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PER UN'AMICA DAVVERO SPECIALE

Riesco a sentirti. I tuoi pensieri mi attraversano, la tua malinconia mi accompagna, il tuo dolore mi trafigge. Sei lontana, Amica di questi anni amari, ma io continuo a sentire con te ogni palpito. Nessuna distanza sarà mai abbastanza, perché nel momento esatto in cui ci siamo detti di sì, non siamo più stati due persone diverse, ma un'unica vita. Vita da piangere, vita da tacere, vita da sorridere, vita da camminare. Impercettibilmente insieme. Stretti da un filo doppio, ovunque sei.

 

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I Mass Media e la genesi del nemico

Post n°29 pubblicato il 16 Giugno 2011 da shtekel

 

“Un tempo l’individuo vedeva nella ragione solo uno strumento dell’io; ora si trova davanti al rovesciamento di questa deificazione dell’io. La macchina ha gettato a terra il conducente, e corre cieca nello spazio.Il tema del nostro tempo è quello della conservazione dell’io, mentre non v’è più nessun io da conservare.”

Max Horkheime

 

 

La nascita del gruppo di sociologi e pensatori noto come “Scuola di Francoforte”(denominata così in quanto la maggior parte del gruppo faceva parte dell'Istituto Per la Ricerca Sociale di Francoforte sul Meno. Alla sua nascita nel 1923 era formato per lo più da studiosi di origine ebraica e con ideali vicini al Marxismo,due fattori che influenzeranno il futuro di questo gruppo di studiosi,costretti prima a abbandonare il loro paese natio,la Germania,che ormai aveva abbandonato quei tratti di repubblica post-bellica votata alla ricostruzione sia delle infrastrutture che delle coscienze per abbracciare invece la nascita del Terzo Reich e la Dolchstosslegende (leggenda del colpo alle spalle).La scuola raccolse studiosi di diverse discipline e ambiti culturali, ma la linea di pensiero che ha accomunato tutti gli esponenti risiede nella loro critica alla società loro contemporanea,nella loro tendenza a smascherare le continue contraddizioni della loro società.

 

L'ideale di società e di uomo a cui fa riferimento questa critica è quella rivoluzionaria(sebbene in chiave utopistica)del marxismo; infatti, se l'elaborazione di questa filosofia da parte della Scuola è autonoma e originale, per alcuni studiosi (come Horkheimer) implica un allontanamento da alcuni punti centrali del pensiero Marxista. Nel complesso questa linea di interpretazione si porrà  in contrasto con le correnti di pensiero marxiste diffuse all'inizio del secolo, influenzate dall'ortodossia del regime sovietico. Secondo diversi membri della Scuola,soprattutto tra coloro che,dopo il forzato esilio prima a Ginevra e poi,fino alla fine della guerra,a New York,decisero di rientrare nel paese natio si sviluppo l'idea che l'analisi sui media dovesse essere condotta all'interno di quella più ampia sul sistema industriale di cui essi sono parte integrante.

In questo modo l'analisi dei mezzi di comunicazione di massa(il temine mass media nascerà soltanto qualche anno più tardi proprio grazie alle loro teorie)risulta così essere “inerente a un aspetto specifico del rapporto individuo società”(M. Horkheimer),vale a dire ai meccanismi di manipolazione della coscienza individuale tramite i quali il sistema capitalistico si impone sulla coscienza individuale. Essi si resero conto che,nel nome del benessere economico,l'uomo è disposto a rinunciare alla propria libertà individuale divenendo  una facile preda delle mode consumistiche e uniformandondo il proprio comportamento e il suo pensiero a quello della massa. Da qui l'affermarsi di fenomeni quali il conformismo e il mimetismo tipici delle società attuali.

All'interno di questa prospettiva che,da un punto di vista prettamente umanistico cancella tutta una serie di traguardi raggiunti dalle società fino al primo novecento,da un altro ci permette di osservare come la funzione primaria dei Mass Media non sia altro che quella di diffondere i valori del consumo,indicando di volta in volta come desiderabile,bello,necessario,un determinato bene. In questo modo la società industriale riesce a perpetuare se stessa,creando al contempo negli individui(oramai divenuti “consumatori”)un consenso interiore che ne assicuri la fedeltà.

Ripercorrendo la storia e l'evoluzione della cultura europea nella “Eclisse della ragione” Horkheimer mostra come la ragione oggettiva,che si era manifestata attraverso la metafisica e le religioni autoritarie,si sia gradualmente dissolta e trasformata in una forma di ragione esclusivamente soggettiva.

Le ragioni soggettive spesso mancano della forza per divenire dominanti e,anzi,si pongono facilmente alla manipolazione di soggetti più grandi,in quanto,nelle società post-industriali,il fenomeno del conformismo permette di direzionare le idee di un singolo in un grande melting pot incapace di scuotere le fondamenta della società stessa. Questo processo di cancellazione di ciò che,nel pensiero marxista,è definito “substrato” in favore dell'apparente immutabilità della sovrastruttura fa apparire la nostra società,da un punto di vista “illuminata dal faro delle moderne tecnologie e delle libertà civili” come  un insieme di macro-stati in cui le persone non sono altro che greggi,e come i greggi da guidare nel migliore dei casi o da condurre al macello nel peggiore. Horkheimer riesce,in un certo qual modo a profetizzare ciò che succederà nel momento in cui il mercato,inteso come entità indipendente,riuscirà ad modificare pubblicamente gli equilibri formatisi nel corso dell'ultimo secolo.

Ma non  potrebbe essere nient'altro che una profezia che si autoavvera?

Non potrebbero essere state proprio le scoperte di questo gruppo di scienziati a dare alla sovrastruttura marxista le armi per completare la sua opera di dominio sul mondo moderno?

Oppure la causa scatenate di questo fenomeno di “perdita del centro” è stato un fenomeno che nessun uomo nato alla fine dell'ottocento avrebbe potuto prevedere?

La mancanza del Nemico.

Il Nemico è stato per lungo tempo ciò che a permesso agli individui(non ancora consumatori) di mettere da parte alcune delle proprie necessità individuali per unirsi contro un avversario “reale”,in quale può essere identificato con “lo straniero” di Simmel,ovvero colui che è collocato di fronte alla comunità ma fuori di essa ed è proprio questa posizione a creare estraneità. La nozione di nemico ha assunto nel periodo post-industriale un’interpretazione diversa da quella antica di “hostis”. A questo si contendevano terre,uomini e potere, ossia era un nemico concreto e sostanziale; in seguito poi si è sostituito, progressivamente, un nuovo tipo di nemico nato dalla sovrapposizione al primo del concetto astratto di “male”, quale simmetrico ed opposto a quello di “bene”. Tali concetti si sono sviluppati dalle religioni monoteistiche (tra i primi il mazdaismo persiano-600 ac.) che, derivando dalla logica analogica la comparazione tra il simile e dissimile, approdano alla loro identificazione sia come valori assoluti che reali, dando origine al bipolarismo radicale tra il bene e il male. Il nemico, diventato sinonimo del male, acquista connotazioni etico-morali sconosciute alle religioni politeiste. Esso è l’altro, chi non ha i nostri valori, la nostra cultura, le nostre istituzioni, la nostra religione; è il diverso, lo sconosciuto e dal quale ci si può attendere ogni avversità.

Ma il nemico è anche chi non rinuncia alla sua diversità e che rifiuta di piegarsi o di riconoscere i nostri valori che, per essere assoluti, non sono trattabili. Il nemico etico ha un’ulteriore evoluzione quando viene cooptato all’interno della prassi politica diventando etico-politico. C’è un preciso momento storico in cui ciò avviene; nel 1512 “il principe di Machiavelli è ancora permeato da una concezione laica del nemico, ma tredici anni dopo,nel marzo del 1525, il primo manifesto politico delle classi subalterne, formulato in 12 articoli dai contadini dell’Alta Svevia, si appoggia su una nozione etica della politica; per contrastare questo movimento si avrà il primo massacro condotto in nome del bene contro il male. Sarà con la rivoluzione francese del 1789 che il popolo diventa a pieno titolo attore politico e si legittima come attore sociale.

La mancanza di un nemico reale comporta la necessità di crearne uno,in quanto la società democratica ha la necessità di attirare l'attenzione delle masse al di fuori dei problemi interni,in questo modo la governance di uno stato possono continuare a muoversi con la necessaria libertà d'azione che richiede la loro carica .Ma proprio a causa di questa necessità la sovrastruttura ha sempre maggiore necessità di essere appoggiata dai mass media e dal loro potere mediatico,in quanto,come disse  Dustin Hoffmann:"Why does a dog wag its tail? Because the dog is smarter than the tail. If the tail was smarter, it would wag the dog."Con ciò si vuole intendere che,mentre i mass media hanno il potere di modificare il pensiero delle masse in modo efficiente,il processo inverso e estremamente inefficace quanto,appunto,quello di una coda di muovere l'intero cane.

Ma come potrebbe esistere una società democratica senza la comunicazione di massa?può una democrazia definirsi tale senza mezzi di informazione indipendenti che possano informare i cittadini su argomenti riguardanti i governi e le entità aziendali?senza di essi i cittadini,pur disponendo del diritto di voto,non sarebbero in grado di esercitarla con una scelta informata che rispecchi i loro reali interessi ed opinioni.

Ma i media,da che mondo è mondo,non sono quasi mai super partes,essi sono sempre controllati da una determinata lobby che ne gestisce i contenuti più importanti in modo da poter pilotarne il messaggio ed,in questo modo,avere il feedback necessario al raggiungimento dei loro obbiettivi. Di conseguenza l'unico modo per mantenere i cittadiniconsumatori in uno stato intermedio sarebbe quello della pluralità dei media di fronte alle varie lobby in quanto uno dei più grandi rischi per le democrazie è proprio la concentrazione delle proprietà dei media.

Essendo oggi le televisioni le più grandi fonti informative,esse detengono il potere della verità,molti individui infatti,trovandosi nella necessità di dare credibilità alle proprie affermazioni utilizzano la locuzione “l'ha detto la televisione” questo fenomeno da solo permette di effettuare un'analisi sulla portata del fenomeno mediatico e ci permette di comprendere quanto grande sia in effetti il potere dei media sull'opinione pubblica. Questo ci potrebbe far porre delle domande sulla veridicità di quello che succede nel mondo al di fuori della nostra sfera di conoscenza,cosa succederebbe,per esempio,se la televisione ci raccontasse che è scoppiata una guerra che in realtà non c'è mai stata,o non facesse alcun riferimento ad un importantissimo fatto accaduto però ben lontano dal nostro mondo visivo?

Saremmo realmente in grado di effettuare una scelta informata sul nostro futuro e su quello di chi ci circonda o invece ci limiteremmo a recepire passivamente le informazioni ottenute ed elaborarle al fine di ottenere una visione del mondo in realtà fortemente pilotata?come ci comporteremmo nel caso in cui ci dicessero che una particolare etnia di immigrati sia composta in larga parte da criminali,o ci dicessero,in uno dei tipici “casi mediatici” che sembrano andare tanto di moda negli ultimi anni,che il rapitoreassassinostupratore appartiene all'etnia da cui loro ci avevano già precedentemente messo in guardia precedentemente?saremmo comunque disposti a formarci una nostra opinione,un nostro “point of view”sulla questione oppure,più semplicemente,ci rifaremmo di nuovo al tema dello Straniero di Simmel? Non è per caso esso,lo Straniero,in nuovo eppur vecchio nemico?nella società globalizzata però il concetto di “straniero” è radicalmente cambiato,esso non indica più esclusivamente un individuo al di fuori della nostra comunità in quanto è il concetto stesso di comunità ad aver cambiato il suo significato,la comunità oggi è il villaggio globale e quindi lo straniero oggi è qualcuno che vive al di fuori di questo villaggio,nella nostra cultura esistono oramai varie intensità di straniero oramai completamente scollegate dal concetto geografico,per questo un americano e un giapponese sono stranieri allo stesso modo,ma sono al contempo meno stranieri di un cittadino libico o di un egiziano,spazialmente molto più vicini a noi,in quanto nelle società di massa e nel villaggio globale che ne consegue è comparsa un'apparente  omogeneità culturale che ha permesso una più veloce ed efficiente connessione tra le varie culture. Se ne deduce quindi che,come afferma Goffman,”la vita è un palcoscenico,lo straniero entrando a far parte della compagnia di attori,dovrebbe conoscere il copione, lo stile della recitazione, il gusto del pubblico e quei balletti cerimoniali che caratterizzano la vita quotidiana“.

Ma ogni zona del mondo è un diverso palcoscenico.

Questo comporta che ormai il “pensare come al solito” è a dir poco limitante per i cittadini di questo grande villaggio globale,esso è ciò che ci dà una visione limitata del mondo che ci circonda che ci permette di giudicare le culture che ci circondano utilizando un numero di aggettivi che varia da uno a tre,esso è il limite che ci siamo autoimposti per conservare e difendere le nostre culture locali,ma il pericolo che ciò comporta è grande in quanto la comprensione reciproca è alla base della pacifica convivenza.

Ma nella pacifica convivenza non c'è posto per un nemico,in compenso c'è posto per farsi delle domande concrete sul futuro. Spazio per comprendere che oramai la patria non è più solo la terra dei padri.

Di conseguenza sarebbe necessaria l'invenzione i un nemico invisibile e strisciante il cui scopo sarebbe quello di spaventare le masse e fare in mondo che il loro obbiettivo non sia altro che quello del raggiungimento del benessere e le loro massime domande  siano riferite quasi esclusivamente ai beni che entreranno in commercio nel loro prossimo futuro. Questa strategia,effettivamente funzionale alla sopravvivenza dei gruppi sociali come oggi li conosciamo potrebbe però portare conseguenze a lungo termini ad oggi non ancora conosciute.

 

 

 
 
 
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IL MIO SOGNO

Il viandante

Davanti a un incrocio di strade deserte
 mi sono voltato a guardarmi indietro,
lungo era stato il cammino fin li',
dalle terre felici da cui ero partito,
dalle terre felici ero stato scacciato.

Troppo grandi i tuoi sogni,mi avevano detto,
troppo vicino alla luce sei voluto andare,
troppo grande l'amore che avevo voluto,
troppo in fretta l'amore l'avevo perduto.

E in mezzo al deserto mi sono trovato,
nessun uomo nero mi aveva guidato,
nessun uomo bianco mi aveva seguito,
questo fu' il prezzo da Lei pattuito.
"nove mesi e ancora nove dovrai camminare,
per aver solo un briciolo di quello che fu' il tuo amore".
Questa la maledizione che mi fu' pronunciata,
da chi.da lontano,mi nego' la mia amata.

Ma nel deserto non fui mai da solo,
altri viandanti camminavano con me,
tanti,quanti gli uccelli in volo.
Ognuno ha una storia da raccontare,
ognuno ha una pena che lo porta a soffrire.
come pietra essa pesa sulla loro coscienza,
di chi,troppo spesso,non ha avuto clemenza,
come corda ci lega a questo luogo tetro,
nessuno di noi puo' tornarsene indietro.
questo,ahime',e' il nostro destino,
continuare da soli sul nostro cammino.

E davanti all'incrocio mi sono fermato,
sentendo un profumo del mio passato
davanti a me lei!e' finito qui il viaggio?
avanti di un passo e scompare il miraggio!
di colpo le gambe mi hanno ceduto
con la faccia nella sabbia sono caduto
il mio spirito di nuovo svuotato,
dall'ombra di chi tanto,tanto avevo amato.

Le forze ho raccolto e mi sono rialzato
ancora una volta mi sono pulito,
ancora una volta mi sono asciugato,
dalle lacrime il mio volto rigato,
dal dolore il mio cuore ferito.

Appoggiato a una pietra mi addormentai,
e un'antica figura nel buio sognai,
di luce il suo corpo era stato tessuto:
la luce del mio amore,il mio amore perduto.
dal suo androgino corpo mi gunse una voce,
un canto di vita,un soffio di luce,
"coraggio viandante!il tuo viaggio non puo' finir qui!
tanti ti aspettano lungo il cammino,
ben altre sprprese ti riserva il destino!

 
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