immagine

 

Email CAT

immagine

                                     antifascistavt@libero.it

 

Area personale

 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Tag

 

Archivio messaggi

 
 << Maggio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31    
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 4
 

Ultimi commenti

Mi scuso per la mia risposta che non ha senso…: Vorrei...
Inviato da: girasolenotturno
il 29/04/2008 alle 23:26
 
Non amo definirmi con ideologismi, di cui troppa gente fa...
Inviato da: Anonimo
il 30/03/2008 alle 21:24
 
Auguri per una serena e felice Pasqua...Kemper Boyd
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 15:27
 
Auguri di un felice, sereno e splendido Natale dal blog...
Inviato da: Anonimo
il 25/12/2007 alle 21:42
 
Provate a fare un commento su questo blog di un becero...
Inviato da: Anonimo
il 28/07/2007 alle 16:31
 
 

FACEBOOK

 
 

Chi può scrivere sul blog

Tutti gli utenti registrati possono pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 

Ultime visite al Blog

borghettivaleriogiulio.tiradrittiDOCTRIXdixi5marcociullo94santinlpatriziolazzarinidonnini.f_fleons25angbel2009martinellipadpclsienasandro_milionigu.paskarimu
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

No Nazi

immagine
 
Creato da: antifascistavt il 06/07/2006
Coordinamento Antifascista della Tuscia

 

 
« Per non DimenticareNel Giorno del Ricordo c... »

Su Auschwitz

Post n°39 pubblicato il 01 Febbraio 2007 da antifascistavt
 

Pubblichiamo una interessante riflessione che ci è stata inviata tramite commento da un anonimo compagno.

Crediamo sia utile per un giusto approfondimento ed un giusto dibattito sul tema della banalizzazione del razzismo e della memoria.

Seppur lungo, ve lo pubblichiamo per intero, ringraziando chi ce l'ha inviato.

Coordinamento Antifascista della Tuscia

Inviato da Anonimo il 31/01/07 @ 00:48 via WEB

CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA G. LANDONIO -VIA STOPPANI ,15 21052 BUSTO ARSIZIO-VA -quart. SANT'ANNA Agire per capire, capire per agire Lotta, storia, analisi di classe "Il lavoro rende liberi": liberiamoci dal lavoro salariato! postato da s.b. Lunedi 26 Gennaio 2004 ore 22:22:26 Lager, campi di concentramento, camere a gas: risorse estreme dell’inesauribile sete di profitto del mostro denominato "capitale" Alle ore 11,59 del 27 gennaio 1945 le truppe russe entravano nel campo di sterminio di Auschwitz Esiste una notevole differenza tra storia e memoria. La storia conduce alla riflessione e, secondo percorsi razionali, rinvia al presente; la commemorazione a un processo di cristallizzazione che colloca il suo oggetto fuori del tempo. (Georges Bensoussan: L'eredità di Auschwitz. Einaudi, Torino, 2002) I soldati della Prima Armata del Fronte Ucraino, comandata dal maresciallo Koniev, entrarono nel campo di sterminio e scoprirono la "vergogna" di Auschwitz. In base alle indagini svolte immediatamente dopo la "scoperta" del lager, esperti inglesi, americani e russi, che lavorarono di comune accordo, stimarono in circa quattro milioni le persone che trovarono la morte nei forni crematori di Auschwitz-Birkenau. L'avanzata delle truppe russe in Polonia, in direzione della Germania, obbligò i gerarchi hitleriani a evacuare i prigionieri da decine di lager e a distruggere gli impianti di sterminio, che secondo le stime più attendibili servirono complessivamente per il genocidio di circa sei milioni di ebrei europei. L'ultimo trasporto dei prigionieri di ambo i sessi verso Auschwitz avvenne a piedi. Era il 18 gennaio. Nei giorni che precedettero la liberazione c'era nei prigionieri - secondo quanto riferirono i pochi sopravvissuti - una tensione drammatica. Nel campo si trovavano soprattutto coloro che non potevano camminare. Quasi subito dopo l'ultimo trasporto, gli ufficiali delle SS cominciarono a bruciare i magazzini appiccando il fuoco con i vestiti imbevuti di benzina, strappati agli uomini uccisi nelle camere a gas. Il 20 gennaio le SS fecero esplodere i forni crematori numero 2 e 3, e la notte tra il 25 e il 26 anche il crematorio 5. Come si è potuti arrivare a tanto orrore? Nell’Europa dominata dalla Germania, durante la seconda guerra imperialistica mondiale (1939-45), ha preso corpo il terrificante "Nuovo Ordine" preannunciato da Hitler nelle pagine del "Mein Kampf". Tale Nuovo Ordine, il cui presupposto ideologico è costituito dall’idea di una gerarchia razziale dei popoli da stabilire nel mondo, si basa, in sostanza, su uno sfruttamento brutale, a vantaggio del sistema capitalistico tedesco, di tutti i territori direttamente o indirettamente controllati dalla Germania, secondo criteri organizzativi diversi e a livelli diversi di intensità. Un primo livello è quello dei popoli formalmente indipendenti ma considerati quali satelliti della Germania, perché la loro economia capitalistica è organizzata, dai loro regimi fascisti asserviti a quello nazista, per rispondere alle necessità dell’economia capitalistica tedesca. Si tratta dell’Italia (chiamata a fornire alla Germania sia quei beni industriali che essa non produce a sufficienza, sia alcuni prodotti agricoli), dell’Ungheria (fornitrice soprattutto di carbone, alluminio e farine), della Romania (fornitrice soprattutto di grano e petrolio), della Bulgaria (da cui i tedeschi prelevano piombo, zinco e semi oleosi), della Slovacchia (fornitrice di carni, latticini e pellami) e, nelle intenzioni di Hitler per il dopoguerra, anche della Spagna e del Portogallo. Un secondo livello è quello dei popoli che, pur avendo un loro governo fascista, sono però sotto l’occupazione militare tedesca. Si tratta della Norvegia, della Croazia, dell’Olanda e della Francia, le cui condizioni sono miserrime perché la presenza dell’esercito tedesco significa il pagamento di tutte le spese dell’occupazione e l’influenza crescente dei movimenti di estrema destra locali, di ispirazione nazista e di comportamenti criminali. Un terzo e infimo livello è infine quello dei cosiddetti protettorati, direttamente amministrati dai tedeschi mediante propri governatori, senza alcuna autorità locale. Si tratta della Boemia-Moravia, della Serbia, del Wartegau (Polonia), della Curlandia (che include anche Lituania, Livonia, Estonia e Russia Bianca) e dell’Ucraina. Tutti questi territori sono popolati da slavi, che secondo l’ideologia hitleriana, costituiscono, insieme ad ebrei e negri, una razza inferiore e subumana, di cui perciò sarebbe legittima, in questa aberrante prospettiva, un’utilizzazione in condizioni di schiavitù a profitto della razza superiore tedesca. Ed effettivamente tra il 1941 ed il 1943 il regime hitleriano comincia a mettere in pratica queste idee, facendo uccidere intere famiglie di proprietari terrieri dei protettorati, passando le loro terre a coloni fatti venire dalla Germania, e mettendo a disposizione di tali coloni, in cambio dell’obbligo loro imposto di inviare in Germania una parte dei prodotti agricoli delle loro nuove proprietà, squadre di schiavi slavi per ogni sorta di lavoro. In condizioni di ancora più atroce schiavitù vengono posti i circa 3 milioni di prigionieri russi caduti in mano ai tedeschi nella campagna militare del 1941 ed i circa 9 milioni di ebrei rimasti nei territori controllati dalla Germania. Per costoro vengono creati nuovi lager oltre a quelli già esistenti in Germania da prima della guerra come Buchenwald e Dachau, tra cui i più grandi a Mathausen in Austria, a Flossenburg ed a Belsen in Boemia, ad Auschwitz ed a Treblinka in Polonia, affidati a reparti speciali delle SS con il compito di organizzare lo sfruttamento delle energie lavorative degli internati con il minimo costo (quindi distribuendo loro solo stracci per indumenti e solo scarti alimentari come cibo) e fino all’esaurimento (quindi assegnando loro mansioni massacranti ed uccidendoli non appena diano segno di essere malati od eccessivamente indeboliti). L’orrore di questi lager arriva al punto che vi è consentito persino l’uso degli internati come materia prima. Infatti, nella Germania di quegli anni vengono fabbricati saponi con grasso umano; pettini ed attaccapanni con ossa umane; borse, guanti e paralumi con pelli umane conciate. Altri internati sono usati come cavie di esperimenti chimici, chirurgici e farmacologici. Né si deve credere che si tratti dell’universo demoniaco delle sole SS e dei più degenerati dei capi nazisti. Al contrario, il capitalismo tedesco è beneficiario dell’orrore dei lager e vi è coinvolto fino in fondo. "In previsione di ulteriori esperimenti con nuova droga chimica, vi saremo grati se ci poteste procurare 150 soggetti in buona salute". "Gli esperimenti sono stati eseguiti. Tutti i soggetti sono morti. Ci metteremo presto in contatto con voi per una nuova ordinazione". Queste frasi agghiaccianti si trovano in lettere commerciali spedite nel 1943 dal gruppo tedesco Farben, massimo gruppo chimico del paese, all’amministrazione del lager di Auschwitz. Altri gruppi industriali tedeschi si sono comportati nella stessa maniera, e particolarmente numerose, poi, sono state le industrie che, o per mancanza di operai (acutissima nella Germania dell’epoca, dopo che milioni di uomini sono stati chiamati alle armi, e non sono stati sostituiti che in parte da lavoratori stranieri fatti emigrare in Germania), o per effettuare risparmi sui salari, hanno stipulato veri e propri contratti di cessione di internati, da usare come schiavi per i lavori più pesanti e dequalificati, con amministrazioni delle SS. Il sistema dei lager nazisti si rivela perciò, ad una attenta analisi storica, come prodotto non di una regressione ad un’ancestrale barbarie, ma di un determinato sviluppo, modernamente e disumanamente efficiente, del capitalismo tedesco che, per superare i suoi squilibri tra ricavi e costi, indotti da scarsità di capitale e alti prezzi di materie prime, costituisce alla propria periferia un sistema di rapporti sociali non capitalistici, e tuttavia funzionali al profitto capitalistico (non diversamente, se non per una maggiore efficienza disumanizzante, da quanto aveva fatto il primo capitalismo inglese con lo schiavismo negro delle piantagioni americane destinate a fornire le materie prime delle industrie tessili inglesi). Nella prospettiva finale del cosiddetto Nuovo Ordine sognato da Hitler, del resto, l’intera Europa orientale slava avrebbe dovuto diventare una sorta di immenso lager che, fornendo alla Germania derrate alimentari gratuite, perché prodotte da schiavi, avrebbe aumentato il potere di acquisto dei salari tedeschi e consentito quindi al capitalismo industriale tedesco di accrescere i profitti riducendo ulteriormente i salari. Ma i lager hanno anche un’altra funzione nel mondo hitleriano. Essi servono cioè come una sorta di laboratorii sociali in cui sperimentare nuove forme di dominio dell’uomo sull’uomo che possano risultare utili al sistema capitalistico per neutralizzare quanti esso rende marginali o considera ostili. Nei lager, infatti, non c’è disordine ma, al contrario, un ordine, per quanto perverso, formalistico e minuzioso. Gli internati sono suddivisi in categorie ordinate gerarchicamente e distinte da contrassegni visibili: più in basso di tutti, gli ebrei, segnati da un triangolo rosso; poi gli asociali (cioè zingari, omosessuali e lavoratori licenziati per infrazioni alla disciplina di fabbrica o di ufficio), segnati da un triangolo nero; poi i dissidenti religiosi (valdesi, testimoni di Geova, ecc.), segnati con un triangolo viola; e al vertice criminali comuni (per lo più i condannati dai tribunali per omicidio o violenza carnale), segnati con un triangolo verde. A questi ultimi viene affidato il compito di mantenere la disciplina quotidiana (implicante l’uccisione dei deboli e dei malati, lo smistamento delle cavie, ecc.), che essi eseguono solitamente con brutale e attenta efficienza, perché a questo prezzo essi hanno salva la vita. Ciò a cui mirano i nazisti, infatti, è che ogni lager produca lavoro, torture e morte autonomamente, con un intervento minimo delle SS, facendo collaborare al suo funzionamento, in cambio della vita o persino del differimento della morte, una parte degli stessi internati, in base alle loro gerarchie interne di cui si è detto, e spegnendo nell’altra parte ogni spirito di rivolta attraverso precise tecniche di distruzione anche psicologica. In tal modo, il lager diventa il prototipo sperimentale di un futuro perimetro sociale in cui possano essere gradualmente annientati, senza pericolo di rivolte né necessità di impiego di grandi forze repressive e conseguente inevitabile pubblicità della repressione, tutti coloro, per quanto numerosi possano essere, che non sappiano accettare il posto loro assegnato nella società dal capitalismo (tedesco), nazista in tempo di guerra, ma anche eventualmente democratico in tempo di pace. ---------------------------------------------------------------------------- Cronologia ---------------------------------------------------------------------------- Bibliografia - Bontempelli-Bruni: Storia e coscienza storica. Vol.III. Trevisini Editore, Milano. - V.Giuntella: Il nazismo e i lager. Studium, Roma. - G.Reitlinger: La soluzione finale. Longanesi. - L.Poliakov: Il nazismo e lo sterminio degli ebrei. Einaudi - Gustavo Ottolenghi, Arbeit macht frei: le industrie del Terzo Reich che sfruttarono la mano d'opera coatta dei prigionieri dei campi di concentramento, 1933-1945. Carnago: Sugarco, (1995). - 249 p. - Jean-Claude Pressac, Le macchine dello sterminio: Auschwitz, 1941-1945. Milano, Feltrinelli, 1994 - 192 p. - Gianni Moriani, Pianificazione e tecnica di un genocidio: la politica razziale del nazionalsocialismo. Padova, F. Muzzio, 1996 - 249 p. ------------------------------------------------------------------------- Recensione Georges Bensoussan: L'eredità di Auschwitz (Einaudi, Torino, 2002) Il semplice ricordo della seconda guerra mondiale per gli ebrei, e non solo, è «luogo di una memoria intollerabile, inevitabile e difficile da trasmettere», ricomponibile nella sua cruda interezza solo con grande fatica. L'universo concentrazionario non è mai stato veramente separato dal mondo ordinario, è un fatto che balza immediatamente all'attenzione quando si inizia a decifrare, per trasmettere, quella «memoria intollerabile». Gli occhi e le orecchie che pure esistevano intorno ai luoghi del massacro erano ostinatamente chiusi per non vedere e non sentire. Gli assassini hanno continuamente tentato, fin dall'inizio del genocidio, di separare le vittime dal mondo ordinario consegnandole alla nacht (notte) e alla nebel (nebbia). Commemorare, anche se con grande partecipazione, tende proprio a creare quella separazione: sono esistiti un luogo e un tempo in cui quelle «cose» sono avvenute ma, in un mondo che «privilegia l'istante a scapito della durata», il fastidio di un ricordo troppo doloroso viene banalizzato in una serie di ricorrenze rituali cariche di incerta pietà. È una trappola perché la semplice memoria «non protegge da nulla: non si educa contro Auschwitz». Occorre altro. Il punto è proprio questo, «mai come oggi la banalizzazione della xenofobia, del razzismo e dell'antisemitismo ha fatto tanti progressi», mai una destra che sostiene, nella pratica dei fatti, «l'ineguaglianza delle razze umane ha raccolto così tanti voti». La storia, cruda e così come è, può sostenerci nelle scelte politiche, elettori ed eletti. Non possiamo lasciare che «il "corso delle cose" abbandonato a se stesso» ci conduca alla catastrofe. (da Le Monde Diplomatique, 2002) ----------------------------------------------------------- v. anche: "AUSCHWITZ, OVVERO IL GRANDE ALIBI" ---------------------------------------------------------------------------- Il deportato n.1 ad Auschwitz, Stanislaw Ryniak, è morto all'età di 88 anni ------------------------------------------------------------------ Riferimenti Presentazione

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog
immagine
 

Antifascismo militante

immagine

 

FIRMA ANCHE TU

 
Petizione Contro l'intitolazione della Circonvallazione a Giorgio Almirante

Il giorno 19/07/2006 il sindaco di Viterbo ha intitolato una parte della circonvallazione di Viterbo a Giorgio Almirante.

Almirante è stato uno dei redattori della rivista “La difesa della Razza” caratterizzata da feroce e becero razzismo ed antisemitismo.

Militante attivo della Repubblica sociale di Salò che, alleata dei nazisti, torturava e massacrava i cittadini italiani democratici, è stato, dopo la guerra, tra i fondatori dei Movimento Sociale Italiano, diventando poi segretario dello stesso partito. Il MSI di Almirante, si caratterizzò anche come organismo politico che mitizzava la dittatura mussoliniana e che esaltava anche le dittature contemporanee, come la dittatura greca dei Colonnelli, la dittatura militare Turca e il colpo di stato cileno, mentre denigrava ed offendeva il movimento antifascista e la democrazia repubblicana italiana. Il MSI di Almirante si rese protagonista inoltre di una miriade di aggressioni contro studenti, operai e militanti democratici con conseguenti ferimenti ed omicidi.

Lo stesso Almirante partecipò attivamente all’attacco violento contro la facoltà di giurisprudenza insieme al collega Caradonna.

Almirante ancora protagonista di un inquietante episodio collegato alla strategia della tensione. Viene infatti incriminato per favoreggiamento del terrorista Cicuttini, autore della strage di Peteano. Si salverà con l’amnistia.

La storia politica di quest’uomo, si chiude senza alcun riconoscimento delle battaglie civili che hanno contribuito alla costruzione della democrazia italiana.

Intitolare a questo personaggio una via di una città italiana, significa quindi offendere chi è morto lottando contro i nazifascismi ed offendere chi ha speso la propria vita per costruire e rafforzare la democrazia italiana.

Chiediamo rispetto per l’Italia. Chiediamo che questa targa sia rimossa dalle vie della città di Viterbo.

Per aderire inviate via e-mail il vostro nome e cognome all’indirizzo antifascistavt@libero.it

Iniziativa appoggiata dal Coordinamento Antifascista della Tuscia

 

 

 

 
 

Antonio Gramsci

immagine 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963