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Messaggi del 11/09/2015

 

Io,giudice( quinto capitolo)

Post n°1971 pubblicato il 11 Settembre 2015 da paperino61to

 

 

 Nella pausa pranzo decido di andare da Mamma Gina, oramai sono uno di famiglia per lei, una specie di figlio adottivo. Un pallido sole è uscito e decido di fare quattro passi lungo i Murazzi.  Il silenzio la fa da padrona, ogni tanto incrocio qualche passante frettoloso. Senza accorgermene, immerso nei miei pensieri, giungo fino al parco del Valentino.

Sotto un grande albero, noto tre uomini e una donna. Le risate sono degli uomini, mentre la donna sembra che stia piangendo. Mi avvicino con passo deciso e con la mano dentro il cappotto impugno la pistola.

Non mi sono sbagliato, quegli uomini hanno intenzioni poco amichevoli nei confronti della donna. Con enorme sorpresa mi accorgo che è la Livia Azzati.

Uno degli uomini si volta e con spregio mi fa cenno  di girare al largo se non voglio trovarmi nei guai.  Gli uomini indossavano la divisa  dei miliziani fascisti.

“ Buongiorno signora Azzati, stavo venendo proprio da lei. Le va un caffè ?”.

La donna si avvicina e stringe le sue mani al mio avambraccio. Le lacrime le solcano il volto.

“ Forse non hai capito? Devi andartene via…la donna è cosa nostra, vero camerati?”.

Gli altri due uomini rispondono di si ridendo.

“ Bene, camerati…innanzitutto il saluto a un vostro superiore va sempre fatto o non si usa più?”.

Si guardano l’uno con l’altro. Sono sorpresi da questa mia frase.

“ Seconda cosa, i veri camerati difendono le donne, non ne abusano. Mi vergogno di voi, e anche il Duce se fosse qui lo farebbe. Forza, nomi e cognomi e appartenenza di presidi. Tu, che facevi il galletto, non mi sembri di Torino dall’accento !”.

“ Si, signore…siamo tutti della sezione di Padova…siamo stati trasferiti alla sezione di via Montebello”.

“ La conosco bene, c’è un vecchio amico, si chiama Edardi Umberto…parlerò con lui di questo spiacevole episodio. Ora via…non ho tempo da perdere con voi !”, concludo la frase facendo il saluto romano.

I tre uomini se la danno a gambe contenti di essersela cavata con una lavata di testa. Poi guardo la donna ed esclamo sottovoce: “ Meglio andar via alla svelta prima che capiscano che ho mentito“. Lei mi guarda stupita e forse per la prima volta mi vede sotto un altro aspetto, non solo come uno sbirro.

 

            

“ Commissario…gli devo delle scuse ma soprattutto dei grazie”. Questa frase è detta dietro a una tazza di thè in un locale vicino a Porta Nuova.

“ Signorina Azzati, ho fatto solo il mio dovere e non solo come commissario, ma anche come uomo”.

Mi guarda e sul suo volto noto che non capiva cosa stessi dicendo.

“ Vede, io detesto i farabutti, i malfattori, chi abusa delle donne e dei ragazzi. Di chi ammazza senza un’apparente motivo. La legge va sempre rispettata, per me poco importa se sono fascisti o comunisti, questa gente se non la rispettano vanno messi in condizioni di non nuocere”.

“ Capisco, ligio al dovere, ma è così sicuro che siano tutti uguali comunisti e fascisti ?”.

“ Diciamo che non tifo per i secondi che ha nominato, qualcuno di loro sarà anche una  brava persona che si è fatta abbindolare, ma nella maggior parte  sono solo delinquenti della peggiore risma”.

La donna posando la tazza guarda fuori dalla vetrata e riflette sul da farsi se dirmi la verità oppure continuare con le bugie.

“ Commissario, so che non avrei dovuto  comportarmi in una certa maniera con lei. Lo so, mi creda, ma non capirebbe. Ho dovuto farlo e anche mia mamma…mi ha detto che sono venuti degli agenti ad interrogarla”.

“ Non crede che sarebbe ora di parlare apertamente? Senza bugie! E’ stato ucciso anche un ragazzino e sono convinto che c’entra con la morte dei due impiegati e con la scomparsa dei suoi parenti”.

Il volto di lei si rabbuia ancora di più, prende tempo per rispondere a questa mia semplice affermazione.

“ Vorrei dirle tutto commissario ma non posso….mi creda…con il ragazzino non c’entriamo….volevo dire, non c’entro nulla. E i miei parenti…inutile negarlo, sono stati uccisi dai fascisti”.

“ Lo sospettavo da tempo, avevamo avuto un’informazione in merito. Perché avete negato la scomparsa dei vostri cari?”.

“ Non posso dirglielo commissario, la prego non insista”.

“ Posso azzardare la parola vendetta? “.

La Azzati  rimane a bocca aperta nel sentire questa parola, sbiancando  di colpo. Si alza dalla sedia e ringraziandomi ancora una volta per averla salvata da una situazione spiacevole, se ne va lasciandomi solo con i miei pensieri.

 

 

Torino si risveglia un’altra volta sotto la neve, lo spettacolo è stupendo a dispetto dei disagi che si stanno creando.

Suoniamo all’indirizzo della signora Lulli, vedova del Galimberti.

Ci fa accomodare in casa, e al contrario della prima volta, è da sola, la sua amica Azzati non è presente.

“ Buongiorno signora,  ci spiace doverla ancora disturbare ma avrei da porle alcune domande”.

“ Prego, commissario, lei fa solo il suo dovere…dica…volete una tazza di caffè ? Lo ho appena messo su”.

“ Si, grazie, molto volentieri con sto tempaccio”.

“ Grazie, signora “ disse Perino mentre si siede anche lui.

“ Signora Lulli, che lei sappia suo marito era iscritto a qualche associazione, circolo…qualcosa del genere?”.

“ Che io sappia no…solo una volta gli domandai perché non si iscrivesse in questi circoli ma mi rispose a male modo”.

“ Quando accadde questo episodio?”.

“ Mi faccia pensare…nel 23’ o l’anno successivo…ora non ricordo con esattezza”.

“ Non ricorda l’anno ma l’episodio”.

“ Lo ricordo, perché è stata la prima e ultima volta che Ugo ( mio marito) mi rispose in quella maniera. Ne seguì una discussione e lui si allontanò di casa per un paio di giorni. Non seppi mai dove andò..”.

“ Capisco, quindi suo marito non le ha mai detto a quale circolo era stato iscritto? Non ha trovato qualcosa in merito ?”.

La donna si alza e torna con un cofanetto di legno.

“ Questo è quello che ho trovato in un cassetto dell’armadio. Era nascosto  sotto una pila di maglie”.

“ Ha la chiave?”.

“ No…e non so neanche dove Ugo potesse averla messa, è come se fosse scomparsa”.

Guardo Perino e poi domando alla signora se posso aprire il cofanetto:” Mi serve solo un coltello”.

 

Sforzo il cofanetto e dentro troviamo qualche fotografia con la Lulli, sono ritratti al parco del Valentino e a Superga. Uno scontrino di un viaggio in treno per una persona, alcune lettere indirizzate a un certo signor Debbio e una tessera stracciata in alcuni punti a nome di Antonio Petrini.

“ Commissario, guardi è stata stracciata solo sul numero e sul nome dell’eventuale circolo”.

“ Hai ragione Perino”.

La tessera da una parte è integra con tanto di nome e cognome, indirizzo dove abitava questa persona, dall’altra parte no. Perché è stata stracciata solo in quei due punti?

“ Signora, lei non sa di cosa sia questa tessera? Conosce questo Petrini…Antonio Petrini?”.

La donna  prende in mano la tessera, poi la posa rispondendo che è la prima volta che la vedeva e che non conosceva questa persona, né il marito le aveva mai accennato di conoscerlo.

“Quello che è strano è perché si è preso la briga non solo di tenere questa tessera di un’altra persona nascosta, ma anche di strapparla solamente in alcuni punti”.

“ Qui, commissario si vede bene la data: 15 ottobre 1923”.

“Data di iscrizione dici? Può essere benissimo”.

“ Suo marito lavorava già per la Fiat a quell’epoca?”.

“ Si, era entrato un paio di anni prima. Dapprima come operaio poi passato a livello di impiegato”.

“ Un’ultima domanda, lei per caso sa se il Ghiani e il De Martini erano iscritti a qualche circolo e se erano entrati come operai alla Fiat?”.

“ Non so dirle di preciso, so che Ghiani una volta venne  a cena da noi, disse che avrebbero dovuto iscriversi di nuovo a qualche circolo. Ugo le lanciò un’occhiataccia  e la cosa finì lì”.

“ Grazie signora, ci è stata molto di aiuto più, ora dobbiamo andare, arrivederci e buona giornata”.

“ Commissario, mio marito si era messo in un brutto giro vero?”.

Guardo la donna e nonostante voglia dirle la verità, nego dicendo che non ci sono ancora tutte le prove possibili del suo coinvolgimento, ma che il marito era stato fatto oggetto di un attentato, questo senz’altro, ed è morto solo perché il suo cuore ha anticipato la sua fine.

( Continua)

 

 

 

 
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