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Creato da: r.capodimonte2009 il 13/10/2009
attualità, politica, cultura

Messaggi del 16/05/2017

 

Perchè tutti ce l'hanno con il CNEL?

Post n°1576 pubblicato il 16 Maggio 2017 da r.capodimonte2009
 

Perché ce l’hanno tutti con il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, cioè il CNEL? Perché l’altro ieri, al Senato, è stato respinta in Commissione, da tutte le parti politiche, nessuna esclusa, e senza neppure analizzarla, la proposta di legge, presentata dal vice-presidente Paolo Gualaccini, per una rifondazione completa del Consiglio, “senza aumentare il bilancio attuale che è di 7,1 milioni l’anno”, e che comprende, “il costo del personale e della sede, senza alcuna spesa di rimborso e indennità”, per i 64 consiglieri, divenuti attualmente 23 (non appena i sindacalisti hanno scoperto che non venivano più pagati, sono spariti); e in vista della nomina di Tiziano Treu, scelto da Renzi nuovo Presidente, col solito paradosso che costui aveva votato Si al referendum del 4 dicembre per abolire l’istituto?

La storia è lunga e si perde nei meandri degli albori “costituzionali”, ed è composta, purtroppo, da un velo di ignoranza, fanatismo e ipocrisia di tipo inquisitorio: è evidente che i più ignorano perché i padri costituenti inserirono questo organo all’art. 99, o se lo sanno, lo vogliono confondere con gli “errori” che costoro commisero, nello stilarla: in realtà, e lo dimostreremo, ben altri sono gli errori che sono stati inseriti in Costituzione, e che, quelli sì, andrebbero eliminati a tambur battente. Cosa che neppure il Pd, e la sua relatrice, Boschi, ha voluto scalfire. Ne citiamo solo due al volo: l’art. 77 sulla “decretazione d’urgenza” (*), e il non obbligo del vincolo di mandato (**); che recentemente, per quanto riguarda la prima, soprattutto per il suo uso indiscriminato che si è venuto affermando, specie dopo che la Presidenza Napolitano ha promosso Governi senza effettiva maggioranza parlamentare; per quanto riguarda il secondo, che la stessa ha promosso, di conseguenza, un trasformismo indiscriminato da parte di circa 165 parlamentari!

Tutti, però danno addosso al CNEL, dicono, perché è inutile e costoso: Renzi lo aveva sbugiardato addebitandogli costi di 3 volte superiori. Ma il vero guaio del CNEL è che esso rappresenta, volente o nolente, assieme ad altri stralci costituzionali che, invece, si vogliono lasciare incompiuti, ci riferiamo agli art. 39-43-46 (***), l’ultimo aggancio con la legislazione fascista del lavoro. Trattasi, infatti, di un ente a carattere prettamente “corporativo”, a cui, inizialmente erano stati assegnati compiti importanti e strategici, sia di natura economica che sociale, ma che poi fu ridimensionato, a causa di una serie di polemiche, critiche e scontri, avvenuti all’atto della stesura dell’art. 99, tra i componenti dell’Assemblea Costituente, e che portò alla vittoria i comunisti,: i quali vedevano sottaciute le loro pretese relative alla dinamica sindacale imperniata sulla lotta di classe, e non su accordi, mediati dallo Stato, tra datori di lavoro e lavoratori. Ma non è finita: alcuni componenti dell’Assemblea, sul cui antifascismo non c’erano dubbi (La Pira), proposero addirittura che il CNEL fungesse da “Terza Camera”, cui delegare tutte le decisioni, appunto, in tema di economia, finanza e welfare, settori troppo delicati da lasciare allo scontro di piazza, o peggio, come avvenne in seguito, ad una “concertazione tra poteri”, sindacato, impresa e governo, che escludeva l’apporto decisivo delle maestranze! Sembra un paradosso, ma a distanza di cinquant’anni dall’inaugurazione di questo strumento nefasto, e di trentasette dalla marcia dei 40.000 colletti bianchi della Fiat, la bocciatura di due importanti contratti, come Almaviva e Alitalia, impugnati dagli stessi lavoratori, ha finalmente decretato la sua fine indecorosa, come la crisi irreversibile del sindacato di regime.

I padri costituenti non erano sprovveduti, né fanatici, come l’antifascismo di matrice marxista, e quindi essenzialmente ideologico, che gettava via l’acqua “fascista” col bambino dentro, cioè con una legislazione del lavoro durata oltre vent’anni (perché perpetuata anche durante la Repubblica Sociale, pure se solo teoricamente!), e che veniva spazzata via, senza poterla sostituire, appunto, se non da uno “scontro o incontro, non si sa quel che è peggio, di poteri”; mentre al lavoro, quello vivo, in fabbrica, veniva strappata la vera rappresentanza. E se questo avesse poi determinato una forza politica e contrattuale netta da parte dei sindacati (così come ad inizio secolo predicava il “sindacalismo rivoluzionario”!), i lavoratori alla fine ne sarebbero usciti ugualmente tutelati; invece accadde il contrario: l’art. 39 della Costituzione che doveva regolare l’istituzione sindacale, e metterla sotto garanzia dello Stato, per renderla libera, e non condizionata, come accade oggi, dai sindacati di regime, che non  ammettono concorrenza nei luoghi di lavoro, non fu mai applicato. Così come l’art. 43 (espropriazione dell’impresa a favore delle maestranze per motivi d’interesse generale–ulteriore specifica dell’art. 42), e soprattutto l’art. 46 (gestione delle imprese da parte dei lavoratori, riferimento all’art. 12 dei 18 Punti di Verona!). Evidentemente, ancora oggi, si teme che lo “Stato Organico” possa decretare sull’economia e sul sociale, un tempo, si sarebbe, appunto detto, per salvaguardare la “lotta di classe”, oggi diciamo, per salvaguardare, le “caste e le lobby”.

Il CNEL perciò, paga l’odore di fascismo che si porta dietro, e a nulla sono serviti i tanti anni di lavoro e di attività (scematasi, poi, gradualmente dal 1958 in poi, quando la politica lo mise nel dimenticatoio, e anzi lo rese inutile); fatta eccezione, ma oggi ovviamente si tende a tacitarlo, dell’episodio che caratterizzò, in modo eclatante, la terza ed ultima Commissione Bicamerale per la riforma della Costituzione (1997-98), presieduta dall’on. Massimo D’Alema, che non solo ricalcò in parte quanto già fatto dalla prima Bicamerale, ma rilanciò in modo inoppugnabile la funzione del CNEL, estendendolo a livello regionale, in modo funzionale e sussidiario, con la creazione dei CREL, Consigli Regionali dell’Economia e del Lavoro (****); mentre, a riprova dell’attualità della formula e delle potenzialità politiche dello stesso CNEL, esso si assise, assieme ad altre 70 istituzioni similari nazionali, presenti in buona parte dei Paesi europei e di altri continenti, all’AICESIS, la cui Presidenza fu demandata proprio a Giuseppe De Rita, allora Presidente dell’istituto italiano.

Se oggi, ad esempio, il M5S  pone alla base della sua riforma del lavoro, un nuovo rapporto che investa lavoratori e datori di lavoro, in un’ottica di equa libertà di rappresentanza, che si spinga fino alla stessa rappresentatività nei consigli di amministrazione, in modo assolutamente paritetico, è chiaro che questa riforma abbisogni, poi, di una “cassa di risonanza” a livello nazionale, dove le risultanze di questo nuovo modo di concepire l’economia e il lavoro, abbiano anche valenza non solo consultiva, ma anche decisionale.

Il CNEL e i CREL sono già lì, basterà farli funzionare, e abbattere quell’albero di trasmissione luciferino tra sindacati e imprenditori, mediato dai Governi più inaffidabili della storia, che ha portato allo sfascio economico del nostro Paese. (R.SCAGNOLI)

 

(*)Il Governo non può, senza delegazione delle Camere [cfr. art. 76], emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni [cfr. artt. 61 c. 2, 62 c. 2]. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

(**)Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

(***) Art. 39:L'organizzazione sindacale è libera [cfr. art. 18]. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. E` condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. Art. 43: A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale. Art. 46: Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.

(****) I CREL tuttora in piedi sono 11: Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Puglia, Sicilia, Sardegna.

 
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