Creato da simonjoyce il 14/02/2010

LUDWIG

I love somenthing, I hate somenthing, I need somenthing

AVVERTENZE

Tutti gli scritti firmati simonjoyce, tutti i video ed i brani musicali col nome Blackfriars e DeWindt fanno parte della mia creazione artistica, letteraria ed intellettuale. L'uso e la diffusione, anche parziale, senza consenso, nonchè l'usurpazione della paternità saranno perseguiti a norma. Qualora le immagini pubblicate, prese dalla rete, violassero un copyright, è sufficiente segnalarmelo e provvederò tempestivamente a rimuverle

 

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ELENCO GIORNI PUBBLICAZIONI

20/02 - Sogno di una domenica mattina di quasi estate;
21/02 - The evil inside me - episodio uno - Ombra;
21/02 - The evil inside me - appendice ad episodio uno - miss Parker;
21/02 - Parigi val bene una messa - parte prima;
28/02 - The evil inside me - episodio due - alpha;
03/03 - The evil inside me - episodio tre - una notizia (1a e 2a parte);
04/03 - The evil inside me - episodio tre - una notizia (3a parte);
28/03 - The evil inside me - episodio quattro - lunga è la notte (1a parte);
31/03 - The evil inside me - episodio quattro - lunga è la notte (2a parte);
11/04 - Parigi val bene una messa - parte seconda;
26/04 - The evil inside me - episodio quattro - lunga è la notte (3a parte);
29/04 - The evil inside me - episodio quattro - lunga è la notte (4a parte);
02/06 - Oltre - 1a e 2a parte;
28/06 - Oltre - 3a parte;
04/07 - Oltre - 4a e 5a parte;
24/10 - Oltre - 6a parte;
31/10 - Oltre - 7a parte;
20/02/11 - Oltre - 7a bis parte;
12/06 - Oltre - 8a parte;
10/07 - Oltre 9a parte;
18/07 - everyday can be the last day
18/08 - Oltre - 10a parte.

 

Messaggi di Settembre 2016

Una precisazione

Post n°377 pubblicato il 06 Settembre 2016 da simonjoyce

Era da tanto che non scrivevo qui su Libero, in effetti ho una pagina su Fb e pubblico là. Ma soprattutto... perchè manca l'episodio I??? Semplice, perchè degli amici mi hanno convinto a scrivere per un concorso e dunque al momento non posso pubblicare nient'altro.

 
 
 

Le storie sono tra noi - episodio III

Post n°376 pubblicato il 06 Settembre 2016 da simonjoyce

"Non è semplice, non lo è mai. Andare, cambiare, lasciare. E non è semplice trovare le giuste parole. Vorresti trovarne di quelle che rimangono impresse, marchiate nella memoria. Ma il giorno prestabilito era quello e nulla poteva cambiare le cose. Non poteva essere fatto altrimenti. Avevo però due problemi da affrontare: il tempo che sembrava avesse accelerato il suo scorrere e il modo, ancora da trovare." Il pezzo da scrivere per l'uscita mensile era stato scritto seppur con fatica emotiva e mi rimaneva ormai ben poco da fare. Se non pensare e ripensare. Ricordare e immaginare. "Hey, niente caffè stamattina?". Eccola qua, in vitale e gioiosa magliettina bianca e gonna arancio. Quando vuole, anche Laura ha un non so che di appetitoso. Non so se ci siamo capiti. Avevo anche la sensazione avesse anche spuntato i capelli di circa mezzo centimetro. Le donne sono maestre in questi dettagli. "Caffè?" risposi in automatico e vagamente distratto, "Si... ok". Probabilmente si aspettava un'esplosione di entusiasmo. "Ti vedo spento, che hai?". "Spento? No. No ti sbagli. Sono vispo e creativo come... un creativo. Offro io, ok?". E li ebbe la quasi certezza che ci fosse qualcosa di strano. Mentre, credevamo di poterci sorseggiare un sacrosanto caffè da distributore automatico, sentimmo scendere dai cieli la voce della nostra amata direttrice. Per me era il segnale per lasciarmi alle spalle ogni pensiero e buttarmi a capofitto sul palcoscenico. "SJ, Laura, potete venire nella mia stanza? Grazie.". "Che hai combinato, SJ?" fu la prima reazione della collega, accompagnata da quell'espressione di chi pensa che qualunque cosa succeda tu ci sia di mezzo, in qualche modo. "Io? Niente, almeno non ancora". Il mio tono dimesso e non il solito fare da spaccone, mi inchiodava senza appello. Forse avevo ucciso e seppellito qualcuno, o forse rapinato una vecchietta che aveva ritirato la pensione. O chissà, potevo aver ingravidato la figlia di Mario, con cui avevo forse una tresca. In realtà non avevo combinato nulla, in realtà sono un uomo più che fedele. Al massimo ero responsabile di... "Chiara", la nostra superiore ha un forte senso della sintesi, per cui non sprecò parole, "Ti presento Laura, la nostra migliore cronista. E lui è SJ". Oddio poteva anche aggiungerci "la nostra miglior penna, vincitore del premio la Fenice, per tre anni consecutivi su tre edizioni complessive; punta di diamante della rivista e miglior recensore di ristoranti di alto bordo" ma forse poteva andar bene così. SJ bastava a dire tante cose. Ci stringemmo le mani e poi e a me toccò il compito di fare da cicerone per tutti i duecentoventi metri quadri dell'open space redazionale. "Chiara tu sei single?" buttai lì una domanda a brucia pelo, giusto per rompere ogni imbarazzo. Mentre a Laura stava cascando la mascella, la vagamente ventisettenne farfugliò timida: "Ehm...si...". "Peccato in altri tempi, sarebbe stata una notizia che mi avrebbe eccitato; ma ora ho una relazione stabile e mangio sano, con pochi carboidrati soprattutto la sera. Vi lascio un attimo, tra donne". E mi allontanai, raggiungendo la stanza di Stefania. Chi è, vi starete chiedendo. Beh la direttrice editoriale, non ve l'avevo detto? Intanto le due ragazze ebbero modo di socializzare. "Scusami ma fa sempre così?". Laura era più abituata a farle le domande che a rispondere, e poi, cosa poteva dire? SJ era ancora un mistero anche per lei. Perciò si limito a sottolineare, con poca convinzione: "Solo quando è di buon umore". La recluta non si senti essere molto rassicurata: "Speriamo bene.". "Hey fanciulle, state attente a cosa dite, io ascolto tutto e so tutto.". Provai a condire il tutto con un raro dolce sorriso. Con uno scarso risultato. Ma la mattinata doveva essere comunque produttiva e bisognava farla fruttare. "Allora Chiara, hai visto di sotto, "Da Gino"? Ti piace il caffè?". "Si per la prima e ni per la seconda". Credo che a quel punto la ragazza oscillasse tra imbarazzo e panico. "Va bene, ti affido un primo compito. Vai al bar qui di sotto; è una bella giornata, quindi ti siedi ad un tavolino fuori e con le tre parole che ti ho scritto su questo foglietto, scrivi una storia a tuo piacimento". Glielo dovetti ripetere una seconda volta, non perché fosse complicato o lei mancasse d'intelligenza, quanto perché era tutto insolito e un tantino surreale. "Ah, ovviamente ordina quello che vuoi, quello che preferisci. Fai mettere sul mio conto. Ah, ricorda hai fino all'ora di pranzo, quindi quasi un'ora e quarantotto minuti. Non tornare prima, ok? Poi la tua storia la leggeremo insieme nel pomeriggio". "Io non ti riconosco SJ, sul serio. Addirittura può mettere sul tuo conto?" furono le parole di Laura. Non replicai, avevo tanto a cui pensare. E per quel momento le nostre strade si divisero.

I posti che solitamente sono frequentati e vissuti da tante persone, finiscono con l'assumere un aspetto spettrale, quando rimangono vuoti. Hanno qualcosa di familiare ma anche di sinistro. Come se ognuno degli occupanti abituali vi lasciasse una sua aurea. E che questa non ci faccia sentire del tutto soli. A me capitava spesso di sentire queste sensazioni. Ancor di più perché quella sera; l'unica luce ancora accesa nella redazione era quella della mia scrivania. Troppo indaffarato a scegliere cosa portar via e cosa lasciare non mi accorsi di Laura che mi arrivava alle spalle. "Cosa ci fai qui? A quest'ora?". Credo che il mio cuore sia ancora in grado di reggere una sincope, perché quello fu un test molto probante. "Tu piuttosto?". "Sono passata a prendere delle cartelle con alcuni appunti. Perché stai... riempendo degli scatoloni". Mi sentivo come quello che sta con le mani nella marmellata: "Diamine ti facevo più sveglia. Sto raccogliendo la mia roba mi sembra evidente". "Pulizie di primavera anche se è settembre?". Però, certo che anche lei ha un buon senso della battuta. Sono un buon maestro. "Vado via, Cicci.". E si, l'espressione con cui lo dissi, il mio atteggiamento schivo del pomeriggio e la nuova recluta, erano indizi troppo forti per pensare che non dicessi sul serio. "E dove vai?". "Mi trasferisco.". Non l'avevo mai vista teneramente incazzata. Ecco quella fu la prima volta. Dico teneramente, perché anche nella poca luce, si potevano notare gli occhi arrossati e lucidi. Ma siccome lei è sempre quella forte e misurata: "E quando avevi intenzione di dirlo, almeno a me? Quando? A cose fatte? Se io non fossi passata...". "Alt... aspetta, domani sarei passato a salutare tutti, dai. Solo che volevo risparmiarvi la scena degli scatoloni". Non si senti per nulla rassicurata e quel teneramente lasciò il posto al solo "incazzata". "A me, potevi dirlo prima! Pensavo ci fosse qualcosa, pensavo fossimo amici. E dove te ne vai? Sentiamo. Cosa succederà?". "Su andiamo, non fare così. Mi trasferisco non ho intenzione di passare a miglior vita." Cercai di buttarla sul ridere. Opzione errata: "Tu ridi di tutto vero? Giochi sempre a fare SJ, vero? Angelo, potevi, dovevi dirmelo!". Quell'usare il mio nome, voleva dire tante cose. Soprattutto che il momento era tremendamente serio. "Non è vero, rido delle cose che fanno più male. E questa fa male, credimi.". Neanche io avevo più voglia di scherzare, lo avevo fatto già abbastanza. In barba a tutti divieti e alle possibili sanzioni mi accesi una sigaretta e senza parlare, troppe cose da dire e poco fiato forse per farle uscire, ci appoggiammo alla ringhiera del balcone che dava sulla piazza. A lei dava fastidio che fumassi, più perché mi faceva male. Ma riconosco che non ha mai dato in escandescenze. Peraltro era il giorno di chiusura settimanale del bar e non si poteva immaginare finale più mesto. Niente lucine, niente tavolini o chiacchiericcio. Ogni parola risultava più netta e pesante. "Hai lasciato la statuina di Mazinga Z sulla scrivania. Non te la dimenticare". "La lascio qui. Servirà alla nuova scrittrice, ha dei numeri la ragazza.". "Ma non sarà un SJ...". "Sarà meglio che si trovi uno pseudonimo, perché CZ non suona tanto bene". Cominciammo a ridere. Ed ognuno scelse in cuor suo quali momenti era stati i migliori dei quell'anno passato insieme. Quando mi chiese cosa mi trattenesse ancora dall'andar via e raggiungere Anna, che quella sera si esibiva col suo trio jazz al Bagi di Villafranca, risposi che avevo ancora un'ora. E che preferivo che quell'ultimo ideale abbraccio, a lei, alla rivista e a quella piazza, durasse ancora un po'. La mattina dopo con un sacco di stringere di mani, il rumore e le voci, i commiati più o meno sentiti, sarebbero stati più adatti all'SJ che tutti conoscevano. Avevo già in mente una delle mie teatrali uscite di scena. Ma per quanto lo si possa desiderare non è possibile aggiungere tempo al tempo. Per cui: "Mia cara Cicci, è giunto il momento. Siamo ai saluti finali.". Laura non si sentiva pronta infatti sussurrò: "Non è semplice.". "Non lo è mai. Ma come disse Augusto: la commedia è finita. E se vi è piaciuta, con letizia applaudite.". "La commedia...". "Certo, cosa credevi che fosse tutto questo? Una commedia.". "Non capisco, che diavoleria vuoi dire?". Tornò sul suo viso quell'espressione di incazzata... Allora la invitai a chiudere gli occhi per un momento, fidandosi di me.       

Al riaprire degli occhi, grande fu il suo stupore. Ne fu sopraffatta. Le luci tra gli alberi erano accese, i tavolini avevano le loro candele romantiche e alle sue spalle c'erano anche gli altri. Tutti gli altri. Marta, Antongiulio, Ernesto, la direttrice, i poeti e gli amici, la signora della toilette, Chiara. Anche Anna. Erano lì muti e fermi, come fossero bambole senza volontà. Lo stupore cominciò a trasformarsi in angoscia. "Cosa succede? Come siamo arrivati qui? Perché stanno tutti zitti? Voglio una spiegazione SJ! Ora!".

"E' semplice, amica mia. Lo spettacolo è finito. La storia è finita. Una piccola riunione per salutarci. E' il momento di congedarsi Cicci.". "Che cazzo dici? Che spettacolo?". "Guardati intorno, è tutto finto. Anche loro, guardali, sono finti! Sono personaggi di una storia. La loro parte è finita. Ed ora anche la nostra.". A quel punto mi si avvicinò la cameriera procace: "Signor SJ, il suo campari soda.". "Ti ringrazio cara, ottimo. Poco ghiaccio e fetta d'arancia affogata. Come piace a me, brava, magari la prossima volta avrai una parte più importante.". "Ci conto! Mister SJ.". E tornò nel bar guardandomi maliziosamente. "Allora vuol dire che anche io sono finta?". "Tu sei particolare. Non lo sei del tutto. Alcune cose sono vere, alcune verosimili, altre sono fantasie. Ma non tocca a me decidere.". Ormai era chiaro che ogni certezza era diventata incertezza, e le domande ormai erano tante. "Allora chi?". "Chi in questo momento sta battendo lettere su di una tastiera. Chi sta immaginando. Chi sta scrivendo. Magari si starà anche commovendo mentre lo fa". "E tu? Tu cosa sei? Dove andrai? Sul serio". "Io mi trasferirò da qualche parte, perché in fondo io sono lui, mentre scrive. Forse non mi chiamerò SJ e forse sarò qualcos'altro. Ma anche io, come te, sono un suo personaggio. Chissà, magari domani sarò un killer professionista in un noir, o magari un ragazzo innamorato in una struggente storia d'amore. Non siamo poi così diversi.". "Tutte le cose che mi hai detto, non erano vere allora. Erano solo per scrivere una storia. Io ci credevo.". Ed anche lei divenne muta. Ma the show must go on... "Signore e signori, è tempo di dirsi addio! O magari è solo un arrivederci. Chi può saperlo? Alcuni hanno vissuto per molte righe, altri hanno avuto una piccola citazione. A tutti, va il mio personale ringraziamento." Ad uno ad uno, su di ognuno scese il buio. Come se si spegnessero, per diventare ombre. Rimanevano solo Anna e Laura. "Amore mio, se solo trovassi qualcuno con la metà delle cose che io spero di trovare, sarei già felice. In realtà tu, più che un sogno saresti un miracolo. Spero dal più profondo del cuore che tu possa materializzarti al più presto, perché sinceramente bella mia, mi sono decisamente rotto le palle di aspettarti e cercarti al tempo stesso. Sono stanco. Concedimi la licenza poetica, per i termini forti ma del resto non scrivo io". Anche lei divenne ombra.

"A te amica mia, cosa posso dire? Ho detto tanto. E credimi non è semplice, non lo è mai, andare via e lasciar andare. Credevo anche io a quello che dicevo. Erano parole vere. Posso dirlo perché lo sento. Qui in questo cuore da personaggio e lo sente anche quello lassù. Perciò sarà meglio riderci su, così farà meno male. Mi spiace non ho altro da offrirti.". Fu allora che SJ rivolse lo sguardo ad un cielo stellato di settembre. Ed anche su Laura la luce sfumò, eppure prima che tutto finisse, ad SJ sembrò sorprendentemente di vedere i suoi occhi arrossati da lacrime. E questo, non era stato scritto da nessuno.

PS: "Senti, possiamo provare a sfumare lentamente, luci su noi due, musica di sottofondo e titoli di coda". Ma una voce lontana affermò che la musica non era prevista, perché non era un film ma un piccolo breve racconto. "Che cazzo di scrittore mi è capitato... senza alcuna fantasia" scosse la testa con disappunto SJ prima di scomparire. THE END

 

 

 
 
 

Le storie sono tra noi - episodio II

Post n°375 pubblicato il 05 Settembre 2016 da simonjoyce

 

Quella mattina, non ero ancora a pieno regime. E credo che la cosa fosse fin troppo evidente. Del resto fissavo lo schermo del portatile senza una precisa ragione. Sorprendentemente ero alla mia scrivania alle sette e cinquanta minuti primi. Il che, più che insolito, era una vera rarità. La prima ad essere sconcertata della mia presenza, era lei, puntuale come un orologio svizzero non contraffatto: Laura. La quale ebbe quasi un attacco di panico: "Non posso essere in ritardo! L'orologio, la sveglia funzionano bene". Prima di accennare un saluto provai a tranquillizzarla mischiando qualche parola a suoni gutturali mai sperimentati prima. Non credevo che il mio essere in drammatico anticipo potesse mettere a dura prova le personalità altrui. "Che diavolo ci fai qui a quest'ora?" Le spiegai che la fine del concerto, il protrarsi del dopo concerto con la band e il tempo doverosamente passato con la mia amata aveva ridotto notevolmente la durata della notte fino a farla diventare quasi mattino. E che per un'ora, non valeva la pena tornare a casa per dormire. Avrei provato a farlo in redazione. Mi bastava arrivare vivo e vagamente vigile alla pausa pranzo. Poi avrei recuperato almeno un paio d'ore nel primo pomeriggio. Nel frattempo, non fummo più solitari, arrivarono: Antongiulio, la direttrice editoriale ed Ernesto. Il quale ebbe l'ardire di declamarmi: "La notte leoni e il giorno co..." condendo il tutto con una risata, larga almeno quanto il suo girovita. Gli feci notare che per lui doveva essere sempre giorno, dato che non riuscivo a notare alcuna influenza del ciclo giorno/notte nel suo modo di essere. Laura convenne con me, sulla mia affermazione e sorridemmo con complicità. Come a volte accade fui riportato all'ordine e ai miei doveri. "SJ mi raccomando...". "Si, direttrice editoriale megagalattica. Lo so... lo so". "Sai cosa?" mi fece incuriosita la mia amica cronista. "Devo scrivere la recensione di un ristorante". Tagliai corto, cercando di non farmi sentire da troppe persone. Credo che Laura ebbe notevoli difficoltà a trattenere una squillante risata. Evitando singhiozzi e assumendo un composto charme proruppe in un: "Il grande, fantasmagorico...". Da notare che ad ogni aggettivo in più le mie sopracciglia si aggrottavano sempre più. E le mie sopracciglia sono più che espressive. "L'incommensurabile SJ, nonché punta di diamante della nostra rivista, scrive recensioni di ristoranti?!". "E' già abbastanza umiliante, hai intenzione di continuare?". "No, so bene quanto sei vendicativo! E permaloso! E qualcos'altro...". A tutto, o quasi, esiste una spiegazione logica e quella situazione incresciosa era più che giustificata. Si dava il caso che in quei giorni, il collega esperto di cucina, in verità esperto nel mangiare piuttosto che cucinare, fosse in malattia. Girava voce di una sua improvvisa e fulminante gastrointerite a seguito di una serata presso una trattoria, di cui non farò menzione. Dunque il suo compito era stato affidato a me. "E di quale ristorante dovrai scrivere?". La curiosità è femmina. "Il Cibarius". Sottolineai il nome perché si trattava del migliore in città. Dunque il migliore era stato affidato al migliore. Con buona pace per ogni tipo di tagliente battutina. Almeno in questo modo provavo ad attenuare lo sconforto per il mio temporaneo declassamento. "E quando ci andrai?". In realtà c'ero già stato tre mesi prima. Settimana più, settimana meno. Ma confessai di non ricordare molto di quella serata. Probabilmente il mio subconscio, per un suo meccanismo di difesa aveva rimosso ogni ricordo. Eccetto uno. Che sentivo vivo come un coltello a serramanico piantato dal lato del portafogli. Il conto. Fortuna che sono generalmente previdente e mi porto dietro qualche carta di credito in più. E riuscì a tirarmi fuori da quella cena con solo un saldo un po' più arrossato. L'idea di ritornarci e vedermi piantato un altro coltello mi fece sprofondare nella cupezza più buia. Ma, la direttrice, a sorpresa, mi rincuorò: "La cena è a carico della rivista". Mi sentì rinvigorito e pieno di buoni propositi, pregustando il voler dar sfogo ad ogni mia insaziabile voglia culinaria. Quando sentii che il budget a mia disposizione era di soli cinquanta miseri euro, ogni proposito fu come nebbia spazzata via dal vento. "Mi basteranno per il solo antipasto... per una sola persona". Non sono del tutto egoista ed avevo pensato di tirar fuori una romantica cenetta a due. Laura, nel frattempo, non la smetteva di ridere. Feci notare che la ruota gira per tutti e le ricordai, con la dovuta sensibilità, i suoi pianti isterici di quando dovette cambiare il radiatore dell'auto, passato a miglior vita, durante quel suo incarico in un paesino di montagna. Quando le venne voglia di intervistare una coppia di contadini d'altri tempi. L'effetto fu un silenzio tombale con annessa occhiataccia verso il sottoscritto. "E ora come farai?" mi chiese seria. Avevo in mente un'ideuzza per salvare capra e portafogli. "Chiamerò fingendomi un cliente, mi farò dire le pietanze più chic. E un po' con internet, un po' di fantasia scriverò la mia recensione". "Che genio del male!!!". Le cinquanta euro me le sarei andate a spendere al "Bellavista". Avrei fatto una più che discreta figura portandoci anche Anna, e soprattutto avremmo mangiato come esseri umani, forse meno chic: "Ma che ce fregaaa, ma che ce 'mporta". Mi rimaneva di trovare il giorno giusto nella mia fitta agenda. In fondo fino a venerdì c'era tutto il tempo.

Per vostra informazione nell'arco della giornata non mi riuscì di dormire, un po' perché avevo degli impegni da rispettare, un po' per effetto dei circa otto caffè presi. Dovevo assolutamente essere in forma per quella sera. Si da il caso, che la cronista d'assalto avesse il pollice poetico e che mi avesse invitato ad una manifestazione, una sorta di gara tra poeti. Credo mi abbia anche accennato il termine giusto per quell'evento e che me lo fossi appuntato da qualche parte. Pazienza non ricordo. L'importante era esserci. Ed io volevo esserci. Devo ammettere che la mia amica fa le cose per bene. Un bel posto con tanto verde, un succulento buffet di benvenuto, una bella coreografia. Al nostro arrivo, e si, ovviamente Anna venne insieme a me, mi complimentai, e salutai amabilmente alcuni miei amici. Solo quando per un attimo mi allontanai per qualche foto sparsa, una gentile signora sulla sessantina mi chiese dove fosse una toilette, credendo facessi parte dell'organizzazione. "Gentile Signora, al massimo potrei definirmi ospite d'onore, ma non addetto all'organizzazione...". Queste ingenue giovincelle, non conoscono SJ? Sarà che non vado in tv. Non mi dilungherò sulla serata in questione. Suggestiva, profonda, intensa. Preferisco piuttosto esortarvi ad esserci in una prossima occasione. Ci si avviava alla fine, soddisfatti e con l'animo colmo. Fu allora, che la promotrice e deus ex machina della manifestazione, prima di passare ai ringraziamenti di rito mi invitò, presentandomi, al leggio per ... dire qualcosa. Io e la mia metà ci guardammo più che sorpresi. Oh my God! Non ero preparato. Era un piccolo tiro mancino, di cui Laura sapeva ne avrebbe prima o poi fatto le spese. Scambiato il mio posto a sedere con la simpatica amica e collega, ero davanti alla platea. In fondo non era uno dei tanti palcoscenici che la vita ci offre? Andiamo in scena allora, pensai a denti stretti:

"In realtà avevo preparato almeno cinque fogli di cose da dirvi... ma sono sicuro di non avere molto tempo a disposizione. Del resto c'è il buffet finale che ci attende". In molti sorrisero, almeno chi era dotato di senso dell'umorismo. "Sul serio, vi dirò solo una cosa: scrivete! Scrivete, in ogni momento, in ogni dove; con qualunque cosa abbiate a portata di mano. E se non avete nulla, chiedete in prestito. Ma vi prego, fatelo. Scrivete e fissate, in un preciso momento, le vostre sensazioni, i vostri sentimenti, le vostre idee. Non lasciatele andare via, insieme ad altri mille pensieri. Non lasciate che si perdano nella quotidianità. Raccoglietele, abbracciatele, accuditele e fatele crescere, custoditele: come fossero fiori. Scrivete delle gioie, dei dolori, dei sorrisi, delle lacrime. Scrivete, dell'amore, della rabbia, dello stupore e delle paure, del vostro intimo, dell'animo che vi rende unici. Siate unici, senza paura. E nel farlo siate sinceri. Verso voi stessi, innanzitutto, e verso chi leggendovi potrà dirvi: ecco, ora che ti ho letto, ti ho conosciuto". "Ha bevuto?? Non lo riconosco" fu la domanda di Laura verso la mia compagna, che rispose che le sembrava strano che glielo chiedesse. Mi conosceva da più tempo. Era vero, ma aveva letto poco di me. "Non abbiate timore, se non sarete compresi o apprezzati. Siete voi stessi gli unici lettori a cui dar conto. Così, quando un giorno, rimarrà solo un ricordo di ognuno di noi; quando non avremo piramidi, colossei, ponti o giardini da lasciare in eredità. Quando, i più fortunati, vedranno il proprio sangue diluirsi in quello dei propri figli; la nostra memoria, il nostro cuore, il nostro sentire, sarà solo nelle pagine che avremo scritto. Tra le righe, noi risorgeremo. Nei cuori di chi leggerà vivremo per sempre. E se per nostra colpa, qualcuno impugnerà una penna, e scriverà a sua volta. Di tutte le cose vane del mondo, il nostro scrivere non sarà stato vano. Grazie".

Non feci caso agli applausi. Che fossero di rito o sentiti, mi arrivarono ovattati. E neanche mi importavano. Mi sentivo leggero. Nessun palcoscenico, nessun personaggio da interpretare. SJ, aveva lasciato il posto al suo vero io.

L'unica cosa che feci, fu cercare i suoi occhi. Un po' arrosati d'emozione. Del resto, non ero mai stato capace di dirle belle parole, anche quando cominciai a pensare a lei. Le scrissi una lettera, perché a volte le parole rimangono in gola. Ma su di un foglio bianco, sei libero. Ero una persona fortunata, qualcuno aveva saputo leggere tra le mie righe, chi ero, senza rimanere abbagliato o infastidito da SJ. Ci abbracciamo, semplicemente.

Non penserete che sia finita qui? La più attonita nel post discorso fu Laura, dovetti riportarla alla realtà schiodandola dalla seggiola e aggiungendoci qualche pacca sulla spalla. Doveva consegnare il premio al vincitore, che diamine. Una bella bottiglia di prosecco, di gran classe. Per attimo fui persino geloso, ma dato che tendenzialmente sono astemio, lasciai perdere. Mi congratulai con tutti. Strinsi mani e distribuii convenevoli. Addentai qualche tramezzino. La gentile signora alla ricerca della toilette mi volle stringere la mano, quasi a scusarsi dell'inconveniente di poco prima. Con benevolenza la perdonai e mi complimentai per la pettinatura. Si a volte mi sorprendo della mia misericordia.

Quando ormai la serata volgeva al termine, baciai Anna, e mano nella mano, nella notte ce ne andammo. Otto caffè ti tengono su, ma non fanno miracoli.

PS: "Amore quando andiamo al Cibarius?". "Quando non sarai particolarmente affamata".

 

 

 
 
 

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