Blog
Un blog creato da simurgh2 il 29/04/2010

Invidio il vento

ma anche no

 
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Giugno 2012 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30  
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 19
 

 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

ALMOST BLUE-CHET BAKER

 

 

"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran) 

 

Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

Messaggi di Giugno 2012

Pisoera, stazioni radio e dj

Post n°466 pubblicato il 28 Giugno 2012 da simurgh2
 

La Pisoera, intanto è un'albero che vien su qua, spontaneo, di poco valore botanico. Pisoera è anche un'osteria. Mi fermo qualche volta per una roba veloce andando al lavoro, quando vado sul mezzodi. 

 

Anche questa ha una sua poesia.
Cappe longhe ai feri, do gambe ronin , na seppiolina, do prosecchi, pan, caffè.
In piedi al banco. 
C’era questa canzone su in quel momento.
One degli U2, però cantata da Johnny Cash.
Mi è venuto in mente Tom Waits nel film Daunbailò
Se fossi stato un dj in qualche radio avrei detto:


Sono Lee Baby Sim di "One Station" sono passati pochi minuti dalle dodici trentaduegradi di un ventisei giugno ed è un caldo schifoso li fuori da dove vengo con le dita ancora unte che scusate mi succhio prima di prendere in mano i dischi e il posto dove stavo era un'osteria undergrond con un banco sempre pieno di roba buona mi trovate la se qualche volta passate a quell'ora Lee Baby Sim vi mette su il primo pezzo One cantata da Johnny Cash uno che l'infanzia pareva uscita da un romanzo di Faulkner capelli pettinati all'indietro una faccia da duro per i suoi talking blues ecco che parte Jonny Cash ragazzi
-Questa canzone la dedico alla cerva che vaga nelle radure in cerca di una preghiera, quando si stende su un fianco in riva al fiume, offrendo il pelo lisco sulla pancia tenero d’amore alle mie carezze....-

Sono Lee Baby Simms

Alla fine, quando leggo il messaggio piu bello giunto in redazione, scelgo questo firmato "La cerva"

Quel gesto li al banco
di cappe con pane
le mani tinte di seppia
di bollicine la gola
trova campo la pelle al cespuglio.
Faccio mucchietti di aghetti
come due coppe ti allargo
e lascio cadere preghiere
e poi li ricopro alti come due seni

….........Ribelle un pensiero
Desiderio eversivo che sbuca
nell’ombra a voler delle tue dita
il fresco sapore il pescado...
dai rami le mani discendono il fianco
e fanno come un disegno, un volteggio.
Una pioggia lenta le accoglie...
risalgono il ventre e lo bagnano...
fino alle labbra.
Al tuo banco quel fianco
che l’ombra  ancora distende
come pescado
(la cerva) 

Il vostro Lee Baby Sim vi saluta
A domani, sempre con Radio One 

 

Alcune immagini scattate passando in macchina per il quartiere

 Sfaccendati
La stasi è l'abnegazione dell'arto all'azione

 Qua abitano i ceceni,
gente che arriva dal Caucaso
Appartengono al gruppo"noqci"
e al sottogruppo "vajnach"
   

 

 

 

La baracca vicino alla palude
Qua si rifugiano i riabilitabili      
                                              Quando lasci una cosa considera
le cose che perdi tra quelle meno
essenziali, mi ha detto Bob

 

 

 


  

 

 

 

La pisoera

 

 

 

 

 

La stazione                                   Informazioni

 

 

 

 

 

 

 

Perquisizione
Lee Baby Sim

 

 
 
 

Stazioni

Post n°465 pubblicato il 25 Giugno 2012 da simurgh2
 

 Qua, il presunto poeta, si fa prendere da un testo, da un dir quasi niente, e  allora, anche lui vuole dire la sua su qualche stazione meno nota, ma dove poi, ogni andare partire per poi tornare, transiti di pensieri che hai nelle stazioni e non ti vengono uguali al bar o al supermercato, ti vengono la, dove ci sono i treni e qualcuno che ti aspetta, qualcuno che resta quando poi tu te ne vai

Bratislava

"Ora puoi stringere il dono dell'istante, al caffè della stazione,a Bratislava, nell'ora dubbiosa che mescola i treni  e divide,l'arrivo il partire,la sosta l'addio, l'attesa il ritorno,quali stagioni trattieni alla mano, senza smarrire il peso del giorno, vasta misura di brezze penombre, luci fragori,minuti frontiere, solo più largo lo spazio fra i gesti, morbido e lento il vagare dei treni, lasco e cedevole il ferro dell'ora , il sole raggiunge vagoni del sonno, tocca in silenzio le ruggini quiete, varca gli asfalti al risveglio, celebra calme stanchezze d'estate"

L'autore è Giovanni Catelli. Comparso su "La lettura", il domenicale del Corriere della Sera. "Un romanzo in cento parole". E' Bratislava, ma lo puoi scrivere in qualsiasi stazione ferroviaria.

 

 Stazioni

Ci sono istanti che disseminiamo
in stazioni di transito, luoghi-non luoghi
Senza una biglietteria, uno sportello
Neanche il baretto della stazione aperto. 

Il tuo corpo pare aver un peso inesplicabile 
e ogni gesto che compi pare portarti 
sul punto di prima e ogni suono assorbirsi nelle ossa
lasciandoti quel straneamento, l'annuncio di un'assenza 

Una musichetta da un autoparlante 
messa da chissà chi, pensando allieti. 
Panni stesi, due binari, una panchina
L'aria ferma sul piazzale, desolata. Lei è andata via

Pensando a tutte le ragioni che inducono un ritorno
In quella luce che ti pare farsi strana, transitabile
e guardi quelle cose che sosteranno la ancora, dopo di te
per qualche ragione che dovranno presidiare e resistere


Ci si può salvare riconoscendo dei dettagli
Sei la solo ormai, quando sali. Ed è estate. 
Fissi il punto lontano delle rotaie lucenti sulla sera
Senti ancora i suoi fianchi, come una cerva stesa. 


Sul treno una ragazza legge" La donna spezzata" 
Il paesaggio scorre oltre il finestrino contromano
Tra gli arbusti lungo la ferrovia una cerva corre
Nessuno se ne accorge che corre via con me

Quello è stato il dono dell'istante,
e il tempo si è arreso.

Genesis -  The fountain of Salmacis
Nel testo della canzone la storia s'imprime

Il cacciatore vide tracce di cerva
Desideroso di conquistarla
Si ritrovò in una radura
che non aveva mai visto prima

(Genesis)

 

 

E cosi, ogni volta, un viaggio nella sua testa confonde, e si fa strana la luce a quell'ora, la cerva che mi porta in quelle radure del sogno, e la vedo correre tra i rami, gli arbusti e non ha esiti la voce, solo pensiero, immagini veloci che corrono come il treno, e il fiato pare radunarsi e restar senza peso, anche se a volte tornerei indietro per contarli tutti quei fiati mischiati che poi un treno porta via ancora inesplorati. 

 
 
 

La guarnigione

Post n°464 pubblicato il 22 Giugno 2012 da simurgh2
 

 

La guarngione si forma,
reclutata negli avamposti,
al tavolo fuori,
sotto la tettoia del Foster,
una combriccola,
come fossimo all’Urbe,
in una corte pretoria, uomini assolti.
Io dico di Clint Eastwood, di Charles Bronson,
anche se non abbiamo un sovrano,
ognuno per sè,
cercando il braccio sulla spalla dell’altro.  
Quando serve, quando ce n’è bisogno.
Pochi, sparuti, come incursori.
Ad ognuno un’assalto, ad ognuno la difesa
delle sue piccole frontiere.
Un manipolo specializzato,
come i frombolieri siriani
o gli arcieri arabi.
Un nucleo radunato sotto un vexillum.

Pensavo a questo mentre parlavano tra loro. Uno aveva una storia, la raccontava. Stanotte dopo l’una, steso sul letto mica dormiva. Sentiva dei fruscii li fuori, rumori maldestri, stranei e s’era allertato. Matteo è un uomo della palude. Ha dato un’occhiata dal balcone. Due nell’ombra gli stavano ciurlando la benzina dalla macchina con una tanica. Allora pian piano è sceso, ha bussato al cognato, dalla porta di dietro. Un cenno con la testa, poche parole. Li hanno presi alle spalle. Neanche il tempo di dire bah. Matteo che nel giorno aveva lavorato in giardino, aveva preso su il badile appoggiato al muro. Erano due albanesi con una Bmw nuova di palla. Lo verrà a sapere dopo, quando arriverà polizia e carro attrezzi. Con il badile in mano, Matteo, 30 anni, sposato da poco, e con una bambina di pochi mesi, quando l’albanese si accorge, lui è gia partito con il colpo. Una badilata sulla gamba gli butta fuori l’osso dalla carne.
Si vis pacem, para bellum.
L’altro gli si dirige contro. Parte un altro colpo di badile. Lo prende sul muso, di fianco. Per fortuna di striscio. Gli avrebbe staccato la testa sennò. Domani sarà sui giornali. Per noi era un’eroe questa mattina.

In una scaglia d'estate, ad infilar perle di sangue
Sentirsi un manipolo con il suo abiuro
Stabilavamo le variabili dell'assonanza

Ho pensato alla nostra fede politica. L’architetto ed io comunisti (se cosi si puo dire) Gli altri fascisti, ma non son cose che tra noi pesino o valgano.

Mi viene in mente "Chagi-Murat", di Tolstoj. Un racconto, un breve romanzo. E la guerra dei Russi ad occupare la Cecenia nella metà dell’ottocento. “Non abbiamo mai visto gli occhi dei montanari ceceni, lustri come more mature, o simili a quelli degli agnelli: non abbiamo mai ascoltato questa allegra sinfonia di voci, di urla, di sguardi accesi, di spari di carabine urlanti e crepitanti come cosa viva, non abbiamo mai conosciuto quest’aria fresca, pulita e trasparente, che rende vivissime queste catene nevose”

Allora vai al bar, ti siedi con quelli della tua legione, gente che si vede cosi, per bisogno di cortile, di registrare affinità, sintonia, forme rudi di affetto, a loro modo cosi pudiche nel manifestarsi, specifici rituali. Legami che avverti formarsi e compattarsi e allora quella sorta di cameratismo, in cui si riconoscono le gerarchie, i temperamenti, i ruoli di ognuno. Una consorteria che, se non ci troviamo, mi mancano mi accorgo.

"L'acqua è insegnata dalla sete
La terra, dagli oceani attraversati
La gioia dal dolore
La pace dai racconti di battaglia
L'amore, da un'impronta di dolore
Gli uccelli dalla neve"
(Emily Dickinson)

 
 
 

Aleksandr Kuljachtin e l'Unheimliche, il perturbante

Post n°463 pubblicato il 18 Giugno 2012 da simurgh2
 

Ha una faccia cosi. Non è che uno lo vedi e dici guarda che faccia da poeta che ha quello.
Che maglioni si mettono i poeti? Quelli larghi, di lana grezza, finlandesi? Trasandati, da stare sulle scogliere a contemplare lo schianto delle onde sulle rocce di sotto. O il vento della taiga sulle betulle? Non come quella la che si è preso. 
Ha questa faccia costipata, da uno che si tiene dentro l'aria, che gli fà i brontoloni, che fin da piccolo ha provato a dirle le cose, però poi lo guardavano male, o sgomenti per quel che diceva. Insomma, lo vedi che è cresciuto con delle disfonie, con quelle che Freud chiama Unheimliche, il perturbante. Però poi. per quel che leggo, mi pare se la sia cavata con humor e perturbante ironia. Hanno qualcosa questi russi, secondo me, di sorprendente. Come ogn'uno che nasce nei pressi.

Aleksandr Kuljachtin è nato nel 1967 a Gatcina, nei pressi di Leningrado/Pietroburgo.

Versi a Pietroburgo

Ho perso il mio diario.
Il righello, la matita e il quaderno.
Ho perso l’elenco di libri,
Che mi avevano dato da leggere.

Là, sul portone, un uomo malvagio
Mi ha aggredito all’improvviso.
Ha strappato il mio elenco di libri
E in pieno giorno lo ha calpestato nel fango

.Mi ha anche tagliato la lingua,
Affinché io non potessi raccontare
Di aver perso l’elenco di libri,
Affinché decidessero di darmene un altro.

Mi ha anche strappato gli occhi,
Affinché io non trovassi mai
Nel fango il mio elenco di libri.
AlloraSono andata via e sono morta

Lui ha riso, l’uomo malvagio,
Va bene, sia pure,
Io comunque il mio elenco di libri
Me lo ricordo perfettamente a memoria.

* * * *

Il papà insegna al figlio a non mentire e a non rubare.
Il figlio annuisce e dice: “Papà, non lo farò”.
Di notte il figlio sente come sonoramente scricchiola
Il letto nella camera accanto. E un bisbiglio sommesso.
Le parole non si capiscono, ma impediscono di dormire.

A scuola il figlio studia la lettera “B” dopo la lettera “A”.
Esegue tutti gli esercizi consigliati.
La ragazzina, vicina di banco, scrive parole sul quaderno.
Le parole non si capiscono, ma si vedono le ginocchia.

Il figlio, fatti i compiti, riferisce che è pronto.
Il papà dice: “Ecco, bravo”. Bacia il piccino.
E lo manda al cinema. Sta’ fuori sino alle otto.
Il film è interessante, ma i rumori delle file posteriori
Distraggono il figlio, e lui ragiona male.

Nel cinema afoso preferirebbe dormire.
La ragazzina, seduta vicino, sfiora il figlio col gomito.
Non lo lascia guardare. Il papà lo sgriderà, se il figlio
Non dirà chiaramente di che parla la pellicola.
Il figlio siede, sbadiglia, tentando di capire il film.

A casa a quell’ora il letto scricchiola e scricchiola.

 
 
 

Calmati Vincent

Post n°462 pubblicato il 16 Giugno 2012 da simurgh2
 

Ogni settimana un'illustrazione d'autore sulla copertina de "La Lettura", il supplemento domenicale del Corriere. A me, questa quà è sempre rimasta come un'effige nella testa.
Questo abbraccio simbolico che quel Jori vuol tornare a fare, immaginando che sarebbe stata la cosa migliore .  Un modo di tenersi insieme quando l’abbraccio rinsaldante dell’altro viene meno e il rischio della disintegrazione si fa terrificante, concreto. L'illustrazione dell'afflizione sollecita una propria dignità, la rivendica, s'impone e pare chiedere di apparire ancora, agli occhi dell'altro, prima di ogni altra cosa, di essere considerato ancora un uomo. Di essere degno, di non essere ignorato, per non morire veramente. Questa è la supplica che nello stringersi espone. 

Thea Crudi

Il Vincent sarebbe Van Gogh
Van Gogh si è appena tagliato l'orecchio.
E' sconvolto e completamente solo,
perso nel suo universo tormentato.

Stringimi Vincent, stringimi.
Non ti lascerò solo. Fermati!
Non dire niente. Non serve.
Una sera d'inverno
come certe anime sanno
si fà buio presto,
dentro un buco profondo
il gelo ti asserraglia
in una trincea presa d'assalto
Il cielo blù cobalto
forato dall'orsa Maggiore.
Nembi che srotolano appuntiti
sulla carne incidono lobi
e vorrei recitare dei miserere
nei campi di grano della Provenza.
Quando Vincent sentiva la bestia arrivare
sapeva bene cos'era.
Per questa si sentiva ogni volta umiliato
Per questa bisognava ogni volta doversene scusare.

 

Una bellezza tragica e umana, l'abbraccio
A suo modo un'incanto che sgorga
e puoi chiudere gli occhi
nella fragile verità delle cose.
Ignorarlo, sfuggirlo sarebbe crudele.
Un'afflizione privata, scacciata, riaccolta.
Uno sguardo cruciale che neanche s'incontra.
Meglio non vederli quegl'occhi
girati di la, persi nel niente.
Gli occhi di Vincent
ti seguirebbero ovunque. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Nulla è mai stato scritto o dipinto,
cosrtruito o inventato,
se non per sfuggire all'inferno."

(Antoninb Artuad)

 
 
 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

cassetta2lightdewklausmannSkorpiodgl8galex5PerturbabiIetucci.lucreziamiglioserosselladf79emma01vivhotmailsilvia79dgl1boezio62lucedarivaombrosaroberto.menga
 

ULTIMI COMMENTI

Trovato adesso questo post, per puro caso, dopo anni....
Inviato da: Daniela Raimondi
il 06/12/2019 alle 16:11
 
Ecco, cercavo tracce o indizi di spiegazioni di questi...
Inviato da: Lorenzo
il 13/10/2017 alle 01:18
 
https://youtu.be/yYHQmjAbwXw
Inviato da: emma01
il 18/04/2017 alle 16:53
 
Indugiò, sempre qua e là muovendo - Poi timidamente Bussò...
Inviato da: lontradelbosc
il 08/04/2017 alle 21:28
 
grazie..
Inviato da: çok güzel oyunlar
il 01/12/2016 alle 20:30
 
 

DARK PRESENCES

site statistics;1&autoplay=1

 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

SAINKTO NAMTCHYLAK

 

I LIBRI SUL COMODINO

-Rilke - Tutte le poesie - Einaudi
-J. Franzen- Zona disagio-
-Jennifer Egan- Il tempo è un bastardo
-Tabucchi- Racconti con figure
-David F. Wallace- Tutto e di piu
-Ingo Shulze-Zeus e altre storie semplici 

 

Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)

 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963