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Messaggi del 07/04/2017

 

Morte di un amico( terzo capitolo)

Post n°2216 pubblicato il 07 Aprile 2017 da paperino61to

 

Riassunto: Un amico di infanzia del commissario Berardi viene ucciso nella sua villetta. La moglie di quest'ultimo chiede aiuto al commissario. La donna( Jolanda Pellisier) rilascia una lista dei loro amici,la Ballestrini ( amica della Pellisier) ipotizza il delitto a sfondo politico( il morto era capo della sezione fascista), mentre un'altra ipotesi coivolge Alfieri,proprietario di un negozio di abbigliamento. L'uomo sembrerebbe avesse fatto una corte non velata alla Pellisier, cosa prontamente smentita dal diretto interessato.


 

 

 

 

 

“ Quindi caro Tirdi il mio amico è stato ucciso senza un perché. Dall’esperienza so che non è esattamente così…evidentemente ha pestato i piedi a qualcuno”.

“ A qualcuno importante del suo partito?”.

La domanda non è affatto stupida.

“ Non lo so…può essere, quella è gente che non scherza. Nel pomeriggio vado a sentire Barolo, il tipo che ha sentito lo scoppio di una marmitta…vediamo se ricorda altro. Tu vai al ristorante dei Battaglia e fatti dare i nomi dei loro dipendenti. Scrivo un appunto per Perino per interrogare la Ballestrini”.

Suono diverse volte al campanello del Barolo, ma nessuno risponde. Sto per andare via quando mi sento chiamare, è un condomino del secondo piano che mi domanda chi sto cercando.

“ Buongiorno, sono della Polizia, cerco il signor Barolo, sa dove posso trovarlo?”.

“ Come, non lo sa? E’ all’ospedale in gravi condizioni…ieri mentre tornava dal lavoro è stato travolto da un auto”.

Questa frase mi lascia di stucco e domando se chi l’ha investito si sia fermato.

“ No a l’è scapà...spero che lo arrestate quel maledetto!”.

Chiedo in quale ospedale si trova ricoverato, mi risponde all’ospedale Molinette. Prendo il tram che mi porta in quella zona, non ho dubbi che abbiano cercato di ucciderlo, è comunque un probabile testimone, anche se l’assassino non sa che il Barolo ha confuso il suo colpo di pistola con una marmitta.

Il corridoio è lugubre, la luce tenue, chiedo alla capo sala dove posso trovarlo.

“ Stanza numero sei, ma non è in condizioni di parlare…è molto grave, solo un miracolo lo può salvare”.

Una giovane donna è seduta accanto al letto.

“ Buongiorno signoria, sono il commissario Berardi”.

“ Io sono Lidia, la figlia…povero papà…non meritava una fine del genere…”.

“ Dove è successo l’incidente?”.

“ In piazza Bernini, stava uscendo dal lavoro, un auto a forte velocità lo ha preso in pieno e non gli ha lasciato scampo”.

“ Gli agenti non hanno trovato testimoni?”.

“ Uno solo, ma dicono che non è attendibile…un barbone…dice che la macchina era ferma all’angolo con corso Tassoni…quando ha visto mio padre attraversare la strada ha messo in moto ed è partita”.

Quando torno in ufficio mi metto in contatto con gli agenti che hanno sentito il barbone.

“ Non è attendibile commissario, era in stato di ubriachezza evidente”.

“ Portatemelo qui per favore, vorrei rivolgergli anch’ io delle domande”.

L’indomani mattina seduto su una panca del corridoio trovo il barbone.

“ Mi hanno detto di presentarmi qui da un certo Berardi”.

L’uomo è sulla sessantina, capelli bianchi lunghi, barba incolta con un fagotto di stracci per bagaglio.

“ Prego entri, vuole qualcosa di caldo?” domando mentre apro le imposte delle finestre per far entrare il caldo del sole.

“ Non vorrei  disturbare…però un caffè con dei biscotti lo gradirei volentieri”.

Mando un nostro agente al bar di fronte a prendere la colazione.

“ Lei si chiama?”.

“ Vincenzo Garrone e come potrà immaginare sono senza fissa dimora”.

“ Se la sua dimora è la libertà fa benissimo a vivere così”.

L’uomo sorride, scoprendo denti ingialliti da tempo. Arriva la colazione e lo guardo mentre mangia chiedendomi cosa possa averlo spinto a vivere in mezzo a una strada e ad accontentarsi di così poco.

“ Grazie commissario…lei è molto gentile. Credo che voglia pormi delle domande in merito all’incidente vero?”.

Accenno di si, e alla fine della sua deposizione credo fortemente che non sia stato un incidente casuale ma voluto: volevano uccidere Barolo.

“ Un’ultima domanda e poi la lascio andare…sa descrivermi l’autista?”.

“ Da quello che mi ricordo…sa a volte la memoria fa cilecca, direi che indossava un cappello nero…un colore scuro che copriva il volto…la macchina come  ho detto anche ai suoi colleghi, era una Balilla verde scuro”.

“ La ringrazio signor Garrone, mi è stato molto utile. Se dovesse venirle in mente altro venga pure qui da me”.

L’uomo si alza ed esce dall’ufficio contento che ci sia stato qualcuno che abbia creduto alle sue parole.

“ Buongiorno, commissario ecco l’elenco dei dipendenti del ristorante” Tirdi mi porge la lista, scorro i cognomi  e lo guardo perplesso.

“ Anche a me è saltato all’occhio… i suoi dipendenti sono quasi tutti ebrei italiani”.

“ Quindi non escludi la possibilità che uno di loro abbia fatto fuori Mattia, facendo sparire l’eventuale lista nera, visto che le Leggi razziali saranno divulgate e applicate a breve?”.

“ Non lo escludo, anche se sinceramente mi sono sembrate brave persone e poco incline a uccidere”.

“ Hai sondato se hanno un alibi per la sera del delitto?”.

Tirdi mi risponde di si, erano al ristorante.:“ La sala era piena, si festeggiava un anniversario di nozze”.

 Spiego a lui dell’incidente occorso al Barolo  e alle risposte date dal barbone “ Guarda se puoi risalire a una Balilla di colore verde scuro, chissà se non siamo così fortunati a conoscere il nome del conducente.

Esco con lui e mi dirigo verso casa della vedova del mio amico.

Attendo un paio di minuti prima di poter entrare.

“ Commissario, mi scuso per averla fatta aspettare…prego entri”.

“ Colpa mia signora Pellisier, avrei dovuto avvertirla che passavo ”.

Un uomo è seduto nella sala. La donna ci presenta, è l’avvocato Dario Cotera, con studio in piazza Solferino.

Dalla chiacchierata avuta con la donna non ho tratto nulla di significativo per l’indagine, ho solo avuto l’impressione che il suo ospite non era un semplice conoscente ma qualcosa di più.

Entro in un bar per bere una tazza di thè caldo, il freddo oggi è pungente, invidio chi è al caldo e sto pensando seriamente di tornare in ufficio. Poi quando esco decido invece di andare a trovare la Ballestrini, chissà che non conosca l’avvocato Cotera.

Chiedo alla portinaia se la donna è in casa, fa cenno di si con la testa e aggiunge: “ Adesso i giochini li fa anche di giorno?”.

“ Che giochini?” domando.

“ Siete tutti uguali voi uomini…non faccia il finto tonto”. La donna era alle prese con la posta, stava smistando le missive da portare ai diretti interessati.

“ Allora si decide a parlare o devo  convocarla in questura?”. Sono seccato per il suo comportamento e per le frasi buttate lì quasi per  caso .

“ Perché dovrei? Lei è il poliziotto non io…ne scoprirà delle belle, mi creda”.

Salgo le scale e suono all’appartamento della signora Ballestrini. Mi apre e dal suo volto capisco che ha fatto le ore piccole.

“ Buongiorno e scusi se la disturbo, non sapevo  stesse ancora dormendo”.

“ Mi son alzata da poco…ma prego entri”.

La stanza profuma  non solo di caffè ma anche di fumo, parecchio fumo. Su un tavolo ci sono bottiglie di liquori vuoti e parecchi bicchieri.

“ Stanotte ho dato una festa” mentre dice queste parole apre la finestra per cambiare l’aria.

“ Lei conosce un certo Cotera… di professione è avvocato?”.

Noto  un attimo di esitazione nel rispondere,  dice di non conoscerlo affatto e mi domanda come sta la sua amica Jolanda.

“ Bene, esco ora da casa sua, è in compagnia di questo avvocato”.

Si accende una sigaretta e gentilmente mi domanda se posso ripassare un’altra volta, si è ricordata di avere un impegno.

Esco dal palazzo convinto di una cosa: che la donna conosce l’avvocato e anche bene.

( Continua)

 

 
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