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La lettera
Post n°303 pubblicato il 07 Febbraio 2014 da meninasallospecchio
Avevo detto che non avrei ucciso mai più nessuno. Invece l'ho fatto ancora. "Uccidere è come tagliarsi le unghie dei piedi: all’inizio solo il pensiero ti rende pigro, ma quando cominci a tagliarle ti accorgi che fai molto più in fretta di quello che avevi pensato. Poi credi che passerà parecchio tempo prima di rifarlo, ma quando meno te lo aspetti sono ricresciute." L'ho sentito in un film. Non posso dire che non fosse premeditato, ci avevo pensato molte volte. Ma oggi non ero andata lì per quello. Ho violato gli arresti domiciliari, lo faccio spesso, non è difficile; in realtà nessuno mi controlla. E' passato del tempo, la gente si è dimenticata di me, ora vivo tranquilla. Una visita alla mia vecchia madre, se qualcuno mi vede non ci fa caso; anche il giudice lascerebbe correre se lo sapesse. Era tutto come al solito. "Perché ti vesti sempre di nero?" ha chiesto guardando il mio vestito marrone. Poi mi ha detto che i miei capelli fanno pena. Mi ha chiesto quanto ho pagato gli orecchini nuovi che portavo e ha detto che spendo troppi soldi. Tutto regolare. Stavo andando via. Poi però è successo qualcosa. Infilata dietro vecchie fotografie c'era una busta. "Ti ho scritto una lettera", ha detto mentre me la allugava, uno sguardo accusatorio da vittima che sta per azzannarti la gola. No, ho pensato, basta. E' stato un attimo, ho capito che dovevo farla finita una volta per tutte. Non mi aveva vista nessuno, a come fare avevo pensato mille volte. Sembrerà un incidente. Ora sono a casa. Domani mi squillerà il telefono, la notizia, le formalità. Non sono Raskolnikov: non mi pentirò, e non mi farò beccare. La lettera è l'unica traccia. E' qui di fronte a me, chiusa. Il fuoco brucia nel camino. Non la leggerò.
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