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Nelle puntate precedenti
Quando mi licenziai da Progetto Cultura, lo feci perché sapevo che se avessi messo piede in quell’ufficio anche soltanto un altro giorno, mi sarei ammalata di qualcosa di brutto.
La cosa peggiore non era lavorare 8 ore al giorno, senza la speranza di beccare un quattrino (quello, in fin dei conti si poteva pure sopportare. Sebbene in fin, in fin, in fin di conti piuttosto lunghi…).
Il peggio era essere consapevole che, lavorando, stavo facendo gli interessi di due personaggi squallidi atteggianti a imprenditori e che lo stavo facendo in compagnia di tre personaggi altrettanto squallidi, in ordine presuntamente: direttore amministrativo, segretaria di produzione e segretaria contabile, ma concretamente: stronzo 1, stronza 2 e stronzissima 3.
Per questo, quando me ne andai, non ebbi nulla a pretendere.
La cosa più importante era liberarmi di quella gente. Evitare che stare a contatto quotidianamente con loro mi rendesse come loro.
E non me ne fregava niente del fatto che dopo quattro ininterrotti mesi di lavoro avessi percepito solo 700 miseri euro (considerato che gli altri non li pagavano per nulla, mica mi potevo lamentare?).
Dentro di me sapevo che, prima o poi, avrebbero pagato in altro modo.
***
Oggi
Ero impegnata nell’elaborazione di un progetto, ma non avevo alcuna idea su cui progettare e così da brava progettatrice senza spunti ho digitato la parola progetto su Google.
Ed è stata proprio la barra di Google a suggerirmi “Progetto Cultura”. Io non ci sarei mai arrivata, nemmeno per associazione, avendo da tempo rimosso quei mesi orrendi trascorsi a lavorare per loro.
Ma… sarà stata curiosità, sarà stato un sordo rancore, mi sono detta: Perché no? Vediamo come se la passano.
Scoprire che esistono ancora, ma che adesso si chiamano Progetto Cultura Life, non è stata una sorpresa. La sorte dell’erba cattiva la conoscono tutti.
E non è stata una sorpresa nemmeno scoprire che le persone che nel corso degli anni hanno lavorato per loro a gratis sono più di quante credessi.
Ma scoprire che alcune di loro sono riuscite a percepire i soldi che si erano guadagnate solo grazie all’intervento de “Le Iene”, quella sì che è stata una sorpresa.
Una sorpresa che mi ha fatto male.
Mi ha fatto male rivedere quell’ufficio del cazzo (scusate il francesismo, ma è già tanto che questo post non sia tutto in francese), mi ha fatto male riascoltare le loro voci (quella con la faccia oscurata è stronzissima 3), mi ha fatto male ricordare che io in loro ci avevo creduto.
E mi ha fatto male, e mi fa male tuttora, considerare che in questo paese la gente per percepire quanto le spetta deve rivolgersi ad un programma televisivo.
Comunque, per chi fosse interessato, qui sotto c’è il link al servizio mandato in onda.
Non lasciatevi ingannare dal finale: molti altri, tra cui la mia amica Maria Teresa, che come me era stata assunta come telefonista, ancora non prendono un euro. Ma loro si sono rivolti ai sindacati, mica alle televisioni?
FANCULO!
http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/214437/golia-guide-turistiche-non-retribuite.html
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POETRY
Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
Scommetti che a perdere il cuore
guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.
Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.
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KELLY JONES
I really hope ya happy,
both of you
and maybe sometimes
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