Creato da claudia.sogno il 20/02/2010

Amina Narimi

con la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano tra i fiori un buio d'aria

 

 

Ederlezi

Post n°953 pubblicato il 07 Maggio 2017 da claudia.sogno
 

 

 

 

                                      Sa me amala horo, horo kelena


                                           Sa come aprirsi nell'inferno

                                        il canto degli angeli che amiamo-

 

                                    risalendo lungo il pozzo un fiato caldo

                                    per raggiungere la gola e dire ancora

                                       same amala oro, oro kelena -

 

                                     Le loro mani bianche danno frutti

                                    leggendo sul labiale il nostro nome

 

                             Non possono che questo, in fondo al campo,

                                      non altro che cantare l'ederlezi,

                                      nel buio che va dal primo vento

                                     al caldo dei colori in tutto il corpo.

 

                                   E' l'odore di un fieno che si espande

                                     al grido amaro-dive, dive kerena,

 

                                    alzando con i semi una canzone, 

                               dal profondo della pancia, e lentamente,

                              come fosse un suo risvolto, con amore,

                                 quando torna a trattenersi nel respiro

 

 

 
 
 

La Genčse...

Post n°952 pubblicato il 04 Maggio 2017 da claudia.sogno
 

 
 
 

Nel cavo delle mani

Post n°951 pubblicato il 04 Maggio 2017 da claudia.sogno
 
Tag: Aman

Ci aveva condotti sul verde del fiume
la pura attenzione a un lamento infantile,
con le dita leggere di una preghiera,
rivolta al più caldo silenzio del greto.

 


Come in piccole orazioni, le ferite,
ridevano, sprofondate nella luce,
avanzando di ritorno alle radici,
col voto di non cogliere mai fiori.

Un canale di biancore percepito
nella sua immisurabile portata
fu il sì assoluto all'ultimo dei viaggi,
congiungendo i loro palmi al solo centro
di una lingua imparata da bambini-

e tenne fede a una consegna di silenzio,
la più straziante di tutte di tutte le scintille,
al principio della vita.
                                          Poi scomparve

dove tieni asciutte le tue cose,
parola per parola. Tocco il legno,
intorno al tuo carteggio, levigato,

e tra le pieghe, che hai sepolto meglio,
c'è la gioia di un fiume di portata,
dell'acqua che va accanto per istinto,
con tutto il peso assunto nelle altezze.

Tra i giunchi che si allargano
i tuoi occhi
sono piccole candele che prepari
ogni sera, per parlarmi. Non c'è punto
che non veda la tua vita
un riparo, una piccola cappella,
tra lo spazio che viviamo
e il mondo accanto -
le fronde del tuo salice in preghiera
con le ali del mio tiglio, tese in cielo,
sotto terra e in pieno sole fanno insieme

un minuscolo groviglio di radici,
ricongiunte nella luce degli anelli
come un nido che prepara le sue nozze,
nel cavo delle mani capovolte.

 

 
 
 

Ambra..

Post n°950 pubblicato il 24 Aprile 2017 da claudia.sogno

Pregai tutta la notte nel libro d'ore.
Seguì una mattina molto limpida,
un viso chiaro.
Forse non mi sentì. In principio.



Poi vennero le cose,
le cose buone,
nella sacca per le offerte,
la montagna, una cascata, l'albero
e i quattro nobili.
Con l'anima coperta di paesaggi,

da un altro luogo,
non avrei visto i fiori sottoterra,
come un giorno che spunta
dal nero puro all'acqua.
Da lontano, non altro che così,
ti sei offerto.
Nell'incertezza benedetta del vangelo,

ora, posso dirti solo come luce,
nell'estrema povertà originale,
e come va,
nel patto doppio del crepuscolo
lungo i vicoli del legno,
l'ambra, che tiene il fossile
con la nostra veste da bambini,
compresa nel suo grembo.

 

 
 
 

Terra...

Post n°949 pubblicato il 22 Aprile 2017 da claudia.sogno

 
 
 

Sulla lettera iniziale di Pesah

Post n°948 pubblicato il 22 Aprile 2017 da claudia.sogno
 
Tag: Pesah

Sulla lettera iniziale di Pesah
corre un piccolo gruppo di tuniche azzurre,
torce luminose con cappucci d'oro,
e tutta l'età del mare,
bocca a bocca

chiude la tenda un panno morbido di lana.
Una coppia prega, dentro,
si raduna come un pesce,
tutta in fiore, fino al seme,
per l'offerta di conchiglie
e le tre madri. Nella gola

mescolanza d'erbe, di oli santi
nel palato, e sulla lingua
come un canto,
lo stesso del sale quando brilla
sopra i denti,
consonanti inclinate fra le labbra.

Parole sorelle, messe in luce,
di pochi decimi di efa
e un grano nuovo,
al centro della stanza,
come allora
-eravamo nuovi e tutti insieme
antico suono,
nello stesso luogo delle bestie,
a cospargere il secco di rugiada,
fin giù, alla benedizione dei granai,
con una ciotola di biada e al primo anello
il nostro orecchio sulla pelle degli aranci-
con lo stesso sangue,
fa di me la tua mano,
spezzando i vasi rossi dell'ultimo raccolto,
io sono insieme-
e obbedisco,
mentre il fiume copre il suono della voce
sul fuso delle dita, alla tua grazia
-
seppur sfiorando il nulla,
sono insieme,
e la tomba è vuota.

 

 

 
 
 

Disegnavo un piccolo capanno

Post n°947 pubblicato il 14 Febbraio 2014 da claudia.sogno

Disegnavo un piccolo capanno
ogni sera un po’ più grande
finchè un giorno mi notasti, domandandomi per cosa
avevo tanta cura, se all’interno stava il vuoto


 
-Ho visto un cavallo libero nei prati
in cima a Montevenere,
non posso chiuderlo se non sa chi sono,
che gli voglio bene per come brilla al sole,
ma nel capanno c’è il pastone e la paglia fresca
Forse un giorno, se l’aspetto.. se gli aggiungo delle cose…-
 
Mia madre si commosse, e  come premio degli esami in terza media
riempì il capanno con Zahir, il primo nel disegno.


 
C’è tanto amore in questo andare indietro
a cogliere la bellezza cieca
da proiettare nell’invisibile presente
in ogni sillaba si alza ancora la Tua voce
di Maestro, e tu Blanchot dicevi della poesia:
che nasce nel movimento
in cui Orfeo perde Euridice.  Nel distacco
è l’infinito andare della scia d’argento
o quando la gioia di vivere non basta e scrivi
 
Con la lingua degli angeli 
mi hai insegnato a morire
per tornare nella mastella di lino con le braccia
girando  nell’acqua tiepida  la crusca
coi germogli di soia,  a rimanere,
quando in mezzo alle gambe stringevo altre zampe
ferrando i cavalli , come allacciare le scarpe
a un bambino. vedendo l’intoccabile:
l’anguilla che fa morire, dentro la pancia dei cavalli,
premendo  il viso, e curare il respiro, se cattivo ,
cercando le sanguisuga, tra l’acqua più chiara,
da mettere al collo per vivere. Per poche ore
è così che Zahir  ritrovava il suo galoppo
col salasso più antico. Pitturavi nell’aria quel salto
volando  sui fianchi a Soraya, tirandola appena
verso di te. Mi guidavi come danzare
sopra la cima di  Montevenere, dal primoamore,
passando per Le Croci e sotto l’abetaia di Rossara
sdraiando le nostre schiene, come fossimo sull’acqua,
a ginocchia strette, con la passione di affidarsi,
entravamo nei boschi acquattati come bestie,
negli occhi delle mucche e poi giù, giù col baio chiaro,
con il fulvo sulla pelle umida del corpo
parlandoci senza bocca, col sudore morbido ai polpacci
e il suono dell’orgasmo tra le dita e le redini sottili,  
accogliendo nella pancia la discesa,
l’alfabeto baciato degli zoccoli.
 
c’è un punto esatto- mi segnavi-  tra le orecchie
dei cavalli , piccoli movimenti impercettibili
che congiungono le punte dritte nella luce
formando un otto, solo lì, è dove ti alzi in verticale
 e voli via leggero, risparmiando le salite
 
All’inizio dell’autunno mi hai bendato gli occhi
con una lana a fiori che pungeva
per dirti gli anni dei cavalli o dei dolori
con le mani carezzavo il naso, quei gradini come rughe
che vengono nel tempo, affondavo piano con le dita
sotto gli occhi, nei fossetti; passando poi tra i tendini
e i nodelli, imparavo  le fatiche, e le fessure prima della coda,
per la fame, immaginando la magrezza, dei cavalli nuovi
infine… mi chiedevi la prova che stordiva : del colore
strofinando il pelo, se aveva delle macchie, se grigio o come:
sapevo dalle setole i colori, dallo spessore, e la temperatura
svelava sopra i polsi con dolcezza
se le femmine avevano il calore. Era tutto come amare.
 
Se stringo forte gli occhi  sono al centro del cortile
ancora oggi mentre tu  mi vieni incontro
tenendo un cavallo per la corda poi due e tre
per scoprire il suono che marca  dentro il passo
tra di loro dove la zoppia, di chi, su quale fianco,
avanti o dietro. Alla fine dell’inverno
cavalcavo come cieca nel tondino
ed ero dentro  gli animali e dentro il bosco
quando tremavano col  manto a una pozzanghera,
o tendevano la schiena a un ramo basso.
Annusavo  il buio dei ragazzini ciechi,
che sarebbero arrivati  a primavera,
per vedere con gli occhi dei cavalli
la bellezza
fino  in fondo alla luce dell’estate


 
Sei stato dell’invisibile Maestro,
chi ha fatto i segni sulla strada  
per affidarsi al buio,
per tornare al  Vuoto del capanno
con il suono di ogni albero,
quando si piega,
indicandoti la via.

 

 
 
 

Con una lingua tenera.. ...

Post n°946 pubblicato il 14 Febbraio 2014 da claudia.sogno
 

Viene dall’invisibile

incarnando la presenza delle voci

ogni volta che accendo il fuoco a sera

affonda il verbo nella legna

con la saliva, da buio a buio,

mostrando  lo spacco del sacro -la ferita,

il nome-  delle rose  nei  miei fiori,

sono la nostra anima

                                       là dentro,

nel camino acceso  in cui abita qualcosa,

perché cresca la luce. Piegando le ginocchia

mi accuccio dove viene il rosso

con la veste arrotolata fino al timo

scoprendo la macchia azzurra  sul mio fianco

scintilla nuda e disarmata -immutabile simurgh-

 

Con un piede dopo l’altro ascolto la corteccia da bruciare

le piste dei sogni attraverso gli anni

le pulsazioni di ogni tronco – ognuno canta per anelli

cigolando sotto i miei talloni- sotto le piante

sento gli uccelli volati via dai rami

le foglie rimaste sole

nel rettangolo vuoto del giardino. Mi tramando,

credendomi un albero,

Prego, senza una parola,

sono la stessa cosa. Nella pancia

i legni sono pronti

per rinascere dal fuoco

mi alzo scalza con tutto il corpo,

la riconciliazione nelle mani,

una per una. Odoriamo di pace

come quel giorno, nella sala di commiato,

non separandoti  mai da me stessa

 

Con una lingua tenera

in un bianco leggerissimo di cenere

il nostro esserci è un segreto

ognuna canta nel pensiero

 

 

 

 
 
 

Con le membrane lucide dei sogni

Post n°945 pubblicato il 10 Febbraio 2014 da claudia.sogno
 

 

L’elegia ci fa trovare, al di là

dell’albero più ferito,

di Paesi e continenti, l’acquabuona,

una cascata di perle e di animali,

dove cercavo il mio menhir

sulla riva del laghetto azzurro.

                   Intatta immersa e protetta dall’acqua fresca

                            aveva gli occhi aperti come fosse viva

                                       

 

Ridarle vita con otto stagioni

fu l’unica cerimonia nel cuore dell’inverno

profondo, portare licheni per nutrirla

rimuovendo la brina dagli alberi.

Mi toccò i capelli.

Ti adoro per la dolcezza, per le mani

e così sia,

anche nel silenzio degli uccelli,

canta.

è un miracolo nudo la nostra creatura

le linee della mano tanti rami e

ad ogni dito il suo respiro fa gli anelli

un panno bianco, di cielo in cielo

nel canto d’emergenza coincide con i sensi,

a un poi, che calma, che trascina

la mia immagine nel Vuoto

dove trovo riparo. dove ti riveli

con il viso mentre mangi

mentre raccogli nascosta la mia mano

ti do un nome, allargo tutti i rami

per avere ancora suoni e somiglianza.

Nella danza fragile precipita il respiro

preme il cuore, dentro quella crepa,

la luce, per quel minimo d’azzurro,

ti è salita fino agli occhi dalla pozza

ho tolto le parole per amarti,

cerva di un solo fianco, nel silenzio,

venuta via dall’ombra.

è con l’acqua che ti fascio il viso, ora,

con le membrane lucide  dei sogni,

sei un canale di biancore

tra i rami fino al petto

il segno che racconta un corpo

porta  il tuo Nome adesso –Rimani-

nel respiro degli alberi,

l’impronta più Viva

tra tutte le voci

Anima di gioia

sul bianco del foglio-

senza grida.

 

 

 

 

 
 
 

Malaika The Princess

Post n°944 pubblicato il 05 Febbraio 2014 da claudia.sogno

 

 
 
 
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