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Una delle cose che non comprendo è perché, quando c’è un disservizio, tutti quanti dicono: “Chiamiamo Striscia”
Io chiamerei i Carabinieri, farei una sommossa, pregherei gesù bambino…
Quando abbiamo notato Valerio (che non si chiama così, ma era il sosia di Staffelli), eravamo fermi sulla banchina da più o meno un’ora.
Fosse stato per il maltempo, avremmo pure capito. Ma non pioveva, i binari erano asciutti, Roma era lontana e l’avaria del materiale rotabile annunciata dallo speaker proprio non si poteva sentire.
Tant’è che il treno era inspiegabilmente, ma irrimediabilmente guasto.
All’inizio, approfittando della sosta e giusto per prenderla con filosofia, la mia migliore idea si era concretizzata in una fotografia ad un murales con la scritta FRED (perché a Valmontone faceva veramente fred) e nella divulgazione della mia battuta inedita sui bagnini (Che fa un bagnino con tanti anni di gavetta? I gavettoni!).
Poi però il tempo passava, il treno non passava e, avvalendoci della vicinanza di Valerio o presunto tale, abbiamo socializzato, chiacchierato e dimostrato il principio della fratellanza universale, applicata al comportamentismo pendolare.
Perché i pendolari, quando la situazione diventa critica, si vogliono tutti bene. Abbattute le differenze razziali, sociali, culturali e regionali, i pendolari, a fronte di una qualsivoglia forma di anomalia applicata al viaggio, maturano nei confronti di se stessi e dei loro simili, una sorta di empatia trascendentale, in grado di farti diventare simpatico persino un tizio che somiglia a Valerio Staffelli.
Si cercano, si parlano, si sorridono, si confrontano. I pendolari dei momenti di crisi meriterebbero il Nobel per la pace.
Fintanto che non viene annunciato il ripristino della normale circolazione dei treni.
In quel momento, infatti, la magia a poco a poco scompare, esattamente come Valerio o presunto tale, che ho perso di vista quando, attraversando i binari, ho dato una capocciata tremenda al cartello con la scritta “E’ severamente vietato attraversare i binari”.
Un po’ perché la gente rideva, un po’ perché mi sono fatta davvero male, ho evitato di arrabbiarmi quando il ripristino è stato ritrattato, appannaggio di un servizio di autobus sostitutivi, in partenza proprio dal piazzale adiacente il binario che avevo appena attraversato. I passaggi sopraelevati, del resto, serviranno pure a qualcosa!
Sull’autobus, malgrado l’atmosfera da gita scolastica, ho avuto conferma di quanto l’incantesimo si fosse definitivamente dissolto. Più ci avvicinavamo alla destinazione e più l’empatia del viaggiatore veniva meno.
“Autista, portaci a Ciampino!”
“No, autista, portaci all’Anagnina!”
L’autista, poiché era un poco autistico, si è perso ed un tizio, requisito il microfono, ha diffuso il messaggio “I gentili viaggiatori sono cortesemente invitati a pregare la madonna” .
Cosicché, fratellanza pendolare o meno, siamo tutti arrivati a lavoro con tre ore di ritardo .
Ma, se avessimo chiamato striscia e, metti il caso, fosse pure venuta, il tapiro d’oro a chi lo avrebbe dato?
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POETRY
Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
Scommetti che a perdere il cuore
guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.
Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.
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