ho potuto apprendere dal suo ufficio legale che la chiusura era stata decisa dalla società medesima avendo essa ricevuto da un avvocato di Milano una comunicazione scritta in cui si sosteneva essere a mio carico un procedimento penale presso le Procure di Rimini (n. 466/2001 RGNR) e di Roma (6762/2001 RGNR), per diffamazione (consumatasi nel febbraio 2001) sul sito medesimo, ai danni di persona che è ben nota a Rimini (per motivi che non è il caso qui di precisare).
I documenti ottenuti dal mio legale presso i Tribunali di Rimini e di Roma, dimostrano che le affermazioni dell’avvocato di Milano comunicate alla società Digiland non corrispondono al vero. Detto in parole povere, nessun procedimento penale a mio carico è mai stato aperto, né mai sono stato querelato per diffamazione.
Il 3 giugno scorso ho inviato un esposto all’Ordine degli avvocati di Milano, con copia alla Procura della Repubblica di Rimini, presso la quale il successivo giorno 10 ho depositato regolare atto di querela-denuncia contro l’avvocato di Milano, contro il gestore telefonico presso cui era appoggiato il mio sito «digilander/monari», e contro ignoti.
Contro l’avvocato, per aver fornito alla società Digiland notizie del tutto non rispondenti al vero e calunniose sul mio conto.
Contro la società Digiland per essere stato il sottoscritto accusato pubblicamente di «violazione esplicita dei termini e condizioni d’uso», quando nessuna violazione era stata né commessa né soprattutto accertata e penalmente definita e sanzionata.
E contro ignoti, onde s’accerti l’esatta dinamica degli eventi, e se quindi in essi siano individuabili responsabilità anche di terze persone, diverse dall’avvocato di Milano e dalla società telefonica, che abbiano concorso in qualsiasi modo a determinarli.
Aggiungo che è rimasta senza risposta una mia lettera inviata al presunto querelante del 2001 ed al suo presunto avvocato che aveva scritto alla società telefonica.
Spero di poter chiarire in sede giudiziaria i misteri di questo atto di killeraggio compiuto con dichiarazioni (ripeto) false e diffamatorie, e talmente prive di logica da far dubitare della sanità mentale non soltanto di chi lo ha architettato, ma pure del sottoscritto che lo racconta.
Esprimo qui infine l’intendimento di avviare una causa civile per risarcimento dei danni morali, il cui eventuale ricavato sarà destinato alla Caritas riminese per l’«operazione cuore» della benemerita dottoressa Marilena Pesaresi.
Grazie dell’ospitalità, caro direttore, e con i più sinceri auguri di buon lavoro dall’incensurato «carbonaro»
Antonio Montanari

 
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