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Le tende

Post n°365 pubblicato il 06 Settembre 2014 da meninasallospecchio

La cucina del mio nuovo appartamento affaccia su un cortile piuttosto loffio. Altre finestre, altri appartamenti, alcuni alla stessa altezza, altri, laterali, un po' più in alto. Al di là del cortile le case del centro storico sono basse e si vede il profilo di un grazioso campanile barocco.

Chi viene a casa mia immediatamente osserva: "Devi mettere le tende". Sì, probabilmente le metterò, effettivamente mi vedono dentro, anche se per ora in cucina non ho ancora giocato a "Il postino suona sempre due volte", né mi sono messa le dita nel naso (credo), né ho fatto alcunché di socialmente impresentabile. Ho parecchio smadonnato con gli appendi-asciugamani a ventosa, ma al momento sembrano stare su, e le madonne credo non si siano sentite. Ecco: parlo da sola. Ma chi mi vede attraverso la finestra non può sapere che non ho un interlocutore.

Devo mettere le tende. Probabilmente le metterò, ma sono pigra con le attività che non amo. E soprattutto non è una priorità, perché le tende non mi piacciono.

Nel mio appartamento a Torino le avevo, in tutte le stanze tranne che in cucina, perché di fronte avevo un edificio basso e nessuno mi poteva vedere. Sì, ma le tende arredano, obiettano i cultori. Vabbé, anche il panorama arreda, se è per quello. Nella mia cascina non esisteva una sola tenda. E che scherziamo? Vado a vivere in cima a un bricco con un panorama da favola e poi ci metto una tenda davanti? Arreda. Sì sì, anche un burka addosso a Belen veste, ma forse è meglio senza.

Insomma, le tende servono soltanto per riparare dagli sguardi altrui, altrimenti le considero un accessorio del tutto inutile. Di più: un ostacolo. E anche sul fatto di nascondersi agli altri... Mi scappa la metafora.

I popoli nordici non usano tende. Il clima, la necessità di trarre il massimo dalla poca luce disponibile: certo. Ma anche il segno di una mentalità diversa, dove la privacy pure tenuta in debita considerazione non diventa la penombra di anfratti nascosti e traffici misteriosi. I nordici dichiarano alla luce del sole quanto guadagnano; e pagano le tasse. Non usano tende. Non hanno segreti di famiglia da custodire, oscure verità da celare nel recesso di corridoi tenebrosi. Le loro case sono trasparenti, aperte sul mondo.

Perché una barriera, una protezione, che mettiamo fra noi e l'esterno è sempre un'arma a doppio taglio. Il mondo non può vedere noi, ma noi non possiamo vedere il mondo. Cos'è più importante? Un conto è murare vivo il nemico, come hanno fatto gli Israeliani in Palestina; che può rivelarsi utile, per quanto orribile. Un conto è murarsi dentro, come a Berlino.

Ma senza scomodare lo scacchiere internazionale, anche per gli individui è così. Chi si preoccupa in primo luogo di salvaguardare la propria incolumità, di non farsi ferire materialmente o moralmente dagli altri, il che ovviamente può sempre succedere, finisce per chiudersi in se stesso. Non mi piace proteggermi, costruirmi tane o nascondigli. Sul piatto della bilancia la chiusura mi pesa molto di più di qualsiasi intromissione o atto malevolo io possa subire.

E' più importante che nessuno mi veda in cucina, ammesso che il soggetto sia di qualche interesse, o che io possa prendere il caffé guardando un cielo azzurro e un campanile? O, perché no, la cucina dell'appartamento di fronte, dove ci sono le tende ma la finestra è aperta?


Finestra cucina

 
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