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Erano ancora i giorni in cui i sapori avevano gli odori giusti e nei silenzi c'erano le corrette tonalità di rumore.
Li ricordava bene quei giorni e ricordava bene la sensazione, per molti aspetti una certezza, che non avrebbero avuto fine.
Perché c'è un periodo dalla durata precisa ma variabile per ciascun individuo, in cui la mortalità è irrilevante quanto il gene di una malattia di cui sei portatore sano e la morte non è altro che una favola che ti è stata raccontata per convincerti della tua vulnerabilità, ma a cui ti rifiuti di credere in prima persona, perché in fondo non è che un accidenti di cui puoi parlare, che puoi giudicare ma che puoi evitare di considerare. Perché non ti riguarda.
Ed erano giorni belli, giorni in cui era facile prendersela per le situazioni più stupide e sorridere di quelle veramente straordinarie.
Perché che bisogna accontentarsi delle piccole cose è una cazzata che devi cominciare a raccontarti quando non hai più nulla, o forse hai tutto, da perdere, ma per cui proverai sempre un lucido disprezzo, consapevole di quanta importanza abbiano la meraviglia e lo stupore, nonché la bellezza nel quadro di un'esistenza che possa dirsi minimamente degna.
Fu per quel ricordo relativo a un tempo che non avrebbe più vissuto che si chinò su se stessa e pianse. E fu piangere come se un temporale le partorisse dagli occhi, con fulmini di singhiozzi e rombi di sospiri spezzati, poi intensi, poi di nuovo lievi, perché il respiro non bastava e nemmeno l'aria era ossigenata abbastanza.
E avrebbe gridato, prima il suo nome, poi quello di chiunque ricordasse, affinché fosse reale e non così evanescente l'idea di aver lasciato e catturato tracce durante il cammino.
Ma non lo fece.
Piuttosto, si asciugò gli occhi e provò a scacciare il ricordo.
Perché quei giorni erano perduti per sempre.
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POETRY
Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
Scommetti che a perdere il cuore
guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.
Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.
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I really hope ya happy,
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and maybe sometimes
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