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*°*Come_Diventare_Ricchi*°*

Post n°452 pubblicato il 31 Agosto 2012 da fragolozza
 

Chi non vorrebbe diventare ricco? Non importa quanto. Del resto che si sia tanto ricco e poco ricco, c’è poca differenza e il risultato è sempre quello. 
RICCO. 
E non mi riferisco alla ricchezza di spirito. 
Sappiamo tutti che con quella non si va lontani (soprattutto quando è un etilometro a misurarla) e che se è vero che i poveri sono beati perché di loro sarà il regno dei cieli, è pur vero che, nel frattempo, il regno della terra è beatamente in mano ai ricchi.
Il problema  è che diventare ricchi è un’impresa estremamente ardua.
A meno che, ovviamente, non si vinca al superenalotto. 
O a meno che, ovviamente, non si abbiano delle idee geniali, come quelle che alle volte concepisce la sottoscritta.
Perciò, se volete diventare ricchi, ricchi al punto di comprare una Ferrari, una squadra di calcio, la carta igienica di seta e le scarpe placcate in oro come quelle del papa, il primo consiglio da seguire, secondo me, è prendere esempio da chi ci è riuscito prima di voi (o prendere i voti se volete fare il papa).
Dopodiché, leggete il resto.

PS: il testo di seguito riportato è meramente illustrativo. La sottoscritta non si assume responsabilità in merito al fallimento del metodo. D’altronde, ella stessa nutre dubbi in merito alla sua fattibilità.

IL METODO TONY BIN

Avete presente Luciano Gaucci? Io no. Comunque, c’è un elemento nella sua biografia che non andrebbe trascurato.
Quell’elemento si chiama Tony Bin.
Tony Bin era un allegro e simpatico cavallo che il signor Gaucci riuscì ad acquistare all’asta per la modica cifra di 10 milioni di lire (attualmente sarebbe stata la modica cifra di circa 5mila euro). Ebbene, il sig. Gaucci svezzò e crebbe amorevolmente questo simpatico cavallo, dopodiché, cioè dopo aver incassato ben 10 miliardi di lire in vincite, lo vendette ai giapponesi per 7 miliardi.
Non è l’affare del secolo?
Prendendo esempio dal sig. Gaucci, tutti quanti possiamo diventare ricchi.
Ecco come.
Racimolate 5mila euro, andate a un’asta e compratevi un cavallo. Allenatelo, fatelo vincere e rivendetevelo.
Non avete 5mila euro? Nessun problema: andate sugli altipiani di Arcinazzo, rubate un cavallo, allenatelo e rivendetevelo.
Non sapete come rubare e, soprattutto, come e dove allenare un cavallo?
Fate pace con la vostra sorte.
Non è destino che diventiate ricchi!

 

 
 
 

°*°LaVeZzI*°*

Post n°451 pubblicato il 27 Agosto 2012 da fragolozza
 

Ho affidato il mio desiderio ad un soffione, non perché si avverasse, ma perché il vento se lo portasse via, così da liberarmene, da non pensarci più. Solo che poi è arrivata la pioggia, il vento ha smesso di soffiare ed il soffione, con il mio desiderio in allegato, è affondato, allagato, a due passi dai miei piedi sepolti nel fango.
Persino le metafore della natura talvolta sono eloquenti.

Non ci si libera dei desideri elementari, allo stesso modo in cui i desideri che si realizzano a metà, nella loro parzialità, appaiono più vuoti e brutti, di quanto potranno mai sembrare belli e pieni.
Chi è bravo, fa un paio di conti e comincia ad accontentarsi. Io, invece, in questo sono pessima.
Prendi ieri sera ad esempio....
Il Napoli vince tre a zero e so che dovrei essere felice, esultare, saltare dalla gioia. Eppure no.
Perché il Napoli senza Lavezzi è come una storia d'amore senza amore.
Tanto vale rimanere single e guardare, indifferenti, una partita della Rom
a.

 

 
 
 

°*°Il_Merito_Della_Salsedine***

Post n°450 pubblicato il 22 Agosto 2012 da fragolozza

“Tutti sembrano felici da queste parti” le dico, mentre mi porge la colazione salata più buona degli ultimi due mesi.
“Sarà per effetto della salsedine” mi risponde e mi chiedo quanto, invece, dalle mie parti, valga l’effetto dell’acredine.
Continuo a sintonizzare le frequenze dei miei sogni sugli incubi altrui per arginarne la profonda bruttezza, ma non ho più parole.
Mi resta il pensiero che probabilmente sarà il destino a porci, e a pormi, contro ogni nostra volontà, e mia volontà, in determinate situazioni.
Solo che destino fa rima con intestino ed il massimo a cui si può arrivare è che, quando ti va bene, ti racconti che hai avuto una botta di culo, mentre quando ti va male, puoi solo sentirti nella merda fino al collo.
“Chi ti ama c'è sempre, c'è prima di te, prima di conoscerti.
Mi ricorda che a 14 anni, io e Luisa, anziché fare i compiti, giocavamo ad interpretare i tarocchi, contemporaneamente chiedendoci cosa stessero facendo, cosa stessero pensando in quel preciso istante, i ragazzi che da grandi avremmo incontrato e sposato.
A Luisa va il merito di essersi sposata e di avere due bambini. A me va il demerito di aver abbandonato immediatamente l’arte dei tarocchi, per comprendere, con le sole armi della logica, che chi mi ha amata, non solo prima di me non c’era, ma amava pure qualcun’altra e, dopo di me, trattandosi appunto di un dopo, a maggior  ragione non mi ha mai amata.
Ma sono andata fuori traccia e il senso di questo post era tutt’altro.
“Tutti sembrano felici da queste parti” penso, lasciando vagare lo sguardo sui ponti e i canali di Comacchio.
Ma Comacchio fa rima con ….. e non è detto che la salsedine renda così felici.

 
 
 

°*°La_Cura_Del_Bovino°*°

Post n°449 pubblicato il 18 Giugno 2012 da fragolozza

Stanca delle mie sporadiche fasi distimiche, relazionabili in larga parte ad una cattiva accettazione del malintenzionamento altrui, dopo aver vagliato i potenziali e più plausibili rimedi al mio scoramento,  ho trovato finalmente una soluzione nella cura del bovino.

La cura del bovino è una branca della pet therapy, elaborata da me medesima, sulla scia della tendenza del momento ad associare al nome di un animale effetti miracolosi in svariati campi.
Si pensi, ad esempio, al gatto dell’erba gatta, che aiuta a dormire, o al cane (kan) della dieta Dukan, che aiuta a dimagrire.
Infatti, stando a Wikipedia, la pet therapy “può calmare l'ansia, può trasmettere calore affettivo e aiutare a superare lo stress e la depressione”.
Quindi, io ho scelto la cura del bovino.
La cura del bovino è una terapia semplice, indolore e dall’effetto immediato.
Impiegabile in molteplici situazioni e con variabile intensità di erogazione, la cura del bovino si può somministrare in due modi:
1) sollecitando le persone moleste ad un uso frequente e assiduo dei servizi igienici, anche laddove non abbiano posto la domanda, la cui risposta solitamente è “in fondo a destra (ma anche a sinistra)”;
2) traducendo in lingua inglese* il nome della cura e pronunciandolo ad alta voce all’indirizzo delle persone moleste.

*cura del bovino = VACCA CARE.

Vi assicuro che funziona.

 
 
 

°°°Era_Già_Scritto°°°

Post n°448 pubblicato il 23 Maggio 2012 da fragolozza

Credo che, in un romanzo, le descrizioni meteorologiche dei primi capitoli siano atte e sufficienti a comprenderne la trama e a prevederne il finale.
Bagnato, assolato, turbolento, congelato….
Leggi le prime pagine e puoi già farti un’idea di come andrà a finire.
Lo stesso vale per i giorni o per le storie di vita. E’ tutto già scritto nei primi momenti.

Quel giorno, nuvole di pioggia lasciavano spazio al sole, per poi ricompattarsi ed ingrigire ancora. Faceva freddo, ma se mi concentravo e rimanevo alla luce, riuscivo persino a sentire caldo. Poi però di nuovo freddo.
(Con un inizio del genere, come mi sarei potuta aspettare un finale sereno?)

 
 
 

°°°Tu_Lo_Sai°°°

Post n°447 pubblicato il 27 Aprile 2012 da fragolozza

Non mi sono fidanzata con Jude Law. Anche se l’idea resta di quelle più interessanti che abbia mai avuto.
E’ che le cose vanno, vanno e vanno, talvolta a danno del tempo che vorrei (citare Fabio volo è un inconveniente da esaurimento) e che non è mai abbastanza.
Che poi, magari, nemmeno a qualcuno importa, se non alla sottoscritta, perché ho smesso di scrivere con frequenza…
Potrei dire che è perché ho smesso di fare le cose a cazzo di cane, facendole per fretta a razzo di rane o per avidità a pazzo di pane, ma questo avrebbe senso solo se non fosse così notte.
Comunque sia…

Credo siano trascorsi giorni a sufficienza per poter scriverlo.
Il bello di avere un blog ed essere contemporaneamente autoriconoscenti alle proprie smanie da ritardo, ha fatto si che maturassi l’abitudine a non scrivere mai di quello che mi accade nel mentre mi accade.
Ed è per questo che, oltre ad avere coscienza che parlerò di quello che mi è successo oggi tra almeno due anni, colgo l’occasione per rimembrare il periodo fervidamente creativo di Alex Kapranos, coincidente con una fase, per la sottoscritta parimente, ma diversamente creativa.
E per scrivere pubblicamente che non c’è volta in cui io passi dalle parti di quella fermata della metro senza che io avverta una stretta allo stomaco.
Perché?
Tu lo sai.

 
 
 

°°°l'opposizione_dei_contrari°°°

Post n°446 pubblicato il 13 Marzo 2012 da fragolozza

Oggi sono tornata com’ero ieri senza mai sapere in che modo ero cambiata.
Ho avuto il coraggio di ammetterlo, mentre ce ne stavamo con le mani intrecciate dietro la schiena, adagiati sullo sfondo dell’ennesimo paesaggio urbano, troppo pieno di elementi per non farci apparire ridondanti e sfuocati.
Tu indossavi la tua maglietta giallo ocra, quella che quando t’incontro e magari indossi altro, mi porta ad esclamare, sorridendo: “Bello che tu oggi non abbia avuto male allo stomaco!”
Io, invece, avevo messo su il vecchio berretto con visiera di tela scura, a ripararmi dal sole che sicuramente mi avrebbe ferito gli occhi. Il vento, però, me lo ha portato via e non ho avuto la forza di rincorrerlo. Ora i miei capelli danzavano liberi ed il sole,  per nulla mite carezzatore, mi sta bruciando le guance.
Il discorso è venuto fuori dal nulla.
A guardare i fili d’erba che ornano i marciapiedi, si direbbe che ogni mio pensiero, da quello più geniale al più inutile, stia emergendo senza una logica razionalizzante, come lo sputo di un bambino che non sappia dove mirare, ma che sputa comunque.
“Se ti dicessi che il per sempre è solo un’illusione- ho esordito- ma che, ciononostante, io credo nel per sempre, sono certa che tu replicheresti con un mai. E non lo faresti per spirito di contraddizione. No. Tu lo faresti semplicemente perché questo è il tuo ruolo. Un ruolo imposto dalla circostanza, secondo cui, tutto ciò che si dice degli opposti, non può non essere vero. E’ per questo che l’onestà inevitabilmente si paga con la disonestà, che alla giustizia inevitabilmente corrisponde ingiustizia e, non per ultimo, l’ amore inevitabilmente si sconta con il disamore.”
Il sole ha ferito anche te, dritto al centro dello sguardo.

A volte mi chiedo a cosa serve contare sulle dita di una mano e poi, di seguito, passando all’altra mano, riprendere il conto dei giorni che mi separano dall’ultima volta che ebbi la certezza che non vi è bene più grande di quello che, per rifiuto di colpa, si è sempre in grado di negare.

 
 
 

***Pre_Visioni***

Post n°445 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da fragolozza

E' colpa dei ritardi dovuti all'emergenza neve e ghiaccio, altrimenti questo post lo pubblicavo l'anno scorso. O al massimo il mese scorso.
Comunque sia...

In barba a frate indovino, rinnovo l’angolo delle previsioni  per il nuovo anno redatte da me medesima sulla base dell’andamento degli ultimi dodici giorni dell’anno appena trascorso.
Per correttezza, ammetto che la natura approssimativa dei calcoli, condizionata dalla scarsa attenzione ai dettagli per mancante concentrazione, dall’andamento altalenante del mio umore, nonché dalla necessità che questo sia forzatamente un anno “che spacca”, riduce a minimi storici la credibilità di quanto di seguito si potrà leggere.
Se si considera, però, che Maya permettendo, ci sarà la certezza di 366 giorni da vivere, fare, disfare e raddrizzare; se si considera, però, che Maya non permettendo, ci saranno comunque 356 giorni altrettanto vivibili, fattibili, disfattibili e raddrizzabili; se si considera, però, che Maya a parte, c’è sempre l’oroscopo di Branko e le stelle a cui potersi aggrappare... Buon Anno!!!

GENNAIO: guardo un’alba in technicolor all’inizio di un giorno che si conclude con me che vengo scambiata per spagnola da un gruppo di messicani che a sentire che no, non sono spagnola, appaiono propensi ad ingaggiarmi come insegnante di italiano. Sembra un buon inizio… speriamo!
(Di gennaio 2011 ricordo improbabili regali di compleanno, la discrezionalità dell’uso della parola guanciale e la sensazione che tutto fosse meravigliosamente semplice. Soprattutto in prossimità di un camino.)

FEBBRAIO: tre ore in attesa del nulla, per dirottarmi verso qualcosa che, causa mio ritardo, è altrettanto nulla. Lo so di mio che febbraio è dispettoso e che non mi gira mai tanto bene. Riuscirò a ricredermi in itinere? Forse… visto che alla fine un po’ di entusiasmo c’è stato.
(A febbraio 2011, la tristezza arginata dagli effetti comici del decolorante per capelli ha movimentato l’ultima decade, in coincidenza col compimento dei miei trent’anni e con una serie di lunghe, memorabili insonnie. Felice no. Coraggiosa sì. Nel complesso inaspettatamente serena)

MARZO: giornata concentrata, per pensieri opere e azioni, sui presenti. Il presente è un dono. Proverò a ricordarmelo più spesso.
(Marzo 2011, cominciato sulla scia degli eventi intrapresi a febbraio, si è poi declinato verso una profonda crisi mistica, caratterizzata da un desiderio, rimasto irrealizzato, di maggiore concretezza e sostanza. Avrei fatto meglio a rispettare le mie regole senza metterle in discussione. Ma col senno di poi è troppo facile sindacare.)

APRILE: orario e stallo di partenza non sono più gli stessi. Lo scopro per caso, in procinto di un viaggio che non ho mai voglia di fare. Dormo tanto, ma si sa che aprile è così. Riuscirò a svegliarmi?
(Ero convinta che per Aprile 2011 mi sarei innamorata. Nella realtà, non sono nemmeno tornata a casa per Pasqua.)

MAGGIO: ne vogliamo parlare?
(Maggio 2011 è stato una sorpresa. Per la prima volta piacevole, sereno e pieno di vita. Voglio la replica!)

GIUGNO: certe cose non funzioneranno mai, allo stesso modo in cui certe persone mi infastidiranno sempre. Non so che auspicio trarne. Incrocio le dita per l’arrivo dell’estate.
(Nel Giugno del 2011 ho sorriso tanto. E a contatto con la natura ho ripreso coscienza di quanto può essere piacevole la mia natura quando si confronta con quella altrui.)

LUGLIO: digiunare non fa bene. Non quando tutti festeggiano. Sono il bastian contrario della partenza intelligente.
(A Luglio 2011 ho fatto troppe cose ed altrettante me ne sono capitate. Un affettuoso saluto ai rumeni che mi hanno rubato la borsa a Villa Borghese!)

AGOSTO: mi sa tanto che come ogni anno lo trascorrerò lavorando. Ma la consolazione di una piccola trasferta si intravede. Speriamo bene!
(Nell’Agosto 2011 ho scritto impunemente di polli allo spiedo. E mi sono fatta anche una foto con una mucca. Solo che la mucca era finta quanto il mio racconto. Solo che la finzione a volte aiuta a vivere meglio. Decisamente!) 

SETTEMBRE: Tristezza per favore vai via.
(A Settembre 2011 ho rivisto Luca Carboni e quindi… ah… ma le storie d’amore no, non finiscono mai! Poi è ovvio che tutto dipende dalla percentuale di interesse.)

OTTOBRE: partiamo dal presupposto che sono fondamentalmente una bohemienne, per di più  orgogliosa di essere tale. Questo non significa però che sono fatta di gommapiuma e assenzio. Né tantomeno che posso  reagire d’assenso a fronte di iniziative che mi procurano dissenso. Ci si può sempre scoprire diversi da ciò che si credeva di essere.
(Ottobre 2011 è scivolato via piuttosto in fretta. Resto dell’idea che la mia selettività in fatto di rapporti interpersonali mi sia fondamentale)

NOVEMBRE: mi sono svegliata col volto giusto, a conferma del sorriso di Saimi che mi dice: “Sei sempre bellissima”, per poi incazzarsi del mio mettermi a ridere. Non è sempre tutto bellissimo e non è detto che lo sarà. Tantomeno posso esserlo io. Ma con un briciolo di speranza….
(A Novembre 2011 per la prima volta mi sono immersa nella vera nebbia- e non nelle mie stupide nebbie immaginarie- e ne sono riemersa incolume. Non esiste grigiore che non possa illuminarsi).

DICEMBRE: Un’altra fine, ma io parto dall’inizio. È tutto un girotondo ed io ci giro dentro.
(A dicembre 2011, ho pianto, riso, pianto, riso, in un’alternanza che in termini di pronuncia si è trasformata in ho piantato riso. e fu così che la “mondina” visse felice e contenta!)

 

 
 
 

°°°MeMoRiA_tAtTiLe***

Post n°444 pubblicato il 03 Dicembre 2011 da fragolozza

Sul tavolo giacciono sei monete fuori conio, quattro ninnoli, un po’ di foto e tre scontrini.
E’ impressionante il numero di cose inutili che un portafogli contiene.
MEMORIA TATTILE. Io la chiamo così.
La gara è a chi conserva cose più assurde e credo di aver vinto io, quando finalmente trovo la coda di Cippo Cippo, il mio amato bimbo scoiattolo, a cui malauguratamente la strappai nel tentativo di recuperarlo dall’angolo in cui si era ficcato, dopo l’ennesima fuga dalla gabbia (su questo
forum la prova che non è successo solo a me!).
Poi lo sguardo mi cade sui tre scontrini.
Uno fa male, un altro è indifferente, un altro…
Leggo “Jolly Bar” e €1,60 di importo.
“Questi sono due caffè” dico a me stessa, infilandolo nuovamente nel portafogli.
Il tono però mi ha tradita e la domanda mi arriva a sorpresa.
“Lui chi era?”
“Lui era” rispondo secca.
E so che non mi serve aggiungere altro.

 
 
 

°°°UnDiCi***

Post n°443 pubblicato il 11 Novembre 2011 da fragolozza

Cosa rende un giorno speciale?
11/11/11
Undici.
Oppure DICI UN. Dici UNO.
Che anche a volerlo mettere come:
1
1
1
1
1
1
rimane UNO.
Uno come tanti, uno come niente.
Che anche a volerlo mettere come:
1+1+1+1+1+1
dà 6.
SEI.
Ed è appunto un SEI UNO. Anzi UNA.
Come tante.
Come niente.

 
 
 

*°*numeri_telefonici*°*

Post n°442 pubblicato il 19 Ottobre 2011 da fragolozza
 

“Pensa che manterrà attiva questa utenza Vodafone?”
“…”
“Per quanto ancora?”
“…”

Ho tre utenze telefoniche, ossia un numero Tim, un numero Wind ed un numero Vodafone.
Sono troppi, lo so.
Non ne ho bisogno, lo so.
Ma la gamma di promozioni e piani tariffari offerti dai diversi gestori è tale che è psicologicamente impossibile avere un solo numero di telefono.
Perché il Tim è il mio numero storico, quello che ha più di dieci anni e che mi mantiene i contatti con parenti, amici, colleghi, conoscenti, animali, fiori, città, cose, cantanti, lettera e testamento. Insomma, il numero Tim è il mio numero universale.
E poi c’è il numero Wind, che, sì, nasceva da un’esigenza di “noi due” per due persone successivamente trasformatesi in “io uno” e “tu zero”. Ma l’estensione filantropica al “noi tutti” non si poteva perdere e quindi ora il numero Wind mi mantiene i contatti con la mamma e con gli amici più cari. E perciò non posso farne a meno.
Il numero Vodafone… Ebbene il numero Vodafone è la variabile dipendente, in quanto sussiste dal momento che esiste una relazione che lo coinvolge ad un’altra variabile, che numero non è, ma da cui la sottoscritta è dipendente e che, se venisse a mancare, lo renderebbe variabile indipendente e quindi insussistente. Il che, ovviamente, si spera non accada.

Ieri.
Erano le sette di sera ed ero ancora a lavoro quando ho sentito un telefono squillare. Una chiamata sul mio numero Vodafone.
Strano.
E molto più strano che fosse da parte di un numero privato.
Quel numero lo conoscono quattro persone, ma se ne serve una sola persona, quindi chi poteva essere?
Era un operatore incaricato di compiere un’indagine statistica.
L’ho ascoltato, gli ho chiesto la cortesia di richiamarmi in un altro momento, se era proprio necessario, e l’ho salutato.
Ho finito il lavoro, stavo trotterellando verso casa ed ecco che mi hanno ricontattata per la statistica.

Mi piace partecipare alle indagini di mercato, mi è sempre piaciuto. Una volta mi contattarono per un’indagine sulle sigarette che, dato il mio attaccamento al prodotto, durò più di quaranta minuti.
 Il fatto è che non mi piace solo partecipare alle indagini. A me piace rispondere alle domande, stabilire un’empatia con l’operatore. In parole povere, colgo sempre l’occasione per esaurire la persona all’altro capo del filo come fosse una sorta di ambasciatore del telefono amico.
Perciò, se nel caso delle indagini sulle sigarette, mi ritrovai anche a canticchiare una canzone di Cesare Cremonini al povero malcapitato (domanda: qual è la sigaretta più romantica? Risposta: Ma che domande?! La Benson and Hedges! Soli eppure in mezzo alla gente io e te, riscaldati dal calore di una Benson and Hedges, se mi vuoiiiiiiiiiiii….), ieri, partendo dall’assunto che il numero su cui mi si stava chiamando era il mio numero, anzi no, non era il mio numero, insomma sì era il mio numero, ma fino a qualche mese fa non era il mio numero, bensì era il numero di un’altra persona, che sarebbe quella che mi ha passato la scheda con il numero, l’operatore di turno si è sorbito un breve riassunto della mia vita negli ultimi quattro mesi.
E, mentre gli parlavo, pensavo che certe cose dovrebbero capitare più spesso, riferendomi non solo alle circostanze che mi hanno portata ad essere detentrice di un numero Vodafone (che a volerne scrivere adesso ne verrebbe fuori un romanzo in trenta capitoli), ma anche e soprattutto al fatto che un perfetto estraneo ti chiami e di buona lena stia ad ascoltare tutto quello che gli dici, mantenendo però l’atteggiamento distaccato di chi non abbia alcun interesse ad ascoltare quello che gli stai dicendo.

Il punto è che nessuno sbaglia più numero di telefono.
Prima dell’avvento dei cellulari, prima che i numeri si memorizzassero su un display, vale a dire ai tempi in cui dovevi digitare ogni singola cifra, anziché premere semplicemente la falange sul nome dell’utente desiderato, era facile sbagliarsi.
Ricordo almeno un migliaio di telefonate ricevute a casa, puntualmente ad ora di pranzo, esordienti con un: “Buongiorno, casa Foresta?”, roba che mia madre era diventata un leone a furia di ripetere ogni volta: “No, ha sbagliato numero!”. In seguito scoprimmo che la differenza tra il nostro numero e quello della famiglia Foresta consisteva nella successione di cifre identiche, ma alternatamente disposte, quindi ci rassegnammo.
Quelli, però, non erano gli unici casi.
Ho risposto a tantissime altre telefonate in cui, di volta in volta mi si chiedeva: “Carmeli’, ci sta Giovanna?”, “Signuri’, mi passate o’ Dottore?” etc. E in taluni casi ci stava che, fatto notare che avevano sbagliato numero, con tanto di replica di obiezioni, confutazioni e giustificazioni, tra una scusa e un’altra, si imbastiva una conversazione di convenevoli che si trascinava per decine di minuti e che concludevo con animo decisamente più rilassato.

E’ per questo che sono convinta che le persone dovrebbero sbagliare numero più spesso. Ed è anche per questo che, molto spesso, se qualcuno mi chiede il numero, io gli do il numero di telefono sbagliato. Sembra cattivo, lo so. Ma dal mio punto di vista è un favore perché: a) sono educata e quindi non oppongo un rifiuto a priori; b) spalanco un mondo di opportunità dal momento che, al numero sbagliato, potrebbe rispondere una persona più interessante e interessata di me.
Persino Eddy lo ha capito (per chi fosse interessato a leggere del mio primo incontro con Eddy legga
qui). L’ho rivisto un po’ di tempo fa, dopo due anni passati a nascondermi sotto i sedili degli autobus, dietro le pensiline delle fermate e dentro i canali di scolo dei marciapiedi tutte le volte che lo incrociavo. Ebbene, un po’ di tempo fa, non avendo io trovato un nascondiglio a portata di mano, nel mentre si aspettava l'autobus, Eddy mi ha di nuovo avvicinata come fosse la prima volta. E’ stato un gran furbone, devo riconoscerglielo. Perché quando mi ha chiesto come mi chiamavo ed io gli ho risposto, lui ha esclamato: “Ma io ti ho già conosciuta! Io ho anche il tuo numero di telefono!”. Io, però, ancora più furbescamente, ho assunto un’aria a metà tra lo sconcerto e il no,no,no,nonèpossibilemiricordereidisicuro. Solo che Eddy è uno furbo davvero, nonché preciso, e mi ha mostrato il mio nominativo con tanto di numero sbagliato in allegato ancora memorizzato nella memoria del cellulare.
E così ho dovuto confessargli la verità seguita da precisa spiegazione della mia teoria. Non credo sia stata convincente, ma almeno non mi ha chiesto di nuovo il numero e questo, secondo me, è già tanto.

Tornando all’indagine telefonica…
Molte delle circostanze migliori della nostra esistenza derivano da un caso, da una circostanza fortuita, da un imprevisto.
“Pensa che manterrà attiva questa utenza Vodafone?”
“Ehmm… beh, non lo so, spero di sì. Cavoli! Spero proprio di sì!”
“Per quanto ancora?”
“Mi auguro il più a lungo possibile.”

 
 
 

*°*citazione*°*

Post n°441 pubblicato il 08 Settembre 2011 da fragolozza

Basta un’aggiunta e pure l’odio diventa oddio.
L’empietà strizza spesso l’occhio alle più sacre forme di sacrilegio e capacitarmene  potrebbe passare per un residuo tentativo da parte mia di tenermi attaccata ad una forma di umanità che attualmente mi sfugge. Ma tanto io non mi capacito.
Tra Adrian Lyne e Nietzsche esiste una qualche differenza? E se sì, qual è?
Non ho questa risposta, né m’interessa averla.
Le troppe citazioni classiche confrontate al gelido algido (da leggersi ghelido/alghido), nonché esacerbato, disfattista e schifoserrimo spirito moderno trasformano le educande in odalische e le odalische in lische che nemmeno un gatto annuserebbe.
Persino De Musset in questo caso sarebbe stato più bravo di me. Ok. Ennesima citazione. E stavolta solo perché il termine citazione scomposto in cita e azione mi fa sentire a casa.

 

 

 
 
 

°*°persiana°*°

Post n°440 pubblicato il 09 Agosto 2011 da fragolozza

E’ come quando leggi che in Siria è scoppiata un’ennesima rivolta. E’ appunto ennesima e quindi te ne frega ben poco.
Ti meraviglieresti, piuttosto, se per una volta ti si informasse che, in Siria, gli iscritti all’associazione “terroristi anonimi” stanno organizzando un party per festeggiare il terzo giorno di astinenza dai bombardamenti e dalle uccisioni indiscriminate.
Quella sì che potrebbe dirsi una notizia.
Dunque, dal momento che non si può certo dire di te che sei una terrorista, tantomeno siriana (semmai persiana per come a volte ti butti giù e non lasci passare la luce), smettila di ripeterti che sei confusa, che sei spaventata, che dentro ti senti piccola stupida e sola.
Tanto non fa notizia e, cosa ben più importante, a molti gliene frega ben poco.
Programmati piuttosto un'astinenza dalla tristezza e annotati con premura i momenti in cui ti senti felice davvero.
Quella sì che potrebbe essere un'ottima annotazione.

 
 
 

***It's_FRIDAY!***

Post n°439 pubblicato il 05 Agosto 2011 da fragolozza

Fedele ai dettami calendaristici di Robert Smith (il lunedì ti puoi tenere la testa tra le mani/il martedì e il mercoledì puoi rimanere a letto/o giovedì puoi guardare il muro/è il venerdì che sono innamorato/il sabato aspetta/e la domenica arriva sempre troppo tardi/ma il venerdì non esito mai), mi centrifugo in una spirale di neuroni attivati da sinapsi in balia dell’aminoacido triptofano.
Non sono i globuli rossi a farmi dire viva, bensì l’adrenalina a farmi sentire meno morta.
Niente che sia respiro sano batte la tachicardia, nell’emozione sincopata prodotta dall’amigdala che, in quanto mandorla, è al pari di una ghianda e quindi mi rende più simile ad una ghiandaia che a un organismo logicamente pensante.
Volendo essere più chiara, sono fermamente convinta che il sussidiario concetto spaziante dal vagabondaggio spirituale all’ancoraggio semietico e semiologico del volere al fine di volare sufficientemente alta sia riassumibile in due semplicissimi punti: il troppo non storpia e il poco non esiste.
Ed io, in tutta risposta, se proprio non posso avere troppo, quel poco che posso provo a prendermelo meglio che posso.

Firmato Sibilla Cumana*

*Versione italica dell’ellenica Pizia, altrimenti nota come sacerdotessa del dio Apollo, avvezza a stati di alterazione mentale, allucinazione e  trance, nonché affetta da logorrea convulsa, sfogata mediante la trascrizione su fogli di carta di asserzioni dalla dubbia interpretazione e dalla discutibile valenza.

 

 
 
 

°°°teoretica°°°

Post n°438 pubblicato il 02 Agosto 2011 da fragolozza

Non ci è dato sapere quale sia il dato più importante da sapere in un dato momento, dato che, se lo sapessimo, non staremmo certo a chiederci se la felicità è un dato di fatto o se, di fatto, la felicità non ci verrà mai data.
Maschero, dunque, di indolenza la possibilità (riconosciuta e accettata) di vivere per la prima volta la vita degli altri, così come non avrei mai pensato fosse.
Non è un tentativo e nemmeno un esperimento. E’ una scelta non scelta che, come molte altre mie, taglia via le residue possibilità senza per questo ingenerare rimorso, bensì il ricorso a tutta la forza e a tutto il coraggio necessari per andare avanti.
Forza senza sforzo. Coraggio impiegato appannaggio del puro star bene.
A rifletterci, la vita, la propria o degli altri che sia, può essere semplice semplice.
Il mio nuovo teorema del buonumore consiste nel collocare le emozioni sull’asse delle ascisse e le paure sull’asse delle ordinate.
All’origine, nel luogo in cui le rette perpendicolari si incontrano e i treni per i pendolari si scontrano, non è detto che la scelta di sdraiarsi sul fianco offra il fianco solo alla critica di se stessi.
Il silenzio stampa sui dorsi delle mani promemoria che fiumi di vita trascineranno via.
Ma potrebbe anche succedere che ricostruendo una parte di me, passando attraverso la demolizione del sé e inevitabilmente giungendo ad un te, dall’origine scaturisca l’entusiasmo di riprendere a pronunciare un noi.
Il silenzio stampa sui palmi delle mani appunti che il mare della vita cullerà in eterno.

 
 
 

***Cant'_pe_nu'_Suffrì***

Post n°437 pubblicato il 21 Giugno 2011 da fragolozza

Avevo cominciato a fumare tabacco convinta che avrei fumato meno, ma la verità è che fumo sempre troppo.
La mia bustina è agli sgoccioli e me ne ricordo solo perché la protagonista di “Uomini sotto pressione” (colleziono romanzi incentrati sulle vite di trentenni single, stile bridget jones giusto per sentirmi un caso da statistica) sta uscendo a comprare le sigarette.
E così mi tocca comprarmi il tabacco al bar vicino casa, quello che ne ha di soli tre tipi e nessuno dei tre che mi piaccia.
La vedo che barcolla e la evito. Le uniche due volte che ci siamo incontrate mi ha abbracciata anche se non ci conosciamo, solo perché c’erano quattro gradi sotto lo zero, lei aveva deciso di andare in giro in mutande ed io ero il primo termosifone a portata di mano.
Compro il tabacco meno peggio, esco dal bar, passo davanti all’ingresso del supermercato e sogno un panino con hamburger e una mega insalata di verdure, seguita da frutta di stagione che però non compro perché sono stanca stanchissima e fare la salita di casa coi sacchetti al seguito oggi non è il caso.
La rivedo e stavolta mi precede di circa dieci passi. Barcolla ancora, bilanciandosi  da un lato con la borsa e dall’altro con una busta piena di birre.
Si gira a guardare indietro, mi vede, si ferma.
Non sono pronta a farmi abbracciare, non oggi, e sto valutando la maniera migliore per arrivare a casa sorvolandomi gli ultimi trenta metri.
Lei intanto dopo avermi vista si è fermata. Mannaggia.
Lei intanto guardandomi si infratta sotto un oleandro e si siede. Mi chiedo cosa potrà succedere mai stavolta, ma è una domanda breve perché quando le passo accanto mi fa:” MI aiuti?” allungandomi l’atroce busta contenente cinque birre da due litri.
Ripenso alla spesa che non ho fatto causa sacchetti e mi verrebbe di riderle in faccia, poi però ho paura che se le dico no, potrebbe provare ad abbracciarmi di nuovo per convincermi, quindi le prendo il sacchetto di mano e ci avviamo insieme.
E’ il punto più pesante della salita quello in cui mi dice il suo nome.
Morgana.
Come la fata.
Come le visioni nel deserto.
Come quelle che ho io mentre mi trascino verso casa.
Ci lasciamo, ci salutiamo.
“Ti voglio bene” mi dice prima di scomparire.
Mi voglio bene, penso, mentre trotterello dalla mia pastina col formaggino.


 

La musica dei 24 Grana mi somiglia. Inizialmente non diresti mai che è napoletana, ma a conoscerla meglio ti accorgi che è la più napoletana di tutte.

 
 
 

°°°C'eravamo_tanto_Amati°°°

Post n°436 pubblicato il 20 Giugno 2011 da fragolozza

Quando ti tocca riconoscere che anche quello che hai sempre pensato sia stato il più grande amore della tua vita, persino LUI, è arrivato al punto di farti vergognare di esserne stata follemente innamorata è grave. Troppo grave. 

Mi piacciono i tuoi occhi rossi col flash??? bah...

 
 
 

***Siediti_Sulla_Riva***

Post n°435 pubblicato il 17 Giugno 2011 da fragolozza

Nelle puntate precedenti

Quando mi licenziai da Progetto Cultura, lo feci perché sapevo che se avessi messo piede in quell’ufficio anche soltanto un altro giorno, mi sarei ammalata di qualcosa di brutto.
La cosa peggiore non era lavorare 8 ore al giorno, senza la speranza di beccare un quattrino (quello, in fin dei conti si poteva pure sopportare. Sebbene in fin, in fin, in fin di conti piuttosto lunghi…).
Il peggio era essere consapevole che, lavorando, stavo facendo gli interessi di due personaggi squallidi atteggianti a imprenditori  e che lo stavo facendo in compagnia di tre personaggi altrettanto squallidi, in ordine presuntamente: direttore amministrativo, segretaria di produzione e segretaria contabile, ma concretamente: stronzo 1, stronza 2 e stronzissima 3.
Per questo, quando me ne andai, non ebbi nulla a pretendere.
La cosa più importante era liberarmi di quella gente. Evitare che stare a contatto quotidianamente con loro mi rendesse come loro.
E non me ne fregava niente del fatto che dopo quattro ininterrotti mesi di lavoro avessi percepito solo 700 miseri euro (considerato che gli altri non li pagavano per nulla, mica mi potevo lamentare?).
Dentro di me sapevo che, prima o poi, avrebbero pagato in altro modo.

***

Oggi

Ero impegnata nell’elaborazione di un progetto, ma non avevo alcuna idea su cui progettare e così da brava progettatrice senza  spunti ho digitato la parola progetto su Google.
Ed è stata proprio la barra di Google a suggerirmi “Progetto Cultura”. Io non ci sarei mai arrivata, nemmeno per associazione, avendo da tempo rimosso quei mesi orrendi trascorsi a lavorare per loro.
Ma… sarà stata curiosità, sarà stato un sordo rancore, mi sono detta: Perché no? Vediamo come se la passano.
Scoprire che esistono ancora, ma che adesso si chiamano Progetto Cultura Life, non è stata una sorpresa. La sorte dell’erba cattiva la conoscono tutti.
E non è stata una sorpresa nemmeno scoprire che le persone che nel corso degli anni hanno lavorato per loro a gratis sono più di quante credessi.
Ma scoprire che alcune di loro sono riuscite a percepire i soldi che si erano guadagnate solo grazie all’intervento de “Le Iene”, quella sì che è stata una sorpresa.
Una sorpresa che mi ha fatto male.
Mi ha fatto male rivedere quell’ufficio del cazzo (scusate il francesismo, ma è già tanto che questo post non sia tutto in francese), mi ha fatto male riascoltare le loro voci (quella con la faccia oscurata è stronzissima 3), mi ha fatto male ricordare che io in loro ci avevo creduto.
E mi ha fatto male, e mi fa male tuttora, considerare che in questo paese la gente per percepire quanto le spetta deve rivolgersi ad un programma televisivo.
Comunque, per chi fosse interessato, qui sotto c’è il link al servizio mandato in onda.
Non lasciatevi ingannare dal finale: molti altri, tra cui la mia amica Maria Teresa, che come me era stata assunta come telefonista, ancora non prendono un euro. Ma loro si sono rivolti ai sindacati, mica alle televisioni?
FANCULO!

 

http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/214437/golia-guide-turistiche-non-retribuite.html

 

 
 
 

°°°dry_your_eyes°°°

Post n°434 pubblicato il 13 Giugno 2011 da fragolozza

La soluzione sarebbe fin troppo semplice. E’ per questo che, ogni volta, non riesci a sopportare che nessuno ci arrivi. Salvo poi ripiegare sulla ben più ovvia, ma dolorosa considerazione che nessuno voglia arrivarci.
Te ne stai lì, piglio da maestrina e cipiglio da scolaretta, a dettare i capitoli di una lezione che nessuno capirà e che tu invece mandi avanti a memoria.
La tua anima è un’aula di sentimenti riscrivibili come lavagne ed emozioni traballanti come vecchi banchi.
Ed è per mancanza di giustificazioni che sbatti tutti fuori dalla porta da cui sono entrati.
But it’s ok, baby. Dry your eyes.

Sono la presumibile destinataria di una nenia di offese ingiustificate recitate con tono satanico dal sosia di Geronimo La Russa seduto dietro di me. E’ come ascoltare al contrario una canzone di Marilyn Manson ma dal vivo. A pensarci uno così  in un film horror ci starebbe bene, ma solo finché non scende alla mia stessa fermata. A quel punto uno così starebbe bene solo in manicomio.
But it’s ok, baby. Dry your eyes.

Per tornare alle soluzioni.
Risposta n.1: ok (semplice e diretto)
Risposta n.2: come vuoi tu (blandamente gentile)
Risposta n.3: lo accetto, ma non lo condivido, ma comunque lo accetto (spudoratamente ipocrita).
Ma queste sono solo le soluzioni più banali, peraltro inesatte, partorite prefiguratamente da una mente banale quale può essere la mia di fronte ad una decisione non banale, ma che comunque non sia mia.
Considerato, però, che io non sono quasi più abituata a fronteggiare decisioni non mie, decido senza pensarci troppo anche per gli eventuali altri. Solo che spesso decido esclusivamente per testarne le ipotetiche reazioni e sentenziare che la reazione scelta e palesata è quella sbagliata.
But it’s ok, baby. Dry your eyes.

Lo ammetto sono in fissa. Ma mi passerà anche questa.

 
 
 

***ScetticismO***

Post n°433 pubblicato il 06 Giugno 2011 da fragolozza

Le mie manifestazioni di scetticismo si scontrano con lo scetticismo di chi non le ritiene autentiche.
E’ per questo che le testimoni di geova mi perseguitano. Ogni giorno sono convinte di potermi convertire. E non sono certo io a rendergli vana l’impresa. E’ ciò che ho dentro.
Esiste un filo conduttore nemmeno troppo invisibile tra il rifiuto di affidarsi a qualcosa e il benessere derivante dal poter fare a meno di tutto.
Poi dipende da quanto vale il tutto.
E io non scommetterei mai troppo.


“Ho inciso il volto di un cronometro sul retro di una goccia di pioggia”.


Gli Arctic nella maggior parte dei casi non mi piacciono, ma quando riescono a piacermi vanno dritti al cuore.

 

 

 

 

 
 
 

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Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
Scommetti che a perdere il cuore
guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.

Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.

 

 

 

 
 

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