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un potere naturale

Post n°65 pubblicato il 09 Gennaio 2011 da m_de_pasquale
 
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Abbiamo già problematizzato (vedi i post precedenti) l’idea di potere per tentare di recuperare significati nascosti a causa del predominio di altri nel modo comune d’intenderla. In particolare l’obiettivo che ci stiamo proponendo è quello di liberare l’idea di potere dalla tirannia dell’economico che ne esalta sensi aggressivi (dominio, …) funzionali al sistema economico-tecnico, rafforzando la convinzione che per l’uomo c’è poco da decidere in quanto tutto è già deciso. La liberazione di altri significati del potere ritaglia spazi sempre più ampi per la decisione umana mettendo in crisi la tirannia del sistema, la necessità insita in esso. Ora vogliamo tentare delle applicazioni pratiche lavorando su alcuni ambiti caratterizzanti il nostro essere al mondo. Cominciamo dal nostro rapporto con la natura: in alternativa ad un esercizio depredatore del potere sulla natura, è possibile mettere in atto un potere più rispettoso?  La tecnica moderna non rispetta la natura perché la tratta come un “fondo a disposizione”, come materiale da sfruttare. Direbbe Heidegger che se la tecnica antica assecondava il dispiegamento dell’energia della natura, quella moderna intende possedere ed accumulare questa potenza:  “Lo svelamento che vige nella tecnica moderna è una pro-vocazione, la quale pretende dalla natura che essa fornisca energia che possa come tale essere estratta e accumulata. Ma questo non vale anche per l’antico mulino a vento? No. Le sue ali girano sì spinte dal vento, e rimangono dipendenti dal suo soffio. Ma il mulino a vento non ci mette a disposizione le energie delle correnti aeree perché le accumuliamo in un fondo a disposizione”. Quanto pesa questo sfruttamento della natura volto a possedere ed accumulare la sua potenza? E quali conseguenze potrebbe avere per la nostra stessa vita sul pianeta? Dal 1996 due studiosi, Mathis Wackernagel e William Rees, hanno escogitato una formula per misurare con precisione il peso dell’impatto dell’azione umana sulla Terra: il calcolo dell’impronta ecologica. Al di là della complessità della formula matematica (ma esistono modalità di calcolo più accessibili), il concetto di impronta ecologica è semplice. Immaginiamo una città sotto una cupola di vetro emisferica trasparente che faccia passare luce ma non permetta il passaggio di cose materiali; all’interno di questa cupola i cittadini per vivere hanno bisogno di una quantità di terreno (zone agricole, foreste, fiumi ecc.) che dia le risorse necessarie e assorba gli scarti prodotti. Il territorio racchiuso sotto la cupola corrisponde all’ “impronta ecologica” di quei cittadini, mentre la capacità produttiva e quella di sostenere la vita di quel territorio è la “biocapacità”:  in condizioni di equilibrio  la biocapacità (= disponibilità di risorse) deve essere equivalente all’impronta (= domanda di risorse). Pertanto si definisce l’Impronta Ecologica di una data popolazione o economia la superficie di territorio (terra e acqua) - indipendentemente da dove tale territorio sia situato - ecologicamente produttivo (delle diverse categorie quali terreni agricoli, pascoli, foreste,  ecc.) che è necessaria per: a) fornire - a tempo indeterminato - a quella popolazione tutte le risorse di energia e materie prime; b) assorbire - a tempo indeterminato - gli scarti di quella popolazione, considerato il suo attuale livello tecnologico. Gli ultimi dati a nostra disposizione, quelli del 2007, ci dicono che l’impronta ecologica sopravanza la biocapacità della terra della metà come attestato dal Living Planet  Report 2010: “Durante gli anni ’70, l’umanità ha oltrepassato la soglia in cui l’Impronta ecologica annuale era pari alla biocapacità annuale della Terra, ossia, l’umanità ha iniziato a consumare le risorse rinnovabili a una velocità maggiore di quella impiegata dagli ecosistemi per rigenerarle e a rilasciare un quantitativo di biossido di carbonio maggiore di quello che gli ecosistemi riescono ad assorbire. Questa situazione è chiamata “superamento dei limiti ecologici” (overshoot) e, da allora, è progredita ininterrottamente. L’ultimo calcolo dell’Impronta ecologica mostra come questo trend non abbia subito alcuna flessione. Nel 2007, l’Impronta dell’umanità ammontava a 18 miliardi gha [1 gha rappresenta la capacità produttiva di 1 ettaro – ha - di superficie con la produttività media mondiale], o 2,7 gha pro capite. La biocapacità della Terra era pari solo a 11,9 miliardi gha, o 1,8 gha pro capite. Ciò equivale a un superamento dei limiti ecologici del 50%. Ciò significa che la Terra necessiterebbe di 1 anno e mezzo per rigenerare le risorse rinnovabili utilizzate dall’umanità nel 2007 e assorbire tutta la CO2 prodotta. In altre parole, nel 2007 l’umanità ha utilizzato l’equivalente di 1 pianeta e mezzo per sostenere le proprie attività”. Nel 2010 il giorno del superamento dei limiti ecologici (Earth Overshoot Day) è stato il 21 agosto. Come è ovvio l’impronta ecologica non è la stessa per tutte le parti del pianeta, esiste una grande differenza fra la domanda esercitata sugli  ecosistemi da persone che vivono in paesi diversi. Per esempio, se ogni persona nel mondo vivesse come un abitante medio degli Stati Uniti o degli Emirati Arabi Uniti, per fare fronte ai consumi e alle emissioni di CO2 di tutta l’umanità sarebbe necessaria la biocapacità di 4,5 pianeti Terra. Di contro, se ognuno vivesse come un abitante medio dell’India, l’umanità utilizzerebbe meno della metà della biocapacità attuale della Terra.  Ed allora come declinare il nostro potere nei confronti della natura affinchè essa non venga distrutta estinguendo la vita sulla terra? Scoprendo otto significati nascosti dell’idea di potere: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare. (Potere - 8  precedente   successivo)

 
 
 
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