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Il cuore rallenta.
Lo immagino strisciare, piuttosto che battere, come l’animale che tutte le sere incontro sulla porta di casa e che io chiamo lumaca, però non è una lumaca, perché è vermiforme e ha gli occhi sulle corna, è nero, brutto, ma a differenza delle lumache non si porta dietro nessun guscio.
Con una mano stringo la stoffa del cuscino. L’altra, all’altezza del fianco, accarezza la ruvida trapunta, incapace di spostarsi oltre a raggiungere l’altra, per insieme congiungersi a mo’ di gesto di preghiera.
Per lungo tempo ho creduto che i suicidi, nell’arco temporale che separa il gesto che la determina e la morte in sé, avessero visioni nitide della vita che sarebbe potuta essere, se solo avessero avuto la pazienza di resistere altri cinque minuti. Visioni che ne avrebbero determinato l’espressione cadaverica, serena in caso di nessun rimpianto, atroce in caso di troppe rinunce.
Io non vedo niente di trascendentale. Vedo i pallini della federe dilatarsi e restringersi quasi fossero pupille soggette a veloci giochi di luce.
E rivedo me stessa, compiere i miei gesti in maniera avventata e veloce; la bottiglia di whiskey da sette euro in cui ho svuotato quattro bustine di antinfiammatorio in granuli; il blister di plastica e carta d’alluminio a cui ho sottratto quattro pasticche di barbiturico giallo.
Nel palmo della mano che ora stringe il cuscino ho tenuto le pillole, con l’altra ho sollevato il whiskey ed ho brindato alla mia fine del mondo.
Aspetto che mi passi la voglia di riaprire gli occhi. Aspetto che mi venga sonno. Credo non ci vorrà molto.
Chissà come sarà non svegliarsi o svegliarsi altrove.
Sorrido perché ho smesso di pensare ai miei perché anche se, ora che penso a quanto è buffo non pensarci, i miei perché assumono dimensioni irrilevanti.
Allora è questo che si prova!
Sapere per certo di essere in punto di morte, a un certo punto, non solo mette fine alla paura di morire, ma anche al desiderio di morire.
Io non lo so se ho ancora voglia di morire e non m’interessa. Non sono più così lucida per deciderlo. Sono in quella fase di sonno incerto in cui il pensiero razionale si trasforma in sogno irrazionale.
Quando ci si addormenta di colpo non ci si fa caso. Ma quando ci si addormenta con difficoltà, capita spesso che dopo un primo brevissimo sonnellino ci si risvegli chiedendosi: “Se ho chiuso gli occhi desiderando e immaginando di stare alle Maldive con Jude Law, com’è che ora stavo sognando di essere al supermercato travestita da clown?” Cose così…
Ma se questi fossero i miei ultimi sogni, non sarebbe meglio se fossero belli?
PS: poichè talvolta scrivo cose che a qualcuno provocano infarti, ebbene... questo non è un diario. peace and love!
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POETRY
Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
Scommetti che a perdere il cuore
guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.
Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.
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KELLY JONES
I really hope ya happy,
both of you
and maybe sometimes
you miss me too!