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DESIDERIO E FOLLIA

Post n°119 pubblicato il 31 Maggio 2011 da fittavolo

Avrebbe voluto piangere. Le lacrime lavano il dolore, ma la rabbia che aveva dentro glielo impediva. Allora prese il lume, il regalo avuto per il loro decimo anniversario di matrimonio e lo scaraventò violentemente sulla parete di fronte. Lui capì, il momento era giunto, finalmente l’avrebbe liberato. Finalmente la libertà.

Alessio pensava che col tempo le cose sarebbero andate a posto. Sperava di poter ritrovare il vigore iniziale, quello perso per strada in tanti anni di matrimonio. Ricorda con malinconia i primi anni, le corse per tornare a casa, il pensiero sempre impregnato della sua immagine. La voglia che aveva di lei, l’amore fatto tutte le sere senza mai stancarsi e quella goccia del suo profumo che metteva sugli indumenti per sentirla sempre vicino. Ma erano altri tempi, tempi lontani. Quando cominciò ad allontanarsi da Marta lo ricorda bene, fu un segnale molto forte, inconfondibile. Da tempo cercavano di avere un figlio, il loro amore doveva essere premiato, lo desideravano ardentemente entrambi. Però gli sforzi fatti non davano alcun risultato, così dopo averci tanto provato decisero di rivolgersi a uno specialista. Seguirono scrupolosamente tutti i consigli del medico, senza esito. Fecero degli esami e attesero impazienti i risultati. Di chi era la colpa, si chiedevano dentro, mentre i loro sguardi s’incrociavano. Quei giorni di attesa furono lunghi e penosi, tanti quanto il silenzio che calò tra loro. Inutile far finta di niente qualcosa era cambiato.
“Bisogna che ne parliamo” le diceva Alessio.
“Va bene, anch’io ne ho il bisogno” gli rispondeva Marta.
Finivano a letto a far l’amore, come sempre, lasciando parlare i loro corpi. Quel linguaggio fatto di carezze e di piacere li appagava, ma non tranquillizzava completamente l’animo. Quando arrivò il risultato degli esami il medico li convocò nel suo studio, li fece accomodare e parlò con molta franchezza.
“Non c’è nessun problema, siete giovani e sani, non c’è nulla che vi impedisca di avere dei figli – fece una pausa – bisogna solo che vi impegnate di più. Tutto qui”.
Alessio tirò un sospiro di sollievo, guardò Marta sorridere, le prese la mano e tornarono a casa. Nulla poteva impedirgli di avere un figlio, nulla poteva ostacolare questa gioia. Presero a fare l’amore come ossessi. Quando capitava e dove capitava non aveva alcuna importanza, l’unico interesse era seguire l’istinto. Dopo aver assodato che non c’era nessuna barriera fisica, decisero di affidare alle loro sensazioni il momento giusto per farlo. Ogni percezione fu sfruttata per accoppiarsi. A volte era il semplice profumo di un fiore a farli appartare, altre volte l’aver incontrato donne in dolce attesa. Qualsiasi segno poteva essere quello giusto, ma Marta continuò puntualmente col suo mestruo. Erano passati due anni da quel “tutto qui” pronunziato con tanta facilità dal medico, quando decisero di tornarci.
“La fecondazione assistita, può essere una soluzione. Tante coppie con il vostro stesso problema l’hanno fatta con risultati positivi nel giro di pochi mesi. Vedete a volte l’affetto, l’amore non basta a far fare alla natura il suo corso, bisogna darle una mano. Come vi ho già detto non avete nulla di fisico che non va, tuttavia se la gravidanza vi sfugge bisogna andare oltre. Non c’è niente di male nel farlo e oltre tutto nel vostro caso i soggetti coinvolti sarete voi soltanto – Marta aggrottò la fronte e divenne cupa – in tanti pensano che sia una cosa contro natura, in tanti si pongono problemi etici e morali, ma il desiderio di un figlio è una forza straordinaria che aiuta a superare qualsiasi ostacolo. Alternative che danno un risultato immediato e sicuro non ne conosco” concluse.
Marta era scioccata e delusa, non disse nulla. Alessio percepì il disagio e tagliò corto con un le faremo sapere e la portò via. Seduti sulla panchina del parco guardavano gli uccellini svolazzare tra gli alberi. Al centro c’era una di quelle costruzioni multifunzionali dove una decina di bambini stavano giocando. La domanda era palese sul volto di Marta “perché?”, ma Alessio non seppe risponderle. Rimasero in silenzio. Gli odori dei fiori non erano più uno stimolo, le donne in attesa furono ignorate, tutto aveva perso di significato.
“La proposta del dottore non è da buttare” azzardò Alessio.
“Non mi interessa” disse Marta tra i denti.
“Abbiamo provato di tutto, proviamo anche questa” continuò Alessio.
“Non lo voglio fare…possibile che non capisci, possibile?” disse Marta.
Alessio si alzò, le dava le spalle, guardava i bambini giocare.
“Cosa c’è da capire, lo vuoi o no un figlio, questo tuo atteggiamento è inopportuno” le disse senza voltarsi.
“Inopportuno? Inopportuno è il tuo atteggiamento, cosa credi che non l’ho capito? Da tempo hai perso le speranze, da tempo ti sei arreso. E questo per te è solo un’opportunità per scrollarti di dosso il pensiero. Io un figlio lo voglio, ma deve essere una cosa tra noi, mia e tua e di nessun altro” disse Marta.
Alessio rabbioso stringeva i pugni, Marta aveva capito, aveva percepito il suo distacco e ora glielo aveva detto.
“Questa storia era diventata un’ossessione, non l’ho sopportato più. Ci sono stato, ci sono sempre stato, ma a un certo punto lo facevo solo per te, solo perché tu fossi felice. I continui tentativi finiti nel vuoto mi hanno convinto che così non potrò mai avere un figlio. Anche se ti amo, anche se non abbiamo limiti fisici, ho smesso di crederci e mi dispiace di non essere stato tanto bravo a nascondertelo. Convinciti anche tu e accetta la proposta del dottore” concluse Alessio.
Marta scappò via piangendo.
Dopo quella volta ne parlarono ancora, ma con un tono più pacato. Alessio non aveva più insistito e Marta aveva accettato l’atteggiamento arrendevole del suo uomo, in fondo non era fondamentale crederci, le bastava il suo seme e un pizzico di fortuna, così l’avrebbe recuperato. Però qualcosa in Alessio cominciò a cambiare. Amava Marta, ma non la sua ossessione che divenne ben presto un ostacolo insuperabile. Seppure non perse la speranza di recuperare il vigore iniziale cominciò a maturare la possibilità di farla finita, di lasciare Marta al suo destino e cercarne uno per sé. Quando un tarlo si insinua nella testa e lavora lavora lavora la conclusione non può essere che una: cambiare vita. Alessio a malincuore scrisse la lettera che lasciò nella camera da letto, sul comodino di Marta. Era una lettera triste dove le raccontò delle speranze perse alla ricerca di un bambino, della sua vita compressa da un amore che implodeva e risucchiava tutto senza lasciare speranza alcuna e della sua vigliaccheria per non aver avuto il coraggio di affrontarla e dirle tutto guardandola negli occhi. Non c’era un attimo da perdere, doveva andar via prima del suo ritorno. Prese un borsone vi mise il minimo indispensabile e senza curarsi d’altro salì in macchina e andò. Marta aprì la porta di casa, mentre il cielo diventava nero. Una folata di vento la investì, da qualche parte c’era una finestra aperta. La lettera spinta dall’aria cadde, scivolò sul pavimento sospinta da un alito potente e come per magia sparì sotto l’armadio. La porta della camera da letto sbatté, facendo rabbrividire Marta. Chi può aver lasciato la finestra aperta, Alessio? No lui no, è sempre stato attento a queste cose. Dei ladri? Questa ipotesi la impaurì. Accese le luci e facendosi coraggio entrò in camera, dove non trovò nessuno e non notò nulla di strano oltre alla finestra aperta. La chiuse e cominciò a preparare la cena. Il temporale iniziò poco dopo, senza alcun preavviso l’acqua scese a fiotti. I lampi erano dei flash di fotografi misteriosi che nascosti tra le nubi aumentavano l’ansia di Marta per Alessio: a quell’ora doveva essere per strada, sotto il temporale. Un fulmine illuminò a giorno l’intero quartiere e subito dopo si trovò al buio, investito da un enorme scoppio.
Dopo il temporale tornò il sereno, la tenue luce del tramonto rischiarava le strade bagnate e Marta alla finestra aspetta il ritorno di Alessio. Il telefono squillò “Alessio” disse Marta percorrendo il corridoio verso l’apparecchio.
“La signora Bestetti” disse una voce.
“Sì, sono io” rispose Marta.
“Mi spiace, suo marito ha avuto un brutto incidente”.
Il letto sul quale Alessio giaceva, occupava buona parte della stanza del bambino. Era un letto ospedaliero per paralitici. Al lato un macchinario controllava continuamente le funzioni vitali. Gli occhi erano le uniche parte del corpo che riusciva ancora a muovere e con loro comunicava. Marta era sempre al suo fianco, rammaricata per il suo stato ma felice perché era vivo. La loro vita cambiò radicalmente, ma non smisero di far l’amore: Marta non aveva rinunciato ad avere un figlio. Anzi, da un po’ di tempo sentiva che qualcosa doveva succedere, lo sentiva dentro, come se da un momento all’altro dovesse ricevere una visita, qualcuno che non sarebbe più andato via, che avrebbe abitato con loro. Un bambino appunto. Decise così di fare dei cambiamenti in casa. La stanza del piccolino doveva essere pronta al suo arrivo. C’era da spostare Alessio nella loro camera, cambiare il loro vecchio letto, effettuare tutte le modifiche necessarie al fine di sistemare tutto al meglio. Alessio non era felice. Non voleva un figlio non voleva seguire la moglie nella sua assurda idea. Voleva solo farla finita, che vita avrebbe potuto garantire a suo figlio, che vita era la sua. Da tempo pensava di farla finita, di staccare la spina ed esalare l’ultimo respiro. Ma come? Solo Marta poteva aiutarlo ad esaudire questo suo proposito. Ma Marta era impazzita. Pazza di desiderio di un figlio lo violentava tutti i giorni, tranne durante il mestruo, quando il suo viso diventava scuro esprimendo la delusione per l’ennesimo fallimento.
“Ci riproviamo ancora” questa era la frase che diceva e Alessio chiudeva gli occhi sperando di volare via, di scomparire.
Un muratore, un imbianchino, un elettricista erano i professionisti che Marta aveva chiamato. I lavori cominciarono. Il letto fu smontato e portato via. I comodini, l’armadio e il comò furono spostati al centro della stanza.
“Signora abbiamo trovato questa lettera sotto l’armadio” disse l’imbianchino a Marta mostrandogliela. Era tutta impolverata, su c’era scritto chiaramente “PER MARTA”. Alessio ascoltò, ebbe un brivido. Da tempo si chiedeva che fine avesse fatto, se Marta l’avesse letta. Non ebbe mai il coraggio di chiederglielo.
Avrebbe voluto piangere. Le lacrime lavano il dolore, ma la rabbia che aveva dentro glielo impediva. Allora prese il lume, il regalo avuto per il loro decimo anniversario di matrimonio e lo scaraventò violentemente sulla parete di fronte. Lui capì, il momento era giunto, finalmente l’avrebbe liberato. Finalmente la libertà.

 

 
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