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Messaggi del 01/09/2015

 

Io,giudice ( primo capitolo )

Post n°1964 pubblicato il 01 Settembre 2015 da paperino61to

 

La macchina percorre via Nizza, con lo sguardo osservo i fiocchi di neve che stanno scendendo ricoprendo Torino, donandole un aspetto surreale e nello stesso tempo meraviglioso.

Perino è intento nella guida, le spazzole fanno fatica a togliere la fitta neve che si posa sul parabrezza. Mi alzo il bavero del cappotto e cerco di socchiudere gli occhi magari immaginando di trovarmi in riva al mare con il sole cocente.

“ Commissario, secondo lei cosa può essere successo in Fiat? Il questore ci ha dato ordinato di recarsi immediatamente lì e con questo tempo poi” mi domanda l’agente intento a cercare di non sbandare sulla strada innevata.

“ Non lo so, ma ho come un brutto presentimento. Se la polizia entra nello stabilimento del Lingotto, qualcosa di grave è successo”.

“ Crede ci sia stato un delitto?”.

“ Penso di si “rispondo mentre passiamo davanti  alla chiesa del Sacro Cuore.

Sul portone che immette alla fabbrica, ci sono un paio di guardiani  della ditta. Ci fermiamo e scendiamo dalla macchina. Domandiamo del signor Beruatto, responsabile della Lingotto.

“ Vada dritto fino alla palazzina, entri e al primo piano troverà il signor Beruatto, la sta aspettando” dice la guardia mentre ci fa entrare. Veniamo “ scortati” dall’altro suo collega.  Costui non apre bocca, silenzio assoluto nonostante Perino cerchi di farlo parlare seppur il tragitto sia breve.

Entriamo nella palazzina, saliamo al primo piano, in fondo al corridoio una porta è aperta. La luce filtra illuminando quel tratto di corridoio, entriamo e davanti a noi sono seduti due persone.

Una è il signor Beruatto che ci viene incontro salutandoci e porgendoci la mano, l’altro è il signor Repetto, responsabile del personale.

“ Buongiorno, commissario Berardi, ci scusiamo per l’ora inopportuna, ma è indipendentemente dalla nostra volontà. Se avete la cortesia di seguirci in officina, capirà il motivo della chiamata” dice  Beruatto.

Seguiamo i due responsabili nell’officina. Le luci sono accese, e così notiamo la famosa “ catena di montaggio”. Per un attimo  mi sono sentito  angosciato nell’immaginare di  lavorare in quel posto. Non so esattamente spiegarne il motivo, ma sapere che devo correre dietro a una linea con tanto di attrezzi in mano, come quel comico americano in Tempi Moderni mi rende  alquanto alienato.

“ Ecco commissario siamo nel reparto verniciatura, si sente l’odore di vernice  nell’aria “. Repetto, apre una portina e ci immettiamo in un altro corridoio, le luci sono accese al momento. Svoltiamo l’angolo del corridoio e in fondo intravedo un lenzuolo o qualcosa di simile.

Man mano che ci avviciniamo notiamo che è un telone, e sotto di esso c’è una sagoma. Perino mi guarda e noto la sua perplessità. Beruatto e Repetto si fermano e con mano tremante entrambi sollevano il grosso telone che serve a nascondere un corpo senza vita.

                        

Mi inchino a toccare il corpo, è freddo, evidentemente è morto da diverse ore.

Repetto dice che lo aveva trovato una guardia nel suo solito giro di controllo:”  Chiamo Beruatto a casa e veniamo immediatamente qui, decidendo di coprire il corpo con un telone. Dopodiché telefoniamo al questore che è un  mio amico di vecchia data, per farci mandare degli agenti”.

“Capisco, però non mi sembra che questo signore sia stato ucciso, almeno a primo acchito non vedo segni di proiettili o di una coltellata”.

“ Noi non abbiamo osato spostarlo ne tantomeno  guardare se vi sono i segni da lei descritti. Il punto, commissario, è che quest’uomo non doveva trovarsi qui, è un impiegato dell’ufficio stipendi. Non sappiamo come si trovi qui, è assolutamente vietato per loro entrare in officina, tra l’altro  gli impiegati smettono il lavoro alle ore 18”.

“ Potrebbe essere passato di fuori, noto che laggiù c’è una porticina, immagino si affacci sulla strada interna dello stabilimento” dico indicando la porticina.

“ Perino vai a controllare se la portina è aperta”. Tornò dicendo che era chiusa.

“ Vede commissario, gli impiegati tendono, come sia giusto a non fare comunella con gli operai, per loro l’officina è vietata tassativamente, come le ho detto un attimo fà. Ecco perché siamo perplessi, cosa ci faceva qui? Quale motivo l’ha spinto a venire dopo il suo orario di lavoro?”.

Più sentivo parlare quei due, più mi veniva voglia di prenderli a calci nel sedere. Ci hanno fatto venire in piena notte con un tempo da lupi solo perché un loro impiegato non doveva trovarsi in questo luogo perché interdetto alla loro categoria, la quale per nulla al mondo non devono andare d’amore e d’accordo con la manovalanza, non perché è morto, (e non si sa ancora se di morte violenta oppure no).

“ L’unica cosa che posso fare signori, è chiamare il dottor Stresi, è lui il medico legale della polizia. Solo dopo aver stilato il referto sulla morte di questo pover’uomo possiamo iniziare le indagini.  Ora andiamo nel vostro ufficio, in modo da avere più notizie in merito al vostro impiegato, nel frattempo non fate venire nessuno, zona vietata per tutti i vostri dipendenti. Il motivo trovatelo voi, sono stato chiaro?”.

Né Beruatto, né Repetto emisero parola, solo un assenso con il capo. Saliamo nel loro ufficio e mi danno il dossier del poveretto morto in officina.

 Si chiamava Galimberti, Ugo Galimberti, di anni quarantesei, sposato con Marta Lulli e non hanno figli. Il loro indirizzo è via Genova numero sette. Lavorava in questo stabilimento da una decina di anni, non era  iscritto al partito comunista. La moglie si dedica come volontaria nella Chiesa del Sacro Cuore di via Nizza. Poso il dossier sul tavolo e domando se per ogni dipendente che lavora in questo stabilimento ha lo stesso trattamento con tanto di dossier sulla loro vita privata.

“ Certamente commissario, noi non vogliamo gentaglia ne tantomeno quei sedicenti comunisti o peggio ancora anarchici. Siamo obbligati ad avere una schedatura per ognuno di loro” rispose Repetto.

Mi congedai da loro dicendo :” Appena mi arriva il referto del medico legale saprò dirvi qualcosa di più preciso. Buona giornata signori”.

Intanto aveva smesso di nevicare per fortuna nostra. Tornando indietro in Questura ci fermammo un attimo da Mama Gina per la colazione. Perino esterna tutta la sua antipatia verso  i due responsabili del Lingotto ed io concordo con lui in pieno. Inoltre ha seri dubbi che il morto si trovasse in quel luogo e ipotizzò che potesse essere stato trasportato di proposito.

“Non lo so Perino, questa tua ipotesi non mi convince, propendo al fatto che Galimberti è morto in quel posto, il perché e come, è tutto da dimostrare”.

 

           

Nel tardo pomeriggio del giorno seguente mi chiama Stresi. In sintesi nel suo rapporto non vi segnala ferite da arma da fuoco o coltelli, secondo il medico si tratta di infarto: “ Però, caro Berardi…” .

Quando il dottore dice questa frase qualche dubbio mina la sua certezza.

“ Ebbene, dottore vada avanti, sono curioso di capire dove vuole andare a parare questa volta”.

“ Berardi mio, a lei non sfugge nulla vero? Dicevo che questo fatto non mi è chiaro, perché dall’esame effettuato il cuore dello sventurato non presenta alcun sintomo che potesse presagire un infarto. Vero, che non sempre ci sono segnali in questo senso…ma la cosa ancora più strana….”.

“ La prego dottore pendo dalle sue labbra, vada avanti “ quando vuole Stresi farsi desiderare.

“ Dicevo che la cosa strana è che ho rilevato tracce di polvere da sparo. Un lembo di stoffa dei suoi pantaloni è strappato, capisce il mio dubbio? “.

“ Che qualcuno abbia sparato, mancandolo, sfiorandolo soltanto e portando via un pezzo di stoffa” risposi.

“Esatto Berardi, la mia ipotesi, e sia chiaro, è solo un’ipotesi: è che  Galimberti stava correndo ed è morto per la paura, qualcuno l’ha spaventato fino a farlo morire”.

 

Mettendo giù il telefono vado di corsa dal Questore riferendo quello che mi aveva appena detto il medico legale. Il superiore ascolta con interesse, poi mi  domanda scusa per avermi mandato al Lingotto in piena notte e con tanto di bufera di neve, poi aggiunge: “ Commissario, so che come indagine sarà difficile visto che si parte da un presunto infarto, e ancor di più lo sarà dato che sappiamo entrambi che in Fiat i panni sporchi li lavano in famiglia…ma …”.

“ Ma il suo amico vorrebbe che si continuasse ad indagare, soprattutto capire il perché un  impiegato modello si trovasse in officina, luogo vietato a questa categoria” risposi sorridendo.

“ Berardi..la prego..non è…dannazione, lo so che ha ragione, ma devo un favore al mio amico. Sia discreto e cerchi di capire il perché quel poveretto si trovava in officina “.

Mi congedo da lui dicendo che sarai andato a fondo della questione.

 

                  

 

 Con Perino andiamo a trovare la vedova. Abita in una casa popolare di via Genova, la donna è di corporatura esile, capelli castani chiari, indossa un tailleur color grigio scuro. Sul suo volto si intravede tutto il suo dolore.

L’appartamento è modesto, come tutti gli alloggi delle  case popolari. A farle compagnia c’è una sua amica: Livia Azzati, occhi neri dietro a un paio di lenti, volto largo e naso aquilino. Entrambe hanno frequentato la stessa scuola, e insieme si dedicavano al volontariato alla chiesa del Sacro Cuore di via Nizza.

“ Buongiorno signora Lulli, sono il commissario Berardi e questo signore accanto a me è l’agente Perino. Le faccio le condoglianze, purtroppo devo farle anche delle domande in merito a suo marito”.

La donna mi guarda con le lacrime agli occhi, non capisce il perché un commissario di polizia deve porgli delle domande.

“ Sono stato incaricato dal questore ad indagare sulla morte di suo marito”.

“ La prego si segga, e anche lei agente. Vi chiedo scusa, ma potete immaginare il mio dolore e lo sconforto. Ugo ( mio marito) era una persona sana, non ha mai avuto  problemi di salute e men che meno problemi di cuore…pensate che…”.

La interrompo e dico:” Che la visita fatta dal medico curante qualche settimana addietro non aveva dato esito negativo !”.

La Lulli rimane a bocca aperta da questa mia affermazione:” Esatto commissario, non so come ha fatto a saperlo, ma è proprio così. Posso domandarle una cosa?”.

“ Certamente, dica pura signora”.

“ Come mai la polizia si interessa a mio marito? Se è morto d’infarto, perché un’indagine?” la voce della donna è singhiozzante.

“ Come le ho detto signora, il questore  ha ordinato di indagare. Non sto a dirle il motivo di questo ordine impartito, ma sta di fatto che l’indagine è partita. Signora Lulli  mi dica, suo marito aveva nemici?”.

La vedova ha un sussulto e in nome suo risponde la sua amica: “ Certo che no, Ugo era una brava persona, sempre disponibile verso gli altri”. Il suo sguardo è arcigno mentre rivolge a me queste parole.

“ Non metto in dubbio la sua affermazione signora Azzati, ma il medico legale ha trovato tracce di polvere da sparo sui pantaloni di suo marito. Un lembo di stoffa è stato portato via…”.

“ Quindi secondo  lei commissario, qualcuno ha sparato a mio marito?” domanda la vedova.

“ La mia convinzione è che qualcuno volesse uccidere suo marito, ma fortunatamente per lui lo mancò, ma la paura di questo episodio portò il suo cuore ad estreme conseguenze”.

( Continua )

 

 
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