UN NATALE STRAORDINARIO

Post n°9 pubblicato il 22 Settembre 2006 da ragazzacciodlg1
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E' passato da allora un decennio, ma il ricordo di quel natale così straordinario resta racchiuso nelle sensazioni che ho provato, emozioni che tenterò di trasmettervi ma non è compito facile.

Premetto che non sono cattolico, nè tantomeno sono cresciuto in una famiglia capace di regalarmi quello spirito natalizio, che molti bambini vivono in quel periodo, premetto ancora che sono nettamente contrario agli sperperi dei quali  la gente si rende protagonista e ammetto che mi viene il voltastomaco pensando all'ipocrisia che permea quei giorni con i vari scambi d'auguri, però ammetto che mi piace assaporare lo spirito natalizio, inteso come festa dei bambini, attraverso i miei figli, ai quali cerco d'insegnare la carità ed i sentimenti di fratellanza verso gli altri, mi piace vedere i loro occhi brillare per i colori e gli addobbi che, ammetto, trasmettono calore allo spirito.

Quel natale mi trovavo per lavoro a Manila, una città dalle mille contraddizioni, come d'altronde tutte quelle con molti poveri e qualche ricco. Ai meravigliosi hotel superlusso facevano da contrappeso  le baraccopoli, una delle quali "Tondo", insieme ad alcuni colleghi volemmo visitare.

Debbo ammettere che se non avessi già visitato altri posti analoghi l'impatto con questa enorme baraccopoli sarebbe stato traumatico, soltanto chi è stato in questi posti può rendersi conto di cosa sia la vera povertà e come spesso il nostro mondo "evoluto" dimentichi chi è molto ma molto debole ed indifeso. Proprio dai più deboli ed indifesi di "Tondo" fummo accolti festosamente, i bambini stavano festeggiando il natale, erano allegri e con gli occhi intelligenti, ci sorridevano, per loro era bello che qualche occidentale si degnasse di rendergli visita.

Durante la permanenza all'interno di "Tondo", fummo avvicinati da un padre missionario, una di quelle anime coraggiose che, al contrario di una determinata cerchia clericale, sacrifica anche la vita per gli altri, il religioso ci testimoniò tutta la sua gratitudine per esserci avvicinati a quel posto ed a quei bambini, e ci propose di aiutarlo, travestendoci da babbo natale per portare ai bimbi i regali inviati loro dai genitori adottivi a distanza, lo seguimmo fino alla missione e ci travestimmo da babbo natale. Quando i bimbi arrivarono ci furono grida di contentezza tante risatine, ma la cosa più emozionante, da far venire la pelle d'oca fu vedere i loro sguardi mentre ricevevano piccoli doni che i grassi e gonfi bambocci occidentali, probabilmente avrebbero buttato via nella pattumiera, ringhiando con i genitori per non aver ricevuto l'ultimo regalo di grido. 

 
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Omaggio ad un grande scrittore

Post n°8 pubblicato il 09 Settembre 2006 da ragazzacciodlg1
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Aveva 94 anni. Lo scrittore, una voce del mondo arabo,
nel 1994 sfuggì a un attentato degli integralisti islamici.
E' morto Nagib Mahfuz
premio Nobel letteratura
I funerali domani nella moschea Al-Rashdan del Cairo
 
IL CAIRO - Un lutto ha scosso oggi il mondo della letteratura. Lo scrittore egiziano Nagib Mahfuz, 94 anni, premio Nobel nel 1998, è morto oggi in un ospedale al Cairo. Le sue condizioni di salute si erano aggravate una settimana fa. Ricoverato dal 16 luglio, in seguito a una caduta in casa che gli aveva procurato una ferita alla testa, Mahfuz, dopo un leggero miglioramento aveva avuto una grave emorragia al colon. Lo scrittore si trovava nello stesso ospedale cairota dove era stato curato nel 1994 in seguito al tentativo di omicidio da parte di integralisti islamici. I suoi funerali si terranno domani a mezzogiorno, ora egiziana, alla moschea Al-Rashdan del Cairo.

Nato nel quartiere popolare di al-Gamaliyyah al Cairo nel 1911, il narratore egiziano aveva iniziato a scrivere all'età di 17 anni. Nel 1930 si era iscritto alla facoltà di filosofia nella capitale egiziana contro il volere del padre e dei suoi insegnanti, ma il suo primo racconto venne pubblicato soltanto nel 1939. Altri dieci racconti uscirono prima della rivoluzione egiziana del 1952, dopo la quale smise di scrivere per vari anni. L'opera che lo consacrò definitivamente come scrittore all'interno del mondo arabo, per la sua capacità di descrivere la vita urbana tradizionale del suo paese, fu, però, la 'Trilogia del Cairo', nel 1957. E proprio quello fu l'anno in cui ricevette in Egitto il premio di Stato per la Letteratura.

Nel 1959, con 'Il rione dei ragazzi', pubblicato a puntate sulla rivista 'Al-Ahram', diede, invece, inizio ad una produzione letteraria caratterizzata da una nuova vena, che celava giudizi politici sotto allegorie e simbolismi. Tra le opere del secondo periodo, 'Il ladro e i cani'(1961), 'Chiacchiere sul Nilo' (1966) e 'Miramar' (1967). Nel 1988, fu il primo scrittore arabo a ricevere il Premio Nobel per la Letteratura. Fino al 1972 lavorò come direttore della censura per la Soprintendenza dei Beni aritistici e culturali, come direttore della Fondazione a sostegno del cinema e come consulente per gli Affari culturali al Ministero della Cultura. Ma gli anni successivi al suo ritiro dall'attività pubblica videro una rinascita della sua produzione creativa, in chiave più sperimentale rispetto alle opere storiche e realiste del primo periodo.

"Sono figlio di due civiltà: quella dei faraoni e quella islamica", ha detto di se stesso. La sua narrativa, impregnata della vita dei vicoli cairoti, attinge alla fonte della tradizione orale egiziana e del Maghreb, ma anche del vasto mondo a nord del Sahara, dall'Oceano Atlantico all'Eufrate. Nelle sue storie, dove talvolta i conflitti del presente trasfigurano nel mito, emergono con chiarezza i temi contemporanei, la difficoltà del postocolonialismo, la corruzione, i pregiudizi sociali, la droga e l'integralismo religioso.

E in occasione del Nobel, in una lettera bilingue, in inglese e in arabo, scrisse: "Parlo in una lingua sconosciuta a molti di voi. Ma è essa la vera vincitrice del premio" ha spiegato. "E le sue melodie galleggeranno per la prima volta nella vostra oasi di cultura e civiltà. Spero che non sia l'ultima".

La sua voce ha parlato potente al mondo arabo, quasi la metà dei suoi romanzi sono arrivati anche al cinema e i film diffusi in tutta l'area. In Egitto ogni sua pubblicazione era un evento culturale di grande rilievo e il suo nome menzionato in ogni discussione letteraria dal Golfo a Gibilterra. Ma è arrivata forte, tradotta in molte lingue, anche nel mondo occidentale, portatrice colta di un islam moderato , ferocemente contrario all'integralismo: "Sono dalla parte della conoscenza- ha detto Mahfuz- unica strada di salute in questo oceano burrascoso d'ignoranza nel quale viviamo".

A causa di queste convinzioni fu odiato e accusato di blasfemia dagli integralisti islamici, tanto che alcune sue opere vennero messe all'indice dall'autorità nel suo stesso paese perché considerate "irriverenti verso la religione".

E fu inviso a tal punto agli ambienti della Jihad da attirare su di sè una condanna a morte come lo scrittore indiano Salman Rushdie. La persecuzione si scatenò, in particolare, per il suo libro più contestato 'Il rione dei ragazzi' del '59, a lungo censurato in Egitto e in Libano. Nell' '89 la polizia gli offrì protezione, ma lui, che aveva già 77 anni, rifiutò: "Potrebbe disturbare la mia vita e sconvolgere le mie abitudini quotidiane", spiegò poi ai giornali. Dopo cinque anni di pace, però, la Jihad passò ai fatti: il 14 ottobre 1994, giorno del sesto anniversario del Nobel, un attentatore lo aggredì sulla soglia di casa, colpendolo con due coltellate alla gola. Lo scrittore si salvò per miracolo e per l'attentato vennero arrestati e processati sette estremisti islamici che, qualche mese più tardi, vennero condannati a morte.

"Se l'urgenza di scrivere un giorno mi abbandonasse, vorrei che quello fosse il mio ultimo giorno", aveva detto in occasione di un'intervista. E Mahfuz sempre al Cairo, città da cui non si era allontanato nemmeno per ritirare il Nobel, continuò a scrivere, senza temere le minacce, fino all'ultimo.

(30 agosto 2006)
Onore a te grande mahfuz da parte di chi ha provato enorme piacere nel leggere i tuoi racconti.

 
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Le Lolite

Post n°7 pubblicato il 28 Agosto 2006 da ragazzacciodlg1
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Sabato scorso mentre ero in giro nel mio quartiere mi sono imbattuto in un'amichetta, una "bambina" dodicenne, di mio figlio. La vista di questa fanciullina mi ha lasciato interdetto, la "bambina" in questione era abbigliata con la minigonna ed era intenta con atteggiamenti da donna vissuta a parlare al telefono cellulare.
 Quando mi sono ripreso una riflessione è, come avrebbe detto Lubrano, sorta spontanea, ma se questa lolita è già così disincantata ora, a vent'anni sarà ormai stanca ed annoiata da tutto.

Eppure non mi considero un bigotto, ipocrita e medioborghese, ho passato  una fetta della mia vita in modo non propriamente sano ed equilibrato in tutte le perdizioni che il mondo può offrirci sesso compreso.
 Mi reputo una persona dalla mente aperta e sicuramente non ho preconcetto alcuno, però quello che mi è capitato di vedere, forse perchè questa "bambina" è più vicina alla mia realtà familiare, mi ha realmente e negativamente colpito.
 Come mi colpisce negativamente che oggi è di moda, già a 16 anni, ostentare un perizoma che fuoriesce dai jeans.

Vorrei accettare ma non ci riesco.

 
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L'abbigliamento.

Post n°6 pubblicato il 23 Agosto 2006 da ragazzacciodlg1
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L'abbigliamento è l'espressione della società. (Balzac)

Si proprio così scriveva il grande autore francese, ora vorrei soffermarmi proprio su questa schiavitù, che sta creando, in special modo nella nostra Repubblica "democratica", un popolo , passatemi il termine, di bambocci, proprio così di bambocci, costretti a prostituire il proprio ego, pur di indossare, a prezzi da capogiro, capi d'abbigliamento che mi procurano una sonora risata quando li vedo .

In particolare trovo indegno che su questo pianeta, dove una grossa percentuale umana lotta per sopravvivere qualche ora in più, in questo paese di, e parlo soprattutto di quelli del mio sesso, checche mancate, si debbano spendere somme esorbitanti per acquistare un'effimero cinturone, tra l'altro di dubbio gusto, un jeans (indumento nato per il lavoro) rattoppato, un paio di mutande firmate (così lo stilista potrà dire a ragione che ti ha preso per il culo)  o magari un paio di occhiali da sole dietro l'accensione di un mutuo.

Voglio cocludere qui per non urtare oltremodo coloro che passeranno in quest'angolo, con una domanda, se come scriveva Honoré "l'abbigliamento è l'espressione della società", questa società non farebbe meglio a passeggiare nuda ? 

 
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ER SERCIO

Post n°5 pubblicato il 03 Agosto 2006 da ragazzacciodlg1
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dal Meo Patacca, Canto IV, ottave 66-74

Ma poi dà al fongo1 una calcata in testa,
Due passi innanzi rivoltato in costa 2
,
Vuò trovà modo de spiccià ’sta festa
3
.
Fa prima una sbracciata
4
, e poi s’imposta,
Piglia la mira dritta dritta, e in questa
Nol falla mai
5
se nol facesse a posta;
Ma perché fa da vero, a fé
6
non sbaglia,
Giusto in dove ha mirato, el selcio
7 scaglia

Scena del duello a serciate tra Meo Patacca e Marco Pepe, tratto dal Meo Patacca

1. - cappello
2. - rivolto di fianco
3. - di sbrigare questa faccenda
4. - scioglie il braccio prima del lancio
5. - non sbaglia mai
6. - certamente, senz’altro
7. - sasso

E' partita la sostituzione della "storica" pavimentazione sulle strade dove passano i bus.
Via Bissolati, spariti i sanpietrini.

(LEGGO: edizione romana 3 agosto 2006).

Ed ecco che sparirà un altro segno di quello che sono state le città un tempo, si, lo so, sarà pure come dicono gli amministratori, lo so, i motociclisti continuavano a scivolare  sugli avvallamenti creatisi, va bene, so anche che il traffico urbano, soprattutto con gli autobus, scuote troppo le strade lastricate da questi cubetti di basalto, ma che ce posso fà, proprio nun riesco ad accettà anche questo scempio, se penso a quante rote de carozzelle so passate su li serci, de nobili, papi, borghesi e popolani, quanti zoccoli de cavallo  hanno battuto su di loro emettendo quel suono che me piace tanto, so divennati armi durante le rivorte ed ora vengon sacrificati, come tante altre belle cose, a causa der "progresso", allora sapete che ve dico, che quanno pel nome de sto "progresso" dovemo da sacrificà li bei ricordi, io che dentro sta Roma ce bazzico  sempre a fette, vorrebbi c'a esse sacrificati fossero  li mezzi de trasporto, lo so è utopia, ma nun ce posso fa nulla, vorrei accettà ma nun posso.

 

 
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