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Mi ero convinta che Saverio fosse il mio uomo ideale. Lo avevo capito da come mi sorrideva, ma anche da come mi evitava. Ma più che altro lo avevo capito perché volevo a tutti i costi innamorarmi. Era una necessità fisiologica, non di pelle, ma di natura, di pensieri da orientare verso un punto fisso, di emozioni da provare per la giusta causa.
In quel periodo trascorrevo le serata in compagnia dei miei amici, seduta sulla panchina della piazzetta che affacciava sulla strada, lo sguardo perennemente puntato sul traffico, così da poter controllare ogni singola automobile di passaggio ed ogni singolo conducente.
Saverio passava e ripassava da quelle parti, al volante della sua Fiat Uno bianca. Mi guardava, ammiccava, sorrideva, salutava con la manina e proseguiva oltre. Faceva così almeno sette volte a sera.
Simone mi prendeva in giro un sacco per questa cosa e mi diceva: “Se gli piacessi, si fermerebbe e verrebbe a parlarti”. Ma Simone non capiva un cacchio di sentimenti e di difficoltà a manifestarli.
Fu per questo che quella sera decisi di sfidarlo.
Come al solito tenevo lo sguardo puntato verso la strada. Erano le dieci e di Saverio non si era ancora vista nemmeno l’ombra, quando ecco sbucare dalla curva una Uno bianca. In preda alle normali convulsioni da cotta, presi a sistemarmi i capelli, a stiracchiarmi i vestiti, ad assumere un’espressione convincente. Fu per il modo in cui Simone si mise a ridere che decisi che dovevo darmi una mossa.
Secondo Simone, io non mi sarei mai trovata un ragazzo. Secondo me, Simone era un idiota.
Presi la mia amica Mary per un braccio e la trascinai giù dal muretto su cui si era appollaiata.
“Forza!- le dissi- Stasera Saverio si metterà con me!”
Saverio non si mise mai con me. Rincorsi la sua auto per un centinaio di metri. Probabilmente se ne accorse e filò via a tutto gas. Ma in compenso quella sera conobbi te.
Ricordo che tornai in piazzetta con un sorriso sornione.
Simone mi chiese: “E Saverio? Dove hai lasciato Saverio?”
“L’ho perso- risposi- Ma in compenso ho trovato lui.” Mi girai e tu eri lì, affacciato al finestrino dell’auto del tuo amico, che mi sorridevi, ammiccavi e mi salutavi con la manina. Ma non ti limitasti a farlo per sette volte. Avesti la costanza di aspettare che mi avviassi verso casa. E, soprattutto, tu avesti il coraggio di fermarti e di conoscermi.
Il giorno dopo già mi volevi bene. Dieci giorni dopo già mi amavi. Dieci anni dopo è ancora tutto bello.
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POETRY
Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
Scommetti che a perdere il cuore
guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.
Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.
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KELLY JONES
I really hope ya happy,
both of you
and maybe sometimes
you miss me too!