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LeCoccinelleVolano

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***bestsellers***

Post n°473 pubblicato il 13 Aprile 2014 da fragolozza

Incoraggiata dal successo di romanzi nel cui titolo figura il nome comune di un parente- cito ad esempio "mia sorella è una foca monaca", "mia madre non mi ha mai spazzolato i capelli" e "mia suocera beve"- ho deciso di avvalermi delle mirabolanti avventure della mia famiglia per elaborare altrettanti titoli di altrettante storie di altrettanto impatto.

MIA MADRE POTEVA ESSERE LA CANTANTE DEI ROXETTE
(Trama: La  madre della protagonista è nata il 30/05/1958 esattamente come la cantante dei Roxette. La protagonista, invidiosa, un giorno si mette a spulciare su Wikipedia, alla ricerca  di un'eventuale celebrity con cui condividere i natali. Quando scopre che, in effetti, ha il compleanno in comune con una persona nota e che quella persona è Paris Hilton, la protagonista rimane così impressionata, da cadere in uno stato di profonda deficienza. Si salverà grazie all'intervento di un impiegato dell'anagrafe che, mosso a pietà, manometterà il certificato di nascita, cambiando l'anno e riducendole l'età di un decennio.)


MIA ZIA CONTRABBANDAVA MUTANDE COL BUCO
(Trama: La protagonista ha una zia che ha vissuto parte della giovinezza in America e che, in virtù di questo, ha un armadio pieno di vestiti megagalattici. Infatti, per il Carnevale del 1996, si rivolge alla zia, affinché le presti quella tutina aderente color argento, che le aveva visto addosso durante l'ultima edizione della festa del paese e che faceva tanto effetto apollo 13. La zia, però, nasconde un atroce segreto. Stipate in uno scatolone in soffitta, conserva un mucchio di mutande. Quando la protagonista lo scopre, la invita ad usarle o, almeno, a regalarle. "Non posso. Hanno il buco!" rivela la zia. Riuscirà la nostra protagonista a capire il motivo che aveva spinto la zia a sottrarre un mucchio di inutili mutande americane dalla fabbrica in cui aveva lavorato da giovane?

MIO CUGINO ODIA I CUCUZZIELLI, MA VA PAZZO PER LE ZUCCHINE
(Trama: Un giorno che gli zii della protagonista avevano da fare, accompagnano il cuginetto  a casa sua, affinché vi trascorra la giornata e si trattenga anche a pranzo. La mamma della protagonista  prepara, per secondo, la frittata di zucchine. "Peppi', a zia, ti piacciono le zucchine?" E il cuginetto Peppino, dopo averle assaggiate, proclama che adora le zucchine. Rientrato a casa, gli zii della protagonista chiedono al cuginetto Peppino cosa avesse mangiato e Peppino estaticamente descrive la bontà della frittata di zucchine. Lo zio della protagonista rimane decisamente perplesso. "Peppi', ma lo sai che cosa sono le zucchine? Le zucchine sono i cucuzzielli! E a te i cucuzzielli non ti sono mai piaciuti!" Sarà compito della protagonista capire gli effetti che questa rivelazione ha avuto sull'alimentazione del cugino Peppino che, a onor di cronaca, da allora non si è mai più trattenuto a pranzo a casa della protagonista, se non accompagnato dai genitori.) 

To be continued...

 
 
 

*°*Lars_e_la_ragazza_tutta_sua*°*

Post n°472 pubblicato il 08 Aprile 2014 da fragolozza

“Von Trier è un regista arrogante ed elitario, un Artista decadente a cui non siamo più abituati”

Non voglio partire dal sogghigno della signora al botteghino. Sarebbe scontato.
E trascuro di soffermarmi anche sul mio pessimo udito, perché quando uno dei due signori, accompagnati da due signore, ha acquistato i biglietti, a me è sembrato davvero di udire: “Quattro per Ninphomaniac”. 
Fuori dalla sala eravamo almeno in cinquanta che, considerato l’orario pomeridiano, era un botto. Per lo più anziani, devo ammetterlo. Una signora aveva persino il bastone, tanto che, sorridendo, ho pensato che, avessi avuto una nonna, l’avrei portata con me.
Poi finalmente è stato consentito l’accesso in sala.
Sala Visconti???
“Io!” e mi sono fatta largo sventolando il biglietto, convinta che la tribù di ottuagenari fosse lì con l’intenzione di rubarmi la poltrona. 
Entrata in sala, ho avuto giusto il tempo di vedere tre persone, spettatori dello spettacolo precedente che, quando i Rammstein hanno finito di cantare sui titoli di coda, si sono alzati e sono andati via, lasciandomi da sola.
Sola.
Sola durante la pubblicità.
Sola durante il trailer di Noah.
Sola durante l’annuncio “Spegnete il cellulare”.
Sola quando mi sono chiesta se non fosse stato il caso di unirmi agli ottuagenari, pure a costo di vedermi “General Hospital- il film”.
Sola quando si sono spente tutte le luci ed ho pensato: “Occacchio, comincia il film e sono ancora sola!”
Sola per tutto il tempo.
Sola fino alla fine.
Sola… tranne nelle occasioni in cui un simpatico usciere apriva la porta per sincerarsi, forse, del mio stato di salute e, guarda caso, era in concomitanza con le scene più zozze e,  guarda caso, io mi stavo beccando un infarto per la vergogna.
Finito il film, ho impiegato una decina di minuti buoni per trovare il coraggio di uscire dalla sala, affrontare il popolo astante, nonché il simpatico usciere (sogghignante) e tornarmene a casa.

Prova a spiegarlo che Ninphomaniac non è un porno e che, in effetti, Lars e Fibonacci e Epicuro e le invenzioni a tre voci di Bach… e pure i Rammstein non tutti possono capirli. Il massimo che capiranno è che sei una che il sabato pomeriggio va a vedersi i film porno da sola. E tutto ciò non può non rientrare a pieno merito tra i momenti più bassi della mia biografia.

 
 
 

*°*Deficere*°*

Post n°471 pubblicato il 31 Marzo 2014 da fragolozza

Hai presente quelle mancanze di cui vorresti non mancare mai?
I riferimenti al tempo, alle distanze, alle piccole abitudini cui nemmeno sapevamo di essere avvezzi acquisiscono spessore in virtù della loro assenza.
Per esempio, se non ci mancasse la giovinezza, che senso avrebbe averla vissuta? Se non ci mancasse un dato luogo, che senso avrebbe averlo visitato?
E' il motivo per cui, se tu non mi mancassi, mi mancherebbe il modo in cui mi manchi.
Le riflessioni, quelle principali, si sono arrese al tempo in cui era così semplice indovinarsi o scambiarsi i pensieri, che adesso sembra fin troppo difficile anche solo riconoscersi e guardarsi in viso. I concetti residui, invece, si assemblano tutti in una frase, quel “cerca di essere felice” che a te sembra impossibile, ma che a me sembra fattibile.
Perché, a mio avviso, la felicità non è altro che un algoritmo deputato ai tentativi di risoluzione dei nostri infiniti problemi. E, con il termine algoritmo, non faccio riferimento ad una noiosissima sequenza di passaggi matematici, che nemmeno saprei riconoscere.
Per me, in quanto algoritmo (erroneamente etimato da algos/dolore e da rythmos/misura), la felicità è, appunto, la misura di quanto si abbia sofferto e non si sia più disposti a farlo. E poiché, in un modo o nell’altro, tutti siamo destinati a soffrire, non c’è motivo per cui non dovremmo altrettanto essere destinati ad essere felici. 

E’ nostro dovere almeno provarci.

 
 
 

°°°Haneke°°°

Post n°470 pubblicato il 26 Febbraio 2014 da fragolozza
 

IERI SERA

Lui: “Questo film fa schifo e a te non piacciono i film violenti”
Io: “Sì, ma è un film di Haneke”
Lui: “E che c’entra?”

C’entra che fa tanto figo dire che ieri sera ho visto un film di Haneke. Mica è come vedere Spielberg, Muccino, Vanzina? Quelli li vedono tutti. Haneke, invece, fa figo già dal nome. E, dentro di me, credo si annidi una snob mancata.
Perché il film di Haneke faceva schifo davvero, ma non lo ammetterò mai. Piuttosto continuerò ad esaltarne l’originalità (che non sussiste), la visionarietà (che non ho colto), la tensione drammatica (che purtroppo ho colto) e, soprattutto, la scena del telecomando. Quella in cui, quando tutto sembrava risolversi per un minimo di meglio, il sadico protagonista dà i numeri alla ricerca di un telecomando, riesce a trovarlo, riavvolge il film, come fosse lui stesso uno spettatore, ed indirizza l’epilogo verso la tragedia più totale.

STAMATTINA

Lei: “Hai risolto quel problema?”
Io: “No”
Lei: “Epperò lo devi risolvere”
Io: “Lo so, ma ho bisogno dei miei tempi”
Lei: “Sì, ma così non risolvi niente. Fossi stata in te avrei già fatto 10 telefonate.”
Io: “Perché tu hai un carattere diverso. Io ho un approccio meno diretto a certe situazioni”.
Lei: “Infatti tu sei passiva. Tu eviti le cose. Tu sbagli. Tu fai così con tutto. Per questo non risolvi mai niente”

Il bello di aver visto un film di Haneke appena la sera prima è che, anche a fronte di una serie di domande, opinioni, giudizi e consigli che, in un altro momento avresti inteso come un segno di affetto, ma che in una mattina in cui ti girano le scatole, ti fanno sentire un’emerita cacca, è che puoi immaginare che sotto il sedile ci sia un telecomando magico, riavvolgere il nastro e rivivere la conversazione in un modo diverso.

 

Lei: “Hai risolto quel problema?”
Io: “Non sono fatti tuoi. L’hai visto il film di Haneke?”

 

 

 

 
 
 

***I'm killing time on Valentine's***

Post n°468 pubblicato il 14 Febbraio 2014 da fragolozza

Era San Valentino anche l’anno scorso, ma non me lo ricordo.
San Valentino, del resto, è una data di cui cogli il reale potenziale fin tanto che non hai le facoltà di cogliere il potenziale di alcunché. Dopodiché, ti diventa un giorno come un altro o un giorno come per tutti gli altri.
Un po’ come il Natale. Finché credi in Babbo Natale, ti aspetti chissà cosa, ma Babbo Natale non esiste e San Valentino….

Segue l’elenco di una serie di memorabili San Valentino, vissuti quando ancora credevo che San Valentino fosse un giorno pieno di potenziale

14/02/1992-  Decisi di concretizzare il turbamento amoroso in cui versavo, scrivendo la lettera d’amore più brutta di tutti i tempi e destinandola ad un ragazzino per cui, qualche giorno prima, avevo preso la mia prima sbandata pazzesca, osservandolo nel mentre se ne stava seduto sugli spalti di fronte, ad assistere, come me, allo spettacolo circense più infelice di tutti i tempi. Essendo troppo timida, all’uscita di scuola, affidai l’orrida missiva alla compagna di classe più sfacciata di tutti i tempi e la mandai in missione. Le dissi: “Consegnagli la lettera, ma non dirgli da parte di chi è. Digli che una ragazza che neanche conosci te l’ha affidata e ti ha chiesto di recapitargliela”. La compagna di classe, come concordato, gli consegnò la lettera e a domanda rispose che non conosceva l’autrice della lettera, solo che poi si girò verso di me, mi fece il segno ok e gridò: “Tutt’ appost!”
E così la lettera d’amore più brutta di tutti i tempi, nonché la sua autrice, divennero famose in tutto l’istituto.

14/02/1995- “L’amore è passeggiare scalzi tutto il giorno sulla spiaggia e passare la notte a ripulirsi i piedi dal catrame” è la frase che scrissi sul mio diario dopo averla ascoltata in un programma a tema su Radio KissKiss. Quel giorno pioveva, faceva freddo ed io ero chiusa in casa, stanca e reduce dalle fatiche del mio primo concerto da spettatrice pagante. Di chi? Biagio Antonacci. Quando cantava Se io, se lei.
Quando ha cominciato a cantare Iris ti amo davvero e No, signora, no, per fortuna io avevo già smesso di essere una sua fan.

14/02/1996- Ero in fissa per un ragazzo che frequentava un istituto ubicato sulla strada che costeggiava il retro del mio liceo, dove c’era un ingresso in disuso, scavalcato il quale, si poteva raggiungere l’edificio frequentato dal ragazzo per cui ero in fissa, in un tempo decisamente più breve rispetto al tempo che si sarebbe impiegato uscendo dall’ingresso in uso e percorrendo il normale e lecito percorso. Già all’epoca, le mie doti atletiche spiccavano  per latitanza, ciononostante, affrontai l’arrampicata alle sbarre del cancello con discreta spavalderia. Solo che, una volta giunta in cima, nel momento di scavalcare con le gambe, non ebbi l’intelligenza di girarmi verso l’interno, e provai a scendere di faccia. Quando capii che di quel passo mi sarei crocifissa, mi lanciai nel vuoto. Atterrai sullo zaino, a pancia all’aria, come una tartaruga. Fu così raccapricciante, che chi assistette non ebbe nemmeno il coraggio di ridere.

14/02/1997- Erano quasi 40 giorni di ricovero, avevo un aspetto orribile e trascorsi il giorno sperando di ricevere una telefonata, in reparto, che non arrivò. In compenso mi tolsero i primi punti, l’infermiere mi regalò un bacio perugina e, il giorno dopo, convinta dalle parole di Zucchero in “Eppure non t’amo”, quella telefonata la feci io.
Epperò non mi amava.

14/02/1998- Era la seconda volta che andavo al cinema a vedere Titanic. La prima volta eravamo andate io e mia madre, la quale, quando mio padre ed una mia amica vollero accompagnarci a vederlo una seconda volta, nonostante fosse una bella giornata, li convinse a vestirsi da pioggia, perché a suo dire avrei di nuovo allagato il cinema. Al ritorno, nel mentre la gioventù più trendy di Cicciano faceva la fila per entrare al concerto di Ciro Ricci, io ed un gruppo di amici rimanemmo fuori a prendere in giro chi entrava. Intanto, una mia amica aveva litigato con il suo fidanzato e, per smaltire la rabbia, non trovò nulla di meglio da fare che inveire contro il ragazzo di cui ero (secondo me) segretamente innamorata, dicendogli: “Tu sei fortunato, tu sei amato, ma fai finta di non capirlo e nemmeno lo apprezzi!” Poi girandosi verso di me: “Non ho ragione, Maria Pi’?”
Ho sempre avuto amiche pessime a mantenere i segreti.

14/02/1999- Ero uscita nella speranza di incontrarlo, per questo, quando lo avvistai e lo vidi incamminarsi verso di me con un sorriso raggiante, il mio cuore smise di fare bum bum. Quando mi raggiunse, sembrava sinceramente felice di vedermi.
“Cercavo proprio te. Tieni!” ed infilò le mani in tasca per tirarne fuori una cosa di cui, inizialmente colsi solo il dorso, che era rosa. Poi purtroppo mi resi conto di cos’era.
“Oh. E’ la cassetta di Zucchero che stavi cercando”
“Te lo avevo detto che l’avrei trovata. Perché cosa credevi che fosse?”
La risposta nemmeno la sentì. Dovette scappare, perché c’era una ragazza che lo aspettava per andare ad imboscarsi.  E ovviamente non ero io.

14/02/2001- Era il mio primo San Valentino in coppia. Mia madre e mio padre ci dissero: “Potete venire a darci una mano a sistemare la legna?”
Una giornata spesa a caricare ciocchi e una serata passata a medicarmi la schiena.

14/02/2002- Era il mio secondo San Valentino in coppia.
“Andiamo a mangiare una pizza?”
“Andiamo da mio cugino?”
E quando raggiungemmo il locale di mio cugino, l’accoglienza fu  questa.
“Oh, Maria Pi’, per fortuna che sei venuta. Mi serviva una mano nella consegna delle pizze a domicilio!”

14/02/2004- Quel simpaticone del prof. di Letteratura Greca, aveva deciso di fissare la data dell’esame nel giorno di San Valentino, con l'appello alle 8,00. Mi svegliai all’alba, mi infradiciai perché Napoli era sotto diluvio e, dopo due ore di attesa nell’aula dell’università, alle 10.00 mi fu comunicato che il simpatico prof. di Letteratura Greca aveva rimandato l’esame di qualche giorno. Per l’esattezza lo aveva rinviato al giorno del mio compleanno.

14/02/2014- ???? (nella speranza di non avere argomenti per scrivere)

 
 
 

°°°GonzalO°°°

Post n°467 pubblicato il 10 Febbraio 2014 da fragolozza
 

L’altra sera, mentre il Napoli vinceva con il Milan e Gonzalo segnava i suoi due goal, mi è venuto da pensare a quanto l’importanza di un calciatore per una squadra sia paragonabile a quella di una persona per la propria vita.
Il problema dei tifosi napoletani, di tutti tifosi e pure delle persone in genere, è che tendono a sopravvalutare il passato a discapito del presente.
Ci sarà sempre qualcuno che pensa che Higuain è un pacco, che Cavani era meglio, etciù, etciù, così come ci sarà sempre qualcuno che penserà il mio ex era meglio, la mia ex era più intelligente, etciù, etciù.
Personalmente, Cavani mi è sempre stato antipatico. Di contro, adoro Gonzalo.
E conta poco il fatto che sia molto più bello di Cavani e che sia nato il 10 dicembre come Brian Molko.
Gonzalo è la rivincita del presente sul passato, che prima ti ha esaltato, poi ti ha deluso, poi ti ha abbandonato e mo’ parla pure male di te. Gonzalo è un meraviglioso hic et nunc. E non importa se non è capocannoniere, se talvolta sbaglia, se in certi casi ti fa tirare giù il calendario.
Gonzalo è come un nuovo fidanzato. All’inizio deve soffrire il confronto, è inevitabile. Ma quando finalmente ti conquista, ti fa ricredere per tutte le volte che hai pensato che quel cretino del tuo ex o quella stronza della tua ex fossero insostituibili.
Perché se si può vivere con molto poco, lo si può fare altrettanto bene senza qualcuno, anche se quel qualcuno ci sembrava molto speciale. Lo si può fare altrettanto bene, esattamente come lo si faceva bene prima di incontrare quel qualcuno che da quel momento in poi ci era sembrato così speciale.
E’ il motivo per cui certe espressioni, tipo non posso vivere senza di te, non mi sono mai andate a genio.
Il non posso vivere senza di te, malgrado le apparenze  non è un’espressione d’amore, ma di pochezza.E non ci vuole alcun coraggio per dirlo, semmai una buona dose di codardia, di disistima, di mancanza di amor proprio.
Il vero coraggio, il vero amore, è quando puoi liberamente lasciarti andare al pensiero del  senza di te starei meglio, salvo ripensarci immediatamente e aggiungere, per corollario, 
ma ti scelgo comunque




 
 
 

***Codice_Fiscale***

Post n°466 pubblicato il 04 Febbraio 2014 da fragolozza

L’infelicità non è universale e, quando ti si attacca addosso, prende il tuo nome, le tue impronte, il tuo odore.
L’infelicità si trasmette, ma non si comunica e puoi spendere e perdere tutto il tempo che vuoi per cercare di farlo capire agli altri. Non ci arrivano, non gli interessa, non gli appartiene.
La tua infelicità è come il tuo codice fiscale. Soltanto tu lo conosci a memoria e nessuno si sognerebbe mai di impararlo. E anche quando ti dicono: “Come ti capisco”, in realtà non capiscono un cavolo, perché ogni codice fiscale è diverso da un altro, esattamente come l’infelicità. 


 
 
 

°*°FRED°*°

Post n°465 pubblicato il 03 Febbraio 2014 da fragolozza
 

Una delle cose che non comprendo è perché, quando c’è un disservizio, tutti quanti dicono: “Chiamiamo Striscia”
Io chiamerei i Carabinieri, farei una sommossa, pregherei gesù bambino…

Quando abbiamo notato Valerio (che non si chiama così, ma era il sosia di Staffelli), eravamo fermi sulla banchina da più o meno un’ora.
Fosse stato per il maltempo, avremmo pure capito. Ma non pioveva, i binari erano asciutti, Roma era  lontana e l’avaria del materiale rotabile annunciata dallo speaker proprio non si poteva sentire.
 Tant’è che il treno era inspiegabilmente, ma irrimediabilmente guasto.
All’inizio, approfittando della sosta e giusto per prenderla con filosofia, la mia migliore idea si era concretizzata in una fotografia ad un murales con la scritta FRED (perché a Valmontone faceva veramente fred) e nella divulgazione della mia battuta inedita sui bagnini (Che fa un bagnino con tanti anni di gavetta? I gavettoni!).  
Poi però il tempo passava, il treno non passava e, avvalendoci della vicinanza di Valerio o presunto tale, abbiamo socializzato, chiacchierato e dimostrato il principio della fratellanza universale, applicata al comportamentismo pendolare.
Perché i pendolari, quando la situazione diventa critica, si vogliono tutti bene. Abbattute le differenze razziali, sociali, culturali e regionali, i pendolari, a fronte di una qualsivoglia forma di anomalia applicata al viaggio, maturano nei confronti di se stessi e dei loro simili, una sorta di empatia trascendentale, in grado di farti diventare simpatico persino un tizio che somiglia a Valerio Staffelli.
Si cercano, si parlano, si sorridono, si confrontano. I pendolari dei momenti di crisi meriterebbero il Nobel per la pace.
Fintanto che non viene annunciato il ripristino della normale circolazione dei treni.
In quel momento, infatti, la magia a poco a poco scompare, esattamente come Valerio o presunto tale, che ho perso di vista quando, attraversando i binari, ho dato una capocciata tremenda al cartello con la scritta “E’ severamente  vietato attraversare i binari”.
Un po’ perché la gente rideva, un po’ perché mi sono fatta davvero male, ho evitato di arrabbiarmi  quando  il ripristino è stato ritrattato, appannaggio di un servizio di autobus sostitutivi, in partenza proprio dal piazzale adiacente il binario che avevo appena attraversato. I passaggi sopraelevati, del resto, serviranno pure a qualcosa!
Sull’autobus, malgrado l’atmosfera da gita scolastica, ho avuto conferma di quanto l’incantesimo si fosse definitivamente dissolto. Più ci avvicinavamo alla destinazione e più l’empatia del viaggiatore veniva meno.
“Autista, portaci a Ciampino!”
“No, autista, portaci all’Anagnina!”
L’autista, poiché era un poco autistico, si è perso ed un tizio, requisito il microfono, ha diffuso il messaggio “I gentili viaggiatori sono cortesemente invitati a pregare la madonna” .  
Cosicché, fratellanza pendolare o meno, siamo tutti arrivati a lavoro con tre ore di ritardo .

 

Ma, se avessimo chiamato striscia e, metti il caso, fosse pure venuta, il tapiro d’oro a chi lo avrebbe dato?

 
 
 

***Se avessi la coda, scaccerei le mosche***

Post n°464 pubblicato il 29 Gennaio 2014 da fragolozza
 

Is there anyone out there or am I walking alone?

Capita spesso al mattino, quando l'aria è fredda e la pelle vulnerabile.
I fari ancora accesi dei veicoli in transito restituiscono al buio il suo confine imperfetto e minacciato dall'alba. I ricordi si allineano come storni su un albero spoglio, ma la metafora non regge e, sotto il peso di un pensiero inadeguato, imbriglia i rami e rovina al suolo insieme a tutto quello che ho piantato tutte le volte che mi sono ripromessa di piantarla.
Rimangono le note ed, in ultima analisi, un giro di parole fin troppo lungo per dire che, negli ultimi giorni, l'intensità emotiva del mio vissuto e non vissuto salta di palo in traccia  sull'ultimo disco dei "Queens of the Stone Age".
Un po' perché mi è sempre piaciuto che un gruppo di nome Queens, avesse un Homme come frontman.
Un po', anzi anche un po' di più, perché io alle Regine dell'età della Pietra, come erroneamente li definì Jen Lindley in una puntata mal doppiata di Dawson's Creek, voglio quel bene che solo una non fan può volere. Quel tipo di bene che si prova per qualcuno con cui si abbia avuto una storia andata male.
Per un po' era sembrato foste fatti l'uno per l'altra, passione, grande amore e puff...  finite con l'arrendervi all'evidenza di quanto in realtà siete diversi e decidete di rimanere solo amici. Che poi magari ci pure riuscite. Come me e le Regine...

La prima volta che ascoltai i Queens of the Stone Age era Natale, ero in Svizzera e dei miei vent'anni conservavo inalterato qualcosa in più del solo colore dei capelli. Io e mio fratello capitammo per caso in una sorta di rave party. Faceva un freddo troppo puzzola per arrendersi all'idea di aver camminato  tre kilometri a piedi nella neve solo per sbattere il naso ghiacciato contro una discoteca chiusa, così notammo un gruppetto di ragazzi, li seguimmo, li vedemmo entrare in un deposito e decidemmo di imbucarci.
Quella notte, io e mio fratello esprimemmo la comune idea che, qualora avessimo potuto realizzare un desiderio, ci sarebbe piaciuto conoscere tutte le lingue del mondo; quella notte, in mezzo a un tripudio di cacofonie teutoniche e di look improbabili (mio cappotto di pecora compreso), quando attaccò No one knows, lo strano ballo collettivo che tutti avviarono in simultanea ci sembrò la follia contagiosa più folle da cui lasciarci contagiare. Quella notte, non ricordo cosa indossassi sotto il cappotto di pecora, allo stesso modo in cui non ricordo perché mio fratello fosse uscito senza giacca, ma ricordo che in qualche modo qualunque cosa io avessi addosso riuscì a farmi sopravvivere lungo il tragitto di ritorno fino  all'albergo, considerato che, intanto, avevo prestato la pecora a mio fratello e mi faceva troppo ridere, perché potessi riprendermela indietro.

È uno dei motivi per cui non mi stupisce che "...like clockwork" mi piaccia così tanto.

Almeno i ricordi, almeno quelli belli, sono rimasti fermi e intatti come le lancette di quegli orologi che, per vezzo, non ho voluto più indossare. E anche se il mio cappotto di pecora  l'ho buttato da un pezzo, il colpo di fulmine per i Queens of the Stone Age rimane intatto. Ché non conta come vanno le cose, quanto si cambia e cosa non potrà più  accadere. Quel tipo di bene resta e la puntualità con cui ti coglie ti sorprende, soprattutto al mattino, quando l'aria è fredda, la pelle è vulnerabile e non è detto che solo in Svizzera faccia un freddo puzzola.


 
 
 

°*°Lagne°*°

Post n°463 pubblicato il 25 Ottobre 2013 da fragolozza

"Ma chi ti credi di essere? Dio?"
"Beh... francamente sì. Solo che ho così poca autostima da ritenermi, contemporaneamente, anche atea."

Il malinteso, sottinteso e poi frainteso, dal pubblico spettante, ma non pagante, né, tantomeno, appagante, è che le soggettive dimostrazioni di forza sollecitano oggettive manifestazioni di debolezza.
Cioè...
Palesarsi sorridenti a fronte delle peggiori tragedie e dimostrare, dunque, di avere palle, animo e coraggio, più che a procurare ammirazione, procura l'altrui lamentazione.
D'altronde, se siete così bravi a sopportare i vostri guai, perché non dovreste (dovete) essere altrettanto bravi a prendervi addosso una bella dose pure di quelli degli altri? 
Avendo un'approfondita, personale, empirica conoscenza di quanto sopra esposto, è mia intenzione fare un'apologia della lagna.
Perché la felicità è rispetto alla tristezza quello che la beltà è rispetto alla bruttezza.  
La prima si sciupa. La seconda no.
Sigh
Sigh
Sigh
Sigh

 

 

You may take my eyes, but baby I'm not blind

 

 

 
 
 

°*°IOodioItvb*°*

Post n°462 pubblicato il 11 Settembre 2013 da fragolozza

L'intensità di un sentimento espresso è spesso misurabile in base al valore dell'espressione del suo contrario.
Voler bene, ad esempio.
Ci sono alcuni (tanti) che non vanno mai oltre un ti voglio bene e che non contemplano minimamente l'uso del verbo amare (del resto è comunemente noto che dire ti amo fa sanguinare le gengive e cariare i denti...).
Ma voler bene non significa amare. 

Sentirsi dire "ti voglio bene" da qualcuno che vorremmo ci amasse è come accontentarsi di masticare una gomma, quando in realtà si vorrebbe addentare una tavoletta di cioccolato.
Il contrario di voler bene è voler male e, poiché è impossibile che chi vorresti ti amasse ti voglia male, il fatto che ti voglia bene è scontato, naturale e, dunque, irrilevante nella sua portata.
Cioè... ciò che prova per te non si distingue da ciò che prova per tutte le altre persone a cui non vuole male.
E questo a mio avviso non è amore. 

Questo è voler bene.
E sono due cose diverse.

 

 
 
 

***Titoli***

Post n°461 pubblicato il 17 Luglio 2013 da fragolozza
 

Vi siete mai relazionati con qualcuno che, afflitto da complessi di inferiorità devastanti, vi si presenta non come Tal dei Tali, ma come Dr Tal dei Tali? E, ancora peggio, vi siete mai relazionati con qualcuno che, per convivere con i propri devastanti complessi di inferiorità, ha acquistato on-line, in Albania o dai vucumprà, il titolo di Dr solo per potersi presentare come Dr Tal dei Tali, piuttosto che semplicemente come Tal dei Tali?
Non voglio discutere dell'importanza dei titoli. Ve la immaginate una vita senza titoli?
Provate, per esempio, ad entrare in una multisala e cercate di acquistare un biglietto per il film che volete vedere, senza indicarne il titolo oppure, durante un programma radiofonico, provate a richiedere la vostra canzone preferita senza che questa abbia un titolo.
"Salve vorrei ascoltare ****"
E il DJ: "****?"
E voi: "Sì, proprio ****" .
Se poi vi trasmettono una canzone per un'altra, dopo di che state a lamentarvi?
Credo sia per questo che le persone sono ossessionate dai titoli.
A proposito, ho trovato un sito dove vendono lauree per soli sessanta euro. La scelta dei titoli è molto vasta e variegata. Il mio preferito è Doctor h.c. of Divinity. E chissà che con qualche credenziale non mi facciano pure lo sconto.

 
 
 

*°*Too_Many_Friends*°*

Post n°460 pubblicato il 25 Giugno 2013 da fragolozza
 

I got too many friends, too many people, that I’ll never meet and I’ll never be there for”.

La separazione e la distanza, il distacco e la disillusione, la mancanza e, di conseguenza, l’assenza, rappresentano l’interfaccia negativa di una controparte positiva che si pone come termine di paragone e confronto per valutare appieno la portata della propria solitudine. Se,d’altra parte, la controparte non esistesse, la separazione e la distanza, il distacco e la disillusione, la mancanza e, di conseguenza, l’assenza, si porrebbero quali realtà assodate e, di conseguenza, la solitudine finirebbe con il non avere alcun valore.
Sono pressoché convinta che, a prescindere dal numero di persone di cui riusciamo a circondarci, ciascuno di noi, a suo modo, elegge un proprio personalissimoreferente cui destinare, in momenti particolarmente topici, il proprio pensiero.
Mi riferisco a quella persona il cui parere seppur non espresso e, dunque, ignoto continua, quotidianamente, a starci a cuore.
Quella persona X, che non importa chi è, com’è, dov’è, ma per cui capita spesso di chiedersi “chissà cosa mi avrebbe detto X in questa circostanza”… “chissà cosa ne penserebbe X a riguardo”… “chissà se in questo momento X sarebbe orgoglioso di me”.
E soprattutto “chissà se a X piacerebbe la nuova canzone dei Placebo”.

 

 

 

 
 
 

°°°Quello_che_NON_ho°°°

Post n°459 pubblicato il 28 Maggio 2013 da fragolozza

“Ho l’impressione che lei sia una persona intelligente,perciò voglio svelarle un segreto… il mio motto esistenziale. Perché penso che potrebbe tornarle utile.
Io non sono felice per quello che ho, ma per quello che non ho.
Me lo ripeto di continuo, ogni volta che mi guardo intorno e mi trovo costretta a fare un bilancio della mia vita. Me lo ripeto dalla prima volta che me lo sono detta.
Avevo circa quarant’anni. All’epoca insegnavo. Era prima che diventassi presidee che prendessi la mia seconda laurea, in medicina. Arrivai a scuola con il sorriso stampato sulle labbra. Nei pressi delle scale c’erano un paio di colleghe. Ma come fai ad essere sempre felice? Mi chiesero. Ed io risposi di getto. Loro avevano mariti, figli, incombenze per cui preoccuparsi. Io avevo solo me stessa. Ed è da lì che vennero fuori quelle parole. Io non sono felice per quello che ho, ma per quello che non ho.
Dovrebbe ripeterselo anche lei. Non stia a pensare a quello che gli altri si aspettano. Mi guardi… Le sembro triste? Le sembro sola? Ho quasi ottanta anni,sono ricca, sono colta e sono in buona salute. Avessi avuto un marito a quest’ora avrei dovuto fargli da badante.
Perciò, si prenda cura di sé. Pensi a se stessa.
Se qui non sta bene, vada via.
Se qui non è felice, non insista.
A proposito, non le ho ancora chiesto… Ma lei è sposata? Fidanzata?”

Io???

Ehmmm…

 
 
 

*°*Lavaggi_Frequenti*°*

Post n°458 pubblicato il 22 Maggio 2013 da fragolozza
 
Tag: shampoo


E’ come con il “per” nello shampoo “per” lavaggi frequenti.

L’altra mattina, quando il ragazzo del bar della stazione mi ha messo sul banco ciò che avrei comprato, prima ancora che glielo chiedessi o che avessi avuto anche solo il tempo di dirgli buongiorno, mi sono resa conto che, contrariamente a quanto crediamo, non è cercando di indirizzare le cose in un certo modo che poi le cose vanno in un certo modo.
Ci sono persone che imparano subito ciò di cui hai bisogno (nel caso specifico una confezione di tabacco) ed altre da cui, nemmeno se implori,  ottieni in minima parte quanto desideri ti offrano.
Eppure, per qualche strano motivo continuiamo a pensare 1)che quella persona da cui tanto vogliamo qualcosa prima o poi soddisferà i nostri bisogni 2) che quei bisogni potrà soddisfarli solo ed esclusivamente quella persona che non li vuole soddisfare (quando poi in realtà ci sono tanti ragazzi pronti a servirci tabacco su un vassoio d’argento, per esempio).
E, quindi, strenuamente, magari per uno stupido malinteso iniziale che ci ha portati ad idealizzare quella particolare persona,chiediamo, imploriamo, preghiamo, speriamo….. E ci sta che, alla fine,otteniamo esattamente l’opposto.


Proprio come quando, per un altro affine malinteso, speriamo che utilizzando lo shampoo per lavaggi frequenti, i capelli smetteranno di essere sporchi ogni sera.
Siamo tutti intrinsecamente convinti che quel “per” sia di causa, cioè sia da leggersi come “a causa” dei lavaggi frequenti.  Ma è così? Non credo ci sia qualcuno che provi piacere a lavarsi i capelli tutti i santi giorni, quindi la causa non sussiste.
La verità è che quel “per” è di fine, di scopo, cioè quello shampoo è fatto apposta affinché tu debba lavarti i capelli frequentemente.

 

Quindi, smettila di lamentarti se, malgrado i lavaggi e gli sforzi, i tuoi capelli fanno schifo lo stesso. 
Cambia shampoo!

 

 

 

 

 

 
 
 

°*°Ipse_Dixit°*°

Post n°457 pubblicato il 12 Febbraio 2013 da fragolozza


"Mi dimetto da falso poeta, da profeta di questo fans club"

Il titolo della canzone credo lo ricordino tutti.

 
 
 

*°*PremieR*°*

Post n°456 pubblicato il 08 Febbraio 2013 da fragolozza

La mia esperienza in fatto di campagne si ferma all’agro nolano. 
E’ per questo che le campagne elettorali non mi hanno mai convinta.
Ciononostante, sarà per l’insonnia, sarà per l’età che avanza, sarà per l’influenza dei giorni scorsi, ho convenuto con me stessa che è ora che io cominci a fare un minimo di politica attiva. Inizialmente, avevo pensato di stilare un programma elettorale e, in effetti, su qualche punto, un paio di idee meravigliose sono venute fuori (fidarsi sulla parola). Il problema dei programmi è che però si somigliano un po’ tutti. Cioè… Che sia un programma televisivo o di lavaggio o elettorale, non solo non è detto che funzioni per tutti, ma è anche vero che, spesso, alla lunga, si inceppa e non funziona più per niente. 
Quindi, piuttosto che correre questo rischio, ho desistito, concentrandomi piuttosto su un altro aspetto: come mi comporterei se fossi una candidata premier con buone probabilità di essere eletta e di diventare la migliore statista di tutti i tempi?
(Segue intervista a me medesima raccolta da me medesima)

Cara Maria Pia, come mai hai deciso di candidarti?
Eh…(tono sofferto, occhio languido e partecipativo)… questa è una bella domanda. Ma davvero bella bella. Anzi, ti dirò di più. E’ così bella che per non rovinartela non ti rispondo.
Puoi almeno dirci con quale partito corri?
Chiariamo subito un punto: io non corro, al massimo passeggio. E poi non mi va di parlare di alcun partito. Al massimo, ti posso parlare della partita. Quella del Napoli. Ca-va-ni!
Se il risultato non fosse quello che ti aspetti, come reagiresti?
Ma il risultato per me o per il Napoli? No, perché se è per il Napoli, la vittoria non si discute. Quanto a me, nel caso in cui non ottenessi un plebiscito popolare, potrei sempre passare all’opposizione e spendermi come ministro.
Per quale Ministero pensi di essere più portata?
Tutti, è ovvio, ma resto dell’idea che il ruolo di presidente è quello che più mi si confà.
Ed in qualità di Presidente, quale sarebbe il tuo primo impegno?
Per il bene della collettività, ma soprattutto mio e di Alessandra, il mio primo impegno sarebbe quello di dotare la stazione di Ciampino di un’elegante sala d’attesa, con divani in ecopelle e distributori automatici di cioccolata calda. In seguito, potrei anche estendere questa iniziativa a tutte le stazioni d’Italia. 
E in qualità di Ministro della Pubblica Istruzione?
Andrei ogni giorno in una scuola ed in una classe diversa a tenere lezione. E userei i soldi del mio compenso per acquistare milioni di copie di romanzi di autori postmoderni da regalare agli studenti meno meritevoli, con obbligo di lettura, pena l’arresto, affinché possano rendersi conto che c’è modo e modo di fare i fighi e gli alternativi. Della serie, viva Tyler Durden, ma abbasso Fabri Fibra.
Cosa pensi delle nozze tra gay?
Mi rendo conto che questa faccenda sta a cuore a molti. Personalmente, io propendo per un’altra soluzione. Piuttosto che per la legittimazione il matrimonio omosessuale, io opto per la delegittimazione del matrimonio in generale. Così nessuno si offende!
Hai qualche idea anche sull’ambiente?
Sì, penso che bisognerebbe fare un’inversione di tendenza in merito all’uso delle energie. Troppa gente spreca energie inutilmente. C’è chi si incazza, chi gira a vuoto, chi è violento, chi è tutto un fremito che non riesce a placare. Ebbene, io radunerei tutte le persone vanamente energiche, le legherei ad una cyclette e le farei pedalare. Lo sapevate che si può produrre energia elettrica facendo spinning? 
E per la salute?
Lì è diverso. E’ una questione di fisico. E pure di fisica. Lo sapete perché in tanti in inverno si ammalano? Perché in tanti sottovalutano l’importanza della fisica guantistica. Io, per esempio, che i guanti li metto sempre, non mi ammalo quasi mai.
In conclusione, cosa ti senti di promettere agli italiani?
Non sono io quella che deve fare promesse. Preferisco che siano gli italiani a promettermi che prima o poi impareranno a volersi bene, a farsi rispettare e a smettere di credere a chiunque gli prometta qualcosa.

 
 
 

°°°La_Diffidenza_Tra_Me_E_Te°°°

Post n°455 pubblicato il 07 Febbraio 2013 da fragolozza
 

Siamo rimasti in pochi. Me ne accorgo da quanto è difficile, persa tra tanti, trovare uno sguardo d’intesa, che sia anche uno solo.
L’evoluzione della specie passa per una specie di involuzione, avulsa alle teorie darwiniane così come le ho sempre intese.
Perché a voler essere ottimisti, ci sarebbe da auspicarsi la prevalenza del carattere forte sul carattere debole. Giusto?
Perché a voler essere precisi, la forza è una virtù e la debolezza un vizio. Giusto?
Quindi, assiomaticamente, il carattere forte dovrebbe essere virtuoso ed il carattere debole dovrebbe essere vizioso. Giusto?

Rientra tra le mie debolezze prestare attenzione a chiunque ne chieda. Anche se si tratta di qualcuno che, nel bel mezzo di una stazione, in un orario che più di punta non si può, sceglie appositamente me per estrinsecare la pretesa nostradamica di profetizzarmi i prossimi 50 anni, con frasi sconnesse e scevre da ogni logica del tipo: “Ho fatto colazione al 170, perché senza gas avevo poca corrente . Io non uso il cellulare perché ho fatto l’elettricista e la biglietteria in Lombardia. Ti ricordi quando c’era il battesimo di Simona e non stavo bene? Quella volta mi ha chiamata Melina. Ma il treno qua dietro- indicando dalla parte sbagliata, verso la sala d’attesa- se n’è già andato?”. A maggior ragione se poi quel qualcuno muove qualche passo verso la direzione sbagliata, cioè verso nessuna uscita e, ciononostante, svanisce senza lasciare tracce. Fortuna che avevo un testimone….
Il mondo è bello perché è variegato , anzi perché è avariato.Percepisco le avarie nelle piccole cose, in quei piccoli gesti che, al di là della differenza, sottolineano la diffidenza.
L’altro giorno, ad esempio.
Mi si avvicina una donna nel mentre recito improperi in turco, causa ennesimo disservizio ferroviario. La donna mi sventola un biglietto sotto il naso.
“Hai bilietto?” mi chiede.
“No- rispondo. Ho l’abbonamento”
“Io ho bilietto per Roma. Tu vuole?”
“No- rispondo. Ho l’abbonamento”
“Ma questo è bilietto buono”
“Sì, ma io ho l’abbonamento!”
Alla fine la donna è riuscita a spiegarmi che aveva obliterato un biglietto che, a causa della soppressione del treno, non avrebbe più utilizzato e che, anziché buttarlo via, voleva regalarlo a qualcuno sprovvisto di biglietto.
Io, superata l’iniziale diffidenza, le ho comunque ribadito di non averne bisogno, ma poiché a lei proprio dispiaceva buttarlo via, me lo ha lasciato lo stesso.
A quel punto ho voluto provarci anch’io e mi sono resa conto che regalare qualcosa non è affatto facile.
Eppure era molto motivata a riuscirci. In fondo, quel biglietto aveva ogni diritto di godere dell’utilità per cui era stato stampato… Ma niente. Quel biglietto ora giace tristemente sul mio comodino a ricordo di tutti i degli sguardi torvi e dei rifiuti che la sottoscritta si è subita, manco fossi stata Vanna Marchi che prova a propinare una confezione di scioglipancia.

Tornando a quanto sopra.
Rientra tra le mie debolezze confidare nei buoni sentimenti della gente. Ciononostante, non credo che diffidare mi renderebbe più forte. Quindi non è detto che la forza sia sempre una virtù. Anzi talvolta è più plausibile il contrario.

 
 
 

***Come_Cozze***

Post n°454 pubblicato il 05 Ottobre 2012 da fragolozza

Sapevo che a non mollare la tracolla mi sarei fatta male, ma male sul serio. Solo che la cartella era mia e che la donna al volante stesse ripartendo senza accorgersi che, da settenne imbranata quale ero, io fossi rimasta impicciata con un pezzo di borsa in un pezzo della sua 126, parcheggiata adiacente al marciapiedi fuori dalla scuola elementare, a me non importava niente. Dovevo proteggere, salvare e conservare ciò che era mio.

I legami con le cose, con le persone, con le situazioni, troppo spesso prescindono dalla consapevolezza della sofferenza che procurano. E contemplare l’idea che si potrebbe stare meglio senza è fuori questione.

Ci attacchiamo alle cose, alle persone, alle situazioni, come cozze allo scoglio, per poi lamentarci quando di noi non resta che un guscio vuoto.

 

 

 

 
 
 

***Per_Guardarti***

Post n°453 pubblicato il 13 Settembre 2012 da fragolozza

Se ti chiedo di guardarmi tu non lo fai. Non guardi, anzi, nemmeno vedi.
Che senso ha per me guardare chi, di rimando, non guarda?
Avevo occhi che dal volto, per accarezzarti, persi. In punta di dita, raccolti, diventarono indice di vigilia e attesa.

La visione pallida della mia nuda presenza mi disconosce umana e mi riconosco mortale solo in quanto fossile anacronistico e disperatamente calzante al suo tempo.
Perché tu non mi guardi ed io ti guardo comunque.

 

 
 
 

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Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
Scommetti che a perdere il cuore
guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.

Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.

 

 

 

 
 

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