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***la_donna_giusta***

Post n°381 pubblicato il 25 Maggio 2010 da fragolozza
 

Se avessi saputo che riuscire ad essere finalmente la donna giusta per te significava starti a guardare con la bava alla bocca, dipendere da ogni tua decisione, indossare una divisa, marciare, fermarsi sull’attenti e urlare: “Sì signore, signorsì!”, sarei scappata a gambe levate, riconfigurandomi alla maniera iniziale, cioè al tempo in cui non ti piacevo per niente.
Tre anni d’inferno, tre anni nel limbo dell’incertezza.
Non ti piacevo. Punto.
E i motivi erano tanti. Se tu eri ignorante, goffo e cretino, io ero piuttosto cicciotta, altrettanto goffa e discretamente brava a scuola.
Il mio buon vecchio prof di italiano me lo diceva tutte le volte che mi chiamava alla cattedra per interrogarmi: “Cristina cara, devi cambiare, altrimenti gli uomini si spaventano.”
Non ho mai capito se si riferisse al mio aspetto fisico, a quello intellettuale o a entrambi messi insieme, sta di fatto che non era affatto carino fare la figura della tonta di fronte ai miei ventiquattro compagni di classe.
Furono anni di sconforto, anni in cui niente sembrava girare per il verso giusto.
Frattanto, tu lentamente guarivi dall’acne, il tuo torace magro si allargava facendoti somigliare al fratello mancato di Peter Parker ed una miriade di ragazzette cominciava a farti la corte.
Il sabato sera, durante quelle meravigliose serate trascorse per le vie dello struscio del paese, io me ne stavo in un angolino buio a guardarti da lontano, ogni volta con una passera  spaventapasseri diversa al fianco.
Gli amici notavano la mia espressione stralunata, la lacrimuccia sempre pronta a solcarmi la guancia e mi chiedevano: “Come stai? Pensi ancora ad Eddie? Lascialo perdere, non vedi che è un idiota?”
Non rispondevo mai, d’altronde non trovavo appigli per poter dar loro torto, ma passavano pochi minuti e senza che se ne accorgessero, ogni volta mi ritiravo a casa molto prima dell’orario concordato con i miei genitori, a disperarmi e a meditare il suicidio.
Ricordo che in quel periodo le provai quasi tutte: mi taglia i polsi con la coda del tappo di una penna bic, bevvi mezzo flacone di bagnoschiuma Vidal e, dulcis in fundo, buttai giù un’intera scatola delle pillole per la menopausa di mia madre, roba che il ciclo mi saltò per tre mesi e i miei genitori, allarmati, volevano portarmi dal medico convinti che fossi incinta. Fu quella l’ultima volta in cui cercai di farla finita: capii che peggio della morte era stata l’umiliazione e lo sconforto a cui, volontariamente, avevo costretto me stessa e la mia famiglia.
Il problema dei genitori è che non guardano mai obiettivamente ai loro figli: se i miei lo avessero fatto, si sarebbero resi conto da subito che un’eventualità del genere, data la mia inadeguatezza, sarebbe stato possibile solo grazie all’intervento dello spirito santo.
Non che nessuno mi filasse, ma io volevo esserti fedele e, detto francamente, è anche vero che nessuno dei miei spasimanti somigliava lontanamente a Jude Law.
Per un certo periodo, frequentai un ragazzo che i miei amici avevano soprannominato Barracuda. In effetti, aveva dei denti terrificanti, ma nel complesso non era male. Non mi sopportò, però, per molto. Un giorno di fronte al mio ennesimo rifiuto e all’ennesima attestazione del mio amore per te, si arrese. Se solo potessi tornare indietro…
Non credo mi metterei col Barracuda, ma nemmeno ti starei appiccicata con tanta abnegazione.
La fedeltà non ha mai pagato. Non stavamo insieme, a te non importava un cacchio di me, ma sono certa che, se ti avessi reso mammifero corniferino prima ancora che una sera fredda di febbraio tu bussassi alla mia porta, mi chiedessi di scendere e con fare concitato mi proclamassi l’intensità dei tuoi sentimenti, non avrei dovuto aspettare così tanto e soffrire così tremendamente.
La superficialità non si acquista, né si impara.
Invidiavo le ragazzette che uscivano con te per la capacità con cui riuscivano a sopportare l’idea di essere repentinamente rimpiazzate. Eppure, mai e poi mai, avrei voluto essere come loro. Pretendevo di essere per te una figura speciale, la ragazza che, per prima, sarebbe riuscita a farti innamorare. Dietro la tua facciata da impenitente rubacuori, sapevo si nascondeva un animo romantico. Si vedeva da come sorridevi, da come mi tendevi la mano quando avevi voglia di salutarmi.
Non lo facevi sempre. Diciamo che, per tanto tempo, mi hai cercata solo se ti serviva qualcosa, incluso il numero della mia compagna di banco. In quelle occasioni, indossavi la maschera di amicone, mi piombavi tra i piedi e senza alcuna decenza inscenavi il tuo spettacolino da dilettante premuroso.
Non me la prendevo, anzi, ne approfittavo per starti vicina. Il motivo non era mai importante. Ciò che contava era il tempo che riuscivo a trascorrere con te. Ero brava a trovare delle scuse quando, al ritorno da scuola, dove la strada si biforcava in direzioni diverse verso le nostre rispettive dimore, t’intrattenevo col resoconto dell’intera mattinata. Spesso eri educato ma, nella maggior parte dei casi, mi liquidavi con un laconico: “Cri, ma tu non hai fame?”, per poi salutarmi in fretta e lasciarmi come un’abbiocca impalata al centro dell’incrocio.
Riprendevo a camminare, ma senza fretta. Non mi preoccupava l’idea di mangiare un piatto di pasta freddo. Ne avrei fatto a meno volentieri. Non avevo affatto fame in quel periodo. Mangiavo poco, dormivo malissimo e avevo assunto le sembianze di una tossica. In  compenso ci guadagnavo i complimenti delle amiche, per l’improvviso dimagrimento, che rapidamente mi aveva portata ad indossare da una taglia quarantotto abbondante, una taglia quarantaquattro stentata.
Ero ancora lontano, però, dall’essere la strafiga che avrei voluto essere e che ero convinta tu  avresti voluto come fidanzata.
Prima di diventare belli fuori, bisogna strangolare il brutto anatroccolo che si nasconde nelle paludi dell’anima. La mia anima ne era infestata. Per riuscire ad eliminarli tutti avrei dovuto ingoiare un anaconda.

 
Rispondi al commento:
fragolozza
fragolozza il 28/05/10 alle 01:47 via WEB
padroni??? io credo che le donne non cerchino padroni, ma custodi del loro cuore.
 
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Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
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Sai contare al contrario, partendo
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Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.

 

 

 

 
 

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