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(Tatanga Mani)
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“Attenzione: abbiamo un baratro davanti a noi. Se camminiamo con la testa rivolta all'indietro ci caschiamo dentro”
Mi resta poco spazio per spiegare meglio perché sarebbe limitativo e fuorviante dichiararmi "comunista". Credo in primo luogo che la sinistra senza aggettivi dovrebbe attuare una drastica revisione del suo albero genealogico e della sua storia. Non solo perché il crollo dell'Urss e dei regimi che per decenni hanno rappresentato il "comunismo" e i suoi ideali nel mondo costituisce un fardello così pesante sulle sue spalle, da minare alla base le prospettive di successo di ogni nuovo soggetto politico che si richiami a quell'esperienza storica. Ma anche perché bisogna rendersi conto che un termine come "comunismo", decontestualizzato dall'epoca in cui si è incarnato nelle azioni e nelle esperienze, nelle sofferenze e nelle passioni, di milioni e milioni di donne e uomini non significa in sé più nulla per chi non le ha vissute, o addirittura può evocare indifferentemente, a seconda delle interpretazioni soggettive individuali, sentimenti totalmente privi di riferimento con la realtà sociale di oggi.
Non basta. Occorre soprattutto non costringere una eventuale futura sinistra in un letto di Procuste che ne tagli via parti vitali ormai indispensabili per affrontare con speranza di successo le tempeste che aspettano i ragazzi di oggi. Penso soprattutto all'indispensabile contributo di altre culture alternative all'ideologia del capitale, estranee alla - se non addirittura combattute dalla - tradizione comunista. Con quale presunzione si pensa di poter cooptare Gandhi a fianco della "dittatura del proletariato"? E come faccio a dimenticare che cinquant'anni fa io stesso in prima fila, sostenevo che il comunismo avrebbe "sottomesso" la natura al potere dell'uomo? E ancora, anche senza sfiorare i temi del pensiero femminista rispetto ai quali sono del tutto impreparato, come non ricordare che le idee di Rosa Luxemburg sono state completamente emarginate nel movimento comunista mondiale dal leninismo imperante?
Attenzione: abbiamo un baratro davanti a noi. Se camminiamo con la testa rivolta all'indietro ci caschiamo dentro.
(Brano tratto dall’articolo di Marcello Cini su Liberazione del 26 ottobre 2008)
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