Creato da fragolozza il 13/10/2006

LeCoccinelleVolano

...ma cadono lo stesso.

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

AREA PERSONALE

 

ULTIME VISITE AL BLOG

fragolozzaAssaggio.Di.PassionemadultCostanzabeforesunsetautunno.dolciastropartnermaschiofra19572romhauscalos7ilcavaliere_1970only_viruallyil_giovanewertherzarita.63paneghessa
 

FACEBOOK

 
 

MOLKO-DIPENDENTE

 

 

 

But it’s you I take

‘cause you’re the truth

not I.


 


 

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

ASTRATTE MELODIE

 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 

IL MIO PROSSIMO FIDANZATO

 

COME ALTERNATIVA

CERCASI MODELLO CALVIN KLEIN...

 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
Citazioni nei Blog Amici: 46
 

 

°°°O_Maggio°°°

Post n°432 pubblicato il 31 Maggio 2011 da fragolozza

Non ho nulla contro la statua di Wojtyla.
Posso considerarla crudelmente brutta.
Posso pensare che con tutto quello stagno a disposizione io avrei fatto una batteria di pentole da sfamarci la popolazione del Congo, piuttosto che uno pseudo vespasiano piantato di fronte alle terme di Diocleziano.
Ma più di questo, non me la sento di infierire con il genio che l’ha progettata e realizzata.
Del resto, lo ammetto, pentole a parte, io non sarei mai stata capace di far meglio.
E’ dove l’hanno piazzata che mi dà fastidio.
Lì c’erano rose. Ed erano rosse. Circondate da foglie verdi. Tante tante foglie verdi.
Lì c’era un bacio.
L’ultimo, il primo o quello di mezzo… non conta.
E adesso invece c’è quella cosa.
Conosco almeno altri 47 posti in cui sarebbe stata meglio.

Maggio mi oltraggia le funeste memorie rifulgendo per una volta di luci (psichedeliche e non) sui miei vestiti appiccicaticci di euforia.
Decanto inni alla gioia, sopravvissuta indenne alle mie cinque settimane più temute dell’anno.
Dicono che basti crederci.
Ed io non ho mai smesso di credere nella bontà del salame ungherese, negli incredibili effetti del push-up, nella generosità delle cartine rizla, nel potere della disco dance rumena, nella magia degli incontri alle fermate, nella poesia del dolce non fare un cavolo e nella bellezza delle notti in cui dormo fingendo d’esser sveglia e viceversa.
Adesso però credo anche che maggio può essere bello. O, come direbbe qualcuno,  stimolante. O, come direbbe qualcun altro, sereno.
Arrivederci maggio. E’ stato davvero un piacere, per una volta, viverti.

 
 
 

°*°sensazioni_in_itinere°*°

Post n°431 pubblicato il 20 Maggio 2011 da fragolozza

Di cosa si nutriranno mai gli scorreggioni diretti a Prima Porta?

Lo stordimento olfattivo per un po’ arresta il pensiero che si riallaccia a quello precedente non appena riprendo a respirare aria buona.
Sento che questo momento è come quel momento.
Molti dicono che tutto dipende proprio dalla scelta del momento e per non scegliere, punto il naso al cielo, oltre la punta del cipresso le cui radici hanno sollevato il marciapiedi.
Le nuvole scure raccontano una storia di correnti che si incontrano e da cui presto scaturirà un fulmine. Quanta paura può fare una detonazione?
Il cerchio si chiude dove la lingua non batte sul dente che non duole. Lo spazio lasciato vuoto dal pezzo sfuggito di mano, che una volta aveva stretto la mia, ha smesso di pungolarmi i polpastrelli.
E’ sintomo di congenita diffidenza aprire l’ombrello prima che comincino a cadere le prime gocce?
Sento che sta per scatenarsi un temporale. Speriamo non mi si anneghi il cuore.

 
 
 

°°°Strawberry_blonde°°°

Post n°430 pubblicato il 25 Aprile 2011 da fragolozza

Si può scrivere ciò che si vive o vivere ciò che si scrive.
Preferisco la seconda opzione.
Non ho mai pensato di poter avere, un giorno, materiale a sufficienza per scrivere un’autobiografia degna di nota.
A meno che non si sostenga che le vite nel bene e nel male si somiglino tutte, scrivere di quanto si è vissuto, ritenendo sia abbastanza interessante perché qualcuno lo legga, può avere una sua utilità solo se quel qualcuno che legge cerca tra le righe la chiave per decodificare attraverso l’esperienza dell’autore le proprie personali esperienze.
Come se si trattasse di un’esperienza particolare applicabile a tante anonime esperienze generali.
Ma questa riduzione al rango di archetipo empirico non è forse una mortificazione per l’esperienza narrata?
Tra memoria e intelletto, ultimamente preferisco l’intelletto e, sulla base della capacità di formulare pensieri, piuttosto che della volontà di rievocare situazioni, credo sia molto più bello vivere dopo ciò che si è scritto prima, piuttosto che scrivere poi quanto si è vissuto in precedenza.
Come se si giocasse un po’ a fare i demiurghi.
Rileggere un diario è uno stimolo per l’ippocampo… e sotto certi aspetti anche per l’amigdala. Ma per nient’altro.

Sono molto meno autobiografica da quando scrivo più qui che qui. Mi sto attrezzando, per quanto possa interessare, a maturare una buona dose di ubiquità, ma i fiumi di parole che prima mi fluivano dentro si arrendono alle dighe erette dalla scarsità di tempo, diventando paludi su cui danzano mosche tze tze e conseguenti malattie del sonno.
Ci si tiene svegli come meglio si può e io lo faccio, pagando il prezzo con la perdita dei buoni intendimenti artistici e della buona propensione a non prendermi troppo sul serio.
E da qualche parte- ma questo non credo sia un bene- ho perso anche la capacità di provare necessità e mancanze.

I Sottopassaggi qualche anno fa catturarono la mia attenzione con una canzone che s’intitolava Mary e nella quale era descritta una ragazza nella cui stanza c’erano solo un letto e una tv (e, avessero aspettato un po’, neppure più la tv).
Poi hanno scritto questa.
    

 

 
 
 

*°*Idi_di_Marzo*°*

Post n°429 pubblicato il 15 Marzo 2011 da fragolozza

Dicono che un giorno Cesare- il Giulio- si recò da un indovino e che questi, analizzate le viscere di un bue (ma è una supposizione dell’autrice. Può anche darsi che abbia visionato i fondi di caffè), gli disse: “Caro Cesare, al momento è tutto apposto, ma ti capiterà qualcosa di brutto alle Idi di Marzo.”
Cesare, da bravo statista sbruffoncello quale era e come ce ne sono ancora tanti in giro, ribatté: “A chi? A me? Maddaaaiiii! A Cesare non può capitare nulla di male.”
Dicono che, giunta la fatidica data, lungo la strada per il Senato, a Cesare capitò di incrociare nuovamente l’indovino.
“Hai visto? Sono arrivate le Idi di Marzo.” Gli disse col solito fare sbruffoncello.
“Lo so- rispose l’indovino- e infatti ancora non sono passate!”
E tutti sanno come andò a finire quella giornata.

Dovrei tenere a freno la mia smania di farmi previsioni per il futuro, se poi mi lamento quando mi si avverano. Del resto, me lo ero detto da sola che marzo sarebbe stato un mese osceno.

A proposito di Giulio Cesare, latinitas, etc. etc., una recente ricerca in campo onomastico, sull’origine e la fortuna del concetto nomen/omen, è stata motivo di spunto per una riflessione sul mio nome.
Perché se è vero che sono sempre stata consapevole che la sua etimologia da sola basta a fare di me una candidata alla beatificazione senza nemmeno passare dal via, d’altro canto è anche vero che, per l’incapacità ad accettare che il mio destino fosse già scritto e, per di più, nel mio nome (che manco mi sono scelta da sola), tutta questa predestinazione non l’ho mai accettata. E mi sa che ormai non sono più così ben messa nella hit-parade dei prossimi santi venturi.
Ma, applicando la teoria del destino nel nome, alle mie sole iniziali, sembra quasi funzioni, perche ne viene fuori un mm… che ripetuto diventa mmmmmmmmmmm….
Mmmm…
Sì.
E’ decisamente una teoria inconfutabile.

 
 
 

°°°pezzi_di_vita°°°

Post n°428 pubblicato il 13 Marzo 2011 da fragolozza

Pioveva  e forse è stato sotto l’effetto della pioggia acida che stamattina ho sentito l’impulso irrefrenabile di acquistare ben tre dischi degli 883.
A ripensarci non so cosa mi sia preso. Nemmeno mi sono mai piaciuti tanto. E… ok che a volte ho attacchi di shopping compulsivo, ma…
Credo l’acquisto si spieghi con quelle estemporanee forme di nostalgia che, talvolta, provo nei riguardi della mia adolescenza. Gli 883 a quei tempi andavano forte. Averli comprati adesso è come aver messo a posto un tassello che allora mi era sfuggito.
Mi sfuggono molte cose, compresa la sua faccia. Mi racconto che ero troppo distratta: la verità è che mi è passato così vicino che nemmeno Mister Magoo
avrebbe potuto ignorarlo, tanto più che mi stava venendo incontro.
Mi blocco di colpo, mi prende un colpo, biascico un saluto di circostanza (crede lo abbia ignorato apposta) e continuando a camminare gli chiedo come sta, non ascolto la risposta, aggiungo che sono di corsa e scappo a prendermi l’autobus.
Si può non notare un viso che dovresti conoscere tanto bene?
Qualche giorno fa, al centro della carreggiata c’era un frammento di cd. Faceva tristezza. Chissà cosa aveva contenuto. Quali canzoni, quali scritti, quali foto giacevano lì per terra abbandonati e morti. Quali pezzi di vita.
Nessuno li avrebbe più ascoltati, letti, guardati.
Una storia che finisce è come un cd che si rompe. Non serve più a niente e ti ritrovi a passargli di fianco senza nemmeno notarlo.
Senza nemmeno ricordare perché ti era piaciuto tanto.

 
 
 

°°°La_Strada_Dei_Ricordi°°°

Post n°427 pubblicato il 06 Marzo 2011 da fragolozza

Ho sempre pensato- e devo averlo già scritto da qualche parte- che ne “I ponti di Madison County” sia descritta la miglior storia d’amore che abbia mai letto.
Una storia d’amore, vera, reale, umana. Una storia d’amore che fa piangere anche se alla fine non muore nessuno.
Una storia d’amore di quelle che possono capitare a chiunque.
Lui e lei si incontrano. Lui e lei si piacciono. Lui e lei passano insieme quattro bellissimi giorni. Lui e lei si lasciano. Lui e lei non si rivedranno mai più. Lui e lei si ameranno per sempre. Fine della storia.
Quando ho letto il nome di Robert James Waller sul banchetto dei libri a 1 euro, mi sono semplicemente accertata che il libro in questione fosse un altro e l’ho acquistato.
Sull’autobus ho cominciato a sfogliarlo. E ci sono rimasta malissimo.
Perché ho scoperto che, in pratica, il libro che ho comprato è il seguito di una storia che non volevo avesse seguito. E’ una delucidazione di una storia che non volevo mi si delucidasse.
Il buon vecchio Robert James nell’introduzione si giustifica dicendo di averlo scritto per i milioni di fans che volevano sapere com’era realmente andata a finire tra Francesca e Robert, cosa avevano fatto nel frattempo i due personaggi, come avevano superato il ricordo dei quattro giorni insieme.
Io non volevo saperlo. Per me andava bene così… e mi dispiace che nel mondo ci siano persone (milioni stando a quanto dice Robert James) che alla magia di una storia perfetta in quanto incompleta e irrisolta, preferiscono uno stantio, banale, conformista epilogo che, stando alla messa in vendita sulle bancarella da 1 euro, nemmeno deve valere poi così tanto.

“... Ma, dopo tutto sono un uomo. E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te. Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre.” I ponti di Madison County

 

 
 
 

*°*il_Rasoio_di_Hanlon*°*

Post n°426 pubblicato il 01 Marzo 2011 da fragolozza
 

[Qualcuno mi spiega perché al posto di Brian Molko mi è comparso nel box di fianco un rospo congelato?]

Non attribuire a cattiveria ciò che puoi facilmente spiegare con la stupidità è il principio metodologico sulla base del quale si impiantano molte delle mie concezioni esistenziali e che io credevo essere un qualcosa di mio soltanto e di mia personalissima invenzione, ma che in realtà qualcuno aveva già codificato e brevettato, guarda caso nel 1980, cioè un anno prima che io nascessi, giusto per darmi il benvenuto al mondo e per fornirmi gli strumenti necessari per tirare avanti.
Questo principio metodologico si chiama “Rasoio di Hanlon”
Non si sa bene chi fosse Hanlon, ma io penso di essere in grado di tracciare un breve profilo del personaggio e di fornire una breve descrizioni delle circostanze in cui costui maturò il suo principio.
Hanlon era un tizio infinitamente buono, ma che, per qualche assurdo motivo, era convinto di essere cattivo e che, proprio perché credeva di essere cattivo, chiedeva a tutti: “Ma io sono cattivo?”, salvo poi sentirsi stupido per quante volte si informava in giro su quanto era cattivo senza ottenere risposta o ottenendo risposte contrarie. Fu così che, per la mancanze di risposte e, insieme, per le troppe risposte deludenti, la certezza dell’essere stupido, alla fine, prevalse sul suo dubbio di essere cattivo, e la rivelazione fu davvero devastante, perché, scopertosi stupido e non cattivo come credeva di essere (del resto, l’essere cattivo, seppur quale cosa negativa, gli avrebbe conferito un minimo di dignità), Hanlon capì di aver sprecato tempo, cervello e domande invano e, in qualità di vero stupido, decise che d'ora in poi non avrebbe sprecato più nulla. 
Per questo, prese un rasoio, si tagliò le vene e anche nel fare questa cosa pensò che, in fondo, non lo faceva per cattiveria, ma, ancora una volta, per pura e semplice stupidità.
Da qui il nome di Rasoio di Hanlon.

Se la cantante  non avesse la voce così simile a quella di Avril Lavigne, i Paramore sarebbero davvero un buon gruppo.

 
 
 

***manici_di_scopa***

Post n°425 pubblicato il 22 Febbraio 2011 da fragolozza

Prove tecniche di autostima che passano dalla scomposizione in pixel delle immagini di Thom Yorke. Chissà quante volte gli avranno chiesto perché non sorride mai.
Il viso imbronciato che ho stasera gli rende meritatamente grazie e, se non mi fossi già tagliata i capelli, lo farei di nuovo, perché tagliarmi i capelli mi deprime e, talvolta, è forte l’impressione che i mie stati d’animo non coinvolgano me soltanto.

Le espressioni, come da manico infilato su per l’intestino, di chi mi disprezza perché vorrebbe comprarmi sono l’indice di un prezzo troppo alto per il profilo medio-alto su cui mantengo le mie percentuali di ottimismo. Dovrei essere avara per non rendermene conto e ancora più avara per non prenderla male
.
La generosità è un difetto.


 
 
 

*°*il_giorno_prima*°*

Post n°424 pubblicato il 16 Febbraio 2011 da fragolozza

Quarantaquattro braci di sigaretta: sputo fumo come fosse il mio personalissimo proclama di indipendenza. Ci sarà tempo per sentirmi schiava. Ma non è questo il momento.
Il foglio aveva margini liberi troppo stretti, ma non così tanto da non poterli riempire. Imbrattare la fotocopia della versione di greco con il testo di “Farfallina”, durante il compito in classe, non fu una grande idea, non per la mia insegnante, ma era il giorno prima di diventare un po’ più grande e da grande, pensavo, chissà che non avrei riso di quel gesto.
Non ne rido, ma sorrido, persino amaramente, quando mi accorgo che certi meccanismi atti a coprire di cose belle cose palesemente brutte, o anche solo insignificanti, li ho lasciati immutati.
Per esempio: ho l’abitudine per strada di scegliere persone a caso cui incollo volti di altrettante persone di cui avverto la mancanza. Poi le osservo e, mentre vado loro incontro, mi chiedo cosa proveranno, come reagiranno vedendomi, rivedendomi, ritrovandomi. Inutile dire che quelle persone cui ho incollato volti altrui beatamente continuano ad ignorarmi, anche se m’impegno ad inciampargli contro , trattandomi da estranea qualunque, quale per loro effettivamente sono. Eppure il cuore un pochino mi si spezza comunque.
Non è vero che convincersi di non voler bene impedisce di voler bene. E’ l’argomento che più spesso affronto con me stessa.
E mi dico, con altrettanta frequenza, che anche questa sorta di mistica felicità di cui ultimamente mi sono ammantata è soltanto una fase passeggera, nel peggiore dei casi un preludio.
Il freddo si divincola dalla sua dimensione a se stante ed invade il mio campo.
Mi ingegno in assurde operazioni algebriche, al fine di invertire il flusso perfettamente ( ma, dal mio punto di vista, imperfettamente) orientato del tempo. Una cifra notevole può scomporsi nella somma di due cifre più piccole (i miei secondi quindici anni). Non è un miracolo?
Poi passo a riflessioni filosofico-mitologiche. Se le gorgoni sono esseri leggendari ed io spesso somiglio a una gorgone, sono un po’ leggendaria?
Di queste ultime “giovani” righe prende nota, notando io per prima quanto siano  assurde, ma recuperare l’idea di compilare un diario che fosse vero, concreto, reale, cartaceo e trasformare questa idea in atto, mi ha fatto riacquisire la possibilità di essere sincera con me stessa (caro vecchio diario segreto) e, contemporaneamente, un po’ smarrire la capacità di esprimermi per luoghi comuni, autocensurandomi i pensieri.
Il risultato è che per assecondarmi la voglia di raccontarmi e di ricordarmi per me soltanto, ho perso di vista quello che c’era intorno. Non che prima mi fosse ben chiaro, ma adesso la differenza è nettamente più marcata.
Mi aggrappo a thaumazein che il mio verbo greco preferito. Sperando che non mi deluda.

 

...oggi come allora...

Un fiore in bocca può servire...
non ci giurerei
ma dove voli Farfallina?
non vedi che son qui
come un fiore come un prato
fossi in te mi appoggerei
per raccontarmi
per esempio
come vivi tu
potresti dirmi sorellina
in cosa credi tu
cosa speri cosa sogni
da grande che farai?
se ti blocchi contro il vento
o spingi più che puoi
che paura certe notti
ti senti sola mai
Così sola dada non poterne più
Se hai bisogno d'affetto
se ne hai bisogno come me
se hai bisogno d'affetto
e di qualcosa che non c'è
...
per te tra gioia e dolore che differenza c'è?
vuoi dei figlisì dei figli
o non ci pensi mai
e il sesso è un problema
oppure no
sembri libera e felice o a volte piangi un po'?
Si dice in giro farfallina
che tu l'anima non l'hai
e come fai piccolina a dire si o no?
Non pensare che sia pazzo
se sto a parlare con te
è che sono solo
sorellina
così troppo solo che
Ho bisogno d'affetto
per oggi tienimi con te
ho bisogno d'affetto
ho bisogno anche di te
ho bisogno di amore
e di qualcosa che non c'è
Ho bisogno d'affetto...
ho bisogno d'affetto...
ho bisogno d'amore...

...ho paura di invecchiare...


 
 
 

*°*gocce*°*

Post n°423 pubblicato il 31 Gennaio 2011 da fragolozza

E’ stata la goccia che non faceva traboccare il vaso, ma mi lasciava grosse chiazze d’acqua dietro il vaso, a farmi traboccare il vaso.
Perché di certe persone pur intuendo che non puoi fidarti, finisci per convincerti di poter fidarti. (Soprattutto quando vivi sola e non conosci nemmeno un idraulico.)
Ammetto che la portiera non mi ha mai ispirato grossa fiducia, il che di per sé è una cosa seria visto che io
al rispetto preferisco la fiducia.
All’affetto preferisco la fiducia.
Persino all’amore preferisco la fiducia.
Ma cominciare a nutrire angosce circa l’ipotesi di rientrare di sera a casa e trovare acqua scrosciante sopra e paludante sotto, piuttosto che il solito pavimento asciutto, mi aveva convinta a chiederle aiuto.
E così lunedì scorso, dopo essere tornata dal lavoro e aver verificato che la perdita nel bagno stava assumendo proporzioni disperate sono andata da lei.
“Ho un problema”, le dico.
Appena il tempo di spiegarle cosa accade e nei suoi occhi s’accendono piccole scintille saettanti. Dopodiché comincia a sproloquiare a raffica.
“Adesso facciamo così. No, aspetta, è meglio fare così. Oddio, ma se è così allora toccherà fare colì.”
Provo a bloccarla chiedendole di venire a verificare prima di allarmarsi tanto, ma ormai è partita per la tangente della catastrofe e nessuno può fermarla.
E’ nei pochi metri verso casa mia che tira fuori il coniglio dal cilindro.
“Sei fortunata perché domani vengono degli idraulici nel palazzo. Lasciami le chiavi, provvedo a tutto io. Ti informo però che è da rifare tutto, che è un lavoraccio, che è meglio che il proprietario non lo sappia perché se no s’incazza, che ti costerà un pochino, ma meglio questo che vedersi aumentare l’affitto, non pensi?”
Io, però in quel momento, pensavo. Pensavo a quanto è dura uscire di casa con le stelle e rientrare con le medesime, per guadagnare qualcosina in più, salvo poi doverla spendere per rifare un bagno che non è manco mio e che se si era rotto non era colpa mia, visto che io non mi metto certo a saltare sui tubi del water.
Intanto la portiera fa la sua indagine e dà la sua sentenza. “Eh, sì. Tocca proprio rifare tutto”.
Ammetto che mi è presa una depressione che più depressione non si può.
“Ma quanto mi costerà?”
E lei: “Cara, stai tranquilla!”
E io: “Per favore, lo sai che vita faccio.”
E lei: “Tranquilla, sistemo tutto io”!
E io: “Se però viene più di cento euro si dice al proprietario.”
E lei: “Tranquilla, me la vedo io!”
Alla fine per fortuna non ho speso niente.
Come sapientemente mi ha spiegato il mio papà, dopo che gli ho telefonicamente illustrato cosa stava succedendo alla tazza del bagno, non  si era rotto nessun tubo: era solo un problema di pressione dello sciacquone che ho ripristinato alla giusta maniera, subito dopo aver ricevuto le sue direttive e subito dopo il cazziatone infertomi, in concerto con quello della mia mamma, in merito al come non dovrei mai azzardare cifre quando non so a che tipo di guasto mi sto riferendo.
Il mio problema è che quando ho un problema penso solo a risolverlo.  Mica penso che chi mi dovrebbe aiutare a risolverlo in realtà sfrutta il mio problema per risolverne qualcuno dei suoi?
Anche perché a sentirsi dire che non avevo più bisogno di niente, la portiera mi ha garantito che, forse forse, non avrei speso più di cinquanta euro. (E confesso che anche a me piacerebbe guadagnare cinquanta euro per riparare un guasto inesistente)

Comunque sia l’altro giorno, sono andata a darle i soldi dell’affitto e mi ha guardato per tutto il tempo in tralice. Persino il marito con tono ironico ha detto: “Adesso abbiamo un nuovo idraulico!”
La me stessa di un tempo si sarebbe sentita in colpa per avergli prima offerto e poi negato una facile occasione di guadagno.
La me stessa di oggi pensa sia squallido doversi guardare le spalle persino da una coppia di sessantenni.
Resta il fatto che se prima intuivo di non potermi fidare, adesso so che non mi posso fidare e non è bello. 
Timeo Danaos et dona ferentis.
E speriamo che prossimamente il bagno non mi si guasti sul serio!

 
 
 

°°°incubi_&_delirii°°°

Post n°422 pubblicato il 25 Gennaio 2011 da fragolozza

L’idea di fondo era quella opposta: hai mai sognato così intensamente qualcosa da avere l’impressione di viverla concretamente in sogno, al punto da non avvertire più la necessità di verificarla pure nel reale?

piccolo esempio tratto dall’enciclopedia “strani e malcapitati avvenimenti onirici accompagnati da sottofondo musicale occorsi alla sottoscritta” capitolo quattro [nei primi tre c’erano una canzone di alanis morrissette, una di moby  e una di gigi d’alessio (infatti il terzo capitolo verrà presto inserito nella sezione incubi)]
Il ragazzo che mi segue è completamente nudo, fin quando le mie difese censorie non scattano ad infilargli maglietta e calzoncini.
Da lontano scorgo un cancello. Io mi avvicino, lui si ferma a distanza.
Ha un’acconciatura cherubica, con boccoli biondi che gli coprono lo sguardo azzurro. Fossi più carina- penso- mi ci vedrei bene insieme in un remake di Paradise.
Di là del cancello, stazionano due ragazze che conosco e scopro di non essermi mai accorta di quanto sembrino due streghe.
L’occasione è una festa a cui nemmeno sapevo di essere stata invitata, ma ormai sono in fila e tanto vale entrare.
Quando partono le prime note, suppongo siano per allietare l’attesa. Poi però Jame Blunt insiste e inevitabilmente mi si scatena qualcosa nel ventre.
Una folla di proporzioni manzoniane si accinge a schiacciarmi. Di là delle sbarre le due streghe continuano a ciarlare senza un senso. Trovo un modo per alzarmi sulle punte e guardarmi indietro. Il ragazzo è fermo ancora lì, a braccia conserte e mi sorride.
Do uno sguardo intorno, do uno sguardo dentro.
Le note della canzone mi rimbombano categoricamente in testa come un ordine a cui non si può disubbidire. Guardo di nuovo indietro.
Ma cosa sto facendo?
Comincio a sgomitare, farmi largo e correre in sintonia con l’inizio del ritornello.
(HIGHHH!!! Running wild among all the stars above.)
Gli getto le braccia al collo come se non dovessi più lasciarlo. Poi però lo lascio, lo osservo e lui mi dice: “Vuoi venire a casa mia? Ho voglia di vederti dormire”
Solo dormire?!

Ma è il mio sogno e mi tocca starci.

Riprendendo…
L’idea di base di questo post doveva essere questa, ossia il quanto sognare intensamente qualcosa, renda infine quasi superfluo e accantonabile il desiderio di viverlo davvero (credo infatti mi sia passata la voglia, semmai l’avessi avuta, di ascoltare James Blunt  abbracciata ad un ragazzo biondo e pettinato come Mirko di KissMeLicia).
Ma stasera non  riesco a levarmi dalla testa il contrario di questa idea e mi chiedo: hai mai negato così fortemente qualcosa al punto da convincerti che non esiste, che non è possibile, che non può capitare?
Ho bisogno di credere che le paure, i timori ed ogni dannatissima forma di angoscia, finché trascurate, non hanno alcuna possibilità di attuazione. Dev’essere così.

 
 
 

°°°regali°°°

Post n°421 pubblicato il 10 Gennaio 2011 da fragolozza

Il peluche se ne sta sdraiato a pancia in giù su un mucchietto di vestiti accatastati sulla solita sedia pieghevole.
E’ un orsetto così logoro da non passare inosservato.
Ricorda la faccia pelosa delle mie vecchie pantofole, quelle col muso, il naso schiacciato, le orecchie tonde ed il fiocchetto al collo.
Un orsetto che nessuno vorrebbe. Nemmeno lei.
Eppure lui fa di tutto per propinarglielo.
“Sai- le dice- me lo hanno regalato. Altrimenti devo buttarlo e non voglio farlo. Mi dispiacerebbe. E’ carino davvero! Te lo posso portare? Ok, ho capito. No, no, giuro che è vero, sto dicendo sul serio! Se vuoi ti passo la persona che me lo ha regalato. Va bene. Allora lo vuoi? Ti volevo dire solo questo, non volevo disturbare. Ciao…”
Riattacca e fa: “Ezio, allora l’orsetto me lo posso prendere io? Te lo pago, giuro che te lo pago!”
Ezio sbuffa, il che significa che può tenersi il vecchio orsetto e farne ciò che ne vuole.
Ma lei… Lei lo vorrà quell’orsetto?
C’è un sole troppo forte per essere una domenica di gennaio e gli occhiali scuri non mi difendono bene gli occhi. Stringo lo sguardo e lui sorride. Non ha tutti i denti, ma non per questo è infelice.
E immaginare adesso che quella donna alla fine abbia accettato il suo orsetto, non so perché ma mi fa bene al cuore.

[per amore daresti anche quello che ancora non hai e che forse nemmeno mai avrai]

 
 
 

°°°pronostici°°°

Post n°420 pubblicato il 03 Gennaio 2011 da fragolozza

E’ almeno dall’anno scorso che ho in mente questo post.

"Nel mio paese, Oscar, c’è una leggenda che sostiene che, durante gli ultimi dodici giorni dell’anno, si può indovinare che tempo farà nei dodici mesi dell’anno seguente. Basta osservare ogni giornata per avere, in miniatura, il quadro del mese. Il 20 dicembre rappresenta gennaio, il 21 dicembre febbraio, e così via. Fino al 31 dicembre che prefigura il dicembre seguente."
Sulla base di quanto mi è capitato negli ultimi 12 giorni del 2010, ecco, dunque, come dovrebbe essere il mio 2011.

Gennaio (20 dicembre)
Dopo un inizio frenetico (alle 6 e 40 ero ancora in casa ed ho dovuto correre per non perdere l’autobus), potrà capitare che qualche ostacolo si frapponga alla realizzazione dei miei desideri (volevo dormire, poi però ho incontrato il mio vicino che ha cominciato a parlare parlare parlare e avrei potuto dormire comunque, solo che parlava a voce bassa, non sentivo e per non essere scortese ho tenuto gli occhi sbarrati e orientati all’interpretazione del labiale).
La seconda decade sarà decisamente più movimentata (alle 16 e 50, ho  ripreso  a correre, stavolta su un ciglio di strada campestre di Prima Porta: al buio è un po’ difficile indovinare, fuori dell’autobus, la fermata giusta e non scendere 2 kilometri dopo).
La fine del mese riserverà sorprese (ho ricevuto un regalo che non mi aspettavo) e soddisfazioni professionali.
Rispetto al gennaio 2010 di cui non ricordo assolutamente nulla, probabilmente sarà migliore.

Febbraio (21 dicembre)
I primi giorni saranno sicuramente  sonnacchiosi (tratto in comune con tutti i restanti mesi, considerato che la valutazione degli inizi viene condotta a partire dalle 4emezza del mattino). Sarà più facile vedere la luna che il sole e gli unici passi che riuscirò a sentire forse forse saranno solo quelli dell’età che avanza. Avrò modo di essere generosa e di ricevere generosità in cambio. Alla fine, potrò dire persino di essere felice. Insomma…un mese tranquillo.
Di febbraio 2010 ricordo le cornacchie appese ai rami degli alberi spogli alle periferie di Roma, i cieli grigi e gli scioperi dei mezzi. Non ci vuole molto perché il prossimo febbraio vada meglio!

Marzo (22 dicembre)
Con la pena nel cuore, mi tocca scrivere che marzo sarà un gran bel mese di merda. Dimenticanze, spaurimenti e affanni (per la cronaca: esco di casa come sempre, percorro 20 km, arrivo alla metro e scopro di aver dimenticato il portafogli, il che significa che non ho l’abbonamento, non ho soldi e non ho documenti, quindi riprendo l’autobus verso casa, mi arrampico di corsa sulla salita, recupero il portafogli, mi affastello giù per la discesa e riprendo l’autobus che nel frattempo faceva ritorno del capolinea, riesco ad arrivare in stazione per prendere il treno dell’ora successiva che peraltro è in partenza, ci salgo al volo e senza troppa convinzione che sia quello giusto, mi siedo e mi prende un attacco di fiatone da asma che mi dura almeno un quarto d’ora. Poi arrivo a lavoro e scopro che mi si è scollata la suola di una scarpa. Fortuna che esiste il superattack!). Sul finale del mese non ho informazioni, ma se non ricordo male dovrei dormire per almeno venti giorni!
A marzo del 2010 risale il mio esperimento da guida turistica sul lungotevere, annacquato, bestemmiato  e mai retribuito. Per quanto il marzo di quest’anno potrebbe far schifo, spero non si mantenga a quei livelli.

Aprile (23 dicembre)
Finalmente è primavera! Si sente nell’aria, soprattutto in quella condizionata di H&M, dove ogni volta mi è impossibile trovare regali decenti, ma dove comunque ritorno, per avere la conferma che gli articoli in vendita siano veramente indecenti. Eppure è primavera e a primavera tutto si risolve, tutto va bene e tutto prosegue (quindi alla fine trovo, ma non da H&M, non uno bensì tre regali). La primavera è anche la stagione dei nuovi amori. Sarà così? Forse voglio illudermi che sia così.
San Valentino solitamente è a febbraio, ma è una delle poche cose che ricordo di aprile del 2010.

Maggio (24 dicembre)
Maggio non esiste: è un mese che hanno inventato per rovinarmi l’anno.

Giugno (25 dicembre)
Penso che mi prenderò delle ferie, dei permessi, qualunque cosa pur di riposare (Sono pochissime le foto che mi hanno scattato a natale in cui non dormo).  La cosa positiva è che probabilmente non riposerò solo a casa mia (complimenti ai miei zii per i divani comodissimi!), il che, traslato nel linguaggio dei presagi, potrebbe significare un viaggio per vacanza. Yuuuhuuuuuuuu!
Nel 2010, giugno è stato il mese delle prime nuove speranze. Rammento le magnolie in fiore, le miserrime partite dell’Italia e una giornata piena di sole. E anche una copertina disegnata in tutta fretta. Bello.

Luglio (26 dicembre)
Mese trafelato e intenso (non so in che altro modo interpretare che durante il rientro a Roma, il mio treno si è bloccato in galleria  per almeno 50 minuti), con inaspettata risoluzione finale (poiché, quando finalmente ci hanno trainati a Formia, ci hanno concesso un viaggio in Alta Velocità senza il pagamento della differenza).
Luglio 2010??? BRIAN!!!!!!!!!!!!

Agosto (27 dicembre)
Diventerò una celebrità (ho con me la busta di un regalo su cui è scritto il mio nome, ma non per intero. Un uomo- per essere precisi, il controllore del treno- mi si siede di fronte e chiede: “quello è per Maria?” Ed io rispondo: “sì”. Lui: “allora non è per te”. Io: “come non è per me?” Lui: “è per Maria, perciò non è per te”. Io: “beh, in effetti, io non sono esattamente Maria”. Lui: “perché tu sei Maria Pia, vero?”. Non ho idea di come l’uomo conoscesse il mio nome. Forse si è buttato a indovinare, ma non ho indagato, né ne ho avuto modo, perché poi si è dovuto alzare per controllare le porte e i posti vicino al mio sono stati occupati). Comunque, se diventassi famosa, mi piacerebbe sapere il perché.
Ad agosto del 2010 ho lavorato disperatamente e ininterrottamente, ma una volta ho regalato 5 centesimi a un violinista che suonava “munaster’ e santa chiara”. Sembrano due cose non collegabili, ma il senso esiste. E fortunatamente lo conosco solo io.

Settembre (28 dicembre)
Farà caldo e ci sarà sole. Avrò l’impressione che tutto il mondo mi voglia bene (persino le persone antipatiche quanto gli addetti ai reparti che lavorano da Trony). Ah… e forse cambierò look (ho comprato l’asciugacapelli nuovo).
Settembre 2010 è stato il mese del coraggio, delle innovazioni e delle scelte. Nonché dei nuovi inizi. Un mese da ricordare.

Ottobre (29 dicembre)
All’inizio mi sembrerà che sia di nuovo marzo (stavolta ho dimenticato la divisa, ma, per fortuna, prima di essere arrivata troppo lontano e maledico la salita di casa, ripromettendomi di farmi una cura di fosforo). Poi a poco a poco migliorerà.
Di Ottobre 2010 ricordo i tramonti guardati da diverse angolazioni. C’è stato anche un giorno bruttissimo, ma quello è servito a far sembrare più bello tutto il resto.

Novembre (30 dicembre)
Sarò spesso di cattivo umore e a tratti priva di entusiasmo. Proverò ad ingegnarmi per riprendermi, ma anche in quel caso varrà a poco. La cosa positiva è che non farà troppo freddo.
A Novembre 2010 la città si spense in un istante, tu dicevi basta ed io NON restavo inerme.

Dicembre (31 dicembre)
Le sensazioni sono quelle tipiche da finale senza speranza. Le peggiori riflessioni sulla vita si prenderanno gioco del mio ottimismo, costringendomi a riconoscere che è tutto fatidico, tutto casuale. Avrò buon intuito e, probabilmente, non gioverà solo a me stessa. Ma non mi impedirà di starci male lo stesso. Poi ci saranno i pensieri dolci e, di nuovo, m’illuderò che è giusto che sia come sia. Gli anni passano e le persone
cambiano. La cosa meravigliosa è che quelle che contano restano. Al di là dei numeretti indicati dai calendari.
Dicembre 2010 era poco più di tre giorni fa, quindi ancora non ho maturato la degna distanza per valutarlo. In generale però non è stato niente male.

 

 
 
 

°°°1987°°°

Post n°419 pubblicato il 15 Dicembre 2010 da fragolozza

“Tornerà?”
“No, non tornerà più”
E davvero non è più tornato.
La quadratura della tavola rotonda, splendidamente apparecchiata a festa, era quasi perfetta, salvo l’angolo sporadicamente lasciato vuoto dalla mia assenza.
Qualche ora prima, le teste staccate dalle code, e viceversa, continuavano a divincolarsi e a danzare su tutta la superficie acciaiosa del lavandino. Le avevo guardate ipnotizzata e divertita per poi assimilare, seppur con l’impaccio della mia giovane coscienza, la portata della mia crudeltà nel divertirmi guardando quello che a tutti gli effetti si palesava come un omicidio. E piuttosto che mangiare, per una buona mezzora mi ero chiusa nel bagno a piangere.
Quel giorno in cui osservai mia madre mentre uccideva le anguille perciò capii tre cose:
1) che anche le situazioni più divertenti nascondono un lato tragico;
2) che il benessere procurato dal dolore altrui col senno di poi cagiona malessere quasi peggiore del dolore altrui (anche se nel caso delle anguille, credo sarebbe difficile superare la portata della loro sofferenza);
3) che non avrei mai più mangiato un’anguilla.
Tornai a tavola e fuori era notte e dopo un po’ uscimmo a guardare i fuochi d’artificio.
“Mamma, quando tornerà il 1987?”
“Non tornerà più.”
“E perché?”
“Perché gli anni sono come le persone. Quando muoiono, quando finiscono, non tornano più indietro. Mai più.”

 
 
 

*°*proseliti*°*

Post n°418 pubblicato il 09 Dicembre 2010 da fragolozza

O l’albero di natale o lo stendino. E poiché sull’albero gli asciugamani e i maglioncini bagnati non ci stanno, ma sullo stendino qualche pallina, volendo, ce la potrei pure appendere, io ho optato per lo stendino.

L’apparenza inganna e, in dissolvenza, metricamente misurata, la vita appare slabbrata per giorni lunghi chilometri e ore striminzite come soffi.
L’attimo, catturato in una frase, è invece solo un suono incommensurabile e idiota quanto può esserlo ogni esortazione del tipo: ”Tranquilla, non finirà mai”.
Spiegare che l’idiozia, nel mio caso, consiste in una forma di ancestrale  paura sarebbe fuori luogo.
Manco di comprensibilità, ma esubero di saccenza.
Trabocco di previsioni e boccheggio per incertezza.
E mi faccio vanto dell’immortalità emotiva delle mie emozioni, per ripiegare poi su sporadici lutti, qualche volta accompagnati da un singhiozzo, se solo un accenno di gong presuppone stasi.
Riuscirò mai a relazionarmi all’infinito sulla base di  episodi che finiscono?
Pensavo fosse Ruggero, invece forse è Leo, il personaggio di Verdone cui somigliava tanto il tizio che oggi pomeriggio, tra un centinaio di persone mi ha puntata, mi ha raggiunta e prima mi ha tramortita con domande sulla viabilità ferroviaria laziale, poi con informazioni sulla sua recente vita da pendolare, mentre io cercavo solo di finire il mio pacchetto di crackers in santa pace.
La qual cosa, aggiunta all’anonima trans che l’altro ieri mattina mi ha abbracciata dal niente e ieri pomeriggio ci ha provato di nuovo con scarso risultato, nonché ad un tentativo di riconquista operato con un anticipato regalo di natale consistente in un completo per la danza del ventre, turchese e con svariati pendagli suoneggianti, ideale per andare in ufficio e, all’occasione, anche per farci la spesa, mi convince che devo operare qualche forma di proselitismo subliminale se le persone che provano a far colpo su di me, si comportano quasi tutte nello stesso modo, cioè in un eccentrico modo.
Sono dell’idea che dopo cinque minuti in mia presenza anche Bill Gates diventerebbe un deficiente.

 
 
 

°°°marciapiedi°°°

Post n°417 pubblicato il 06 Dicembre 2010 da fragolozza

Era il 3 dicembre dell’anno in cui smisi di amare.
Quella sera, riflessi intermittenti di addobbi da quart’ordine pagaiavano le pozzanghere, così che ad ogni metro percorso, le luci calpestate mi riempivano di buio dentro.
La sosta al distributore di benzina, funzionale a un pieno che mai mi avrebbe portata lontana, fu il pretesto per guardarmi di fianco e scoprire che chiunque ci fosse stato, sarebbe stato lo stesso.
Continuai a pensarlo (a saperlo) anche quando scesi dall’auto. Mi concessi un ultimo sguardo, diretto di sguincio  ai pneumatici e alla loro fragile, quanto falsa libertà di movimento.
Una ruota che gira, vincolata ad un asse è come se fosse ferma.
Ero ferma anch’io? E di quanti addii avrei avuto bisogno per avere l’impressione di muovermi?
Non dissi ciao, né arrivederci, né a mai più, ma ripercorsi a memoria tutti i miei monologhi basati sul nulla, facendomi sorridere e poi piangere, ma nemmeno una volta crescere, perché a finale di frase la chiosa mi prostrava ad ammettere che di qualunque cosa si trattasse, io stavo perdendo. E, di conseguenza, sbagliando.
Lo avevo sempre fatto, anche un attimo prima, tentando una misera assimilazione coi pneumatici, quando avrei fatto meglio a sentirmi marciapiedi.
Allungai una mano e provai a trattenere il vento. Mossi un passo e cercai di non pensare al tempo.
Le pozzanghere però non si arresero. Loro avrebbero brillato ancora a lungo.

 
 
 

***past***

Post n°416 pubblicato il 02 Dicembre 2010 da fragolozza
 

(Stamane ho dolorosamente preso atto della sostituzione del faccione di Clive con una stupida pubblicità di rossetti e belletti vari. La cosa mi ha depressa alquanto. Che palle il natale!)

La sveglia sul comodino è un emissario del tempo, il cui potenziale coercitivo annulla la presa del sonno sui miei occhi ancora stanchi.
Sollevo adagio la testa e sbadiglio, col braccio destro infilato sotto il cuscino e l’altro che mi libera dal bozzolo protettivo delle coperte. Il mio ridicolo pigiama a fiorellini azzurri non va molto d’accordo con l’inverno e sono infreddolita quanto basta per prendere coscienza dell’insopportabilità del trillo e metterlo, dunque, a tacere.
Allungo una mano e il mio mondo ridiventa silenziosa pace.
Un ricciolo scivola a sfiorarmi le ciglia e a solleticarmi una guancia. Rotolo su un fianco e sono a pancia all’aria.
Il primo pensiero del giorno è che anche il soffitto non è altro che un pavimento guardato dal basso. E’ tutta una questione di prospettiva.
Il secondo pensiero è che vorrei qualcuno fermo sulla soglia di questa stanza, a urlarmi: “Arianna, muoviti. Farai tardi a scuola!” Ma non c’è nessuno e non ho alcuna fretta, perciò riporto lo sguardo a livelli più bassi.
Vista dal letto la polvere, fortunatamente in uno strato molto sottile, disegna sul pavimento cerchi non concentrici e impronte di piedi nudi, i miei, come una strana mappa di strade intergalattiche assemblata dai primi raggi di sole, lungo la distanza che separa il comodino alla mia destra dalla porta di questa stanza e, dunque, dal corridoio.
Recupero un lembo del lenzuolo che avevo allontanato (la coperta è rimasta appallottolata ai piedi del letto) per coprirmi la testa, perché il resto del contesto è facilmente ignorabile. I mobili, le suppellettili, le piastrelle, lo specchio, l’intonaco  e persino i mattoni e il cemento sottostante, sono elementi di uno scenario dinanzi al quale si svolge sempre la stessa storia.
E’ tutto molto strano perché so di non essere io. Io sono altrove e sono diventata altro.
Non ho più bisogno che il rumore di una sveglia mi riporti alla realtà di una casa vuota, perché dove sono arrivata adesso c’è felice rumore e questo risveglio, per niente unico visto il modo in cui mi è facile ricordarlo, è il modo infame in cui la mia coscienza mi restituisce, dall’incoscienza di un pomeridiano riposo, alla necessità di arrivare ben sveglia fino a tarda sera.
Consapevole che devo darmi da fare per tutte le cose che mi restano da fare,  me ne sto ancora un po’ così, falsamente indifferente ad accarezzarmi la pancia.  Sgattaiolare di là del presente, come forma di ancoraggio ad una porzione della mia esistenza in cui la giovinezza era sinonimo di serenità, allenta il bisogno di chiedermi per quanto il mio ventre riuscirà a contenere, prima di scoppiare, l’inedita emozione che da qualche giorno serpeggia e presto mi coverà dentro, ma la curiosità di capire da dove e perché nasca fa da freno ad un’ennesima fuga verso l’anonimato di un mattino qualunque, spingendomi piuttosto contro uno scoglio decisamente più duro.
Così la verità si fa largo tra le pagine di un vecchio classico in edizione tascabile, letto in un periodo della mia vita in cui il concetto di odio reattivo, sebbene blandamente affine, poco si addiceva a quello che ero disposta a provare. Le affinità maturano col tempo e la reattività anacronistica è più dura. Chissà se Erich Fromm sapeva anche questo.  Io so che non lo conterrò, ma forse passerà. Mica odierò in eterno?
La polvere, stavolta concreta e alienata da ogni artistica visione, pungola la mente col ricordo che accende. La rabbia divampa, l’equilibrio traballa e, muovendo le mani un po’ più distanti dal corpo, su e giù, lungo la superficie spiegazzata delle lenzuola su cui sono stesa, fingo di nuotare come non ho mai fatto, evitando lo scoglio aguzzo e concentrandomi affinché sia meno reale la sensazione di sprofondare.
Poca luce e troppo contrasto stavolta trasfigurano questo momento di pausa  nella scena di un passato che non ci tengo a rivivere. Posso mettermi in salvo, ripetermi come ho sempre fatto che io sono Arianna Malfi, figlia di mio padre. E quasi ci riesco, orientando tutta la mia attenzione sulle linee profonde che disegnano l’armadio di ciliegio, suddividendo la sua struttura imponente in un mosaico di rettangoli dietro i quali si nascondono scomparti e cassetti pieni di oggetti e stoffe, compagni di un’ennesima stagione che sta per finire.
Però non basta, l’illusione cresce e allora mi aggrappo ai colori che immagino saturino tutto ciò che mi sfugge allo sguardo, di là delle tapparelle calate a sipario e obliteranti il fuori, ma l’esplorazione dell’infinita gamma di sfumature tra il bianco e nero s’inceppa al seppia, un colore da foglie marce e vecchie foto, come quelle appese alle mie spalle. Ero così carina e indifesa quando sorridevo all’obiettivo e la mia vita era tutta da costruire.
La carta kodak non rende lo spessore dei vecchi desideri visibile agli occhi; le cornici lasciano fuori troppi
spazi che io so non essere vuoti. Cosa ne è stato di quella parte di me e perché ho l’impressione di volerla rifiutare?
Il contraccolpo arriva prima che possa rendermene conto. E’ la mia mente che gioca, senza farmi ridere e, dietro il velo pesante delle lacrime ingoiate, si spalanca lo scenario e so che è un triste ritorno.  
Tanto vale fermarsi e smetterla di lottare contro l’inevitabile.

 
 
 

***di_nuovo***

Post n°415 pubblicato il 25 Novembre 2010 da fragolozza

Di nuovo.
E’ successo di nuovo.
Ed è insensato sia a dirsi che a pensarsi… oltre che a farsi.
Perché, una cosa che succede di nuovo è una cosa già successa in precedenza e, dunque, non ha nulla di nuovo e, dunque, è vecchia, riconoscibile, superabile e controllabile, nonché evitabile e, dunque, non dovrebbe ripetersi.
Eppure, se io voglio qualcosa di nuovo e “nuovamente” compio “vecchi” errori, non posso affermare il superamento del vecchio, ma nello stesso tempo non posso lamentare la mancanza del nuovo.
E il mio desiderio di prendermi in parola si arresta di fronte all’incoerenza e all’ipocrisia delle mie stesse parole.

 
 
 

°°°scheggia°°°

Post n°414 pubblicato il 21 Novembre 2010 da fragolozza

…E spezzandosi il cuore, si ritrovò ad averne due. Uno da usare per poter respirare, l’altro da stritolare e poi spezzare ancora, così da averne tre e poi quattro e poi magari cento, che, spezzandosi a loro volta, sarebbero forse diventati frammenti di mille piccolissimi cuori, da spargere o donare senza più paure, per quanti ne avrebbe avuti ormai di scorta.

Dovrei diventare un apologeta del passato? Non ci riesco. Io sono il passo che supera la gamba, sono arrivata a “domani”. E non m’importa di quanto le mie frasi suonino meglio in una dimensione postera, piuttosto di quanto non lo sembrino quando anacronisticamente le spingo a forza contro un uditorio distratto. Non posso sentirmi assente solo perché non mi si vuole presente e mi si colloca in un’epoca trascorsa e andata, che di reale ha solo l’evidenza di essere stata vissuta male.
Quale certezza potrò mai avere se non quella della contemporaneità?
E’ per questo che non m’importa di scavare, per poi ritrovare, dietro gli errori, ma anche dietro le scelte esatte, le ragioni per cui non posso essere “parte”. Io sono una scheggia a se stante, assestata grazie al suo essere distante.

PS: questo non è un punto. E' una cesura pentemimera.

 
 
 

***ossigeno***

Post n°413 pubblicato il 16 Novembre 2010 da fragolozza

Hanno l’età che avrò io quando avrò raggiunto la pace dei sensi (il che potrebbe anche essere mai) e sono convinta che, se avessero la mia età e io la loro, mi guarderebbero come io penserei di guardarle se le gocce di pioggia non superassero in conseguenze ipnotiche l’affascinante copertina del romanzo Harmony che stringe l’una e i “Secondo te ho sbagliato?  Ma secondo te lui mi ama? Ma secondo te devo fidarmi?” recitati cantilenicamente dall’altra ad un’interlocutrice telefonica, credo, ipnotizzata quasi quanto me.

Se non fossi tanto cinica, ogni impronta mi ricorderebbe quelle impronte, tutte, anche quelle soltanto abbozzate o puramente pensate, per la mia continua smania di lasciare segni ovunque. E invece le dita scivolano via veloci giù per il vetro, appannato da un respiro che mi chiedo che senso mai avrebbe se non ci fosse una lastra a catturarlo.
Ossigeno- mi ripeto. Ossigeno. E’ solo una questione di ossigeno che combinato a idrogeno diventa acqua e io sono fatta per il 70% di acqua e quindi non sono molto diversa dalla pioggia e dal vapore e da quelle stesse impronte.
E’ per questo che non riesco a liberarmene. Nemmeno dalla mente.

 
 
 

CONTATTA L'AUTORE

Nickname: fragolozza
Se copi, violi le regole della Community Sesso:
Età: 43
Prov: EE
 

CIAO

web stats
 

ULTIMI COMMENTI

POETRY

Le cloache di notte somigliano
a fiumi nascosti.
Scommetti che a perdere il cuore
guadagni più spazio?
Sul banco dei pegni
ho impegnato
il mio ombretto di rosa.
Palpebre nude non chiudo
per cogliere il resto
di quello che resta
sul conto in sospeso
dei nostri sospesi.

Le formiche al tramonto ricordano
grani di pepe.
Sai contare al contrario, partendo
da cifre irrisorie?
Sotto l’arco
s’inarca in trionfo
la triade imperfetta.
Me stessa, quell’altra o la stessa
si chiudono a riccio.
Per capriccio
mi cavo d’impiccio.
Mi sento di troppo.

 

 

 

 
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

KELLY JONES

I really hope ya happy,
 both of you
and maybe sometimes
you miss me too!

 

TAG

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963