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Post n°503 pubblicato il 04 Marzo 2016 da fragolozza
 

Non riesco a condividere il gusto per la condivisione, la voglia e, in second’ordine, la consapevolezza, probabilmente piacevole, di essere simile, se non addirittura uguale, per gesti, pensieri e idee, ad un manipolo di estranei che si avvale dello strumento social per informare il mondo sulle proprie abitudini, attitudini e consuetudini.

Non faccio riferimento agli aggiornamenti di stato più o meno interessanti (per fortuna, pare sia stata superata la fase in cui ogni santo cristiano era preda della smania di aggiornare il popolo prima di dormire, prima di fumare, prima di lavarsi, prima di mangiare, etc.).

Faccio riferimento ai link, ossia a quei contenuti creati col solo scopo di essere condivisi e, quindi, per loro natura altamente condivisibili, in quanto connotati di una banalità e di una pochezza a dir poco disarmante. Perché io capisco gli scazzi, le frustrazioni, i rompimenti di scatole e tutto il resto, ma che si abbia bisogno di informare gli altri in merito al proprio punto di vista, condividendo la foto di una strappona con didascalia "Non mi è mai interessato piacere a chiunque. Preferisco un'antipatia vera ad una falsa amicizia", lo trovo parecchio triste.

Ancor peggio poi la recente tendenza, in voga soprattutto tra i miei contatti più giovani, di rendere partecipi gli altri della propria tipologia di reazione a fronte di qualsivoglia, scontatissimo evento, mediante condivisione di video girati da coetanei, il cui unico talento è una totale e sfrontata mancanza del pudore rispetto alla possibilità di ridicolizzarsi e immortalare il momento su yuotube, per la libera fruizone dei contemporanei e dei posteri. Un fioccare di video il cui titolo comincia quasi sempre con “Quando…”, una galleria di situazioni sciatte (es. quando sei sul divano, quando la tua ragazza è al bagno, quando il ragazzo che ti piace non risponde ai tuoi messaggi, etc…), cui l’utente medio si relaziona, non solo condividendo, taggando e apprezzando, ma anche accompagnando la pubblicazioni con commenti giubilanti relativi al riscontro di una conformità totale della situazione filmata, rispetto a quello che è il loro atteggiamento nell’affrontare o vivere la stessa situazione.

Comprendo il desiderio di accettazione, la necessità di sentirsi parte del gruppo, il sollievo che comporta scoprire (l’acqua calda) che esistono migliaia di persone che reagiscono ai pali, ai due di picche, alla stanchezza, ai ritardi e ad altre svariate ed eventuali situazioni nello stesso identico modo in cui reagiamo noi. Lo comprendo. Sul serio. E questo post non avrebbe alcuna ragione di esistere se non fosse che, di ultimo, una persona che ho avuto la sfortuna di conoscere e frequentare per lungo tempo e che, ancora adesso, si tiene saldamente al primo posto della mia personale classifica degli idioti senza possibilità di guarigione, ha deciso di diventare uno youtuber e ha cominciato a riempire l’etere di video della tipologia di cui sopra.

PICCOLA DIVAGAZIONE SUL TEMA

Durante una trasferta di lavoro, una sera a cena, mi si pose questa domanda.

- Sai che differenza c'è tra uno stallone, un puledro e un cavallo?

In verità non lo sapevo e avrei continuato a vivere benissimo pur non sapendolo, ma poiché all'epoca i miei datori di lavoro avevano deciso di darsi all'ippica e, dunque, la garanzia che continuassero a pagarmi lo stipendio dipendeva da quanto fossi brava a fingermi coinvolta nel mondo equestre, richiamai i pensieri dalle praterie in cui li avevo lasciati liberi, chiesi solertemente "quale?" e buona buona mi sorbii tutta la spiegazione.

In realtà, per quanto mi impegnassi a fingere, a me dei cavalli fregava davvero poco. Sarei stata molto più felice se, anziché in un frisone da competizione, avessero investito i soldi in una batteria di polli. Almeno c’avrebbero guadagnato in cotolette. E fu, forse, per questo motivo che tenni in piedi la conversazione domandando a mia volta.

- Sarà che la differenza che intercorre tra il cavallo, il puledro e lo stallone è la stessa che distingue i polli, i pulcini e i galli?

E fu allora che l’idiota senza possibilità di guarigione, fino a quel momento silenzioso come un vegetale, intervenne con un memorabile contributo.

- Scusami, eh? Ma i polli non sono galline? Io ho sempre pensato che i polli erano galline a cui tiravano le piume.

Nessuno ebbe il coraggio di replicare. Nemmeno per spiegargli che un pollo è un pollo e in quanto pollo non può essere gallina, poichè la gallina fa le uova, fa la cova, fa il brodo e il pollo no.

TORNANDO AL TEMA

Comprendo il desiderio di accettazione, la necessità di sentirsi parte del gruppo, il sollievo che comporta scoprire che esistono migliaia di persone che reagiscono ai pali, ai due di picche, alla stanchezza, ai ritardi e ad altre svariate ed eventuali situazioni nello stesso identico modo in cui reagiamo noi. Lo comprendo. Sul serio. Ma la prossima volta, prima di condividere, taggare e dichiararvi orgogliosi di quanto l’autore del video abbia colto in pieno il vostro mood, fermatevi a riflettere sulla probabilità che  l’autore di quel video, coloro che lo seguono e tante altre migliaia di persone che reputano degno di millanto emettere versi da asino in calore quando lui/lei non risponde, potrebbero non conoscere la differenza tra un pollo e una gallina. E voi siete tanto fieri di somigliargli!

 

Commenti al Post:
camnisi1943
camnisi1943 il 04/03/16 alle 07:21 via WEB
Ma, cosa vuoi che ti dica amica mia, Belle però le tue riflessioni. Eccoti un raggio di sole, ma durerà per l'intera giornata? Klikka e buon week end se ci metti il pensiero di partire, un abbraccio, Camillo.
 
 
fragolozza
fragolozza il 04/03/16 alle 21:02 via WEB
Ciao a te, Camillo!
 
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Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
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guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.

Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.

 

 

 

 
 

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