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Un blog creato da simurgh2 il 29/04/2010

Invidio il vento

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ALMOST BLUE-CHET BAKER

 

 

"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran) 

 

Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

Messaggi di Marzo 2012

I cinque sensi dei mediatori di bestie

Post n°426 pubblicato il 29 Marzo 2012 da simurgh2
 

Il narratore quà, rimane affascinato dal come, gente di quello stampo possa avere di colpo pensieri cosi intimi da raccontare con fragile e improvviso sentimentale disarmamento. Il narratore si interroga su "Il senso della durata" in Handke

21 marzo sul mezzodì

Seduto a gambe larghe, voce rauca, consumata dai toscani, dalle grida ai mercati. Le ciabatte ai piedi, saranno gonfi o con i calli oppure il pollice valgo. Il berretto col quadro scozzese, gli occhiali sulla punta del naso. Legge La Tribuna, commenta a voce alta da la in fondo: Inveisce contro i politici. L’osto (quello con la camicia rossa, non gli da tanto retta) Un tribuno della piana.
Dev’essere un mediatore di bestie o di campi di terra, case, vai a sapere. Viene dagli acquitrini del veneziano, come l’osto. Sarà un suo paesano. Quando passa di la si ferma a salutarlo, a tenere una conferrenza. Un tipo burbero, ma socievole. Un imbonotore, di fondo. Ha una vecchia mercedes famigliare fuori, bianca. Io chiedo un tost. Lui sente e gracida come un corvo eccitato, il capo della radura, che anche lui lo vuole un tost. Un tost e una cocacola. Apperòl...Madonna, dice, quanto tempo non ne prendo uno. Una volta andavo matto. Una volta era cosa per moderni, il tost. Intrecciamo io e lui, poi anche l’osto, un elogio metafisico al tost, del come veniva sui tostapane lettrici. Poi riprende a tirar saracche contro la Benetton basket. Quel posto la si chiama “I cinque sensi”. Un posto per impiegati ed estetiste in pausa pranzo. Amici dell’osto però sono tutti rugbisty. Li becchi al mattino che si ritrovano la a far un po di combriccola prima di andare al lavoro. Insomma, scene da teatro show.
Poi lo vedi assorto nei suoi pensieri, il tipo burbero. Appoggia il mento sul palmo, guarda assorto nel vuoto e dice " Ogni anno vado a trovare Padre Pio. Ero rabbiato con mia sorella per via dell'eredità, dopo la morte di mio padre. Poi quando ho parlato con Padre Pio ho sentito una cosa dentro e allora ho scritto una cartolina a mia sorella. Saluti da Mario, gli ho scritto"

Che sia questo il senso della durata per Peter Handke?

Peter Handke
"...sentirò poi forse
del tutto inatteso
il brivido della durata
e ogni volta per gesti di poco conto
nel chiudere con cautela la porta,
nello sbucciare con cura una mela,
nel varcare con attenzione la soglia,
nel chinarmi a raccogliere un filo."

(La foto non è che posso mettermi li e allora le scatto come viene, al volo, con il cellulare, che non è mica un ifhon, ma ancora uno di quelli meccanici, tanto per dare l'idea, però rende lo stesso, si dai)

 
 
 

La radura

Post n°425 pubblicato il 28 Marzo 2012 da simurgh2
 

 

 Pare che Murakami l'abbia presa da qui la sua idea della radura che compare in "Kafka sulla spiaggia".
-..in una radura ho visto un bagliore argentato rubare per sempre i ricordi ad un bambino che invecchiò senza poter crescere..-
Una radura che può trovare solo chi si è perso. Circondata da un bosco che soffoca sè stesso.
Come se il nostro sguardo dovesse cercare spiragli per vedere altro che altro non vede. Come se la radura la potessi raggiungere solo sbagliando ma, sbagliando qualcosa di oscuro in te ti conducesse. All'improvviso quello spazio, la luce lo invade e ti accorgi di quell'intrico di ombre, di quella palude dove sapevi bene di stare. Non è un dio quella luce, almeno per me. E' la consapevolezza improvvisa che qualcosa devi pur fare. Dimenticare o ricordare non basta. La sfinge e il labirinto restano comunque il tuo luogo, l'intrico del bosco e di ombre dove tornare. La radura, la luce che prima o poi tutti ci troviamo a sostare, come "La stirpe gitana ricorda ma, chi sa scrivere dimentica." ecco si ma, ora devo andare, tornare tra gli sterpi, c'è solo da farsi largo. Ci si abitua ancora, tutto torna come prima, dove si è avezzi a stare, si conosce bene quell'intrico, la sterpaglia, ci si abitua, s'impara presto a saperci stare. Ed è li che si torna. La radura è concessione poetica, un'incursione della mente, un sole che scalda. Non so, mi venivano questi pensieri ad ascoltare la radura, poi si dimentica, per continuare a vivere forse, nel solo modo che si è capaci. Scarafaggi dagli scudi scintillanti, con le ali piegate ci godiamo brevemente quel sole.
Ai margini della radura. 
Una domensione ancestrale e geologica, orrori e incanti nelle storie dei paesaggi, un guardare spoglio che prende appunti dalla luce e, dalle ombre rinuncia al possesso di cio che vede e lo scarto, la frustata è quello degli occhi impauriti dei bambini.
Tu provieni dai gasometri, dalle cabine elettriche, dagli sbarramenti giu in basso. dove passano le rotaie. Ai margini della radura, sembra sempre che debba succedere qualcosa. Una sorta di imminenza


Non ricordo di chi sia la musica che fa da sottofondo alla lettura. Forse era ne "Il cielo sopra Berlino". 

 

 


(foto di Isabella Bertoldo -IL BOSCO)

 

Nella radura, quel giorno,
la luce ebbe un guizzo 

Era una luce che stava la da tutto il giorno
Quando stai nella radura con una tua privata beatitudine
e dilata la misura ecco..
allora è possibile che quella luce ferma
abbia un guizzo.
zac, uno scatto che taglia
in quel vuoto l'assoluto
poi,
non resta niente
Quel niente è intercapedine tra le cose
Il silenzio assoluto che non cogli
tra un rumore, un suono e l'altro
Come nella musica, compare
in quà e in la, tra una nota e l'altra.
C'è una musica nella vita
un suono, un palpito, una luce
un'intervallo sempre
infinitesimale nel passare da un istante all'altro
Le variazioni della luce
contengono frazioni di assoluto buio
Sbatti le ciglia, sbatti!
E' li che le cose danzano
Là, dove non cogli il fuggevole intervallo
l'interstizio invisibile alla percezione
il silenzio già svuotato del prima
e già colmo del dopo.
Li accade tutto quello che non sappiamo.
Nella radura, quel giorno
la luce ebbe un guizzo. 

(simurgh)

 
 
 

Tabucchi, come la mosca che gira attorno ad un buco nero

Post n°424 pubblicato il 26 Marzo 2012 da simurgh2
 

Dietro le apparenze ci sono solo altre apparenze
Io con Tabucchi ho sempre avuto uno stralunato daffare.
La sensazione che maggiormente provo è quella del'insignificanza, il non senso del reale. Il reale che descrive e narra. Almeno su quello che di lui ho letto e cioè:
Notturno indiano, Angelo nero, Racconti con figure, La donna di Porto pim, Piccoli equivoci senza importanza, Il tempo invecchia in fretta, Sostiene Pereira (l'unico che mi è svanito in qualche angolo o intercapedine della testa.) Mica ho letto poca roba. 
Come se cio che conta (del reale) fosse solo qualche baluginamento, schegge, rivelazioni improvvise e inaspettate che la realtà a volte mosra. Non a tutti. A quelli come tabucchi, rivela, secondo me l'aspetto del conflitto, dello stridere, dello straneamento, dell'indifferenza. 
Debbo confessare una strana disincrasia. A me Tabucchia non è che poi piaccia sto granchè, però non so spiegare per quale altro mistero poi tanto mi attragga inesorabilmente. Per cose come queste si:

"..Cos'era quell'enorme respiro che perecepiva intorno? Pensò alla sua infanzia, e chissà perché le apparve l'immagine di un bambino che, per mano alla sua mamma, torna da una fiera di paese con in mano un palloncino d'aria, il suo trofeo, e lo regge con fierezza finchè all'improvviso, ploff, il palloncino si sgonfia, qualcosa lo ha bucato, ma cosa? Forse la spina di una siepe?
Le parve di essere quel bambino che all'improvviso si ritrovava con un palloncino floscio fra le mani, qualcuno glielo aveva rubato, ma no, il palloncino c'era ancora, gli avevano soltanto sottratto l'aria che c'era dentro. Era dunque così, il tempo era l'aria e lei l'aveva lasciata esalare da un forellino minuscolo di cui non si era nemmeno accorta?"

Devo aver gia cercato di spiegarmi questa disincrasia, di svelarne l'imprecisa fascinazione. Penso condividiamo eguali percezioni della realtà. un simile smarrimento, una sensazione psichica allucciinatoria, come pure la tensione tra il sogno totali8zzante e l'angoscia nichilista. L'impossibilità di scriverne

"...Poi quel sogno è sparito per anni finchè, qualche settimana fa, è tornato. Tale e quale. Lo stesso cancello di ferro, bianchissimo, evidentemente i sogni non arrugginiscono, e neppure le emozioni che li accompagnano. Era tale e quale a quello che sentivo una volta, lo stesso struggimento, il desiderio di prendere la rincorsa e varcarlo, di correre per vedere cosa nasconde e dove conduce, e qualcosa che mi trattiene, ma non è più la voce di mio padre. Non è più la voce di mio padre, almeno sentissi la sua voce, è la paura di sentirla. Paura e basta.
Il mio è un film muto, come sono mute tutte le fotografie."

Questa perdita di centro e di certezza, un'ermeneutica interpretativa, che uno potrebbe anche mettersi la a far dei disegnetti con una penna biro, che la narrazione mica svela, però ti fa compagnia, come un guarda qua, guarda la dissolvendo la verità dell'interpretazione, come concetto almeno. Non è che questo spieghi niente, il dirmelo o scriverlo che venga letto, per questo trovarmi in uno stato oscillatorio, sospensivo, condizione che, a me pare normale. Tu leggi Tabucchi e, alla fine non ti resta niente. Quel niente cosi vicino a quello dove stò. Un posto dove l'altro è sempre assente

Ah, disincrasia credo non voglia dire niente.

 

 
 
 

Lo stesso mare

Post n°423 pubblicato il 25 Marzo 2012 da simurgh2
 

"Lo stesso mare", di Amos Oz è uno dei piu bei libri che ho letto in questi ultimi anni.
Di Narimi già si sà. Alla pagina seguente c'è Enrico David, figlio di Nadia che è morta e di Albert Danon. Rico è partito per il Tibet.

Riferimenti (è il titolo del capitoletto)
"Rico David leggeva indefessamente [..] Sempre a leggere. Di tutto.
Andava a manifestare per la sinistra assieme alla sua ragazza, Dita Anber.
Usciva senza dire una parola. Si scordava di telefonare. Tornava tardi. Suonava la chitarra.

Persa sua madre, lo supplicava il padre.[..]Rico diceva va bene ma piantala.
Ma come si fa, tanta indifferenza: si dimentica di spegnere. Di chiudere. Di tornare prima delle tre di notte.

Dita diceva cerchi, signor Danon, di capirlo almeno un poco. Anche lui sta male sa. E in piu lei gli mette i sensi di colpa, in fondo non è mica morta per colpa sua. Ha diritto ad una vita propria.[..] La vita continua. Tanto comunque si rimane soli[..] Tornerà signor Danon, ma non lo aspetti.
Invece: lavori, si sfianchi, non pensi. Verrò a trovarla appena posso.

Da allora, lui ogni tanto ve in giardino. Pota le rose. Lega i piselli. Respira lontano l'odore del mare:
sale, alghe, vapore muschioso e caldo."

Questo il terzo capitoletto. Cose brevi. A volte poche righe, dei versi. I quattro personaggi principali ci sono gia . Nessuna fretta di dire dove si andrà a parare. Cosi, come i giorni delle nostre vite, scarne, anche qua, piccoli eventi dove tutto c'è gia stato e quello che sarà, ancora non si sà, e intanto tutto pare fermo. Son accadute delle cose: la morte della madre e sposa, Rico partito per il Tibet in cerca di sè, la solitudine del padre, la bella Dita, la sposa bambina che va a trovarlo e lo conforta. C'è il ricordo che si amplifica, la fuga o l'abitudine dei gesti. All'inizio si è come sospesi in questa atmosfera, come dentro una stanza dove entra un cono di sole e guardi la polvere caracollare lieve. Stai in silenzio perchè avverti il tormento e il dolore. Una pagina prima c'era la morte di Nadia Danon, l'usignolo e Narimi, il suo canto.

 
Rico, ecco me lo immaginavo con una faccia cosi 

Dopo il Tibet (cap. IV)
( Rico, dentro una tenda in mezzo alla neve, in Tibet pensa alla madre)

"Da piccolo, era estate un mattino: con la mamma prese l'autobus da Bat Yam a Giaffra per andare a trovare zia Clara. La sera prima non c'era stato verso di dormire: la paura che di notte l'orologio si fermasse e non lo svegliasse piu. E se piove. E se non facciamo in tempo."

Ecco, gia questa mi sembra poesia. Io mi incanto su queste cose qua.
Poi il bambino racconta cosa ha visto durante il viaggio in corriera. 

" Fra Bat Yam e Giaffra: un asino e un carretto si erano rovesciati. Angurie spaccate sull'asfalto bagnato di sangue[..] Poi un gatto investito. Sua madre gli prese il capo e se lo portò in grembo: non guardare sennò dopo urli nel sonno.
E una bambina pelata: pidocchi? Gambe accavallate, quasi le mutande."

Poi c'è questa cosa che mi ha colpito. una parola sola, immagini senza descrizione.

" Un edificio in costruzione
Un caffè arabo. Sgabelli. Fumo.
Aspro e denso. Due uomini chini.

Rudere. Chiesa. Fico. Campana.
Torre. Tegole. Inferriate. Un albero di limon.i
Olezzo di pesce fritto. E fra due muri
mare con una vela che ondeggia.

Poi un frutteto, convento, palme
datteri forse, case diroccate.
[..] e dopo viene già notte.
Giorgia di Galilea. Siria. Russia.
Lapponia. Tundra. neve.

Dopo, in Tibet, si addormenta, ma no.
Ricorda sua madre. E se non ci svegliamo:
siamo perduti. E se arriviamo in ritardo.
Dentro la neve la tenda il sacco a pelo
si rigira per accostare il capo al suo grembo. "

Si rigira
per accostare
il capo al suo grembo
Si rigira
per accostare
il capo al suo grembo
Si rigira

 
 
 

All'interno del guscio di un uovo

Post n°422 pubblicato il 23 Marzo 2012 da simurgh2
 

 

All’interno del guscio di un uovo
Involucro fragile di coccio spaurito
Dall’interno sei solo e smarrito
Protetto da un niente, un vuoto
d’attesa, un rendere quieto
Illeso non chiedi nient’altro
che una pacifica resa.
Purchè tu ti prenda cura dell’uovo
Tu sei l'albume, il tuo cuore il tuorlo
Non vuoi diventare un uovo in tegame
e neppure un pulcino impaurito
Devi covarlo da dentro
Andare in ricognizione
L’uovo è la tua occasione
Non vuoi muoverti più da la dentro
Lui non ha niente in contrario
Vuole che quel guscio sia tu
Diventare una sostanza calcare
Essere qualcosa che puoi covare 
Sparire, che nessuno sappia di te


(foto di Giulia eLIOT - my life is an empty shell)
 
(8simurgh)

L'input nasce da queste parole

"...niente altro che uno stare quieti,
...in attesa" 
(Mariangela Gualtieri

L'avevo scritta qua, da eulalie

La mano è felice oggi. 
Un fare niente la riempie 
di pace vegetale. Sono come 
in attesa. Sono un animale 
che ozia, che riposa nella sua buccia 
un frutto appeso al ramo 
nella maturazione. 
Sono un pugno di ghiaia 
del vialetto. Una sterpaglia secca 
in una attesa indifferente d'acque. 
E così pacificata e illesa 
ancora incolume alla vita 
deposta ogni pretesa, senza dolore oggi 
porto il mio colore rosa 
come bandiera 
niente altro che uno stare quieti 
in attesa. Niente altro che questo 
qui e ora.

(Mariangela Gualtieri)

 

 
 
 
 

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SAINKTO NAMTCHYLAK

 

I LIBRI SUL COMODINO

-Rilke - Tutte le poesie - Einaudi
-J. Franzen- Zona disagio-
-Jennifer Egan- Il tempo è un bastardo
-Tabucchi- Racconti con figure
-David F. Wallace- Tutto e di piu
-Ingo Shulze-Zeus e altre storie semplici 

 

Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)

 
 
 
 

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