Creato da melanie_klein il 12/11/2008

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Una grande svolta in psicoanalisi

Post n°4 pubblicato il 03 Dicembre 2008 da melanie_klein

Una giovane ebrea di origine russa, viene ricoverata dalla famiglia in una clinica psichiatrica. La ragazza peggiora di giorno in giorno finché non interviene il giovane psichiatra Carl Gustav Jung, pupillo di Freud e deciso a utilizzare le metodologie del maestro viennese. La cura ha pieno e inaspettato successo. Ma tra paziente e ammalata nasce un rapporto che ben presto diventerà amoroso, tanto da mettere a rischio la sanità - non solo mentale -di entrambi.

Ma chi era Sabina e cosa ha fatto?
E’ stata una delle prime donne a praticare e scrivere come terapeuta della malattia psichica; seguace della psicoanalisi, si era laureata in medicina e specializzata in psichiatria e aveva portato la psicoanalisi in URSS.
Sabina, in seguito alla morte della sorella, viene colpita da frequenti e violente crisi depressive, al punto che, a 19 anni, i genitori la portano nel famoso ospedale psichiatrico Burgholzli di Zurigo dove viene affidata alle cure del giovane dottor Carl Gustav Jung. Ad un mondo di docce fredde, camicie di forza e urla risonanti per i corridoi,
Jung contrappone l’utilizzo del mezzo umano per eccellenza: la parola.
Purtroppo o per fortuna, i due si innamorano. Oggi possiamo chiamare questo Transfer e Controtransfer( quest'ultimo mal gestito). Grazie alla loro vicenda fu proprio Freud a spiegarne il significato e le dinamiche.
Sabine a seguito delle cure e della relazione con Jung  guarisce e a Mosca  si specializza nel campo della psicoanalisi e della psicologia infantile e diventa direttrice dell’asilo bianco, cosiddetto dal colore con il quale erano dipinti i suoi interni. L’asilo bianco, fondato da Vera Schmidt, rappresenta un esperimento ambizioso in cui Sabina non smise mai di credere: in esso i bambini venivano fatti crescere in assoluta libertà, per aiutarli a diventare uomini veramente liberi.

Una donna che con fermezza e dignità fu capace di mantenere fede a se stessa. Riusci a non perdersi, prima nella malattia, poi in un rapporto molto intenso e coinvolgente con Jung e nemmeno nel rapporto prevalentemente epistolare, spesso conflittuale, con Freud e la società psicoanalitica del tempo: cosa sicuramente non facile per una giovane donna che nei primi anni del '900 intraprese la professione di medico e di psichiatra.

“Quando morirò voglio essere seppellita sotto una quercia, e voglio che qualcuno scriva: ‘Anche lei era un essere umano’……”

In questa semplice frase è forse racchiuso il testamento spirituale di Sabina Spielrein.
Anche lei era un essere umano? Oh si che lo era... e guardate l'effetto che ha avuto su di me! Perfino su Freud che grazie a lei è riuscito a capire le dinamiche del tranfert e controtransfert.

 
 
 

Il Modello Psicodinamico

Post n°3 pubblicato il 19 Novembre 2008 da melanie_klein

Il modello psicodinamico è quella branca della psicologia che spiega i fenomeni mentali come il risultato di un conflitto. Esso deriva da forze inconsce che cercano di manifestarsi e richiedono un costante controllo da parte di forze opposte che ne impediscono l’espressione.


Siamo dunque personaggi che mettono in atto un copione scritto dall’inconscio: tutto ciò che scegliamo per la nostra vita è determinato da forze inconsce tra loro in relazione dinamica.


Gli psicoterapeuti che aderiscono a questo approccio si avvicinano ai pazienti cercando di sottolineare cosa in questi sia unico, dando così un estremo valore al loro mondo interno.


La massima importanza viene data al periodo infantile dato che gli schemi formatasi in quel periodo persistono nella vita adulta: sin dall’infanzia certe specifiche modalità di relazionarsi con gli altri vengono interiorizzate e sono espresse automaticamente e inconsciamente come parte del carattere dell’individuo. Da qui il concetto di transfert, che si ha quando il paziente vive il medico come una figura significativa del proprio passato e proprio per questo propone nella terapia materiale terapeutico che va compreso.


Il modello psicodinamico moderno propone quattro aree teoriche psiconanalitiche:


1)                 la psicologia dell’Io, derivata dalla teoria psicoanalitica classica di Freud;


2)                 la teoria delle relazioni oggettuali, derivata dalla teoria di Melanie Klein;


3)                 la psicologia del Sé, fondata da Heinz Kohut;


4)                 le prospettive post-moderne formate da un insieme di teorie tra cui il costruttivismo, l’intersoggettivismo, le teorie interpersonali e il modello conflittuale-relazionale.


 


La psicologia dell’Io


La psicologia dell’Io vede il mondo intrapsichico come un mondo in conflitto tra le istanze. Il Super-Io, l’Io e l’Es combattono fra loro provocando angoscia. Quest’ultima avverte l’Io della necessità di un meccanismo difensivo che a sua volta porta alla formazione di un compromesso tra Es e Io. Tutte le difese hanno in comune la funzione di proteggere l’Io contro le richieste istintuali dell’Es e sono la rimozione (si eliminano dalla consapevolezza desideri, fantasie o sentimenti inaccettabili), lo spostamento (i sentimenti relativi a una data persona vengono reindirizzati verso un’altra), la formazione reattiva (si allontana un desiderio o un impulso inaccettabile adottando un tratto di carattere diametralmente opposto), l’isolamento dall’affetto (ricordi traumatici verranno richiamati facilmente alla mente, ma privati di qualunque sentimento concomitante), l’annullamento retroattivo (un’azione simbolica viene agita per cancellare un pensiero e un’azione inaccettabile), la somatizzazione (sentimenti dolorosi vengono trasferiti a parti del corpo) e la conversione (un conflitto intrapsichico viene rappresentato simbolicamente in termini fisici).


Nessuno è privo di meccanismi di difesa: la saluta e la malattia psicologica stanno su un continuum.


 


La teoria delle relazioni oggettuali


La teoria delle relazioni oggettuali sostiene che le pulsioni emergono nel contesto di una relazione e non possono pertanto essere mai separate da esse: le relazioni interpersonali si trasformano in rappresentazioni interiorizzate di intere relazioni, non di un singolo oggetto o di una persona.


Il conflitto inconscio, per questo approccio, non è semplicemente la lotta tra un impulso e una difesa come nel caso della psicologia dell’Io ma è anche lo scontro tra coppie contrapposte di unità interne di relazioni oggettuali.


Sebbene desideriamo mantenere l’illusione della continuità del Sé, in realtà siamo costituiti da Sé multipli e discontinui, costantemente ridefiniti da relazioni reali o immaginarie con gli altri. Si formano in noi dei Sé narrativi che possano dare coerenza emozionale alla nostra vita.


Paradosso della terapia è che nel momento in cui i pazienti apprendono a tollerare tutto ciò, cominciano a sentirsi più costanti e coerenti.


 


La psicologia del Sé


Questo approccio cerca di dimostrare che tutte le forme di psicopatologia si basano su difetti presenti nella struttura del Sé e che questi sono dovuti a disturbi delle relazioni Sé/oggetto-Sé nell’infanzia.


Mentre la psicologia delle relazioni oggettuali si interessa delle relazioni interne tra le rappresentazioni del Sé e quelle dell’oggetto, la psicologia del Sé sottolinea come le relazioni esterne aiutino l’individuo a mantenere autostima e coesione del Sé. Secondo Kohut il paziente ha un bisogno disperato, per mantenere il proprio senso di benessere, di certe particolari risposte da parte delle altre persone.


Gli altri non vengono considerati come individui separati ma come “oggetti”, come “funzioni” che possono gratificare i bisogni del Sé.


Il bisogno degli oggetti-Sé non viene, secondo Kohut, mai superato ma continua per l’intero corso della vita. All’essere umano sono indispensabili per sopravvivere le risposte convalidanti ed empatiche da parte degli altri, per mantenere un certo grado di stima. La maturazione e la crescita semplicemente ci allontanano dal bisogno di oggetti-Sé arcaici per portarci verso la capacità di utilizzare oggetti-Sé più maturi e adeguati.


Obiettivo della terapia è quindi rafforzare la debolezza del Sé in modo che si possa tollerare esperienze non ottimali con oggetti-Sé senza che si verifichi una significativa perdita di coesione.


 


Prospettive post-moderne


Comune all’insieme di teorie sviluppatasi recentemente in questo ambito è la sfida alla concezione di una verità oggettiva contenuta nel paziente che l’analista osserva in maniera totalmente imparziale. Secondo queste teorie infatti le percezioni che il clinico ha del paziente sono sempre influenzate dalla sua soggettività. Esse riconoscono l’esistenza di una realtà esterna ma sottolineano come ciascun partecipante nella diade analitica sia portatore della propria prospettiva che riguarda quella realtà.


Per quanto riguarda l’ambito evolutivo, la maggior parte di queste teorie, in accordo con la teoria delle relazioni oggettuali, sottolineano il fatto che il bambino interiorizza un’intera relazione d’oggetto e che ogni interazione “faccia a faccia” è costruita insieme o regolata in senso biunivoco.

 
 
 

ODIO, AVIDITA' AGGRESSIVITA'

Post n°2 pubblicato il 17 Novembre 2008 da melanie_klein
 

I due grandi istinti primari: fame e amore, ovvero istinto di auto-conservazione e quello sessuale sono fra i principi fondamentali della nostre manifestazioni emotive quotidiane. Infatti la nostra vita tende essenzialmente a un doppio obiettivo: assicurarci i mezzi di esistenza e trarne al tempo stesso piacere. 
Parliamo di odio in senso distruttivo e disintegrante che tende verso la privazione e la morte, e di amore come di una forza armonizzante, unificatrice e tendente alla vita e al piacere.
E' necessario però fare due riserve: l'aggressività, che è strettamente collegata all'odio, non è totalmente distruttiva o dolorosa, ne i suoi scopi, ne il suo funzionamento; e l'amore che germoglia dalle forze vitali ed è cosi strettamente connesso con il desiderio, può agire aggressivamente e perfino distruttivamente. lo scopo fondamentale della vita è vivere e vivere piacevolmente. Nel tentativo di raggiungere questo ognuno di noi cerca di affronare le forze distruttive e di sistemarle dentro di sè sfogandole, deviandole e fondendole in modo da ottenere la massima sicurezza nella vita e magari anche dei piaceri. I differenti risultati tra individui sono il prodotto della costante interazione dalla nascita alla morte di due fattori variabili: la forza delle tendenze amore e odio (emotive) e l'influenza dell'ambiente.

 continua...

 
 
 

I LUOGHI COMUNI IN PSICOLOGIA

Post n°1 pubblicato il 13 Novembre 2008 da melanie_klein

E' un classico. Ogni volta che salta fuori che si vuole studiare psicologia, c'è qualcuno che commenta: "Occhio, che questa ci legge nella mente appena apriamo bocca!" "D'ora in poi dovremo stare attenti a parlare con te!" "Qua verremo tutti psicanalizzati!" "Ragazzi, salterà fuori che siamo tutti matti!" Per non parlare poi del domandone: "Stanotte ho fatto questo sogno:cosa vuol dire?" Insomma: sembra che siano veramente in molti a pensare che la laurea in psicologia dia il potere di aprire la testa della gente. E dire che oramai siamo pieni di pubblicazioni e di siti che parlano di psicologia ai non-esperti. E allora come mai, nonostante questa mole di informazioni disponibili per chiunque, continuo a sentire frasi come quelle che avete appena letto? Forse il problema sta proprio qui: tutti si affannano a spiegare CHE COS'E' la psicologia. E nessuno si prende la briga di spiegare cosa NON E', e cosa gli psicologi NON FANNO. E' così che le leggende metropolitane nascono, crescono... e viaggiano, viaggiano, viaggiano... Perchè nessuno si preoccupa di smentirle. Di chi è la colpa? Ognuno ha le sue idee. C'è chi pensa che dipenda dagli psicologi, che non sanno spiegare correttamente quel che fanno. Qualcun altro ritiene che siano i media a non informarsi abbastanza e a dare le notizie con superficialità. E qualcun altro ancora, per par condicio, dà la colpa a entrambe le categorie.
Semplicemente, la psicologia è una disciplina difficile da rendere appieno ai non addetti ai lavori. I media poi hanno una difficoltà supplementare, che non dipende dall'argomento ma dal linguaggio che devono adottare: stringato e facilmente comprensibile, con pochi giri di parole. Ovvio che poi qualcosa, in questo sforzo di sintesi, finisca per perdersi. Ed è anche ovvio che le informazioni così condensate appaiano un po' superficiali se non proprio distorte. Semplificare significa per forza anche snaturare un po': ma forse non c'è un'altra strada. E' questione di linguaggi diversi, insomma, non di colpe.

Morale della favola: i luoghi comuni possono fare molto male Perché creano false aspettative su quel che si può avere andando da uno psicologo. Perché creano frustrazione nei pazienti che pensano, in buona fede, di ottenere una cosa e invece ne ottengono un'altra. Perché creano difficoltà agli psicologi che cercano di fare il loro lavoro correttamente e rischiano di passare per incompetenti. Perché qualche paziente può pensare che la psicologia non sia che una gigantesca messinscena e rinuncerà a farsi aiutare, tenendosi il suo disagio.


In genere come reagite difronte a questo tipo di luoghi comuni?

 
 
 

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