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Messaggi di Ottobre 2008

La scuola pubblica salvata dai ragazzini (parafrasando 1 libro della Morante)

Post n°776 pubblicato il 30 Ottobre 2008 da hesse8






Sciopero generale della scuola. Oltre un milione a Roma














Studenti, insegnanti, lavoratori, famiglie contro la legge Gelmini. Diliberto e Ferrero in piazza

Image

«È
una manifestazione straordinaria che ci dice una cosa semplice, e cioè
che il movimento c’è e nel momento in cui c’è questo movimento può
riprendere un’opposizione seria contro un governo scellerato che quando
taglia sulla scuola taglia sul futuro dell’Italia». A dichiararlo
Oliviero Diliberto partecipando allo sciopero generale e al corteo
contro la riforma della scuola indetto dai sindacati Flc-Cgil, Cisl e
Uil scuola, Snals e Gilda



Una nuova grande manifestazione di dissenso ed opposizione contro la
politica di tagli del Governo dopo lo sciopero generale del 17 ottobre
scorso organizzato dal sindacalismo di base. Un corteo di oltre 1
milione di lavoratori e studenti sta sfilando da piazza della
Repubblica a piazza del Popolo, in cui confluiranno anche gli
universitari che vengono dalla Sapienza. Una moltitudine di persone che
hanno riempito  a tal punto piazza della Repubblica, mentre la testa
del corteo era già arrivata a piazza del Popolo, che la manifestazione
si è divisa in altri due grandi filoni, autorizzati all'ultimo momento
dal questore, uno che sfilava per via Nazionale, l'altro per via
Cavour, paralizzando Roma. Tutto ciò mentre continuano ad arrivare
ancora pullmann e treni carichi di manifestanti provenienti da tutta
Italia, da Bassano del Grappa a Trapani. Tanti gli slogan e gli
striscioni contro il governo e soprattutto controil ministro Gelmini,
da “tutti insieme per la scuola di tutti”, a “meno insegnanti più
bambini ignoranti”, a  “Gelmini, nuoce gravemente alla scuola”, fino a
uno striscione dei ricercatori con su scritto “a saperlo facevo
l'idraulico”.

Per il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, è
una giornata memorabile per la capacità di solidarietà ed unità che è
riuscita a produrre questa mobilitazione fatta di migliaia di persone
che, a differenza di quanto sostiene il Governo, non sono oggetto di
nessuna strumentalizzazione. «La legge è fatta di una parte consistente
di tagli, 8 mld, e questo accade mentre in tutto il mondo oggi si
investe per l’istruzione. In questa maniera si tagliano risorse ma non
si riforma la scuola», continua Epifani attaccando nel merito i
provvedimenti che non contengono nessun progetto riformatore. Dal palco
di piazza del Popolo il leader della Cgil informa che Roma è
attraversata da 4 cortei, «piazza della Repubblica si svuota e si
riempie in continuazione. In tutta Italia sono in corso manifestazioni:
è un intero Paese che insorge».

In apertura lo striscione
«Uniti per la scuola di tutti», centinaia le bandiere e i palloncini
colorati per uno sciopero che ha coinvolto tutta Italia, unendo
studenti, delle scuole medie e superiori e delle università, ed
insegnanti, tantissimi in piazza, così come i bambini delle scuole
elementari e le associazioni dei genitori. «La manifestazione di oggi
testimonia che tutto il mondo della scuola è contro questa riforma ed
il governo dovrebbe ascoltarlo», ammonisce il segretario di
Rifondazione comunista Paolo Ferrero dalla piazza. E ribadisce che si
tratta di «una protesta che andrà avanti insieme con la raccolta delle
firme per il referendum contro la riforma Gemini». Insieme con i
Comunisti italiani, l'Idv e il Pd che lo ha lanciato e il cui leader
Veltroni oggi era presente alla manifestazione. Tra i partecipanti
anche Antonio Di Pietro che si è detto pronto, dopo il lodo Alfano, ad
iniziare un’altra raccolta di firme contro la riforma Gemini perché
«giustizia e istruzione sono settori fondamentali per la democrazia».

Tante
le adesioni, da Unicobas-Altrascuola alla Federazione dei sindacati
indipendenti (Fsi-Usae), dai Comitati degli insegnanti precari (Cip) ai
metalmeccanici della Fim Cisl, ma anche dall’Arci, da Legambiente,
dalla Federconsumatori, da Cittadinanza attiva e da molteplici
associazioni impegnate nella scuola.

Al termine degli
interventi a piazza del Popolo un fiume di migliaia di studenti si è
staccato dalla manifestazione e al grido "Dimettiti, dimettiti" ha
preso d'assedio il ministero della Pubblica Istruzione, invitando Maria
Stella Gelmini a dimettersi dall'incarico.

(30.10.08)



 





 
 
 

Nessun ripesamento sul decreto Gelmini 

Post n°775 pubblicato il 29 Ottobre 2008 da hesse8

Se succede qualcosa la colpa è degli studenti "frottoloni" della sinistra, vai con lo sciopero.

Il Senato approva, in via definitiva, la conversione in legge del
decreto Gelmini sulla scuola con 162 a favore, 134 controri e tre
astenuti. Il provvedimento, approvato il 9 ottobre dalla Camera, non è
stato modificato dai senatori e ora è legge.

Intanto gli
studenti continuano a protestare e si sono fatti trovare al loro posto
a scandire gli slogan che hanno percorso le maggiori piazze della
Penisola dall'inizio della protesta. Si tratta di circa 1.500 ragazze e
ragazzi in larga parte delle scuole superiori. Con loro, in prima fila,
gli insegnanti dei Cobas con uno striscione che reca la scritta
«Gelmini Vattene» e «Il popolo della scuola pubblica» con il messaggio
«Non distruggete la scuola».

Ancora un giorno davanti al Senato per urlare che quel decreto non deve passare: l'ennesimo sit-in sotto palazzo Madama.

È
il giorno clou, a Roma dopo i temporali della notte anche la pioggia
sembra dare tregua e gli studenti si preparano a tornare in quel collo
di bottiglia tra Piazza Navona e Corso Rinascimento, chiusi dietro le
transenne e la polizia in assetto anti-sommossa.

Qualcuno
(una trentina) ha già preso posto dalle 9 dietro gli striscioni
lasciati lì da martedì: gridano e aspettano i rinforzi. Sostegni
bipartisan, come è ormai consuetudine contro il ministro Gelmini: «Per
le vie della capitale ci saranno singoli cortei di studenti provenienti
da diverse scuole e universitari sparsi, tutti diretti al Senato: i
primi saranno a palazzo Madama verso le 10.30, gli altri verso le 12»,
spiega Roberto Iovino (Uds) e anche Francesco Polacchi (Blocco
studentesco) dà appuntamento «alle 10 davanti al Senato».

Sul
da farsi entrambi concordano: «Dopo il voto vediamo, dipende dalla
giornata. Certo saremo migliaia». E comunque andrà «domani c'è lo
sciopero».

È stato in ogni caso annullato il corteo previsto
per il pomeriggio con partenza alle 14 da Piazza della Repubblica,
mentre in questo momento si sta muovendo un corteo non autorizzato di
studenti partito da Porta San Paolo e diretto a Trastevere che ora si
trova in via Marmorata.

Intanto, sul fronte universitario
nazionale ad Ancona l'Assemblea No 133, in cui il Gulliver-Udu Ancona è
promotore della protesta, continua la pacifica occupazione della
Facoltà di Ingegneria; a Brescia è previsto un sit-in con volantinaggio
in piazza San Faustino da parte del "Comitato universitaglia: 133 passi
indietro nessuno avanti"; a Cagliari nella Facoltà di Lettere a Piazza
del Carmine alle ore 10 ci sarà il laboratorio di approfondimento "Il
futuro dell'università italiana: istituzioni pubbliche o fondazioni
private?"; a Lecce assemblee studentesche nelle facoltà di Lettere e di
Economia; a Pavia lezioni in piazza (corso di Geometria 1 per
Matematica e Fisica e lezione divulgativa di Fisica); a Padova
fiaccolata di protesta contro la legge 133 organizzata e promossa
dall'associazione Studenti Per sfilerà per le vie della città; a
Macerata gli studenti, che hanno ieri occupato il rettorato
improvvisando un corteo nella città, oggi improvviseranno nuove forme di

Protesta;
ad Urbino assemblea d'ateneo alle 15; a Chieti-Pescara, infine, il
movimento studentesco ha organizzato un'assemblea a Pescara e delle
lezioni all'aperto a Chieti.

«Questo decreto è solo una parte
di una riforma molto più ampia». Così il senatore leghista Federico
Bricolo (Lega Nord) nella sua dichiarazione di voto oggi al Senato sul
dl Gelmini che riforma la scuola.«Non è soffiando sul fuoco della
protesta che si riforma la scuola - avverte Bricolo - sulla scuola la
sinistra ha sparso solo critiche e falsità, nessuna proposta
costruttiva. Su questo tema ci saremmo aspettati un'opposizione più
matura. Ma così non è e quindi andremo a fare questa riforma da soli.
Voi ieri avete protestato qui in Senato. Oggi vi diciamo che la
ricreazione è finita e oggi approveremo il decreto». E infatti, alla
faccia della democrazia.
P.S.
Le dichiarazioni di un senatore a vita Francesco Cossiga(clicca)........ che se ne vergogni


 
 
 

I lavoratori sono molto seccati

Post n°774 pubblicato il 28 Ottobre 2008 da hesse8

Cresce la rabbia dei lavoratori: nel 2008, 65% di scioperi in più

precari, lavoro
Adesso
basta, torniamo in piazza. I tempi sono cupi, serve uno scatto
d’orgoglio e di dignità. L’Istat non ha dubbi: la voglia di riscatto
dei lavoratori negli ultimi mesi è cresciuta un po’ di più. A
dimostrarlo ci sono le due milioni e 400 mila ore scioperate. Da
gennaio a luglio. Un anno prima erano state il 65 per cento in meno.
Operai e impiegati si sono rotti: e hanno capito che per risolvere i
conflitti, l’unica è farsi sentire, che questi non ci ascoltano. Nel 76
per cento dei casi, si incrociano le braccia perché si vuole un rinnovo
del contratto di lavoro: oggi ci sono in Italia 3 milioni e seicento
mila lavoratori che sono in attesa di veder aggiornata la loro
posizione retributiva.

Tra chi aspetta il rinnovo, ci sono gli
statali. Il ministro Brunetta ha fatto la sua proposta: 70 euro in più
al mese. Cisl e Uil hanno accettato, la Cgil no. La stessa spaccatura
interna al sindacato che si ritrova anche nella riforma dei contratti
che si sta facendo insieme a Confindustria. La presidente Emma
Marcegaglia ha ribadito più volte la sua teoria (potenziare la
contrattazione aziendale a scapito di quella nazionale) ma anche qui il
sindacato guidato da Guglielmo Epifani ha deciso di abbandonare il
tavolo. Non aveva altra scelta, visto che dagli industriali non arriva
nessun segnale di apertura ma solo inviti a «ripensarci».

I
metalmeccanici sono quelli che si stanno arrabbiando di più. Il 5
dicembre torneranno in piazza, come annunciato lunedì dal segretario
della Fiom Gianni Rinaldini, contro le politiche economiche del
governo, contro la riforma dei contratti proposta dalla Confindustria e
contro il precariato.

Poi c’è la scuola, in questi giorni
minacciata dalla scure della Gelmini. Insegnanti e lavoratori della
conoscenza incrociano le braccia giovedì 30 ottobre. Una protesta che
alla fine ha raccolto l’adesione di tutti e tre i sindacati
confederali. Inizialmente solo la Cgil era convinta della necessità
dello sciopero, mentre Cisl e Uil speravano di poter mediare. Ma quello
della Gelmini non è dialogo, è aut aut. E finalmente anche Bonanni e
Angeletti giovedì saranno in piazza Navona a Roma per la manifestazione
nazionale.

A rendere ancora più evidente la necessità dei
lavoratori di far sentire la loro voce, c’è un altro dato, di cui si è
accorto anche il governo: il ricorso alla cassa integrazione sta
aumentando. Tra gennaio e settembre 2008 le richieste di Cigs sono
state 985, rispetto alle 923 dello stesso periodo dello scorso anno. I
sindacati, in particolare la Cgil, chiedono al governo di aprire un
tavolo anti-crisi per discutere delle ricadute che il terremoto dei
mercati finanziari potrà avere sull'occupazione. Ma Tremonti e Sacconi
fanno orecchie da mercante. Prima avevano aggiunto 150 milioni di euro
al Ddl lavoro, poi li hanno tolti, spiegando che forse verranno
stanziati nel passaggio al Senato. Per la Cgil – che ha calcolato che
nell’industria italiana ci sono 300 mila posti a rischio, per la
maggior parte giovani con contratti a tempo determinato – le risorse
sono ancora poche - anzi ora sono sparite del tutto - ma soprattutto si
tratta dell’ennesimo tampone che non frena l’emorragia: servono riforme
strutturali che rilancino l’economia e l’occupazione nel nostro Paese.
I lavoratori lo sanno che non basta vincere al lotto per cambiare la
vita. Serve un lavoro sicuro, una casa, un welfare che protegge. Per
questo sono tornati a scioperare.

 
 
 

Boicattare il 4 novembre? mmmhhhhhhhh non male come iniziativa

Post n°773 pubblicato il 26 Ottobre 2008 da hesse8















Piero Sansonetti

La Lega di Bossi ha proposto di cambiare l'Inno nazionale. Niente più
Fratelli d'Italia , canzone troppo romana, e al suo posto il Piave . Il
ministro La Russa, che pure era sempre stato molto attaccato all'inno
di Mameli, si è detto entusiasta.
Perché?
Diciamo che le due
canzoni sono tutte e due molto brutte, ispirate ai valori nazionalisti,
retoriche, un po' fascistelle. Tutte e due molto guerresche, con
qualche connotazione sanguinaria. E allora perché scambiarle? Per un
motivo molto semplice: il verso più importante dell'inno di Mameli, è
anodino e patriottico e senza riferimenti all'attualità: «Italia
chiamò». Il verso più importante del Piave ha invece riferimenti
fortissimi all'oggi: «Non passa lo straniero». E assume, nella
attualità politica, un fortissimo significato xenofobo. Se Il Piave
diventasse l'Inno ufficiale, l'Italia assumerebbe in forma solenne una
posizione xenofoba e razzista, di rifiuto e di condanna
dell'immigrazione. Questo piace alla Lega. E piace anche a La Russa,
che inoltre apprezza l'aspetto del Piave più legato all'idea di guerra,
di guerra come grande valore, come obiettivo di una comunità e di un
popolo, come vera realizzazione dello Stato.
Del resto il ministro
La Russa e il governo stanno preparando un gran numero di cerimonie per
celebrare con tripudio il 90° anniversario di quella che il papa
Benedetto XV definì «l'inutile strage». Cioè la prima guerra mondiale,
quella che viene chiamata la grande guerra, e che è stata un
avvenimento orribile, feroce, sanguinosissimo. Del quale è giusto
parlare, per spiegare ai giovani che le classi dirigenti europee
impazzirono e si macchiarono di ignominiose colpe, di scelte
dissennate, che poi aprirono le porte al fascismo e al nazismo.
Tratto da "Liberazione"


26/10/2008

 
 
 

Escalation delle morti bianche(ma quando finira'?)

Post n°772 pubblicato il 25 Ottobre 2008 da hesse8

Le tragedie in Val d'Aosta, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte
Deceduta anche la donna rimasta ustionata oltre mese fa in un'azienda di Udine
Incidenti sul lavoro, altri quattro morti
vittime in fabbriche, campi e cantieri


Incidenti sul lavoro, altri quattro morti vittime in fabbriche, campi e cantieri

Un cantiere edile











ROMA - E'
di quattro morti il bilancio di un'altra giornata drammatica in
fabbriche, campi e cantieri. La prima vittima è un operaio 22enne
rumeno rimasto ucciso oggi pomeriggio a Glereyaz di Saint Vincent
(Aosta) mentre lavorava a fianco di un piccolo escavatore 'Bobcat',
condotto da un compagno di lavoro. Un cedimento del terreno dove
stavano preparando le fondamenta di un edificio hanno fatto piombare il
mezzo addosso al giovane, travolgendolo.





Un incidente per alcuni aspetti simile è costato la vita a Simone
Guagnini, un operaio metalmeccanico di 31 anni, travolto dal muletto
guidato da un collega mentre stava lavorando insieme ad un collega al
montaggio di un macchinario in un'azienda di Castelfranco Emilia, in
provincia di Modena.





Travolto da un mezzo ha trovato la morte anche Matteo Lucarda,
elettricista di 32 anni residente a Mirano (Venezia). L'uomo è finito
schiacciato tra una motrice ed un carrello mentre stava eseguendo la
manutenzione di alcuni macchinari della 'Mecno service', un'azienda di
Salzano (Venezia) specializzata nella rettifica di binari.





La quarta vittima è un giovane bracciante indiano di 24 anni, Ranjit
Singh, rimasto schiacciato tra due trattori mentre era al lavoro
nell'azienda agricola Mainero a Buriasco, nel Pinerolese. Secondo i
primi accertamenti, il giovane ha collegato un trattore che non partiva
con un cavo d'acciaio ad un altro mezzo agricolo, quando
improvvisamente il cavo si è spezzato. Ranjit si è quindi spostato fra
i due trattori per capire cosa fosse successo, ma uno dei due mezzi è
scivolato all'indietro schiacciandolo.





Ai quattro morti va infine aggiunto il decesso, dopo dopo 35 giorni di
agonia, di Diana Cromaz, rimasta vittima a settembre di un infortunio
sul lavoro. La donna, 37 anni, dipendente della Artwood di Moimacco, in
provincia di Udine, era rimasta gravemente ustionata da una fiammata
mentre lavorava al banco delle vernici.
P.S. 250.000 x Saviano la Repubblica on line finisce la sua raccolta firme on line.Grazie

 
 
 
 
 

Scuola:Il Berluska sa' che con l' uso della polizia lo proteste si calmeranno(non è così)

Post n°770 pubblicato il 22 Ottobre 2008 da hesse8

Il presidente del Consiglio annuncia la linea dura contro le occupazioni
"Darò istruzioni a Maroni su come intervenire attraverso le forze dell'ordine"
Berlusconi: "Polizia nelle università"
Veltroni: "Il premier soffia sul fuoco"

Dura replica del segretario del Pd :"Il disagio non è un problema di ordine pubblico"



Berlusconi:

Silvio Berlusconi














ROMA - Con la mobilitazione degli studenti che si moltiplca in tutta Italia,
le proteste nel mondo della scuola sono state oggi terreno di un
durissimo scontro tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni. Il rpesidene
del consiglio in tarda mattinata ha convocato una conferenza stampa a
Palazzo Chigi per mandare un avvertimento ai giovani: "Non permetterò
l'occupazione delle università. L'occupazione di luoghi pubblici non è
la dimostrazione dell'applicazione della libertà, non è un fatto di
democrazia, è una violenza nei confronti degli altri studenti che
vogliono studiare".






La reazione del Pd. Dichiarazioni
che hanno fatto scattare la dura prelica del segretario del Pd Walter
Veltroni. "Abbiamo dovuto convocare questa conferenza stampa - ha
replicato - dopo aver letto le parole del presidente del Consiglio di
questo Paese, parole molto gravi, parole che possono essere cariche di
conseguenze". "Il premier - ha aggiunto - soffia sul fuoco, il disagio
sociale non è una questione di ordine pubblico: mi chiedo se in questo
Paese è ancora possibile dissentire".






Monito a Maroni.
Ha preferito invece rivolgersi al ministro dell'Interno Roberto Maroni
il suo vice, Dario Franceschini. "Rivolgo un appello agli studenti - ha
commentato il numero due del Pd - che sono i provocati, affinché tutto
si svolga nel modo più civile e trasparente, ma rivolgo un appello
anche al ministro dell'Interno e alle strutture periferiche preposte
alla gestione dell'ordine pubblico perché conservino il senso di
responsabilità e affinchè non sia neanche sfiorato un capello a nessuno
studente italiano".











Ordini al Viminale.
Berlusconi ha chiarito che la sua non è solo un'affermazione di
principio, ma l'inizio di un piano d'azione che verrà concordato oggi
con il Viminale. "Convocherò oggi - ha chiarito - il ministro degli
Interni, e darò a lui istruzioni dettagliate su come intervenire
attraverso le forze dell'ordine per evitare che questo possa
succedere". "La realtà di questi giorni - ha detto ancora il premier -
è la realtà di aule piene di ragazzi che intendono studiare e i
manifestanti sono organizzati dall'estrema sinistra, molto spesso, come
a Milano, dai centri sociali e da una sinistra che ha trovato il modo
di far passare nella scuola delle menzogne e portare un'opposizione
nelle strade e nelle piazze alla vita del nostro governo".






Epifani invita al dialogo.
Contesta la minaccia di Berlusconi contro le occupazioni anche il
segretario della Cgil Guglielmo Epifani. "E' profondamente sbagliato -
afferma il leader sindacale - rispondere alle ragioni del movimento
degli studenti con una modalità che non sia quella del dialogo". "Il
governo - sottolinea Epifani - non può ricorrere alle minacce. Questo è
un movimento che ha caratteristiche del tutto nuove, che non ha senso
paragonare al '68 né, tanto meno, al '77. E' un movimento pacifico, gli
studenti chiedono di investire nella scuola, è gente che chiede di
studiare di più e meglio".






Fioroni: "Parole gravi".
Riflessione simile a quella svolta dall'ex ministro della Pubblica
Istruzione del centrosinistra Giuseppe Fioroni. "Tutti i ministri della
Pubblica Istruzione - ha ricordato - hanno sperimentato le occupazioni
e le autogestioni. Nessuno ha mai pensato di invadere le competenze
dell'autonomia scolastica e di intervenire nelle decisioni interne che
devono essere assunte nel rispetto della serenità e della sicurezza".
Quelle di Berlusconi, ha aggiunto, "sono dichiarazioni gravi".








Attacco alla manifestazione.
Il presidente del Consiglio ha toccato quindi il tema della
manifestazione lanciata dal Pd per sabato prossimo. "Manifestare - ha
proseguito - è una possibilità della democrazia ed anche noi ne
usufruimmo. Noi, però, manifestammo contro la pressione fiscale del
governo Prodi. La manifestazione del 25 ottobre è solo contro il
governo e non ha proposte. La piazza non è il posto migliore per fare
proposte. Le proposte si fanno in Parlamento".








Nessuna marcia indietro. Il
premier accusa poi l'opposizione su uno temi centrali della protesta.
"La sinistra - sostiene - dice bugie sulla scuola, fa un allarmismo
inutile". E rispondendo a Veltroni, che oggi ha chiesto di ritirare il
decreto Gelmini davanti "alle proteste così ampie e diffuse contro la
riforma della scuola e le misure con i tagli", invitando Palazzo Chigi
a rimodulare i costi, lasciando all'istruzione "ogni euro recuperato
dal taglio di sprechi", Berlusconi ha replicato secco: "Noi andremo
avanti, questo decreto sulla scuola è sacrosanto, altro che ritirarlo,
bisogna applicarlo".








Le classi ponti resteranno.
Il Cavaliere ha chiarito successivamente che non sono previsti
ripensamenti neppure per la contestatissima proposta delle 'classi
ponte' per i figli di immigrati perché "non è dettata da razzismo ma da
buonsenso. Conoscere la lingua italiana è necessario". Berlusconi
accusa infine la Rai di aver presentato in maniera distorta i
provvedimenti del governo. "La televisione pubblica - lamenta -
diffonde ansia e le situazioni solo di chi protesta. Sono preoccupato
da questo divorzio tra i mezzi di informazione e la realtà".








"A quando la polizia nei giornali?".
Affermazioni contro la stampa, quest'ultime, che hanno fatto scattare
la preoccupata replica del parlamentare del Pd Piero Martino. "Il tono
minaccioso con cui il presidente del Consiglio segnalava ai direttori
dei giornali e dei telegiornali la propria preoccupazione ma
soprattutto la propria indignazione - si è chiesto il deputato
democratico - sarà forse all'ordine del giorno dell'incontro che avrà
con il ministro dell'Interno Maroni?". "Oltre a prendere le
contromisure adatte a bloccare le manifestazioni degli studenti, degli
insegnanti e del corpo non docente della scuola - ha proseguito -
Berlusconi invierà le forze dell'ordine anche nelle redazioni per
verificare che il suo verbo venga amplificato come lui gradisce?".









Università, non è ancora finita.
Deciso a non fare marcia indietro anche il ministro Gelmini, che ha
annunciato di voler anzi intervenire in maniera ancora più decisa sulle
università. "Bisognerà voltare pagina e fare autocritica", dice, senza
"difendere lo status quo". "Siamo disposti a confrontarci e dialogare -
prosegue - ma la situazione attuale porterebbe al collasso" perciò
"bisogna cambiare".

 
 
 

Morto a 98 anni Vittorio Foa un compagno

Post n°769 pubblicato il 20 Ottobre 2008 da hesse8

Grande abbraccio a Vittorio Foa Un secolo per la sinistra italianaNapolitano: posto d'onore nella storia

Vittorio Foa e Veltroni - foto Ansa - 250*180 - 20-10-08
Vittorio
Foa è morto nella sua casa di Formia (Latina), aveva 98 anni. Coscienza
critica della sinistra ha fino all'ultimo lottato per la causa del
riformismo. La sua vita è stata interamente dedicata alla causa della
libertà e della democrazia, prima come antifascista, poi come studioso,
sindacalista e politico.

Il suo primo insegnamento è stato quello
di lottare sempre per le cause in cui si crede. Lui lo fece contro il
Fascimo, rimanendo 8 anni in carcere.

La notizia è stata
divulgata, d'intesa con la famiglia, dal segretario del Partito
democratico Walter Veltroni, amico di vecchia data di Foa. «È un
immenso dolore per noi, per il popolo italiano, è un immenso dolore -
afferma Veltroni in una nota - per gli italiani che credono nei valori
di democrazia e libertà, per l'Italia che lavora, per il sindacato a
cui Vittorio Foa ha dedicato la parte più importante della sua vita».
«È un dolore per me personalmente - prosegue Veltroni - perché Vittorio
Foa incarnava ai miei occhi il modello del militante della democrazia,
un uomo con una meravigliosa storia di sofferenza, di lotta e di
speranza, un uomo della sinistra e della democrazia, mosso da un
ottimismo contagioso e da un elevatissimo disinteresse personale».

Tutto
il mondo politico e culturale si sente più solo. Il presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano esprime «profonda commozione personale»
per la scomparsa di Vittorio Foa, che «è stato senza alcun dubbio una
delle figure di maggiore integrità e spessore intellettuale e morale
della politica e del sindacalismo italiano del Novecento». «La sua
dedizione alla causa della libertà, cui pagò da giovanissimo un duro
prezzo nelle carceri fasciste - scrive il capo dello Stato in un
messaggio alla famiglia Foa - la sua partecipazione alla Resistenza, il
suo appassionato e illuminato impegno nell'Assemblea Costituente e nel
Parlamento repubblicano, la sua piena identificazione, da combattivo
dirigente della Cgil e da studioso, con il mondo del lavoro, gli hanno
garantito un posto d'onore nella storia dell'Italia repubblicana. Egli
- prosegue Napolitano - ha dato prove esemplari del suo disinteresse e
del suo rigore e ha vissuto i suoi ultimi anni con riserbo e sobrietà,
rompendo in rare occasioni il silenzio per trasmettere messaggi sempre
lucidissimi di fede nei valori democratici e costituzionali. Anche per
il lungo rapporto di fraterna amicizia e di vivissima stima che a lui
mi ha legato - conclude il presidente della Repubblica - mi associo con
affetto al dolore dei famigliari e di quanti gli sono stati più vicini».

«Una
persona straordinaria, fresca, incredibile, originale e di grande
curiosità intellettuale». È il primo ricordo di Sandro Bartolomeo, l'ex
sindaco di Formia, amico da oltre vent'anni del sindacalista e politico
morto oggi nella sua casa nel quartiere vecchio di Castellone, nella
cittadina nel litorale a sud di Latina. «Non sono la persona più
indicata per parlare di Foa come uomo politico - racconta Bartolomeo -
io posso parlare della persona, dell'amico con cui ho trascorso anni di
vacanze, con cui ho passato ore a conversare di politica, di vita, di
tutto». Foa e Bartolomeo si erano conosciuti nel 1983 a Castelforte, in
provincia di Latina, dove Foa aveva una casa in campagna. Nell'89
decise poi di trasferirsi a Formia, «la città che ha scelto per il suo
clima buono, per la vicinanza con Roma e perchè qui - spiega ancora
Bartolomeo - aveva tante persone che lo coccolavano e che gli hanno
reso più facili gli ultimi anni della sua vita». Bartolomeo ricorda le
vacanze estive trascorse con Foa in Val d'Aosta e gli anni di amicizia
rafforzati dal fatto di essere diventati vicini di casa. «Eravamo tutti
una grande comunità allargata - racconta l'ex sindaco - lui e tutti i
suoi amici che arrivavano da tutta Italia». «C'è un insegnamento di
Vittorio - conclude Bartolomeo - che ricordo più di ogni altro: quello
di guardare oltre le cose, perchè c'è sempre una verità da capire, c'è
una strada sconosciuta da seguire con coraggio».

Foa era nato
a Torino il 18 settembre 1910. Antifascista della prima ora, fu
arrestato il 15 maggio 1935 e condannato a 15 anni. Condivise la stessa
cella con Ernesto Rossi, Massimo Mila e Riccardo Bauer, e nel frattempo
sposò il liberalismo di Benedetto Croce.

Dopo essere uscito dal
carcere nell'agosto 1943, nel settembre dello stesso anno entrò nel
Partito d'Azione (PdA), di cui divenne segretario assieme a Ugo La
Malfa, Emilio Lussu, Altiero Spinelli e Oronzo Reale, e per cui fu
rappresentante nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), prendendo
parte alla Resistenza.

Fu eletto deputato all'Assemblea
costituente per il PdA, e dopo lo scioglimento di quest'ultimo nel
1947, alla fine dello stesso anno passò al Partito Socialista Italiano
(PSI), per cui fu dirigente nazionale e, per tre legislature
(1953-1968), deputato.

Il 1948 fu l'anno in cui Foa entrò nella
Fiom nazionale; nell'ottobre 1949 entrò nella Segreteria nazionale
della CGIL di Giuseppe Di Vittorio, come vicesegretario responsabile
dell'Ufficio studi, e nel 1955 fu segretario nazionale della Fiom. Foa
divenne uno dei massimi teorici della linea politica dell'autonomia
operaia, che ispirò molti anni dopo la nascita dell'omonimo movimento
politico, e scrisse fra l'altro nel 1961 l'editoriale del primo numero
della rivista di Raniero Panzieri, Quaderni rossi, legata a quest'area.

Nel
1964, da una scissione a sinistra del PSI, nacque il Partito Socialista
Italiano di Unità Proletaria (Psiup), di cui Foa fu un dirigente
nazionale. Nel 1966-1968 cominciò a collaborare con La Sinistra
(giornale nato attorno a Silverio Corvisieri, Augusto Illuminati,
Giulio Savelli e Lucio Colletti) e nel 1969 con Il Manifesto, rivista
mensile omonima del gruppo politico originatosi da una scissione a
sinistra del PCI. Per qualche tempo Foa fu membro della direzione del
giornale, ma nel 1970 si dimise dalla Cgil e uscì dallo PSIUP,
ritirandosi brevemente a vita privata. L'idea di Foa era quella di
creare una forza politica che orientasse i gruppi rivoluzionari verso
una prospettiva di "governo delle sinistre" distogliendole da una
prospettiva rivoluzionaria.

Nel luglio 1974 il PdUP si unificò
al gruppo de Il manifesto e nacque il PdUP per il comunismo: Foa fece
parte, con Silvano Miniati, della sinistra del nuovo partito (circa il
44%). Col PdUP prese parte alla promozione della lista unica della
nuova sinistra, Democrazia Proletaria (DP), avvenuta nel 1975-76: per
questo cartello elettorale fu eletto nelle circoscrizioni di Torino e
Napoli ma rinunciò.

Foa in seguito preferì dedicarsi
all'insegnamento dopo aver accettato la cattedra di Storia
contemporanea nelle università di Modena e Torino.

Il 15 giugno
1987 venne eletto senatore come indipendente nelle liste del Pci, pur
non essendo mai stato comunista. Nel PCI rimase anche quando si
trasformò in Partito Democratico della Sinistra (Pds). Favorevole alla
partecipazione italiana nella Guerra del Golfo, nel 1992 abbandona la
politica attiva per dedicarsi alla stesura di alcuni libri, in gran
parte autobiografici: nel 2003 uscì ad esempio "Un dialogo", edito
dalla Feltrinelli e scritto a quattro mani con Carlo Ginzburg.

 
 
 

L' inquinamento puo' attendere  un anno(le banche no)

Post n°768 pubblicato il 20 Ottobre 2008 da hesse8


«Sul clima non siamo soli»

Berlusconi chiede lo stop Ue







Silvio Berlusconi



Il
presidente del Consiglio difende la posizione italiana, condivisa,
sottolinea, «da altri nove stati». E torna a chiedere la sospensione
del pacchetto clima almeno per un anno. Mentre il ministro delle
Infrastrutture Matteoli vorrebbe «rinegoziare il protocollo di Kyoto»



 





L'Italia
non si è avviata in solitaria a chiedere più tempo per l'applicazione
del pacchetto sul clima. Alla vigilia del Consiglio dei ministri
dell'Ambiente Ue, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi torna
in campo, dopo le polemiche di questi giorni, per difendere la
posizione italiana, condivisa, sottolinea, "da altri nove stati". E
accanto alla richiesta del governo di sospendere l'applicazione delle
misure anti-inquinamento per almeno un anno al fine di verificarne i
costi, oggi in Lussemburgo l'Italia chiederà anche, come annuncia il
ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, di "rinegoziare il
protocollo di Kyoto".


Più tempo, dice il premier, è necessario per "approfondire il tema
dei costi per la riduzione dell'anidride carbonica", posizione che "è
stata condivisa da altri 9 Stati". Non c'è quindi "nessun isolamento
dell'Italia in Europa", come scrivono "alcuni quotidiani. Non è
assolutamente vero", ribadisce il Cavaliere, sottolineando che
l'intento dell'Italia è di fare in modo che "i costi vengano sostenuti
in modo eguale da ciascun cittadino europeo. Altrimenti, a pagare di
più sarebbero i Paesi manifatturieri". E il polverone che si é
sollevato in questi giorni, altro non è che il "costume deteriore
dell'opposizione", abituata "a fare polemica anche contro il proprio
Paese".


E oggi l'Italia non solo ribadirà la sua proposta di adottare il
pacchetto europeo a dicembre, con l'inserimento di una clausola di
revisione, che consenta di riesaminarlo alla luce della valutazione di
impatto da effettuare nel 2009, ma chiederà anche di ridiscutere i
termini del protocollo di Kyoto, su cui, sostiene Matteoli, "c'é molta
timidezza, perché si ha paura di essere accusati di non voler
salvaguardare l'ambiente". Il ministro, che è stato titolare
dell'Ambiente nel 2001-2006, è sicuro che sul 2009 "si troverà
un'intesa", ma il problema vero sarà "la scadenza del 2012. E' lì che
noi dovremo lavorare - spiega - per far sì che il 2012 sia più sereno
perché altrimenti le nostre imprese allora saranno ancora più
penalizzate".


L'opposizione, spiega Pierluigi Bersani, non è contraria a chiedere
all'Unione Europea più flessibilità, ma chiede che il governo "non si
metta di traverso" in generale sul piano per la lotta ai cambiamenti
climatici. Un conto, insomma, è difendere le imprese italiane, un conto
è porre veti a un pacchetto necessario e che offre anche "delle
opportunità". Dello stesso parere Francesco Rutelli, secondo il quale
il governo "fa bene a negoziare condizioni che non svantaggino le
nostre imprese", ma deve "raccontare tutta la verità", e cioè che il
pacchetto sul clima dell'Unione europea "non contiene solo svantaggi ma
anche dei vantaggi e delle opportunità per il nostro Paese", a meno
che, al posto di un Paese moderno, non si voglia allineare l'Italia "ai
Paesi dell'Est, con un'industria super-inquinante e ai margini della
crescita economica".


È "assurdo - rincara la dose Ermete Realacci, ministro ombra
dell'Ambiente - che, invece di prendere come riferimento Paesi europei
avanzati e che investono in innovazione come Germania e Francia, il
premier chiami in causa e si allei con quelli dell'Est, che non
brillano certo per politiche ambientali virtuose". Le richieste
dell'Italia, invece, per Prc e Pdci dimostrano che il governo "è il
braccio armato di Confindustria", mentre i Verdi sono convinti che le
mosse del premier vogliano solo "far saltare tutto" il piano messo a
punto da Bruxelles.

 
 
 

Continuano le stragi bianche oggi 6 operai morti

Post n°767 pubblicato il 17 Ottobre 2008 da hesse8

A Ragusa un operaio cade in un silos di cioccolato. Tre lavoratori perdono la vita precipitando
Operaio folgorato nel Piacentino. Romeno schiacciato da lastre di marmo nel Casertano
Morti bianche, la strage continua
Sei vittime sul lavoro in 24 ore

Napolitano: "Basta". Schifani: "E' emergenza nazionale"











Morti bianche, la strage continua Sei vittime sul lavoro in 24 ore










ROMA - Ancora
infortuni mortali sul lavoro: sei vittime in ventiquattro ore. Dal Nord
al Sud, la tragedia delle morti bianche non sembra arrestarsi. A
Ragusa, un operaio di 38 anni, Giuseppe Tumino, è morto in una fabbrica
di cioccolato precipitando dentro un silos di cioccolato fuso. A Parma,
un artigiano siciliano, Giuseppe Tabone di 57 anni, ha perso la vita precipitando da un'impalcatura.
E poi c'è stata la morte di Massimiliano Strifezza, 33 anni, vittima
anch'egli di un infortunio sul lavoro in un cantiere edile a
Battipaglia, in provincia di Salerno. Un operaio è morto folgorato nel
Piacentino; un ventunenne ha perso la vita schiacciato da lastre di
marmo nel Casertano. E all'ospedale Cardarelli di Napoli, è morto
stamane Guido Palumbo, 35 anni, operaio, caduto ieri da una scala
nell'officina in cui lavorava. Una lista che sembra non avere termine.
Anche nel cantiere edile allestito nell'istituto alberghiero di
Roccaraso, in provincia dell'Aquila, è crollata stamane un'autogru e
tre operai, di cui due di nazionalità romena, sono rimasti feriti.






"Basta con le morti sul lavoro",
aveva detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano appena
cinque giorni fa, in occasione della 58esima Giornata nazionale per le
vittime. Ogni giorno in Italia rimangono uccisi tre operai, 1.200 morti
in un anno: gli infortuni sul lavoro - seppure in costante calo dal
2000 a oggi - sono quasi il doppio delle vittime degli omicidi,
due volte quelle della Francia e il 30 per cento in più rispetto a
Germania e Spagna. Così scrisse il Censis due mesi fa elaborando i dati
del 2007. "Le morti sul lavoro stanno diventando un'emergenza
nazionale", ha detto il presidente del Senato Renato Schifani.






La cronaca di queste ore supera la media delle statistiche. Giuseppe
Tumino è morto stritolato nella macchina per impastare la pasta di
cioccolato nella fabbrica dolciaria Ciocodor di Ragusa. Avrebbe dovuto
finire il suo turno di lavoro alle 19, ma a casa non è più rientrato.
Insospettita per il ritardo, la moglie ha chiamato il titolare
dell'azienda, che a sua volta ha avvertito la polizia. Gli agenti hanno
trovato il cadavere parecchie ore dopo: nessuno si era accorto della
tragedia.





Giuseppe Tabone, siciliano di Gela, trasferito da qualche anno a Parma
per lavorare in una ditta edile, è morto precipitando da un'impalcatura
alta cinque metri. Come Massimiliano Strifezza che lavorava in un
cantiere a Spineta, nel comune di Battipaglia: è rimasto schiacciato da
un pannello di copertura di un capannone.





Folgorato è morto invece un operaio albanese di 38 anni, colpito da una
scarica a Roveleto di Cadeo, nel piacentino: era su una piattaforma
aerea a circa otto metri da terra per eseguire dei lavori al tetto di
una casa, ha urtato i cavi dell'alta tensione ed è morto sul colpo.





Nel Casertano è morto schiacciato da lastre di marmo cadute da una gru
Costache Dan Cristian, 21enne romeno, operaio di una fabbrica di
lavorazione marmi in via Polvica a San Felice a Cancello. L'operaio si
trovava sotto gru quando improvvisamente la corda che teneva legati i
marmi si è spezzata.





Infine si è spento nell'ospedale di Napoli dove era ricoverato dopo la
caduta da una scala, Guido Palumbo, 35 anni. Cinque morti in un solo
giorno.

 
 
 
 
 

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